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mototopo

Forumer storico
Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


Ieri alle 2.10 ·




CINQUECENTO ANNI FA IL TIRANNO DI TURNO MANDAVA I SUOI EMISSARI, DUE VOLTE ALL'ANNO E TI DICEVA: IO SONO IL TUO SIGNORE E TU MI DEVI DARE IL 60% DEL TUO RACCOLTO, DEL TUO GRANO, DELLE TUE GALLINE, DELLA LEGNA CHE HAI RACIMOLATO PER L'INVERNO. MI DEVI TUTTO QUESTO PERCHE LE TERRE SU CUI VIVI APPARTENGONO A ME E SOPRA DI ESSE DECIDO IO.
IL TIRANNO POI UTILIZZAVA TUTTO QUESTO PER FAR VIVERE DI PRIVILEGI LA PROPRIA FAMIGLIA E I PROPRI AFFILIATI E PER COSTRUIRE GLI ESERCITI CHE G...LI AVREBBERO PERMESSO DI PORTARE AVANTI LE PROPRIE PERSONALI GUERRE ESPANSIONISTICHE: ALTRE TERRE ANDAVANO ASSOGGETTATE, COL
SANGUE DI UOMINI SEMPLICI, CONVINTI CHE ANDARE A MORIRE PER IL PROPRIO RE ERA UN'IMPRESA NOBILE E GIUSTA.
NEL 2015 È CAMBIATO QUALCOSA RISPETTO AL MEDIOEVO?
NO, È TUTTO ESATTAMENTE COME ALLORA. È CAMBIATA LA FORMA, È CAMBIATO IL METODO DI ESTORSIONE, CHE È STATO ACCETTATO DALLA MAGGIORANZA DELLA POPOLAZIONE, NON IL MECCANISMO.
LA MAGGIOR PARTE DI CIÒ CHE PRODUCI LO CONSEGNI AD ALTRI, ADESSO COME NEL MEDIOEVO.
ATTRAVERSO CENTINAIA DI ANNI DI DOMINAZIONE SONO RIUSCITI A TRASFORMARE QUESTO IN "DEMOCRAZIA"
SICCOME NON PUOI PIÙ PRESENTARTI CON LA SPADA MINACCIANDO LA FORCA, I METODI SI SONO RAFFINATI, ORA C'È UN DEBITO PUBBLICO, PROGETTATO PER ESSERE INESTINGUIBILE, E IL CITTADINO HA IL DOVERE MORALE DI CONTRIBUIRE A SANARLO.
IL DEBITO FANTASMA È SEMPRE PIÙ GRANDE E COSÌ LA FRAZIONE DI CIÒ CHE DEVI CONSEGNARE.
SONO RIUSCITI A TRASFORMARE QUELLA CHE ERA UNA ESTORSIONE VIOLENTA E PERCEPITA UNIVERSALMENTE COME INGIUSTA IN UN COMPITO MORALE CUI LA GENTE SI SOTTOPONE AUTOMATICAMENTE.

Altro...
 

mototopo

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(versione stampabile)


TU INCONTRI MARIO DRAGHI AL BAR, E LO SMONTI IN 21 SECONDI


La Banca Centrale Europea (BCE) di Mario Draghi si è resa nota nella Storia per due motivi principali:
A) Decise mesi fa di portare i tassi d’interesse sui depositi bancari in negativo. Cioè: invece di pagare alle banche che depositano i loro soldi alla BCE un interesse, Draghi decise che dovevano essere la banche a pagare un interesse per tenere i loro soldi presso la BCE.
B) Ha deciso oggi di comprare grandi quantità di Titoli di Stato (e di altri Titoli privati) dai loro possessori, pagandoli in contanti. Un’operazione chiamata QE.
Sia nel caso A) che nel caso B) abbiamo istituti o risparmiatori che perdono tassi d’interesse, cioè RICCHEZZA. Le banche non prendono più interessi a mettere i soldi alla BCE, anzi, li pagano (e passano le perdite ai correntisti, ovvio); e i possessori di Titoli vengono liquidati e non prenderanno più interessi su quei titoli.
Questo RIMUOVE dall’economia colossali quantità di beni finanziari (gli interessi), IMPOVERENDO l’economia, NON arricchendola, creando PIU’ crisi e quindi PIU’ deflazione, non meno crisi e meno deflazione, come ci dà ad intendere Mario draghi e seguito di tromboni dei giornali.
In ultimo: se Draghi vi risponde “Ma così l’Italia pagherà molti meno interessi sul suo Debito, lo Stato risparmierà”, voi rispondete: “Da che il mondo esiste, gli interessi pagati da uno Stato sono la RICCHEZZA di chi li riceve (risparmiatori, aziende, famiglie ecc.), non la sua povertà. L’unico motivo per cui oggi gli interessi che l’Italia paga sono un danno per i cittadini, è perché li paga in una moneta che non è sua, ma la deve prendere in prestito, signor Draghi, e si chiama euro. Tolto l’euro, tornata l’Italia alla SUA moneta, problema risolto. Buona sera, e non le pago neppure il caffè”.


