Il sovranismo alimentare

Capisco che tu possa essere prevenuto., ma rimanere ostinatamente fermo nelle proprie convinzioni, anche errate, è’ sintomo di poca duttilità mentale.Pensaci.
va bene, se vedrò risultati di questo sovranismo agricolo applaudirò...
nel frattempo si sarebbe gradito qualche cognato ministro in meno così tanto per iniziare, e qualche figura di capacità e rilievo in più ---- ma ok anche li vedremo...
questa è una compagine governativa che almeno nei nomi fa ridere. ci stupiranno?
tutto po' esse dicono alla garbatella.
 
il problema fondamentale è che ci sono trattati internazionali che non potranno, nè loro nè qualsiasi altro governo, cambiare.
L'olio del nord Africa ce lo dobbiamo pigliare.
Il grano dal Canada idem.
Ignoro se i pomodori cinesi siano oggetto di trattato o semplice mercato.

Attenzione, prima di obiezioni non attinenti, non c'è alcuna discriminante geografica o identitaria, da parte mia.
Di fatto, i controlli sulla produzione e sulla trasformazione che ci sono in Italia e gli obblighi di legge che abbiamo noi, non ci sono in nessuna parte del mondo.
Nonostante ciò ci sono le frodi alimentari, in altri Paesi però quelle che per noi sono frodi sono gli standard.

Sulla qualità dell'olio del nord Africa mi sentirei sicuro di affermare che l'olio italiano sia meno, molto meno, soggetto a residui di pesticidi.
Sui residui di diserbante nel grano canadese mi sento arci sicuro di affermare che rispetto al grano italiano non c'è storia.

Per i dettagli prima di obiettare a cazzo, informatevi, che a me di fare a chi ce l'ha più lungo non me ne frega un cazzo.

Di fatto la strombazzata sovranità alimentare è un concetto nato dalle lotte degli indios dell'Amazzonia, ed io ignoro se essi siano destri o sinistri ma semplicemente vogliono continuare a mangiare quello che hanno mangiato per millenni e pazienza se gli antenati degli europei si schifano.

Detto questo se si arrivasse ad una semplicissima variazione delle legge, sarebbe un enorme passo avanti:
2) Criterio dell’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale

Per le merci alla cui produzione abbiano collaborato due o più Paesi, occorre applicare il criterio stabilito dal secondo comma dell’art. 60 CDU: “Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione“.


La Corte di Giustizia Europea ha tentato di precisare questo concetto nella sentenza del 26 Gennaio 1977 C-49/76. L’ultima trasformazione sostanziale “si verifica solamente nell’ipotesi in cui il prodotto che ne risulta abbia composizione e proprietà specifiche che non possedeva prima di essere sottoposto a tale trasformazione o lavorazione“.


Nonostante i tentativi di chiarimento, permangono numerose incertezze circa la possibilità di individuare l’ultima trasformazione e le lavorazioni sufficienti a determinare il marchio di origine. Ciò anche perché la normativa da tenere in considerazione non si limita al Codice Doganale dell’Unione. Vi sono infatti numerosi accordi bilaterali o multilaterali in materia di origine, i cui criteri prevalgono su quelli generali sopra descritti.


Per ovviare a questa incertezza, uno strumento utile è quello dell’Informazione Vincolante in materia di Origine (I.V.O.).


Dopo sto pippozzo vi saluto e vado a cena dai suoceri.
 
Questo mi sembra abbastanza illuminante sui reali significati di tutto ciò declinati in salsa destra:


....

In realtà dietro a quella formula che ognuno sta riempiendo oniricamente dei propri significati c’è la Mucca Carolina. Qualcuno ricorderà l’emblema delle rivolte della lobby degli allevatori che pretendevano di non pagare la multe che l’Unione europea aveva comminato per le truffe perpetrate dopo aver incassato copiosi finanziamenti per limitare la produzione?

La stessa cosa avvenne in Francia e Germania. L’agricoltura più ricca del mondo, quella dell’Europa occidentale che arriva in padania, pretende di rinserrarsi in un regime di dumping per sbarrare la strada non alle infiltrazioni americane, ma alle importazione dai paesi meno sviluppati a partire dalla costa sud del Mediterraneo. Un’autarchia indecente che ha prodotto prezzi esosi per i consumatori e sprechi giganteschi usati prevalentemente dalla malavita per speculare sugli indennizzi. Oltre a uno squilibrio che sta alla base di gran parte di quell’immigrazione della disperazione che parte proprio dal fronte sud del Mediterraneo. È evidente infatti che o si importano i prodotti o invece i produttori. E qualcuno aveva interesse, e oggi sembra tornare alla carica, sia di lucrare sul bilancio europeo che per quasi il 40%, invece di finanziare innovazione tecnologica e lavoro, sostiene il prezzo del busso tedesco o del latte olandese o lombardo, sia di speculare sui disagi indotti dalle ondate di immigrazione che si riversano sulle nostre coste, come la composizione del Governo Meloni dimostra.


Ma c’è poi un aspetto più generale che rivela la visione reazionaria del governo in carica: l’esclusività alimentare.

