IL PROBLEMA E' LA NOTTE, IL BUIO FA LUCE A TROPPI PENSIERI.

Secondo un report KPMG dal 2000 al 2018 sono state 364 le grandi aziende italiane
che sono passate a proprietà straniera per un valore di 72 miliardi di euro.

Le aziende italiane hanno cercato di entrare nelle proprietà di aziende francesi,
ed in parte ci sono anche riuscite, acquistando 231 aziende per 41 miliardi di euro,
ma il confronto è piuttosto impietoso.

Perchè questa sorta di svendita italiana di aziende?
  • il nostro sistema spesso si inceppa nei cambi generazionali, e le nuove generazioni di imprenditori, quando ci sono,
  • non sono in grado di garantire una continuità gestionale e preferiscono vendere;

  • il sistema finanziario francese, con le sue grandi banche legate strettamente ai gruppi industriali,
  • è stato sempre molto più attivo, perfino rispetto ai tedeschi, nel finanziare le espansioni tramite fusioni ed acquisizioni;

  • il peso fiscale spesso facilita i gruppi francesi che hanno sede nei paradisi fiscali come Lussemburgo.

Entro il prossimo anno però le cose si faranno più pesanti ed ormai c’è un flusso continuo fra Milano e Parigi, ma a senso unico.

Covid-19, aumentando l’incertezza economica, ha perfino accelerato questo trasferimento,
spingendo sempre più imprenditori ad uscire dai propri uffici con dei gruzzoletti in tasca.

Anche senza voler considerare gli acquisti di quest’ultimo trimestre abbiamo già tre affari definiti:
  • Borsa Italiana da tempo è sotto la mira di Bourse de Paris che la acquisirebbe da London Stock Exchange.
  • La società che gestisce le informazioni sui nostri gruppi quotati andrebbe sotto il controllo di Parigi.
  • Da mesi si parla di applicazione della “Golden Rule”, ma ci vedete veramente il governo Conte fare qualcosa contro Parigi? Seriamente?

  • FCA va a Parigi, anche se non era già più italiana, ma olandese-britannica-statunitense;

  • Luxottica sta per andarsene in Francia ed essendo la controllante Delfin con base in Lussemburgo
  • per cui è difficile intervenire come Golden Share o qualsiasi altra furbizia per evitare che se ne vada all’estero
Il bello è che l’Italia ha un forte surplus commerciale nei confronti della Francia:
non siamo meno efficienti, semplicemente da un lato le nostre banche non ci aiutano nell’espansione,
dall’altro i nostri imprenditori sono meno motivati a resistere.

Alla fine chi glielo fa fare a combattere non contro la concorrenza internazionale, che è il male minore,
quanto contro il vero grande nemico delle aziende italiane: il Governo e la sua implacabile macchina burocratica.
 
La pandemia non è soltanto un mostro che uccide uomini e donne.

Infetta anche la loro ragione. Non la spegne. La deforma.

Come se tra la speranza e gli affanni, tra le paure e la rabbia, invece di riflettere
che potrebbe essere il loro ultimo giorno e godersi la felicità della sopravvivenza agognata (Orazio!),
gli esseri umani, non tutti per fortuna, sentissero l’irrefrenabile bisogno di filosofare:

un bisogno chiaramente indotto dalla paura, non dall’amore della conoscenza.
Tant’è che i veri filosofi, non i professionisti del pensiero mediatico,
non trinciano giudizi come i tifosi di calcio, ma sprofondano nelle riflessioni e sospendono le conclusioni.
Tacciono a lungo prima di pronunciarsi, contrariamente ai filosofi della pandemia,
i quali elaborano teorie né richieste, né meditate, né utili.

“Concordia nazionale”, “Progetto comune”, “Nuovo modello di sviluppo”, “Ritrovare il bene comune”,
sono alcuni dei più profondi filosofemi elaborati dai pensatori della pandemia,
che vorrei chiamare “pandemisti” con un neologismo non troppo azzardato.

Tra loro primeggia l’intellettuale che ha posto a un cardinale l’interrogativo dirompente:

“Il virus genera paura e bisogno degli altri, insieme. Come le sembra abbia fatto irruzione nelle coscienze il tema dell’altro da sé?”