Pubblicato da CANELIBERONLINE a 19:37
 

mototopo

Forumer storico
SCIENZA
C'ERA UNA VOLTA
LA NERA
SEI SICURO?
EDITORIALI
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MPS CON ENTRAMBI I PIEDI NELLA BARA (FALLIMENTO O COMMISSARIAMENTO STATALE): OGGI PERDE IL 7,83%, DA MERCOLEDI' IL 21%

venerdì 30 gennaio 2015
SIENA - Mps va ancora piu' giu' in Borsa, fa un tonfo e precipita del 7,83% scivolando a nuovi minimi storici di 0,40 euro sul nervosismo per l'aumento di capitale atteso, ma soprattutto per voci insistenti che parlano della possibilità di commissariamento fino al fallimento.
Da quando mercoledi' e' stato rimosso il divieto di operare allo scoperto in Borsa - vendere il titolo senza possederlo per riacquistare dopo il calo, guadagnando sulla differenza - Montepaschi ha perso il 21%. E questo la dice lunga, sulla fragilità enorme dell'ex "seconda banca italiana per solidità e capitale", devastata da uan dirigenza nominata tutta dal Pd e formata da personaggi di statura criminale.
La sbandata e' stata accompagnata oggi anche da volumi importanti, con 315 milioni di azioni passati di mano, pari al 6,15% del capitale, dopo i 205 milioni ieri e contro una media giornaliera nel mese di 87,5 milioni di pezzi. Il divieto allo 'short selling' su Mps in vigore fino a martedi' scorso era stato introdotto il 27 ottobre per arginare la volatilita' in vista degli esami Bce ed era stato poi prolungato pochi giorni cioe' dopo la 'bocciatura' della banca.
L'istituto capitalizza ormai circa 2,2 miliardi ed e' gia' sotto il valore massimo dell'aumento di capitale deliberato a 2,5 miliardi come pezzo forte del 'capital plan' da sottoporre alla Bce per far fronte al deficit di capitale emerso negli stress test in condizioni avverse (2,1 miliardi). In pratica, ha bruciato tutto l'enorme capitale iniettato soo pochi mesi fa nelle casse vuote dell'istituto senese.
Mps aveva fatto sapere di voler cosi' rafforzare li patrimonio sia per lo 'shortfall' di capitale e sia per rimborsare in anticipo i Monti bond residui per circa 1 miliardo. Mps e' ora in attesa del 'responso' Bce sul capital plan e soffre quindi in Borsa l'incertezza.
Il 'verdetto' potrebbe arrivare mercoledi' prossimo 4 febbraio con il consiglio direttivo dell'istituto centrale, ma anche nell'incontro successivo del 18 febbraio, secondo alcune interpretazioni dando cosi' modo all'Eurotower di ricevere le prime bozze dei bilanci delle banche vigilate.
In questo scenario ormai da settimane il titolo Mps si trova sulla graticola: a inizio mese ad esempio con un rally per un improbabile interesse del Santander, dopo il maxi aumento da 7,5 miliardi degli spagnoli (che han smentito interesse). Poi era stata la volta di notizie sui target per i coefficienti patrimoniali (Cet1) chiesti dal nuovo organismo di vigilanza della Bce (Ssm): Mps ha confermato i livelli indicati nelle indiscrezioni, salvo trattarsi di target da rispettare a seguito del completamento del 'capital plan' stesso, e dunque gia' inglobati nel confronto in corso con l'istituto centrale.
Nuovi scossoni sono arrivati con l'addio al divieto di vendite allo scoperto e qui ieri si sono inserite notizie, rimaste senza reazioni da Siena o riscontri ufficiali, sul fatto che la banca dovrebbe in realta' affrontare una ricapitalizzazione piu' forte e fino a 3,5 miliardi, ma c'è chi parla di addirittura 9 o 10 miliardi di euro.
Sulle prospettive della banca, intanto, e' intervenuto oggi anche il Sindaco di Siena Bruno Valentini. "Occorre capire se oltre all'aumento di capitale, bisogna unire Mps ad un'altra banca - ha detto -. Puo' essere una banca italiana o straniera. Io preferirei italiana. Tutto quello che serve per mobilizzare il mercato delle banche - ha aggiunto - e rendere possibile l'apporto di capitali esterni, come la quotazione in borsa o la modernizzazione della normativa societaria sugli istituti bancari, potrebbe favorire una riorganizzazione del sistema che mantenga il marchio Mps insieme ad altre collaborazioni".
Ma questa esortazione è tardiva e priva di un qualsiasi aggancio alla realtà. La verità è che Mps non interessa più a nessuno, tranne che agli speculatori. Che vanno chiamati col loro vero nome: avvoltoi.
Redazione Milano.

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mototopo

Forumer storico
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Sondaggi SP-SE» <UL class=sub-menu style="DISPLAY: none; VISIBILITY: hidden"> <LI id=menu-item-1539 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-1539">national occupation index <LI id=menu-item-1540 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-1540">italy index <LI id=menu-item-1559 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-1559">family index</UL>
Interviste Esclusive» <UL class=sub-menu style="DISPLAY: none; VISIBILITY: hidden"> <LI id=menu-item-1549 class="menu-item menu-item-type-custom menu-item-object-custom menu-item-1549">Alberto Bagnai – mar 2013 <LI id=menu-item-1662 class="menu-item menu-item-type-custom menu-item-object-custom menu-item-1662">Gianni Fava – ott 2012 <LI id=menu-item-1659 class="menu-item menu-item-type-custom menu-item-object-custom menu-item-1659">Roberto Maroni – feb 2013 <LI id=menu-item-9136 class="menu-item menu-item-type-custom menu-item-object-custom menu-item-9136">Matteo Salvini – dic 2013 <LI id=menu-item-10065 class="menu-item menu-item-type-custom menu-item-object-custom menu-item-10065">Flavio Tosi – dic 2013</UL>
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INDICATORI ECONOMICI febbraio 1, 2015 posted by admin
A Futura Memoria: il C.S.Confindustria non ne ha azzeccata una (di Paolo Cardena’)

