IL PROBLEMA E' LA NOTTE, IL BUIO FA LUCE A TROPPI PENSIERI.

Fu oggettivamente impressionante assistere di persona, in presa diretta,
al coagularsi di una serie di gruppi che fino a una manciata di mesi prima
non si sentivano in alcun modo rappresentati da nessuno degli altri 11 candidati repubblicani il cui favorito,
lo ricordiamo, era lo scarico Jeb Bush, che alla primarie fu letteralmente umiliato da Trump.

Girando l’America da lì alle elezioni, mi resi conto che nonostante la Clinton potesse contare
sul sostegno militante del 95% dei media mainstream nonché dell’intero star system mondiale
(Madonna arrivò a offrire sesso orale a chiunque andasse a votare per la sua amica Hillary),
il vento soffiava con forza nelle vele del tycoon newyorkese.


Per capirlo bastava girare le periferie e parlare con gli americani che una volta facevano parte di quella classe media
che è stata letteralmente polverizzata dalla crisi del 2008 e dalle scellerate politiche economiche dei governi
che, a partire dai primi anni 2000, ci legarono mani e piedi alle catene della dittatura economica cinese.

Ogni volta che mi confrontavo con qualcuno di loro, indipendentemente dal fatto che fossero bianchi,
neri, ispanici o italoamericani, novantanove volte su cento la risposta era sempre la stessa:
«anche se non mi piacciono i suoi modi voterò Trump perché è contro l’establishment che ci ha rovinati».

Già, l’establishment.

Ovvero quell’insieme di partiti, politici, funzionari statali e soggetti economici che occupano la stanza dei bottoni,
favorendo – ça va sans dire – chi è funzionale ai loro obiettivi, a tutti i livelli.


Hillary Clinton è un perfetto esempio di establishment,
al punto che una parte decisiva dell’elettorato democratico più spostato a sinistra optò per l’astensione.
La conferma più autorevole di questo concetto la troviamo non nelle parole di Trump, ma di Barack Obama,
che durante un dibattito per le primarie del 2008 annichilì la Clinton girando il coltello
proprio nella piaga della sua appartenenza all’establishment.



Ebbene, Trump è inviso all’establishment per il semplice fatto che non ne fa parte.

Ciò significa che può permettersi il lusso di non perseguire i loro interessi o addirittura di remargli contro.

Questo è il principale motivo del suo utilizzo di un linguaggio così diretto e a volte spregiudicato:
per abbattere, colpo dopo colpo, il mostro del pensiero unico e del politicamente corretto
a cui sia i media mainstream che l’establishment (due facce della medesima medaglia) vorrebbero assoggettarci tutti.

Prendete la Cina: oltre alla questione dei dazi – grazie alla quale (direttamente e indirettamente)
ha “convinto” molte aziende a riportare la produzione negli Stati Uniti – Trump è stato il primo ad accusare Xi ed il Pcc
(Partito comunista cinese) per le loro evidenti responsabilità in merito alla diffusione del coronavirus,
facendo leva su una serie di fatti oggettivi che inchiodano la Cina alle proprie responsabilità.

All’inizio veniva accusato di utilizzare teorie complottistiche per scopi propagandistici,
mentre oggi molti media mainstream hanno dovuto prendere atto delle enormi opacità
non soltanto nella gestione dell’emergenza, ma anche sull’origine del virus,
in merito alla quale le certezze granitiche della grancassa occidentale del regime comunista cinese
si stanno sgretolando giorno dopo giorno.


Ergo, Donald Trump svolge la funzione di ariete per scardinare, una dopo l’altra,
le ipocrisie di un sistema di potere che ha potuto farla da padrone fintanto che l’impatto del Web
sulla libertà di comunicazione e di espressione era ancora debole. Per questo ha tutti contro.

È evidente che in questo contesto, la scelta sarà tra lo schierarsi con l’establishment
formato da coloro che hanno tutto l’interesse a intensificare gli affari con la Cina
impoverendo sempre di più un Occidente che da qui a qualche anno sarà letteralmente colonizzato dagli eredi di Mao.


O, invece, con Trump per una globalizzazione ridisegnata sulle lezioni che ci ha impartito questa crisi,
quindi incardinata sullo scambio ma non sulla dipendenza, sulla valorizzazione delle particolarità e non sulla massificazione,
sul perseguimento del benessere attraverso il merito e non sugli interessi di lobby e gruppi di potere.



