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Il “pericolo fascista” alle porte: gli esponenti della sinistra del “Pensiero Unico” iniziano la nuova campagna di allarmismo e “distrazione di massa”
Pubblicato su 4 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
- di Luciano Lago –
Se gli esponenti della sinistra si fossero impegnati nel cercare un nuovo pretesto per distrarre l’opinione pubblica dai problemi pressanti dell’attualità, forse avrebbero potuto trovare qualche cosa di meglio ma l’occasione gli è stata offerta quasi inaspettata dalla manifestazione dello scorso Sabato a Roma di Salvini, in cui hanno partecipato anche Casapound ed altri gruppi dell’estrema destra.
Il “pericolo fascista” alle porte è sempre un buon pretesto per ricompattare la sinistra in crisi di consenso e le forze sostenitrici dell’eurosistema di Bruxelles come “credo unico” e della preminenza dei mercati, dal PD, a SEL , oltre alle nuove destre tecnocratiche dei Passera e degli Alfano. Un pericolo ed una accusa che serve a screditare gli avversari ma ancora di più è utile per “creare un diversivo” nell’attenzione del pubblico. Una vecchia tecnica di comunicazione di massa a cui si ricorre con frequenza.
Bisogna far credere agli elettori ed all’opinione pubblica che l’economia sta migliorando e si pubblicano quindi le statistiche truccate della crescita dello 0,03 % dove si sono inclusi i proventi delle mafie, della droga e dello sfruttamento della prostituzione ma, se le persone non ne sono troppo convinte perche’ ancora il lavoro non si trova e il torchio fiscale strangola famiglie ed imprese, qual miglior sistema di mobilitare la massa con il vecchio richiamo del “pericolo fascista” alle porte?
Una nuova campagna in stile anni ’70 contro il pericolo dei “fascio leghisti” di Salvini e soci può essere quanto di meglio sia utile a distrarre l’opinione pubblica da altre notizie inquietanti quali ad esempio i risultati dell’inchiesta fatta dalla Procura di Trani da cui sta emerge in questi giorni che, sotto il governo del tecnocrate Monti, visto come “liberatore” ed appoggiato in modo entusiasta dalla sinistra, avvenne, nel 2011, il pagamento di 2,5 miliardi di euro alla banca Morgan Stanley, guarda caso alla stessa banca Morgan Stanley che risulta tra gli azionisti di “Mc Graw Hill” , il colosso che controlla Standard & Poor’s, la potente agenzia di rating che aveva declassato l’Italia e contribuito a far alzare lo “spread” sui titoli del Tesoro.
Nel processo per manipolazione del mercato in corso a Trani, nel quale sono imputati i vertici dell’agenzia di rating, è emerso, secondo la tesi degli inquirenti tranesi ( trapelata dai nuovi atti) che, di fatto, qualcuno con il “downgrade” del debito italiano ha guadagnato 2,5 miliardi di euro. Vedi: Rating, dopo il taglio del 2011 Tesoro pagò 2,5 miliardi. “Ma poteva opporsi”
Fu proprio Mario Monti, il leader acclamato da tutta la sinistra italica, il premier che dispose il pagamento di 2,5 miliardi di euro avvenuto “senza battere ciglio” dal Ministero dell’Economia italiano a Morgan Stanley, dopo il declassamento del rating italiano (da A a BBB+) deciso “illegittimamente e dolosamente” da S&P nel 2011 “al solo fine di danneggiare l’Italia” e consentire il cambio di governo con un personaggio come Monti, gradito ai potentati finanziari sovranazionali.
Questo pagamento che adesso si trova sotto la lente degli inquirenti, era stato fatto in base a una clausola unilaterale nel contratto con con Morgan Stanley, che avrebbe potuto essere impugnata dal Ministero dell’Economia e Finanza, nella persona di Mario Monti, il quale, pur sapendo che c’era un procedimento penale in corso a Trani ove si metteva in dubbio la legittimità della condotta delle agenzie di rating, provvide a disporre per il pagamento immediato “senza alcun indugio”.
Per il pm Ruggiero, il fatto che S&P e’ legata a livello azionario a Morgan Stanley, che la banca ci ha guadagnato 2,5 miliardi e che il Ministero dell’Economia e Finanza, pur potendo tergiversare nel pagamento non lo ha fatto, sono elementi che rafforzano la tesi del “dolo puro manipolativo” contestato alla società di rating. Vedi: EMERGE LA REGINA DELLE PORCATE FATTE DA MONTI: PAGO’ 2,5 MILIARDI DI EURO AI BANKSTERS MORGAN STANLEY INVECE DI OPPORSI
Da notare che, a seguito di queste allucinanti notizie giudiziarie, le associazioni Adusbef e Federconsumatori “stanno studiando ulteriori denunce penali” nei confronti del ministero dell’Economia e delle Finanze, il cui comportamento viene definito “scandaloso” in relazione a quanto emerso dalle indagini della Procura di Trani su alcune agenzie di rating, coinvolte nel procedimento giudiziario.
Mario Monti, il premier che dispose il pagamento a favore della Banca Morgan Stanley (dove fra l’altro risulta che lavorava come dirigente il suo figliuolo, Giovanni Monti) era lo stesso che decise il versamento anche dei 3 miliardi alla Monte Dei Paschi di Siena, per ripianare i debiti della Banca, che era la cassaforte a cui attingevano i dirigenti del PD e le loro cooperative. Il medesimo premier che, assieme alla Fornero, decise il taglio delle pensioni provocando la disperazione di centinaia di migliaia di esodati e l’aumento spropositato della tassazione sulle imprese, sulle famiglie e su tutto il tassabile “per fare cassa” diceva. Provvedimenti che hanno affossato l’economia italiana, portato alla chiusura di migliaia di imprese manifatturiere con enorme aumento della disoccupazione, della miseria e con aumento del debito pubblico.