Gran Post di Paolo Cardena’ su Vincitori e Vinti

Sulle previsioni di crescita di Confindustria, credo che non sia necessario soffermarsi molto, se non il giusto necessario per consegnare a futura memoria ciò che sostiene il loro Centro Studi, che, per l’Italia, vede una crescita aggiuntiva del 2,1% per il 2015 e del 2,5 per il 2016 (l’analisi la trovate QUI)
Ora, considerato che per questi due anni le previsioni indicano già una crescita, rispettivamente, dello 0.5% e 1% circa, se ne deduce che secondo l’impulso che l’Italia dovrebbe ricevere dalla svalutazione dell’euro, dal QE della BCE e dalla caduta del prezzo del petrolio, essendo queste delle spinte aggiuntive rispetto alle previsioni già formulate, l’Italia, stando a quanto dice Confindustria, dovrebbe crescere del 2.6% nel 2015 e addirittura del 3.5% nel 2016.
Se cossì fosse, sarebbero le espansioni più ampie dalla nascita dell’euro, eccettuato l’anno 2000, quando il Pil salì del 3.7%.

Semplicemente impensabile, allo stato attuale, giacché il contesto macroeconomico è imparagonabile rispetto a quegli anni.
In compenso, potete sempre sperare che sia attendibile ciò che ipotizza Confindustria. Peccato, però, che la speranza venga demolita dalla capacità di Confidustria di prevedere le dinamiche economiche. E il grafico che segue ne è espressione tangibile.


Come vedete, le colonnine colorate rappresentano le previsioni biennali di Confindustria dal dicembre 2007 (per il biennio 2008 e 2009) fino all’ultimo aggiornamento di qualche giorno fa (per il biennio 2015-2016; mentre gli istogrammi di colore nero sono le variazioni effettive del PIL. Visto che il dato definitivo per il 2014 non è ancora uscito, ho considerato una contrazione del PIL 0.4%, poiché sembra essere la previsione più accreditata da parte delle principali istituzioni.

Il risultato è immediato: CONFINDUSTRIA NON NE HA AZZECCATA UNA, NEANCHE LONTANAMENTE.
Ma visto che la realtà supera sempre la fantasia, confindustria è anche in buona compagnia

Ad ogni buon conto, al netto di tutti i rischi che stanno incubando in giro per il mondo, è fuori da ogni dubbio che ci siano delle condizioni migliori per favorire una crescita. Tuttavia, c’è da dire che la crescita verrebbe dopo un disastro economico di proporzioni quasi belliche e, soprattutto, si confronterebbe con tendenze di lungo periodo che, oltre a condannare l’Italia, sono assai difficili da invertire.
Un paio di grafici per chiarire di cosa si sta parlando:







L’Italia, dall’inizio della crisi ha perso circa 350 miliardi di PIL. Qualche tempo fa ho provato a simulare quale sarebbe la crescita necessaria (indispensabile) nei prossimi anni, per recuperare il PIL che è stato perso.
Ne è venuto fuori questo:


E’ un immagine che riprende un mio vecchio grafico al quale sono state aggiunte le due linee tratteggiate: quella viola che simula la crescita del PIL, dal 2015, del 3,5% annuo; e la linea tratteggiata verde che simula la crescita del PIL del 2.5%.
https://www.blogger.com/nullNel primo caso, cioè in caso di crescita del 3.5%, l’Italia recupererà i 327 miliardi di PIL andati in fumo solo nel 2024, cioè tra dieci anni. Nel secondo caso, essendo inferiore il tasso previsto (2.5%), il recupero avverrà solo nel 2034: tra venti anni. Ovviamente, in tutto questo periodo si dovranno evitare, come la peste bubbonica, tutte le crisi che dovessero manifestarsi.
E’ possibile qualcosa del genere? No
 

TRABOOK

Forumer attivo
Il quadro planetario è cambiato. Il mondo sta cambiando. Intanto, la nostra Italietta sta a guardare.....

31/1/2015



di Sergio Di Cori Modigliani

Di geo-politica e della nostra situazione strategica come nazione.