La risposta del principe della Chiesa è stata all’altezza: “L’assenza ci fa capire il valore della presenza” (Corriere della Sera, 31.5.2020).


Mentre la “concordia nazionale” esprime un’etica e una condizione verificabili,
consistenti nell’accantonare provvisoriamente i dissensi secondari per conseguire uno specifico,
contingente, superiore interesse comune (per esempio, vincere la guerra).

Il “progetto comune” invece non identifica nulla di “comune” nell’accezione sottintesa
ma sembra avere un senso finché rimane inespresso nei dettagli; appena precisati i quali,
perde ogni significato apprezzabile e efficace.

Quanto al “nuovo modello di sviluppo”, bisogna sottolineare che costituisce un’impostura,
la manifestazione ingannevole dell’aspirazione tanto stolta quanto perniciosa a sovvertire l’ordine spontaneo della società aperta,
un’aspirazione, consapevole oppure no, sempre connaturata all’uzzolo del socialismo nelle sue varianti anche meno distruttive.

E bisogna pure ricordare che “nuovo modello di sviluppo” fu negli anni Settanta la formula magica
della contestazione antioccidentale, politica, sindacale, studentesca, non sempre pacifica come ben sappiamo.

Sul “bene comune” si sono affannate nel corso della storia le filosofie, le religioni, le sociologie,
senza mai approdare a nulla di concordante: un risultato più che paradossale considerando l’obiettivo della ricerca,
cioè che tutti cercavano la stessa cosa.
Questi diversi ricercatori del bene comune si sono convinti d’essere riusciti a trovarlo in tanti “beni” di vario genere
fuorché nell’unico vero bene comune che ne merita appieno la definizione, nella forma e nella sostanza: la libertà.


Purtroppo l’impulso a filosofare ha contagiato anche pensatori accreditati.

Uno deve essere citato per nome, non solo perché ha una cattedra universitaria,
ma anche perché scrive libri di risonanza mondiale.

È Thomas Piketty, che ha fama di grande economista e vende milioni di copie.

In un’intervista a Stefano Montefiori (“7 Corriere della Sera”, 29.5.2020) ha dichiarato tra l’altro:

“La quarantena ha dimostrato disuguaglianze estreme. Siamo stati chiamati a restare tutti in casa,
ma molti una casa non ce l’hanno e sono rimasti per strada come sempre,
altri hanno trascorso due mesi prigionieri di appartamenti microscopici,
altri ancora hanno goduto delle loro grandi case con giardino.
L’epidemia ha amplificato e messo ancor più sotto gli occhi di tutti problemi che esistevano già.
Il nostro sistema economico va cambiato, non è mai stato chiaro come adesso”.


Insomma, anche lui, dopo aver collegato avventurosamente la pandemia alla crisi degli alloggi e alla disuguaglianza materiale,
invoca un nuovo modello di sviluppo, sorvolando (tu quoque, celebrato economista!) sul fatto che, dove viene applicato,
i poveri sono più numerosi, più poveri e non hanno neppure il monolocale.

Infine, alla domanda cruciale dell’intervistatore:

“Dopo decenni di retorica dell’eccellenza, nel suo libro lei non è tenero con la meritocrazia”,

il pensatore ha seriamente risposto:

“Il problema è che l’ideologia della meritocrazia è spesso abbracciata dai vincenti del sistema educativo per dare ai perdenti la colpa dei loro insuccessi”.


Qui il lettore resta sgomento a rimuginare se Piketty possa essere considerato padrone di sé,
restando un accademico che tutti si aspetterebbero perciò consacrato alla meritocrazia,
oppure senza accorgersene stia confessando d’essere un perdente di successo.
 
Per Sir Richard Dearlove, ex capo dei servizi segreti inglesi, è chiaro che il coronavirus
“sia stato creato dall’uomo in un laboratorio in Cina e si sia propagato nel mondo in seguito a un incidente”.


Sir Dearlove poggia la sua tesi sulla base di uno studio condotto dagli accademici
del St George’s Hospital dell’Università di Londra e da virologi norvegesi.

