Questo mi sembra abbastanza illuminante sui reali significati di tutto ciò declinati in salsa destra:
Dietro a quella formula che ognuno sta riempiendo oniricamente dei propri significati c’è la Mucca Carolina
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In realtà dietro a quella formula che ognuno sta riempiendo oniricamente dei propri significati c’è la Mucca Carolina. Qualcuno ricorderà l’emblema delle rivolte della lobby degli allevatori che pretendevano di non pagare la multe che l’Unione europea aveva comminato per le truffe perpetrate dopo aver incassato copiosi finanziamenti per limitare la produzione?
La stessa cosa avvenne in Francia e Germania. L’agricoltura più ricca del mondo, quella dell’Europa occidentale che arriva in padania, pretende di rinserrarsi in un regime di dumping per sbarrare la strada non alle infiltrazioni americane, ma alle importazione dai paesi meno sviluppati a partire dalla costa sud del Mediterraneo. Un’autarchia indecente che ha prodotto prezzi esosi per i consumatori e sprechi giganteschi usati prevalentemente dalla malavita per speculare sugli indennizzi. Oltre a uno squilibrio che sta alla base di gran parte di quell’immigrazione della disperazione che parte proprio dal fronte sud del Mediterraneo. È evidente infatti che o si importano i prodotti o invece i produttori. E qualcuno aveva interesse, e oggi sembra tornare alla carica, sia di lucrare sul bilancio europeo che per quasi il 40%, invece di finanziare innovazione tecnologica e lavoro, sostiene il prezzo del busso tedesco o del latte olandese o lombardo, sia di speculare sui disagi indotti dalle ondate di immigrazione che si riversano sulle nostre coste, come la composizione del Governo Meloni dimostra.
Ma c’è poi un aspetto più generale che rivela la visione reazionaria del governo in carica: l’esclusività alimentare.
Il vero made in Italy (latte di bufala, prodotti insaccati, carne e verdure, granaglie e pastifici, vino e olio) copre a mala pena il 30% del fabbisogno nazionale. Poi ci sarebbe la robusta domanda dell’export, privilegiato nella distribuzione. Cosa vogliamo fare? Procediamo per quote di doc privilegiate, che vanno messe all’asta? O invece intensifichiamo la produzione, come si sta facendo mistificando origine e combinazione degli ingredienti? Insomma, imbrogliamo noi stessi o invece riduciamo la dieta mediterranea a un bistrò per pochi eletti? E infine: come si mettono a tavola 7 miliardi di persone basandoci sui prodotti dop? Come si dà da mangiare dignitosamente anche solo alla popolazione italiana pensando solo alle produzioni di origine controllata? La sovranità alimentare è l’altra faccia di una segregazione sociale del cibo, di una discriminazione in base al censo nell’accesso alla qualità eno gastronomica.
Sarebbe ora che il movimento associativo, compreso le benemerite associazioni della qualità alimentare scendessero davvero in piazza per reclamare un’eguaglianza a tavola, compensando prodotti locali con produzioni intensive controllate e certificate. E soprattutto aprendo le gabbie alle importazioni dal sud del mondo, cancellando quella vergogna che è il sussidio ai ricchi agricoltori europei, dopo che sono stati abbandonati 14 milioni di operai europei sull’altare del libero mercato. Non è questa una battaglia di sinistra? Non si può ripartire anche da qui?