Motivi, questi, per cui le elezioni del prossimo 3 novembre saranno importanti per noi tanto quanto lo sono per i nostri amici americani.
 
È stato il Covid, o il freddo ?

E non gridate alla diffidenza complottista perché è il governo, il ministero della salute, a mandarci a sbattere sul guardrail.

Sembrava la solita bufala da web, poi vai a verificare e ti stropicci gli occhi.

Il tempo di dire buona domenica in famiglia ed ecco la sorpresa.
lg.php


Ti colleghi con il sito ministeriale perché hai letto un tweet e vuoi verificarlo.

E scopri che è tutto vero, riscontrabile, incredibile.

La domanda è obbligatoria e bisognerebbe stamparla sul muso del ministro Speranza e del premier Conte: chi sta mentendo?

Li ha uccisi il Covid o il freddo…?

E’ pubblicato dalla fonte più ufficiale che ci possa essere.
Il dato riscontrato al 6 giugno per i danni da coronavirus:
  • 165.078 guariti
  • 35.877 attualmente positivi
  • 33.846 deceduti (questo numero potrà essere confermato dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso).

Diteci la verità per favore, state scherzando?
Spiattellate oltre trentamila morti sul sito del ministero della salute e ancora non conosciamo le cause del decesso?

È il motivo per cui non bisognava fare le autopsie?

Potrebbero essere morti di altro?

Oppure ce ne sono ancora altri di cui ignoriamo i motivi della morte?

Ci domandiamo in che paese “viviamo”.

Non c’è ancora certezza della situazione dopo tre mesi di chiusura recintati in casa.

E abbiamo il coraggio di lamentarci dell’esasperazione popolare?

Ci hanno messo il dubbio – perché lo insinua la triste contabilità che viene dal raffronto dei morti di quest’anno
rispetto a quelli degli anni precedenti – che in Italia non si muoia più di infarto, per malattie o incidenti, o ancora normale vecchiaia,
ma che si raggiunga il creatore solo per colpa del virus.

Ma se uno si spinge a parlare di truffa lo sbattete in galera o gli si concede il diritto al dubbio?

Qualche tempo fa abbiamo avuto il dubbio opposto, per le notizie sui troppi morti in casa che non si attribuivano al Covid.

Perché sono mesi che ci fanno brancolare nel buio, c’è stato un dibattito folle tra scienziati l’un contro l’altro armati di parole a vuoto.

Non si tratta in questa maniera una nazione.

Dice il virologo professionista in faccia alle telecamere.

Sì è vero non sono morti solo di Covid – aprendo il solito dibattito sulle maledette concause che ci fanno impazzire – ma anche.

Pare una malattia veltroniana.


Quindi, con tutti quegli acciacchi non saremmo crepati se non fosse arrivato il coronavirus.

Bene, domanda il cittadino che virologo non è: il lockdown serviva ai sani o solo ai già malati?

Risponde lo scienziato: anche ai sani per non ammalarsi.

E allora perché non si sa ancora di che cosa sono morti quegli oltre trentamila patrioti caduti
in una guerra con un nemico che ancora non si conosce (pare)?


Fa bene il ministro della Salute ad attenersi ai dati scientifici perché è quello che bisogna fare in quel posto.

Ma se non si appura con certezza di che cosa sono morti quella marea di nostri connazionali
cominciano a venire in testa mille dubbi anche alle persone più razionali.

Anche sul perché ci avete rinchiuso in casa per mesi.

È il migliore stimolo all’assembramento contro di voi.
 
Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, non sa quello che dice. O, almeno, così pare.

In un'intervista a Repubblica non solo si vanta dei successi dell’istituto di previdenza,
ma approfitta per attaccare i commercianti italiani e gli imprenditori.

Considerati da lui dei furbetti.

Centinaia di migliaia di lavoratori ancora aspettano il bonifico dal suo Istituto.

Ma lui lancia fango sugli imprenditori.

Sul sito dell’Inps 419mila domande stanno aspettando ancora di essere liquidate.

Un dato inquietante.

Ma lui fa spallucce e si loda.

Precisa: "Sembrano tanti, e capisco che sia un grande problema per i lavoratori,
ma noi abbiamo ricevuto gli SR41 (documento che permette il pagamento) nell’ultima settimana di maggio".

E si impegna a pagare l'arretrato in una settimana: entro venerdì 12 giugno.