“Il riformista” spiega che tale studio sembrerebbe evidenziare l’esistenza di elementi chiave
nella sequenza genetica del virus che sarebbero stati “inseriti” e potrebbero non essersi evoluti naturalmente.



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Inoltre, “le sezioni inserite nella superficie della proteina spike di Sars-CoV-2” spiegherebbero come il virus si leghi alle cellule umane.


Quindi, al contrario dell’idea comune secondo cui il virus abbia effettuato il salto di specie probabilmente dal pipistrello all’uomo,
per l’ex capo dei servizi segreti inglesi i cinesi hanno condotto esperimenti sui pipistrelli quando il virus, per un incidente,
si è propagato da un laboratorio di Wuhan.
 
Ci ha messi in ginocchio, il virus, lo ha fatto sotto tutti i punti di vista:
economia,
industria,
sport,
politica,
scuola,
istituzioni e, perché no,
libertà: già, quella che il Covid ci ha negato per mesi.

Libertà di andare al cinema, allo stadio, a mangiarci una pizza per poi dire che a casa quella di tua mamma è più buona,
libertà di andarsi a fare una passeggiata, di correre e sporcarsi le ginocchia e le scarpe in un prato,
libertà di litigare e prendersi a botte con un amico, baciarsi e abbracciarsi con un parente
o, meglio dire in questi tempi, un “congiunto”, libertà di fare la spesa in famiglia in un affollatissimo centro commerciale,
di passeggiare per via Roma a Torino con tua madre che si ferma ogni tre vetrine e tu non ce la fai più.
Libertà di andare a scuola, vedere i propri amici e compagni di classe, essere interrogato da un professore
oppure scrivere un tema di due ore in classe, chiedendo al tuo compagno di banco che traccia ha scelto,
non perché ti interessi veramente, ma solo per farti richiamare dalla professoressa.

Ci manca tutto questo, che noi più comunemente chiamiamo normalità.
 
Non ho parole per dire cosa provo.

Uffici pubblici, Tribunali, Agenzia Entrate, Inps, Comuni, Asili, Scuole,
ancora e sempre chiusi ai Cittadini........si riceve per appuntamento..........
inviate una mail a ..........Vergognoso.

Nella nostra Provincia i casi sono ridotti a singole unità giornaliere.....alcuni giorni ZERO
ma gli stipendi - i Signori "lavoratori"- li hanno e li stanno incassando ....per intero.
 
Quindici giorni fa ho avuto una discussione sull'uso dei guanti .....ora leggo che avevo ragione.


Roma, 8 giu – Quante volte al supermercato vi siete sentite osservati dal gentile ragazzo addetto al controllo ingressi?

Dall’inizio dell’emergenza coronavirus vi sarà anche capitato di scordare sbadatamente,
dopo una tediosa fila in entrata, di infilarvi i guanti monouso trasparenti.

Sì parliamo proprio di quel fondamentale strumento necessario per scegliere i prodotti
e al contempo muoversi protetti con fare circospetto, evitando l’eventuale contatto diretto con qualche altro avventore.

Ecco, è stato tutto inutile.

Almeno a sentire l’ultima indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanitaria,
che si è svegliata a giugno
inoltrato per farci presente che
quei benedetti guanti non erano affatto necessari.

Anzi, sono potenzialmente pericolosi.

“Aumentano il rischio di infezione”

Ma non solo nei supermercati, il problema è proprio la mano guantata.

“Non raccomandiamo l’uso di guanti da parte delle persone, in comunità.
L’uso di guanti può infatti aumentare il rischio di infezione,
dal momento che può portare alla auto-contaminazione
o alla trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso”.


A chiarirlo, oggi, è l’Oms in una sezione del suo sito web in cui compaiono domande e risposte su mascherine e guanti.

E cosa aspettavano a dircelo?

Hanno atteso tre mesi per partorire questi “consigli per gli acquisti”?

Ma sì, che fretta c’era.

I rapidissimi esperti dell’Oms hanno però provveduto a fornirci pure ulteriori delucidazioni,
un tantino fuori tempo massimo ma non stiamo a guardare il capello (che poi pure quello in quanto a igiene…).