Il mondo sta cambiando, ma in Italia si fa finta di niente.
Non ci si può certo lamentare, poi, se si arriva, immancabilmente, in ritardo ai grandi appuntamenti con la Storia.
Lunedì 2 Febbraio arriva in visita ufficiale a Roma il premier greco Alexis Tsipras.
Porta, dentro al suo carniere, una bomba politica.
Al di là della vulgata comune che lo dipinge (a seconda dei casi e degli schieramenti) come uno che "gliele canta" alla Merkel, oppure come uno che si è venduto a Mario Draghi, oppure come un populista che affonderà la Grecia, arriva da noi colui che -in questo momento- è considerato dagli analisti di geo-politica come la personalità politica più importante del mondo in questo momento.
Per diversi motivi, che agli italiani sono stati poco raccontati.
Non riguarda soltanto euro o non euro, austerità o crescita, viva la troika o abbasso la troika. Queste sono semplificazioni retoriche per dar la guazza ai propri seguaci.
Siamo qui al tavolo della grande partita globale, quella in cui si decide l'assetto post-moderno del Nuovo Ordine Mondiale.
Perché Tsipras non si presenta certo come un profeta disarmato.
Venerdì pomeriggio, il commissario europeo olandese se n'è andato via bianco come un cencio e ha già gettato la spugna, spiegando a Juncker che la trattativa è molto più ampia e complessa e deve essere decisa in prima persona dai premier dei singoli stati europei. La frase che gli ha fatto fare un salto sulla sedia è quella pronunciata da due importanti membri della delegazione, entrambi in totale sintonia, Yannis Varoufakis, Ministro delle Finanze ( radicale di sinistra) e Panos Kammenos, Ministro della Difesa (radicale di destra): "si ricordi, caro Djisselbloem" gli ha detto Varoufakis "che il punto 10 del programma elettorale di Syriza che ha vinto le elezioni consiste nell'uscita della Grecia dalla Nato". Sembra che il commissario olandese abbia girato la testa verso il conservatore Kammenos, aspettandosi un diplomatico distinguo, in modo tale da poter operare subito con il consueto divide et impera per spaccare l'attuale coalizione. Invece, Kammenos ha confermato la linea del governo: "siamo d'accordo su tutto, altrimenti non avremmo sottoscritto un'alleanza che intendiamo portare avanti negli interessi del popolo greco".
Già questo sarebbe sufficiente, a mio avviso, per metterci nelle condizioni di invidiare la capacità di far politica dei greci.
E così, l'olandese Djisselbloem, un burocrate rigorista, iper-liberista, conservatore della destra, ha preso la sua valigetta e dicendo: mi rendo conto, vi faremo sapere, se n'è ritornato con la coda tra le gambe a Bruxelles, passando la palla a Juncker che ha inviato una nota al comando generale della Nato che questo pomeriggio si riunisce d'emergenza per valutare la nuova situazione.
In Italia, abituati alla nostra norma miope e asfittica, la situazione viene presentata come se Tsipras fosse una specie di mercante italiano in salsa greca che usa la carta Putin per ricattare la Merkel o, ancora peggio, che si è addirittura venduto a Putin (come ho letto in un articolo riportato anche da Dagospia).
A mio avviso, non è affatto così.
Anzi.
L'attuale governo presieduto da Alexis Tsipras è composto al 70% da persone con una notevole esperienza internazionale, che sono inseriti nella realtà globale planetaria e sanno come sia cambiato il quadro generale internazionale e come stia cambiando.
Tsipras sta gestendo questa cavalcata molto bene. Si capisce che è uno che sa ciò che sta facendo, si capisce che non punta a sopravvivere, a perdere tempo vivendo alla giornata, rimediando qualche briciola da regalare ai greci tanto per farli star buoni. Si capisce che è consapevole che le alleanze strategiche nel globo sono state completamente rivoluzionate negli ultimi quindici mesi.
Il mondo è già cambiato.
In Italia questa notizia non sembra sia stata rubricata.
Si pensa che in Medio Oriente c'è Hamas che guida la rivoluzione palestinese eroica contro i perfidi israeliani che sono sorretti e finanziati dagli Usa guerrafondai, armati dalla Nato che usa Israele come testa di ponte e che Israele vuole buttare le bombe atomiche su Teheran per eliminare il suo nemico storico facendo il lavoro sporco a nome degli americani.
Un teatrino da bambini.
Un tempo, forse (dico, forse) poteva essere così.
Oggi è completamente diverso.