Esalta i suoi uomini:

"All’Inps ci sono lavoratori straordinari che si stanno facendo in quattro per dare una risposta a tutti.
Come quelli della sanità hanno garantito la protezione dal virus, noi abbiamo garantito la protezione sociale.
I nostri hanno lavorato a Pasqua, il 25 aprile, il primo maggio, hanno subito minacce, insulti.
Non è giusto, l’Italia deve essere orgogliosa di loro. Anche perché la Cig, al 90%, è stata erogata".

Ritardi ce ne sono stati e lo ha ammesso anche il premier, Giuseppe Conte.

Ma c’è un punto fondamentale.

E qui Tridico la spara grossa.

Secondo il numero uno dell'Inps esistono molti commercianti che non riaprono per pigrizia,
per opportunismo, magari sperando che passi la piena e il mercato riparta come prima.

In alcuni settori ci possono anche essere imprenditori che non affrontano
le difficoltà della riapertura "tanto c’è lo Stato" che paga l’80% della busta paga

. "Adesso basta scrivere Covid e noi paghiamo, senza controlli, senza burocrazia, senza sindacati".

"L’ineffabile presidente Tridico, invece di chiedere scusa per i ritardi dell’Inps
e ringraziare gli imprenditori che hanno anticipato l’80 per cento della cassa integrazione,
non solo non fa nessuna autocritica, ma arriva perfino a mettere nel mirino le aziende
che hanno difficoltà a ripartire accusandole di pigrizia e di opportunismo.
Un insulto inaudito a chi si ritrova senza clienti, senza gli aiuti promessi dallo Stato,
con i licenziamenti bloccati, con la coperta corta di una cassa integrazione che lascia scoperti i mesi estivi
e, cosa ancora più grave, con alle porte gli usurai e gli sciacalli che gli propongono di svendere l’impresa
costruita in una vita di lavoro. Tridico è un perfetto comprimario di Conte:
gonfia il petto e maschera la realtà con la vanagloria".

"Le parole del presidente dell’Inps Tridico contro gli imprenditori sono inaccettabili e assolutamente fuori luogo.
Dire, generalizzando, che ci sono imprese che non riaprono per pigrizia o per opportunismo,
perché tanto c'è lo Stato che paga la cassa integrazione, è non soltanto offensivo,
ma tradisce anche una logica anti industriale, che non c’entra nulla con chi è chiamato
a ricoprire un incarico tecnico come quello di presidente dell'istituto di previdenza.
Tridico, con l’ennesima intervista autogol, danneggia anche il governo,
e si conferma totalmente inadeguato e imbarazzante, al pari di Parisi all’Anpal.
Non si capisce cosa aspetti la ministra Catalfo a rimuovere entrambi",

scrive su Facebook la deputata di Italia Viva, Maria Chiara Gadda.

"Invece di lanciare sgangherati attacchi - prosegue Gadda - agli imprenditori,
che peraltro non hanno alcuna convenienza a tenere chiuso visto che il loro reddito
dipende dal rischio di impresa e non certamente dai sussidi, Tridico dovrebbe essere concentrato esclusivamente
a far arrivare le risorse ai lavoratori, visto che ancora oltre 400mila cittadini aspettano da tre mesi la cassa integrazione,
e fare arrivare tutti gli strumenti messi a disposizione delle famiglie.
Pensi a far funzionare l'Inps e la smetta di cercare visibilità personale sollevando dannose polemiche".
 
La lotta al contante è tutta una manovra a favore delle banche e non contro l'evasione.

Come sottolineato da Il Sole 24 Ore, in Olanda preoccupa il
“debito del settore privato nel suo complesso che – seppure in leggera discesa rispetto al 2018 –
raggiunge il 231% del Pil contro il 107% dell'Italia. L'indebitamento delle famiglie è pari al 98,7% del Pil in Olanda e al 41,2% in Italia”.22 apr 2020,

Con le carte non riesci a controllare le uscite e spendi molto più del dovuto. E le banche gongolano.

L'aumento dei pagamenti elettronici aumenterà solo la ricchezza delle banche,
il debito privato ed espropri e pignoramenti, senza contare le truffe visto che non esiste un cellulare sicuro da clonazione.

La bellezza della libertà è che se a qualcuno non importa che si sappia dove spende i soldi, ad altri può dare fastidio.

Ognuno fa come crede.

La privacy è la libertà dell'era digitale e non tutti sono disposti a non farsi troppi problemi per la libertà.