Sempre Mario Monti, con l’appoggio determinante del PD e del centro destra, decise di sottoscrivere l’impegno per il versamento di 125,3 miliardi nel fondo “salvastati “creato da Bruxelles, il famoso ESM/MES, nel quale furono versati già dal 2011 una prima quota di diversi miliardi ed i versamenti continuarono negli anni successivi sotto il governo Letta ed adesso sotto quello di Matteo Renzi. Vedi: L’Italia non ha soldi per tagliare l’IMU, ma versa 2,8 miliardi al Fondo Salva Stati
Per distrarre l’opinione pubblica da queste notizie e per nascondere le responsabilità del PD e delle altre formazioni di sinistra che determinarono l’ascesa di Monti e dei governi succubi della troika di Bruxelles e delle centrali finanziarie, quelli che hanno sottratto centinaia di miliardi all’economia nazionale a vantaggio delle banche e dei potentati finanziari sovranazionali, cosa ci può essere di meglio che non il lanciare una bella campagna contro il pericolo fascista?
Eccovela quindi servita grazie alla stampa ed alle TV compiacenti, con i titoloni di Repubblica, del Fatto Quotidiano, Corriere della Sera, la Stampa e degli altri “giornaloni, con l’insostituibile apporto dei presentatori delle TV come Formigli, Santoro, Floris, l’Annunziata ed altri, con gli intellettuali e commentatori di riferimento, si parte in tromba per denunciare il “pericolo fascista” di Salvini e Casapound, per chiamare alla “vigilanza democratica” ed alzare una cortina di fumo che possa ben coprire le questioni “scomode” per la sinistra mondialista e del politicamente corretto, sempre in prima linea nel denunciare i sovvertitori dell’”ordine democratico”, la stessa sinistra che, da molto tempo, si è messa al servizio permanente ed effettivo degli interessi del grande capitale finanziario.
Fonte: www.controinformazione.info
Tratto da: Informare Per Resistere. La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che non vorrebbe sentirsi dire.
 

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Quote latte: multe UE non dovute, ma la Moretti (Pd) insulta gli allevatori e la Lega
Pubblicato su 5 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Questa " miracolata di Renzi" perchè non ci dice che in Italia, grazie a diktat europei, siamo costretti a consumare più del 40% del latte non italiano ?
Perchè non ci dice, che in forza di questo diktat, ogni giorno chiudono 4 stalle e che si sono persi più di 32.000 posti di lavoro ?
Perchè non ci dice che per ogni milione di litri di latte importato " scompaiono" 17.000 mucche italiane ?
E' proprio vero, come sostiene lei, che la propaganda è inacettabile......specialmente se si fa sulle pelle degli allevatori e consumatori italiani.
Claudio Marconi
Scrive Alessandra Moretti su facebook
I truffatori delle quote latte, da sempre spalleggiati dalla Lega, sono già costati all’Italia 4,5 miliardi di euro. E ora dovremo pagare altri 1,7 miliardi. Alla faccia degli allevatori onesti, la maggioranza per fortuna, che anche qui in Veneto hanno dovuto subire soprusi per anni. Gli italiani ricordano ancora Umberto Bossi che invitava gli allevatori a non pagare per lo sforamento delle quote. “Roma ladrona!”, vanno urlando da sempre. Tranne quando è lo Stato a doverci rimettere per pagare le multe dei furbetti. E come non ricordare il decreto Zaia del 2009 che ha spostato in avanti i termini di pagamento. Di fatto ha passato ad altri la palla per risolvere un problema che esisteva almeno dal 1983. È lo sport preferito della Lega: dare la colpa ad altri, solleticare la pancia dei cittadini con provvedimenti spot e poi sperare che qualcun altro si occupi di risolvere davvero le cose. La propaganda è sempre inaccettabile, ancor di più se si fa sulle spalle dei contribuenti. Salvini e la Lega scendano pure in piazza, ma per chiedere scusa agli italiani.
Non commentiamo lo sproloquio, poiché siamo abituati alle sparate insensate dei politici del Pd, ma rispondiamo con 2 articoli che la Moretti, se ci riesce, dovrebbe leggere
Quote latte, è uno scandalo. Multe UE gonfiate e non dovute
Quote latte: nessuno sforamento, il ministero sbagliò. Gli allevatori avevano ragione
Tratto da: Imola Oggi | Quotidiano di Imola