Prima di tutto per il fatto che l'America non esiste più, in termini politici.
Esistono due Americhe, con due politiche diverse: quella della destra repubblicana conservatrice neo-oligarchica (garantita dalla superloggia White Eagle, come ci spiega Gioele Magaldi nel suo libro) che ha letteralmente "inventato" l'Isis e il califfato di Al Bagdadi, costruendo questa realtà militare a tavolino, in totale accordo con l'Arabia Saudita e la Turchia che la finanziano e la supportano per motivi e ragioni di potentato locale: l'Arabia Saudita vuole imporre la propria supremazia totale e assoluta nel mondo islamico, eliminando per sempre l'Iran e cancellando dal globo la millenaria tradizione della cultura persiana; mentre la Turchia intende porsi come la nazione mussulmana democratica (si fa per dire) che gestisce tutto il blocco del Mediterraneo e del Medio Oriente, approfittandone per eliminare diverse popolazioni a loro scomode, dai beduini autonomi in Lybia, ai curdi, agli armeni. L'accordo tra i potentissimi repubblicani della destra americana, i turchi e gli arabo-sauditi è totale, perché con l'Isis preparano la strada a quello che loro definiscono uno "scontro tra civiltà" e guadagnano dalla guerra che vogliono estendere in maniera permanente.
Poi c'è un'Altra America, rappresentata in questo momento da Obama e da un vasto movimento liberal-radicale, pacifista, (massoni progressisti che contano nella società) che vuole invece accogliere al tavolo planetario l'Islam come soggetto alla pari e costruire tutti insieme un piano economico internazionale che passa attraverso la redistribuzione delle ricchezze e il lancio di un New Deal planetario gestito dagli Usa e dal Brasile nel continente americano, dall'Egitto, Sudafrica e Marocco nel continente africano, dall'Iran e Pakistan nel mondo islamico, dal Giappone, India e dalla Corea del sud nel mondo asiatico e in Europa da una Unione Europea che abbatta il totem dell'austerità e si liberi dall'oppressione dei diktat tedeschi, aprendosi a una autentica federazione di stati su basi progressiste.
Questa lotta interna dell'impero americano è violentissima e sanguinosa.
Lo dimostrano gli ultimi fatti recenti, a conferma di quanto paventavo e scrissi nei mesi passati. Tanto è vero che fonti attendibili e accreditate hanno riferito di una furibonda scenata di Obama e del suo cerchio magico fedele alla Casa Bianca, due ore dopo i fatti di Parigi. Ha convocato il management della Cia e dopo infamanti accuse di golpe ha licenziato in tronco i tre responsabili del desk France accusandoli addirittura di alto tradimento. Ha insistito per far applicare dei dispositivi legali per cui non avranno nè tfr nè pensione: espulsi per ignominia. Ha voluto e preteso che tale scenata venisse diffusa presso bloggers indipendenti planetari progressisti (come si è verificato) e si è rifiutato di andare a Parigi. "Non vado a fare il clown per celebrare il mio funerale di Stato" sembra che abbia detto. Il motivo per cui la destra repubblicana Usa, sorretta dal settore deviato della Cia e dei servizi francesi, avrebbe cospirato contro il presidente Obama, forse anche dando una qualche forma di contributo al massacro parigino, sembra essere relativo alla battaglia epocale che Obama sta combattendo alla Casa Bianca dal 2 Gennaio. Un evento fondamentale sul quale gli ambientalisti europei non mi pare che siano intervenuti in maniera incisiva, almeno per fare informazione. Una cosa davvero triste. Il 2 Gennaio scorso, infatti, si è aperta la stagione del nuovo congresso a maggioranza repubblicana e come primo atto hanno gettato sul tavolo il varo di una operazione di 2.000 miliardi di dollari per costruire un gigantesco mega oleodotto dal Canada agli Usa gestito -guarda caso- dalla famiglia Bush, Dean Rumsfeld, Dick Cheney e figli, associati con il re dell'Arabia saudita, spostando il budget dall'istruzione a una nuova politica energetica di estrazione petrolifera. La risposta di Obama è arrivata immediata, al pomeriggio del 2 Gennaio. "E' una follia" ha dichiarato in una improvvisata conferenza stampa "mi avvalgo delle mie facoltà istituzionali e come presidente pongo il veto contro questo obbrobrio; la destra non fermerà il progresso. A costo di bloccare il parlamento fino al 31 dicembre del 2016 non firmerò mai il via per questo oleodotto". E praticamente si è trincerato dentro la Casa Bianca attaccato dai colossi dell'energia e della finanza. La battaglia è tuttora in corso e in Usa il dibattito sul web viaggia su questo e la lotta tra i due schieramenti è davvero furibonda.
A quanto detto, va aggiunta la nuova situazione medio-orientale ed europea nei riguardi della Russia. Da sei mesi la situazione è cambiata in maniera radicale, creando tutto un altro scenario di cui gli italiani (come opinione pubblica) sono poco informati. Le sanzioni europee hanno comportato ad agosto un tragico problema per la Russia: una crisi di emergenza alimentare, perchè si è trovata priva del supporto di frutta e verdura che sarebbe dovuta arrivare a settembre da Spagna, Grecia e soprattutto Italia. Ma ha trovato un nuovo partner: Israele. Il 6 settembre 2014, Putin va a Telaviv e firma con gli israeliani un accordo inter-governativo che ha fatto diventare la Russia il primo e più importante partner commerciale degli israeliani, con l'approvazione dell'Iran che ha chiuso altri quattro mega contratti di cooperazione e sviluppo con Israele. Sia gli israeliani che i russi e gli iraniani hanno quattro grandi nemici in comune: l'Isis, la Nato, l'Unione Europea gestita dalla destra, e la Turchia che rappresenta gli interessi sia dell'Isis sia della Nato e vuole entrare nell'Ue.
Questa nuova alleanza ha modificato completamente il quadro geo-politico che oggi ha da una parte, Arabia Saudita-Cina-Emirati-Isis-Usa-salafiti palestinesi; dall'altra, Russia-Iran-Israele-Sud America- autorità nazionale palestinese.
L'Europa da che parte sta?
Qui arrivano le cattive notizie: l'Europa si è italianizzata, nel senso che ha scelto di giocare su entrambi i tavoli e stare a guardare come butta. Al momento sembra che stia sorreggendo la destra repubblicana americana, e quindi gli arabo-sauditi.
Obama è azzoppato e incastrato ma si sta muovendo.
Il potere lavora sempre sulla simbolica e sulla forma.
Obama, secondo me, non sarebbe neppure andato al funerale del re saudita, ma alla fine ha ceduto. Però sua moglie Michelle si è rifiutata di indossare il velo. C'è stato un momento molto delicato all'aeroporto di Riyad, perché la first lady si è rifiutata e ha dichiarato "io sto qui in rappresentanza delle donne americane che ancora oggi combattono per la libertà di genere e per manifestare il diritto all'uguaglianza, quindi non mi metto il velo". Alla fine è stato raggiunto un accordo e così nessuna televisione delle nazioni islamiche (comprese Al Jazeera e Al Arabiya) ha ripreso la delegazione americana pur sostenendo che Obama era presente.