Si comincia a tracciare come spendi i soldi (carta di credito), poi dove vai (immuni e cellulare),
poi cosa fai (telecamere di sorveglianza-5G-"assistenti personali intelligenti".), poi cosa dici (cellulare)....
 
Un euro fisico che hai in tasca è TUO e SOLO TUO, puoi farci quello che vuoi e spenderlo come vuoi...
oppure non spenderlo e ti verrà buono, in tempi di crisi e finchè resta fuori dal sistema,
è esente dalle patrimoniali di cui stanno parlando,proprio in questi giorni.

Lo stesso euro in formato elettronico è prima dello stato,poi della banca e poi (forse)tuo.
Nel momento in cui diventi antipatico al sistema, o hai dei debiti o dei problemi legali con chiunque,
oppure decidono di fare prelievi forzosi in stile amato, SEI FREGATO: la tua vita... è TUTTA in banca e non hai alcuna difesa.

Ti bloccano la carta elettronica e il tuo denaro diventa loro, e ti ritrovi in ginocchio ad implorarli di darti qualcosa per poter mangiare.

A te piace il bdsm,per caso? a me no.

E combatterò con le unghie e con i denti contro CHIUNQUE cerchi di legarmi e sottomettermi.

Vallo a dire ai greci che è comodo e sicuro: vedrai cosa ti rispondono....

NON è MAI bene,dare troppo potere a banche e stato.
 
"Il Covid per 9 giorni su una banconota".
E così ora ci tolgono i contanti.

Scommetto che invece sulla plastica delle carte di credito
il vairus (M5S docet) sopravvive si e no, 10 secondi...........
 
Una catastrofe: è questo che prevedevano poche settimane fa i modelli matematici sull'andamento dell'epidemia in Italia.

Invece ora tutti i numeri stanno calando e i contagi sono in diminuzione.

"Oggi è il fatidico 8 giugno. Quello che, se non stavamo attenti, avremmo avuto 151mila malati in terapia intensiva.
Invece sono 286. E dopo 34 e 20 giorni dalle 'aperture' di maggio, non c'è alcun segno di quel ritorno della pandemia
che certi esperti davano per scontato. Quest'ultimo punto è importante e deve essere ricordato con chiarezza",

ha dichiarato il virologo Guido Silvestri.

I modelli matematici hanno quindi fallito: i dati mostrano che sono stati "inadeguati a prevedere l'andamento reale dell'epidemia".

"Senza fare polemiche, perché ognuno fa del suo meglio, credo sia giusto verso i cittadini italiani
che per mesi hanno compiuto sacrifici durissimi ammettere questo fatto
e promettere che tali modelli non saranno più usati per prendere decisioni politiche, ad esempio per le scuole".

I dati stanno calando e "la ritirata continua: scende il numero totale dei ricoverati in terapia intensiva per Covid-19 in Italia,
che sono ormai al 7,0% del valore di picco. Scende anche il numero dei ricoveri ospedalieri totali
(da 5.002 a 4.864, quindi di altre 138 unità), mentre i casi attivi totali scendono da 35.877 a 35.262, quindi di altre 615 unità".

Le aperture di maggio quindi non hanno portato ad una impennata dei contagi.

"Prima del 4 maggio hanno detto al Paese: 'Sappiate che, non appena si riapre, i casi sicuramente saliranno.
Di poco se riapriamo un po', tantissimo se riapriamo molto'.

In altre parole, ci aspettava un disastro.

Mentre altri esperti hanno detto:

'Il virus dovrebbe avere andamento stagionale, non c'è motivo di temere una catastrofe estiva'. Le cose sono andate come sappiamo".

Mentre si stava pianificando la fase 2, i modelli matematici parlavano di un ritorno della pandemia con gravi conseguenze.
In particolare, c'era una data da temere : lunedì 8 giugno 2020.

"Oggi è il fatidico 8 giugno. Quello che, se non stavamo attenti, avremmo avuto 151mila malati in terapia intensiva".

Nulla di tutto ciò, per fortuna.

Situazione sotto controllo anche negli Stati Uniti.

"In molti - ha spiegato Silvestri - mi chiedono come vanno le cose ad Atlanta ed in Georgia. Direi bene.
La nostra mortalità per 100mila abitanti è del 19,7%, il che vuol dire la metà di quella riscontrata nel Veneto dell'ottimo Andrea Crisanti (39,9).
Interessante notare che in Florida, Stato dal lockdown minimo, la mortalità per 100mila abitanti è ancora più bassa (12,6)".