In luoghi pubblici come i supermercati, oltre al distanziamento fisico,
l’Oms raccomanda l’installazione di distributori di gel igienizzante per le mani all’ingresso e all’uscita.

Migliorando ampiamente le pratiche di igiene delle mani, i Paesi possono aiutare a prevenire la diffusione del nuovo coronavirus”,

ha specificato l’Organizzazione mondiale della sanità.

In ogni caso poi è bene “contattare le autorità locali sulle pratiche raccomandate nella propria area”.

Sensazionale, ci manca giusto una nuova raccomandazione sulle mani da lavare e le mascherine da indossare.

Non ne abbiamo sentite abbastanza.

Ma tempo al tempo, serve pazienza.
 
E’ un caso il piano Colao, ossia il documento della task force per la crisi economica scatenata dal lockdown,
il super manager ingaggiato dal governo per rilanciare il Paese.

Ancora una volta infatti c’è stata una fuga di notizie, tanto che alcuni ministri hanno lamentato
di essere venuti a conoscenza della relazione dalla stampa, invece che dal premier Giuseppe Conte.

E mentre le anticipazioni sul contenuto del rapporto rimbalzavano sui media
si è consumato un nuovo giallo che scuote la maggioranza giallofucsia.

A quanto pare infatti la relazione sarebbe stata firmata da tutti i componenti della task force
ad eccezione di una, l’economista Mariana Mazzucato, consigliere del premier

e punto di riferimento dei 5 Stelle per le questioni economiche.

Palazzo Chigi dal canto suo non smentisce.

Fonti del governo riferiscono che probabilmente si tratta di divergenze sull’impostazione finale del piano Colao.

Pare però che la Mazzucato abbia bocciato la relazione definendola “ultraliberista”.

Come è noto, l’economista è una fautrice di una maggiore presenza dello Stato nell’economia e questo spiega il dissenso.

Conte dal canto suo accusa bene il colpo e anzi prende le distanze dal documento.

“Contributo importante, ma non politico”

E a decidere del rilancio del Paese – assicura Conte – non saranno i tecnici, ma la politica
(incredibile ma vero, visto che finora gli esperti hanno deciso al posto del governo come gestire il lockdown).

A quanto apprende l’AdnKronos, il premier si sarebbe espresso in questi termini
nel corso della riunione con i capi delegazione dei partiti di maggioranza,
presenti anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il sottosegretario Riccardo Fraccaro.

Conte inoltre ci ha tenuto a precisare che il documento Colao – diffuso dalle agenzie di stampa
prima che ne prendessero visione i ministri – non sarebbe trapelato da Palazzo Chigi.

I sei capitoli del “libro dei sogni” della task force

Nel dettaglio, il piano Colao si sviluppa in sei punti, dal rinvio delle imposte sui redditi,
alle misure per far emergere lavoro nero e scoraggiare il contante, fino alla disciplina dello smart working, il lavoro da casa,
la fibra ottica ovunque e lo sviluppo della rete 5G.

Due mesi di lavoro per produrre un documento che a detta di diversi esponenti dell’opposizione
“copia e incolla” molte proposte del centrodestra
mai ufficialmente accolte dalla maggioranza giallofucsia.

Al di là dei toni altisonanti e dagli slogan ad effetto, i sei capitoli
Imprese e lavoro come “motore dell’economia”;
Infrastrutture e ambiente come “volano del rilancio”;
Turismo arte e cultura come “brand del Paese”;
Una Pubblica amministrazione “alleata di cittadini e imprese”;
Istruzione, ricerca e competenze “fattori chiave per lo sviluppo”;
Individui e famiglie “in una società più inclusiva e equa”

della relazione contengono tanta fuffa e poche indicazioni concrete.

Un fatto curioso, considerato che si tratta del frutto di una “tempesta di cervelli” di super tecnici.

Dal canto suo, Colao dice:

“La nostra parte l’abbiamo fatta. Volevamo aiutare il governo ad uscire dalla paralisi nella quale si trova il Paese,
e ora possiamo dire ‘missione compiuta’. Adesso tocca alla politica“.

Intervistato dalla Stampa, il capo della task force si dice

“molto soddisfatto, abbiamo fatto un ottimo lavoro, 46 pagine di sintesi più 102 idee per il rilancio di un’Italia colpita da una crisi senza precedenti”.