In questo quadro arriva la Grecia, immortale a mai doma nemica della Turchia.
Con il nuovo governo, Tsipras riesce a far quadrare il cerchio perché si pone come amico dei russi e anche degli israeliani, in quanto garante in Europa degli interessi russi e della pace in Medio Oriente. Ha già proposto di eleggere Atene, al posto di Parigi, come sede per incontri bilaterali tra israeliani-hamas-autorità palestinese.

Venerdì pomeriggio alle ore 14, esattamente mentre la delegazione Ue incontrava il governo greco e la borsa di Atene andava a picco, con fuga di capitali verso Francia e Germania e la prospettiva di un immediato default della nazione, arrivava una curiosa notizia dal mercato secondario di Wall Street. La Kennedy Talbot, antica società finanziaria, acquistava bond greci per un controvalore pari a 12 miliardi di dollari per conto della Mendelssohn & co. di Vienna, una società finanziaria composta dalla Banca d'Israele e da Gazprom.
Il commissario dell'Unione Europea è andato ad Atene pensando che alle ore 15 la Grecia andava in default.
Se n'è ritornato a casa con la coda tra le gambe.
E il quadro è cambiato, e forse è andato anche a toccare accordi provinciali, come i nostri "nazareni".
Poiché tutto si è all'improvviso accelerato, l'Italia si è trovata nella situazione di dover avere un presidente eletto lunedì mattina, quando arriverà Tsipras, perché la carne al fuoco sarà parecchia.
Il presidente neo-eletto non ho la minima idea se sia all'altezza dell'attuale scenario internazionale, ma so chi sono i suoi alleati e sostenitori in questo momento: il Vaticano e Massimo D'Alema che conta la Pinotti alla difesa e la Mogherini come ministro degli esteri in Europa.
Per questo Tsipras viene qui, con una bella proposta da parte della seconda potenza militare al mondo, la prima in Europa, che si offre come sponda in funzione anti-tedesca.
E' una partita interessante.
Tutta da giocare.
E' anche entusiasmante.
Si intravedono degli spiragli per uscire fuori dal Partito del Pensiero Unico ideato, finanziato e sponsorizzato dalla destra repubblicana americana e dai neo-conservatori aristocratici a metà degli anni '70 al fine di colonizzare per sempre, quantomeno, l'intero occidente.
Forse siamo ancora in tempo a mandare all'aria il loro piano.
Non mi dispiacerebbe affatto che sia la Grecia il luogo da cui inizia la ripresa.
Da lì veniamo tutti.
Se ce la fece Ulisse, 3000 anni fa, a conquistare la preziosissima rocca sui Dardanelli per impedire l'invasione da parte di migliaia di tribù in cerca di espansione verso l'Europa che ancora non esisteva, potremmo farcela anche noi, oggi.
A pensarci su, stiamo ancora allo stesso punto.
Ed è chiaro che oggi o andiamo davvero a costruire una nuova civiltà europea oppure questa Europa si schianterà al suolo.
Per colpa della neo-aristocrazia guerrafondaia che vuole chiudere la partita.
Noi siamo in prima linea.
Questo è bene saperlo e capirlo.
Oops, malgrado la "riluttanza" generale,..................:-x
 

mototopo

Forumer storico
<LI id=menu-item-11770 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-11770">Geopolitica <LI id=menu-item-11778 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-11778">Giappone <LI id=menu-item-11769 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-11769">Imperialismo <LI id=menu-item-11775 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-11775">Storia <LI id=menu-item-11774 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-11774">Tecnologia <LI id=menu-item-11777 class="menu-item menu-item-type-taxonomy menu-item-object-category menu-item-11777">Varie Un’altra teoria della cospirazione diventa realtà: il collasso del petrolio per spezzare il controllo russo sulla Siria

febbraio 4, 2015 Lascia un commento

Tyler Durden Zerohedge 03/02/2015
Ti prego diventa il mio spacciatore di petrolio! Gente! Vi dispiacerebbe essere un pochino come lui?!