Ecco quindi che

"i dati della Georgia e della Florida dimostrano ancora una volta come i modelli epidemiologici
non spiegano l'andamento della pandemia in modo universalmente valido
e come tali non dovrebbero essere usati per guidare le scelte della politica".
 
Ora che siamo nella fase 2, che piano piano una parte dell’economia riapre,
un’altra chiude definitivamente, e ci avviciniamo sempre di più al “Redde Rationem” economico,
è giunto il momento in cui possiamo cercare di fare qualche previsione sul COME usciremo da questa situazione.

Gli economisti parlano di una possibile uscita a V, a U o ad L dalla crisi, ma cosa vogliono dire?

Il “Prodotto Interno Lordo” non è altro che il totale prodotto, in beni e servizi,
da un’economia in un determinato periodo di tempo.

Famosa nella sua definizione “Dal lato della spesa”, cioè il noto:


Y (PIL)= C+I+G+(X-M)


dove C sono i consumi delle famiglie, I gli investimenti, G la spesa pubblica ed (X-M) il netto della bilancia commerciale.


Per esempio questo è l’andamento del PIL USA dal 2000 al 2020.


fredgraph-11.png




Ora il COVID ha portato ad una riduzione del PIL perchè:


  • i consumi dei cittadini privati si sono fermati;
  • le aziende non hanno prodotti;
  • si sono arrestati gli investimenti, pubblici e privati.
  • perfino i flussi dei saldi delle bilance commerciali si sono ridotti.

Per dare delle indicazioni di massima il PIL italiano per questa chiusura, si prevede calerà
dai 8,7% (dati Commissione) al 10-15% (Banca d’Italia) che, applicato ai valori del PIL italiani,
esprimono un calo dal 150 ai 200 miliardi di euro circa.

Questa è la dimensione di disastro economico a cui dovete pensare e che rendono risibili i 20 miliardi del SURE (2021)
e fanno essere 4 soldi anche il Recovery Fund netto, se mai ci sarà.

Fatta questa premessa consideriamo quale sarà l’uscita da questa crisi.

Perchè il tempo passa e sicuramente se ne uscirà, la differenza è se ne usciremo in due anni, in quattro, o in dieci.

La crisi ha inciso sulla domanda e sull’offerta in modo forzato:
  • sull’offerta perchè le aziende, punti vendita e produttori di servizi sono stati obbligati a chiudere;
  • sulla domanda perchè i consumatori nel close down sono stati obbligati a non consumare.
Come sarà l’uscita da questa recessione? Le modalità possono essere tre:
  • a “V”
  • a”U”
  • a “L”.

Supponiamo che la figura qui indicata esponga l’andamento del PIL nel tempo:


svil-normale.png



L’angolazione dipende dal tasso di crescita annuo del PIL, quella percentuale (1%, 0,5%, 2%) che fa impazzire i politici.

Vediamo caso per caso.

Se la struttura dell’offerta, del sistema creditizio che la alimenta e dell’offerta non cambiano, rimangono uguali,
o vengono portate ad una situazione di efficienza complessiva pari alla precedente avremo la ripresa a V


crisi-a-v.png



Successivamente l’evento shock, in questo caso l’epidemia, avremo una ripresa lungo il trend precedente.
Nell’arco di un tempo breve avremo un forte rimbalzo e torneremo ai livelli di PIL che avremmo avuto anche senza lo shock.

Affinchè questo accada è necessario che:
  • l’efficienza complessiva dell’offerta non sia variata;
  • il sistema creditizio o finanziario non interrompa il proprio funzionamento;
  • gli aiuti investiti dallo stato giungano a chi li deve recepire;
  • la domanda non sia stata “Bloccata” tanto a lungo da cambiare la propria struttura
  • (ad esempio i consumatori non vogliono più andare al ristorante, oppure non sentano più il bisogno di cambiare auto, etc).

Se c’è un’interruzione nei servizi forniti dal sistema creditizio, magari temporaneo,
a causa di un eccesso di sofferenze, ad esempio, o un ritardo nel recepimento degli aiuti pubblici
da parte dei consumatori e delle aziende, non avremo un rimbalzo a V perchè le condizioni per la crescita si sono generate in ritardo.