Il vero made in Italy (latte di bufala, prodotti insaccati, carne e verdure, granaglie e pastifici, vino e olio) copre a mala pena il 30% del fabbisogno nazionale. Poi ci sarebbe la robusta domanda dell’export, privilegiato nella distribuzione. Cosa vogliamo fare? Procediamo per quote di doc privilegiate, che vanno messe all’asta? O invece intensifichiamo la produzione, come si sta facendo mistificando origine e combinazione degli ingredienti? Insomma, imbrogliamo noi stessi o invece riduciamo la dieta mediterranea a un bistrò per pochi eletti? E infine: come si mettono a tavola 7 miliardi di persone basandoci sui prodotti dop? Come si dà da mangiare dignitosamente anche solo alla popolazione italiana pensando solo alle produzioni di origine controllata? La sovranità alimentare è l’altra faccia di una segregazione sociale del cibo, di una discriminazione in base al censo nell’accesso alla qualità eno gastronomica.

Sarebbe ora che il movimento associativo, compreso le benemerite associazioni della qualità alimentare scendessero davvero in piazza per reclamare un’eguaglianza a tavola, compensando prodotti locali con produzioni intensive controllate e certificate. E soprattutto aprendo le gabbie alle importazioni dal sud del mondo, cancellando quella vergogna che è il sussidio ai ricchi agricoltori europei, dopo che sono stati abbandonati 14 milioni di operai europei sull’altare del libero mercato. Non è questa una battaglia di sinistra? Non si può ripartire anche da qui?
 
Che io sappia gl'incentivi e sussidi europei per agricoltura son sempre stato appannaggio in primis della francia e a ruota Germania e paesi bassi, noi ruota del carro , quote latte docet, ma per i +europpei sonnsquisquilie
 
Questo mi sembra abbastanza illuminante sui reali significati di tutto ciò declinati in salsa destra:


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In realtà dietro a quella formula che ognuno sta riempiendo oniricamente dei propri significati c’è la Mucca Carolina. Qualcuno ricorderà l’emblema delle rivolte della lobby degli allevatori che pretendevano di non pagare la multe che l’Unione europea aveva comminato per le truffe perpetrate dopo aver incassato copiosi finanziamenti per limitare la produzione?

La stessa cosa avvenne in Francia e Germania. L’agricoltura più ricca del mondo, quella dell’Europa occidentale che arriva in padania, pretende di rinserrarsi in un regime di dumping per sbarrare la strada non alle infiltrazioni americane, ma alle importazione dai paesi meno sviluppati a partire dalla costa sud del Mediterraneo. Un’autarchia indecente che ha prodotto prezzi esosi per i consumatori e sprechi giganteschi usati prevalentemente dalla malavita per speculare sugli indennizzi. Oltre a uno squilibrio che sta alla base di gran parte di quell’immigrazione della disperazione che parte proprio dal fronte sud del Mediterraneo. È evidente infatti che o si importano i prodotti o invece i produttori. E qualcuno aveva interesse, e oggi sembra tornare alla carica, sia di lucrare sul bilancio europeo che per quasi il 40%, invece di finanziare innovazione tecnologica e lavoro, sostiene il prezzo del busso tedesco o del latte olandese o lombardo, sia di speculare sui disagi indotti dalle ondate di immigrazione che si riversano sulle nostre coste, come la composizione del Governo Meloni dimostra.


Ma c’è poi un aspetto più generale che rivela la visione reazionaria del governo in carica: l’esclusività alimentare.

Il vero made in Italy (latte di bufala, prodotti insaccati, carne e verdure, granaglie e pastifici, vino e olio) copre a mala pena il 30% del fabbisogno nazionale. Poi ci sarebbe la robusta domanda dell’export, privilegiato nella distribuzione. Cosa vogliamo fare? Procediamo per quote di doc privilegiate, che vanno messe all’asta? O invece intensifichiamo la produzione, come si sta facendo mistificando origine e combinazione degli ingredienti? Insomma, imbrogliamo noi stessi o invece riduciamo la dieta mediterranea a un bistrò per pochi eletti? E infine: come si mettono a tavola 7 miliardi di persone basandoci sui prodotti dop? Come si dà da mangiare dignitosamente anche solo alla popolazione italiana pensando solo alle produzioni di origine controllata? La sovranità alimentare è l’altra faccia di una segregazione sociale del cibo, di una discriminazione in base al censo nell’accesso alla qualità eno gastronomica.

Sarebbe ora che il movimento associativo, compreso le benemerite associazioni della qualità alimentare scendessero davvero in piazza per reclamare un’eguaglianza a tavola, compensando prodotti locali con produzioni intensive controllate e certificate. E soprattutto aprendo le gabbie alle importazioni dal sud del mondo, cancellando quella vergogna che è il sussidio ai ricchi agricoltori europei, dopo che sono stati abbandonati 14 milioni di operai europei sull’altare del libero mercato. Non è questa una battaglia di sinistra? Non si può ripartire anche da qui?

cominciamo a ragionare
 
il ministero della sovranità alimentare l'hanno inventato i francesi
che essendo molto più nazionalisti e sovranisti di noi
lo usano per avvantaggiare i loro prodotti rispetto agli altri

spero che anche il nostro funzioni come quello francese

Non solo con il cibo, stabiliamo un made in italy in tutti i settori che sia veramente prodotto in italia e non solo marchiato
 
È chiaro che quella del sovranismo alimentare è una boiata irrealizzabile. Però fa molto fico fare finta di perseguirlo presso un certo elettorato che si fa confondere dalle parole.

PS negli altri settori nemmeno ci provano a parlare di sovranismo :)
 

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