Mentre i mercati ancora discutono se il prezzo del petrolio sia più influenzato dall’estrazione di greggio, o da mancanza di domanda, o sia solo un momento di compressione nella ricerca degli algoritmi dell’HFT che acquistano millisecondi prima delle 14:30, portiamo l’attenzione dei lettori su ciò che qualche mese fa fu indicata come greve teoria della cospirazione. Allora scrivemmo di una certa visita di John Kerry in Arabia Saudita, l’11 settembre di sempre, per negoziare un accordo segreto con l’ormai defunto re Abdullah, per avere “via libera agli attacchi aerei contro il SIIL, o meglio, parti di Iraq e Siria“. Non sorprende, ancora una volta che il destino di Assad fosse merce di scambio dei sauditi con gli Stati Uniti, perché lanciare l’incursione sul territorio sovrano siriano, “richiese mesi di lavoro sotterraneo tra Stati Uniti e capi arabi, concordando sulla necessità di cooperare contro lo Stato islamico, ma non su come e quando. Il processo diede ai sauditi la leva per estorcere un rinnovato impegno degli Stati Uniti a rinforzare i ribelli che combattono Assad, la cui scomparsa i sauditi vedono ancora come priorità assoluta“. Concludemmo: “Detto altrimenti, la libbra di carne pretesa dall’Arabia Saudita per “benedire” gli attacchi aerei degli Stati Uniti e farli apparire come atto di una qualche coalizione, è la rimozione del regime di Assad. Perché? Come abbiamo spiegato l’anno scorso, permettere alle aziende dei grandi giacimenti di gas del Qatar di raggiungere l’Europa, incidentalmente anche desiderio degli USA; quale modo migliore per punire Putin, per le sue azioni, che spezzare la leva principale che il Cremlino ha in Europa?” Perché alla fine, si tratta di energia. Chiarimmo il mese dopo, quando a metà ottobre dicemmo, “Se il crollo del petrolio continua” sarà il panico “per le nostre aziende dello scisto”. Il momento del panico è iniziato da tempo, ma solo dopo aver tracciato il problema in modo sufficientemente chiaro per tutti: “…Mentre abbiamo capito che l’Arabia Saudita segue una strategia del dumping per punire il Cremlino, secondo l'”accordo” con la Casa Bianca di Obama, molto presto ci sarà una comunità dello scisto assai rumorosa, insolvente ed interna che chiederà risposte dall’amministrazione Obama, mentre ancora una volta i “costi” per punire la Russia paralizzano l’unica industria veramente vitale sotto tale presidenza. Come promemoria, l’ultima volta che Obama ha minacciato la Russia di un “prezzo”, ha mandato l’Europa in tripla-recessione. Sarebbe davvero il coronamento della carriera di Obama se, incredibilmente, riuscisse a mandare in bancarotta anche il “miracolo” dello scisto degli Stati Uniti”. Naturalmente, tutto ciò rientra nel complottismo, perché l’ultima cosa che l’amministrazione ammetterebbe è che il compromesso con l’Arabia Saudita per l’attuazione della (fallita) politica Estera sul SIIL (divenuta campagna della coalizione) è mettere a rischio l’intero miracolo del scisto degli USA, un miracolo che evapora davanti a tutti. E tutto grazie al “più vicino” degli alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente: l’Arabia Saudita. Era complottismo, finora, ma quando grazie al men che meno “foglio avvolgente” NYT un’altra teoria della cospirazione diventa realtà, con un articolo secondo cui “l’Arabia Saudita cerca di fare pressione sulla Russia del Presidente Vladimir V. Putin per farne abbandonare il sostegno alla Siria del Presidente Bashar al-Assad, dominando i mercati petroliferi globali mentre il governo russo si riprende dagli effetti del crollo dei prezzi del petrolio”.
Dal NYT: “Arabia Saudita e Russia hanno avuto numerose discussioni negli ultimi mesi che finora devono ancora produrre una svolta significativa, secondo funzionari statunitensi e sauditi. Non è chiaro come i funzionari sauditi collegassero esplicitamente il petrolio alla Siria nei colloqui, ma i funzionari sauditi dicono, e hanno detto agli Stati Uniti, che pensano di avere qualche influenza su Putin riducendo l’approvvigionamento di petrolio e possibilmente far salire i prezzi”. Come avevamo previsto giustamente a settembre: si tratta della Siria: “Se il petrolio può servire per portare la pace in Siria, non vedo come l’Arabia Saudita abbandoni il tentativo di raggiungere un accordo”, ha detto un diplomatico saudita. Vari diplomatici, agenti d’intelligence e politici di Stati Uniti e Medio Oriente ne parlavano sotto anonimato aderendo ai protocolli diplomatici”. Allora, cosa dovrebbe accadere per far rialzare il prezzo finalmente? Non molto: l’annuncio di Putin che il leader siriano Bashar non è più un alleato strategico della Russia. “Qualsiasi indebolimento del sostegno russo al signor Assad potrebbe essere uno dei primi segnali che il recente tumulto nel mercato del petrolio impatta sul governo globale. Funzionari sauditi hanno detto pubblicamente che il prezzo del petrolio riflette solo domanda e offerta globali, e hanno insistito sul fatto che l’Arabia Saudita non segue una propria geopolitica nell’agenda economica, ma credono che ci possano avere dei benefici diplomatici accessori nell’attuale strategia del Paese che permette ai prezzi del petrolio di rimanere bassi, tra cui la possibilità di negoziare l’uscita del signor Assad…. La Russia è stata una dei sostenitori più tenaci del presidente siriano, vendendo attrezzature militari al governo per anni, rafforzando le forze di Assad nella lotta contro i gruppi ribelli, tra cui lo Stato islamico, e fornendo di tutto, dai pezzi di ricambio ai carburanti speciali dall’addestramento dei tiratori scelti alla manutenzione degli elicotteri. Ma Putin cederà? “Putin, tuttavia, ha più volte dimostrato che preferirebbe accettare le difficoltà economiche che piegarsi