Avremo una ripresa a U


ripresa-a-u.png



In questo caso la struttura dell’offerta e della domanda rimangono invariate per cui, superato lo shock,
riportano il tasso di crescita al livello precedente, ma il ritardo negli aiuti da parte dello stato
e l’interruzione del ciclo dei finanziamenti viene a lasciare un gap che non permette di riprendere il cammino iniziale.

Quindi abbiamo il terzo caso, quando non solo ci sono ritardi negli aiuti pubblici o problemi ed interruzioni nel sistema creditizio,
ma questi sono talmente prolungati nel tempo da portare ad un cambiamento nella struttura dell’offerta,
insieme ad una domanda che cambia, con il consumatore che modifica le proprie abitudini e preferenze.

Avremo in questo caso l’andamento ad L:


ripr-L.png



In questo calo nè si riprende il percorso di crescita precedente,
nè si percorre un tragitto parallelo, ma vi è un calo nel tasso di crescita del PIL.

Questo è dovuto a dei danni strutturali sul lato dell’offerta (ad esempio alcuni settori hanno definitivamente chiuso
e non riapriranno più, neppure di fronte ad un incremento della domanda), oppure la domanda si è modificata,
rifiutando o non acquistando più come prima.

Questo potrebbe essere dovuto anche a fattori esterni nuovi e successivi allo shock:
nel caso specifico immaginate l’applicazione di nuove normative “Verdi” che deprimano ulteriormente sia la domanda sia l’offerta.

Come si può travasare questo insieme di ragionamenti sul Prodotti Interno Lordo italiano?

Vediamo in un grafico il PIL deflazionato italiano tratto dal database europeo AMECO:


ITALIA-GDP.png



Ovviamente i dati finali 2020 e 2021 sono le previsioni della Commissione attuali, riportate dal database AMECO.

Il calo 2020 è del 8,7%, mentre per il 2021 la commissione prevede una ripresa a V.

Evidentemente considera solo il caso migliore, quella in cui lo stato riesce a far giungere
gli aiuti all’economia reale e questa riparte in modo immediato.

In questo caso il percorso di ripresa nel 2022 proseguirebbe lungo la linea A.

Noi ci siamo permessi di introdurre anche una previsione di ripresa a U,
con un 2021 ancora non in ripresa a causa dei ritardi nell’arrivo degli aiuti all’economia reale ed al sistema produttivo.

Questo riprenderebbe a crescere lungo il percorso precedente solo dal 2022, ma, se i danni non fossero eccessivi,
avremmo una ripresa a U, come si può notare dalla linea B.

Comunque non raggiungeremmo lo sviluppo che si raggiungeva sino al 2019, se non in tempi lunghi.

Se però il Covid-19 venisse a comportare dei cambiamenti sul lato della domanda
ed il ritardo nella distribuzione dei contributi portasse a dei danni permanenti sul lato dell’offerta avremmo il percorso C,
con un tasso di sviluppo molto più basso rispetto al periodo ante crisi.

Questo nuovo cammino potrebbe anche essere accentuato da politiche depressive,
come quelle legate ad una errata e forzosa applicazione delle norme del Green Deal,
con una transizione verde a suon di obblighi e di sanzioni con una depressione della domanda e dell’offerta.

Valutiamo la nostra situazione:

  • 1,5 milioni di lavoratori deve ancora ricevere la Cassa Integrazione (da documento riservato dell’INPS pubblicato su Repubblica);
  • le aziende non hanno ancora ricevuto aiuti diretti se non seicento euro;
  • l’Unione ha affermato che, nonostante il Covid-19 non ha intenzione di modificare i limiti al CO2 da imporre tramite Carbon e Plastic Tax.

Quindi, allo stato attuale, penserei che il percorso della nostra economia non sarà quello segnalato dalla linea A,
ma quella da B, nella migliore delle ipotesi, o da C, in quella attualmente più realistica.

Questo non sarà un percorso di decrescita felice, ma un cammino segnato da disoccupazione,
sotto occupazione, abbassamento delle aspettative sociali, di istruzione e perfino sanitarie.


I prossimi mesi decideranno il percorso che seguiremo come economia e come società.

Sarebbe necessaria una guida coraggiosa e veramente innovativa, fata di scelte, non di “Stati Generali”.

Purtroppo l’Italia appare essere migliore del governo che si merita.
 
Chi possiede il debito pubblico italiano, ovvero le chiavi di casa nostra?

Questo titolo, per quanto sia uno slogan è alquanto centrato,
dato che chi possiede il debito di un Paese è il soggetto più influente sulle sue scelte politiche.