Poi Colao ammette:

“Parliamoci chiaro, non sarebbe neanche giusto nutrire chissà quali aspettative miracolistiche sul nostro pacchetto.
Ma qui si tratta di aiutare il governo a uscire da questa crisi, trasformando l’emergenza in opportunità”.

Ecco di nuovo la narrazione tanto cara al premier secondo cui la crisi economica è l’occasione giusta per fare grandi cose
(quando intanto andrebbero semplicemente dati i soldi a famiglie e imprese).

Insomma, ribadisce l’ex ad di Vodafone,

“non sta a noi decidere. Io il mio dovere di manager l’ho fatto.
Adesso, come Cincinnato, me ne torno ai miei orticelli
“,

conclude Colao con un paragone un poco sproporzionato.

Tanti giallofucsia giudicano il piano deludente, slittano gli Stati generali dell’economia

Tra le fila dei ministri giallofucsia c’è chi giudica il piano deludente:

è un libro dei sogni che elenca le bellissime riforme che si potrebbero fare un giorno
e non offre indicazioni precise su come e dove investire per sanare l’economia messa in ginocchio dal lockdown sanitario.
Questo spiega perché Conte ne ha preso le distanze – “è uno spunto tecnico, niente più” –
visto che peraltro non è stato neanche firmato dalla “sua” economista.

In ogni caso, a quanto pare, la relazione verrà presentata agli Stati generali dell’economia,
che però – proprio a causa dei malumori nella maggioranza – slittano a venerdì
.

Per il premier la strada è più che mai in salita.
 
L’Ats di Milano, diretta da Vittorio Demicheli, fa una distinzione precisa sui nuovi casi di coronavirus:

“Nella settimana all’inizio di giugno circa il 5% dei casi sono venuti dalle Rsa,
il 3% dagli operatori sanitari, il 10% dai test sierologici positivi e l’82% sono ‘civili’, categoria generica che esclude le altre.
Nessuno può dire dove si sono contagiati i nuovi infetti.
In gran parte, però, dovrebbero essere contagi di origine famigliare contratti, finora, durante il lockdown”.


Galli ha detto: “Sono pazienti un po’ più giovani con caratteristiche di minore gravità.
C’è ancora qualche polmonite di una certa entità in persone avanti con gli anni, ma sono infezioni vecchie”.


Zangrillo ha affermato: “Noi non ricoveriamo un paziente in terapia intensiva dal 16 aprile“.
Poi ha aggiunto: “Nelle ultime due settimane abbiamo ricoverato cinque pazienti,
ma sono ricoveri precauzionali, nuove diagnosi senza alcun rilievo clinico”.


Galli: “È un dato di fatto fuori di ogni dubbio che le persone che adesso ricoveriamo, innanzitutto sono poche e poi stanno meglio“.
E poi: “Qui a Milano i contagi arrivano da casa: si sono ammalati prima della chiusura o, in casa loro, durante la chiusura.
Le nuove diagnosi sono semplicemente persone che finalmente sono riuscite a farsi un tampone.
Per molti ha richiesto parecchio tempo”.


Pezzotti dell’Iss ha chiarito: “È un quadro con meno ‘sotto diagnosi’.
Per la maggiore capacità diagnostica di identificare casi lievi, la proporzione dei casi gravi è diminuita.
I cluster familiari sono quelli che vediamo più facilmente perché identifichiamo e tamponiamo tutti i membri della famiglia.
La Lombardia ha molti più focolai di questo tipo rispetto ad altre regioni.
Poi, continuiamo a vedere casi tra gli operatori sanitari, ma non si tratta di un aumento delle infezioni, bensì di un maggiore controllo.
Ci sono ancora focolai, infine, nelle case di cura”.


Sulle riaperture Pezzotti ha spiegato che “non ci sono evidenze per ora” di segnali preoccupanti.
E ha aggiunto: “Siamo cauti, perché non avere segnali non vuol dire che non ci siano infezioni.
Se ci fossero focolai tra i giovani, sarebbero casi asintomatici e se infettassero i loro cari lo sapremmo tra 2-3 settimane”.