alle pressioni estere per mutare politica. Le sanzioni di Stati Uniti e Paesi europei non hanno spinto Mosca a por termine al suo coinvolgimento militare in Ucraina, e il signor Putin è deciso a sostenere il signor Assad, che vede come un baluardo nella regione sempre più instabile per l’estremismo islamico”. In realtà non si tratta di questo: la Siria, come spieghiamo da quasi due anni, è la zona cruciale del transito di un gasdotto proposto dal Qatar all’Europa centrale. Lo stesso Qatar “sponsor militare e finanziario dei ribelli mercenari” divenuti poi SIIL. Lo stesso Qatar che ora finanzia direttamente il SIIL. Naturalmente, se Putin dovesse consegnare la Siria ai principi sauditi (e al Qatar), effettivamente si sparerebbe su un piede mettendo fine alla leva di Gazprom in Europa. Anche questo è ben noto a Putin. Per ora ha dimostrato di non avere alcuna intenzione di cedere la Siria e perdere una leva fondamentale quale fornitore definitivo di gas all’Europa: “I sauditi hanno avanzato lusinghe economiche ai leader russi in cambio di concessioni regionali come la Siria, ma mai con i prezzi del petrolio così bassi. Non è chiaro quale effetto, caso mai, le discussioni abbiano. Mentre gli Stati Uniti sarebbero a favore di iniziative per porre fine al sostegno russo al signor Assad, il successo dei sauditi nel ridurre la produzione e aumentare i prezzi del petrolio potrebbe danneggiare molti elementi dell’economia statunitense. Dopo l’incontro a Mosca a novembre tra il principe Saud al-Faysal, ministro degli esteri saudita, e Sergej V. Lavrov, il ministro degli Esteri russo, Lavrov ha respinto l’idea che la politica internazionale debba svolgere un ruolo nella definizione del prezzo del petrolio. “Incontriamo faccia a faccia i nostri colleghi sauditi ritenendo che il mercato del petrolio dovrebbe basarsi sull’equilibrio tra domanda e offerta”, ha detto Lavrov, “e che dovrebbe essere esente da qualsiasi tentativo d’influenza per scopi politici o geopolitici”.” Il che, in retrospettiva illumina meglio il conflitto in Ucraina, e l’isolamento occidentale della Russia, il cui punto è danneggiarla il più possibile, in modo che Putin non abbia altra scelta che consegnare la Siria.
La Russia subisce danni finanziari e l’isolamento diplomatico per le sanzioni derivanti dall’incursione in Crimea e Ucraina orientale, secondo funzionari statunitensi. Ma Putin ancora desidera essere visto come giocatore chiave in Medio Oriente. I russi hanno ospitato una conferenza a Mosca tra il governo Assad e alcuni gruppi d’opposizione della Siria, anche se pochi analisti ritengono che i colloqui produrranno molto, soprattutto perché molti dei gruppi di opposizione li hanno boicottati. Alcuni esperti sulla Russia hanno espresso scetticismo che il signor Putin sia suscettibile a un qualsiasi accordo che preveda il supporto alla rimozione di Assad. La leva dell’Arabia Saudita dipende da quanto seriamente Mosca vede le sue entrate petrolifere in calo. “Se sono così gravi da necessitare di un accordo petrolifero subito, i sauditi sono in buona posizione per imporre un prezzo geopolitico”, ha dichiarato F. Gregory Gause III, specialista di Medio Oriente presso la Texas A&M’s Bush School of Government and Public Service”. Riguardo Assad, il presidente siriano “non ha dimostrato nessuna volontà di farsi da parte. Ha detto in una recente intervista alla rivista Foreign Affairs che la vera minaccia in Siria proviene dai gruppi Stato islamico e affiliati ad al-Qaida che, secondo lui, sono la “maggioranza” della ribellione. Funzionari statunitensi e arabi hanno detto che, anche se la Russia abbandonasse Assad, il presidente siriano avrebbe ancora il suo maggior sostenitore, l’Iran. Gli aiuti iraniani al governo siriano sono uno dei principali motivi per cui Assad è rimato al potere mentre altri autocrati in Medio Oriente sono stati deposti. E come importante produttore di petrolio, l’Iran trarrebbe beneficio se l’Arabia Saudita contribuisse a rialzare i prezzi del petrolio, nell’ambito di un accordo con la Russia. “State rafforzando il vostro nemico, che vi piaccia o no, e gli iraniani non mostrano alcuna flessibilità qui”, ha detto Mustafa Alani, analista presso il Centro di Ricerca del Golfo, vicino alla famiglia reale saudita. Ma l’aiuto militare che la Russia fornisce alla Siria è abbastanza diverso da quello che Damasco riceve dall’Iran, altro fornitore principale, se “la Russia ritirasse tutto il sostegno militare, non credo che l’esercito siriano funzionerebbe”, ha detto un alto funzionario dell’amministrazione Obama”.
Conclusione: “numerosi Paesi arabi spingono sauditi e russi, agli antipodi nelle posizioni verso Assad, a trovare un terreno comune sulla questione per por fine alla carneficina della guerra civile in Siria, che ormai ha quasi quattro anni. Ma come un diplomatico arabo ha detto, “Questa decisione è in definitiva nelle mani di Putin”. E questo, signore e signori, è ciò che il grande crollo petrolifero 2014/2015 rappresenta per coloro che vogliono sapere quando comprare petrolio, e la risposta è semplice: subito dopo (o idealmente prima) che Putin annunci che non sosterrà più il regime di Assad. Se, cioè, Putin faccia mai tale passo distruggendo le leva che ha sull’Europa e, conseguentemente, e prematuramente, ponendo fine alla propria carriera. Fino ad allora, ogni singolo picco petrolifero indotto dall’HFT infine scompare perché, come gli ultimi mesi dimostrano, se i sauditi decidono il prezzo, e non avranno un no come risposta, ciò significherà paralizzare l’intera l’industria dello scisto, e dell’energia, degli Stati Uniti.
Quanto durerà?

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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