Cioè è quel soggetto che comanda in Italia.

Certo messa così brutalmente sembra abbastanza populista come approccio,
ma a noi tornare periodicamente sull’argomento serve.

Più che altro è necessario fare i conti della serva (a proposito di chi comanda) e per fare il punto della situazione di tanto in tanto.

Il debito pubblico è la somma dei deficit dello Stato accumulati nel tempo,
sotto forma di Titoli di Stato venduti a cittadini e ad altri soggetti.

e si divide in debito consolidato e debito fluttuante.

Il debito consolidato consiste in prestiti a lunga o indeterminata scadenza che servono a fare fronte a disavanzi durevoli.

Il debito fluttuante invece non viene iscritto nel bilancio perché si prevede che verrà estinto in un periodo breve, ovvero mai superiore ad un anno.

Lo Stato si finanzia con la tassazione (necessaria per abbattere il debito pubblico)
o con l’emissione di Titoli di Stato (che lo fanno aumentare).



Il deficit o disavanzo è la differenza tra entrate ed uscite.

L’OPPOSTO DEL DEFICIT È IL SURPLUS DI BILANCIO.

Se lo Stato non ha mezzi per coprire i deficit metterà in vendita Titoli per saldare gli ammanchi.
È così che si consolida il debito pubblico.

Un rapporto tra debito pubblico e PIL del 135% significa che il debito supera del 35% il totale del PIL.

Il rapporto debito pubblico/PIL del Giappone è pari al 236%, quindi il debito del Giappone misura il doppio del PIL più un altro 36%.

Ma allora com’è che si crea il debito pubblico?

Come abbiamo detto il debito pubblico si crea quando lo Stato emette nuova moneta
o la prende in prestito – all’atto della vendita dei Titoli di Stato – tipicamente per coprire la spesa pubblica e fare investimenti.

Quindi sarebbe corretto dire che: IL DEBITO PUBBLICO CORRISPONDE ALLA SOMMA DEI TITOLI FINANZIARI EMESSI DALLO STATO.

I pagamenti pendenti verso i fornitori dello Stato non vengono conteggiati nel debito pubblico, i debiti delle Regioni sì.

In Germania invece, i debiti dei Länder non vengono conteggiati nel debito pubblico tedesco
e si calcola che ammontino a oltre 500 miliardi di debito pubblico occulto.

Chi detiene il debito pubblico italiano?

Il debito pubblico è prevalentemente in mano a soggetti nazionali.
Ciò però non significa che l’Italia non sia invasa dal “nemico”.
Significa che gli investitori stranieri si stanno via via allontanando dal bel Paese.
Tuttavia rimane il fatto che a detenere la maggior parte del debito pubblico sono comunque soggetti di natura finanziaria privata.

Entriamo più nel dettaglio…


Gli investitori esteri detengono meno della metà del debito pubblico italiano

Il debito pubblico italiano in sintesti, dal libro di economia spiegata facile


Ad ogni debito corrisponde sempre un credito

ad ogni debito corrisponde sempre un credito



Dagli ultimi dati emerge che il debito pubblico sia in leggero calo e,
riguardo alla componente detenuta dai soggetti nazionali,
che le assicurazioni abbiano superato (414 a 400 miliardi) le banche.

I soggetti nazionali hanno rosicchiato un altro 2% agli investitori stranieri, passando dal 65% al 67% del totale.
Conclusioni

Sentendo nuovamente i richiami all’emissione di Titoli pubblici destinati esclusivamente ai soggetti italiani si fa soltanto metà del lavoro.

È corretto, come pare essere nelle intenzioni, che il debito venga collocato presso investitori privati
e non gli operatori del mercato ad una condizione.

La condizione è che questo strumento rivesta il ruolo sociale per cui i Titoli di Stato erano stati inventati.

Ovvero, debbono servire – come un patto sociale – a sostituire la tassazione sui capitali privati.

Dovrebbero quindi offrire una rendita considerata sostenibile per lo Stato.
Infatti Se la gestione dei tassi sui Titoli ritornasse sotto il controllo dello Stato,
cioè se l’emissione dei Titoli tornasse ad avere l’obiettivo di creare forme di risparmio
e non fossero oggetto di speculazione, gli investitori diventerebbero il motore degli investimenti pubblici
riuscendo allo stesso tempo ad accantonare un risparmio sostenibile.
 

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