Il primario della clinica di Malattie infettive San Martino di Genova, Matteo Bassetti,
ha dichiarato sempre al ‘Corriere della Sera’ che lì non arrivano praticamente più casi “freschi” da dieci giorni.
La sua testimonianza: “Ci sono tanti soggetti che definiamo ‘grigi‘, arrivano con sintomi respiratori e rimangono per un paio di giorni.
Su una trentina di soggetti, negli ultimi 15 giorni neanche uno era Covid”.
 
L’Italia ha partecipato direttamente all’Oms nel 2017 con 10 milioni di dollari,
l’Istituto superiore di sanità (Iss) con 145.641 di dollari
e la regione Veneto con 258.322 di dollari.

Ma non basta.

Il nostro Paese ha anche investito in Gavi 465 milioni di dollari nel periodo 2016-2020,
ne ha versati altri 150 milioni ad aprile 2020
e altri 287 milioni il 4 giugno”.

Tutti soldi pubblici, sottratti al popolo italiano e alla nostra economia già in ginocchio a causa di queste scellerate politiche di emergenza.


Da qualche anno l’OMS vede tra i suoi maggiori finanziatori non gli Stati membri bensì enti privati,
i cui finanziamenti costituiscono i tre quarti del patrimonio dell’OMS.

Tra essi spiccano le principali case farmaceutiche e organizzazioni private come la Melinda
e #BillGates Foundation e la #Gavi Alliance sempre fondata da Bill Gates
(che sta investendo anche in Italia diversi progetti a sostegno della ricerca di un vaccino contro Sars-Cov-2).

Lo stesso Bill Gates che nel 2017 ha fondato la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi)
nata per velocizzare e coordinare la ricerca scientifica in tema di vaccini.

Secondo quanto riportato dall’avv. Mirella Manera, giurista dell’associazione Attuare la Costituzione sentita in audizione al Senato:

“tutti i programmi vaccinali dell’OMS sono finanziati per lo più con questi fondi privati
vincolati a specifici progetti selezionati dai donatori, non stanziati sulla base della pianificazione
né sulle esigenze prioritarie dell’agenda internazionale della salute a cui va solo il 7% dei finanziamenti”.


BILL GATES CHIAMA, CONTE RISPONDE: SOTTRATTI 150 MILIONI A FAMIGLIE E IMPRESE PER I VACCINI

https://youtu.be/dcD_K-RE9m0


Ma andiamo avanti.

Nel 2016 la Fondazione di Bill Gates ha investito 20 milioni di dollari nell’azienda farmaceutica Moderna TX INC,
promuovendo progetti di sviluppo basati sull’mRNA per varie malattie infettive.

Nel gennaio 2020, proprio ModernaTX INC ha completato la sequenza per mRNA-1273, il vaccino della compagnia,
che utilizza la proteina Spike (S) contro il nuovo #coronavirus.

L’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive americano (Niaid), parte di Nih,
ha rivelato l’intenzione di eseguire uno studio di Fase 1 utilizzando il vaccino mRNA-1273
in risposta alla minaccia del coronavirus e Moderna si è mobilitata verso la produzione clinica.

La produzione di questo lotto è stata finanziata (guarda caso) dalla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi).

Agli inizi di giugno #Moderna ha annunciato i primi risultati preliminari positivi del vaccino contro il coronavirus, facendo schizzare il titolo a Wall Street.

Man mano che il titolo cresceva, la società biotecnologica e il suo principale investitore
non persero tempo a capitalizzare sul prezzo delle azioni in rapido aumento.

https://edition.cnn.com/…/business/moderna-vaccine-stock-s…/


Sarebbe interessante conoscere la posizione del Governo sul conflitto di interesse della Fondazione di Bill Gates,
e capire quali iniziative intenda adottare per evitare che l’interesse particolare di qualcuno possa portare a «legalizzare» strumenti
– come vaccini e app di controllo – che si prestano a consentire la violazione delle libertà costituzionali individuali e della inviolabilità del corpo umano.


L’ho chiesto in un’interrogazione che potete leggere qui

https://aic.camera.it/aic/scheda.html…


Sara Cunial
 

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