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Mario Draghi fugge dal Parlamento Europeo



CARI BUROCRATI, QUANTO E' RUMOROSA LA NOSTRA VOCE?

5STELLE EUROPA

pubblicato il 26.02.15 09:08

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Il Parlamento Europeo non riesce più a tollerare il comportamento dei burocrati. Serviti, riveriti e osannati per decenni, ora la musica sta cambiando. I gruppi contro la tecnocrazia non intendono passare la mano e continueranno a portare la voce di milioni e milioni di cittadini europei dentro le aule che contano.
Avete presente quando, alla fine di una discussione, improvvisamente vi viene in mente tutto quello che avreste potuto dire per ribattere al contraddittorio? Ecco, non è questo il caso. Perché nell'intervento che vi riportiamo del portavoce Marco Zanni, è stato detto tutto quello che milioni e milioni di persone vorrebbero dire al presidente della Banca Centrale Europea, ieri nella seduta plenaria di Bruxelles.
Alle non risposte, questa volta, anche la voce della Grecia si è fatta sentire con l'europarlamentare Notis Marias, vicepresidente del gruppo ECR. E' stato lui a interrompere lo sproloquio del governatore volto a nascondere sotto la sabbia (leggasi i 4 mesi di proroga agli ellenici) una polveriera che ha già messo a nudo l'intero sistema.
L'incontro, tra l'incredulità generale, si è interrotto con abbondante anticipo quando Mario Draghi ha deciso di andarsene lasciando tutti a discutere con un fantasma.
Caro presidente, è così rumorosa la voce di milioni di cittadini?


L'intervento di Marco Zanni con Mario Draghi, presidente BCE:


L'intervento di Marco Valli con Jeroen Dijsselbloem, presidente Eurogruppo:


Intanto, ieri, Varoufakis ha espresso una velata preoccupazione per il rimborso dei prestiti al FMI in marzo che ammontano ad 1,6 miliardi di euro. Infatti non sembrano esserci risorse disponibili, anche perché il programma di estensione è ancora in corso di definizione. L'idea del Ministro greco per ripagare il FMI ricalca la polemica di ieri al Parlamento Europeo, cioè la restituzione da parte della BCE degli utili sui bond greci acquistati nel programma SMP che ammonterebbero a 1,9 miliardi di euro. Questa disponibilità vorrebbe essere usata dal governo greco per ripagare i prestiti di Marzo. Ma il buon Draghi ha già detto "nein".
Ecco le scadenze di marzo per il governo greco:
6 Marzo: maturano €1,4 miliardi T-Bills da rimpiazzare con nuove immissioni;
6 Marzo: Repay €300 milioni al FMI;
13 Marzo: Repay €350 milioni al FMI;
13 Marzo: maturano €1,6 miliardi T-Bills da rimpiazzare con nuove immissioni;
16 Marzo: Repay €580 milioni al FMI;
20 Marzo: Repay €350 milioni al FMI;
20 Marzo: maturano altri €1,6 miliardi T-Bills sempre da rimpiazzare con nuove immissioni.
In totale si parla di 1,6 miliardi di euro da ripagare al FMI, e 4,6 miliardi da rifinanziare con nuovi T-Bills. Inoltre iniziano ad uscire le prime stime ancora non precise di parte del programma Tsipras presentato alla Troika, molto utopico a livello di lotta all'evasione (su 7 miliardi di evasione accertata prevede di recuperarne 2 miliardi) e non quantificabile a livello di tempistica; probabilmente non sarà sufficiente per FMI, BCE ed Europa, infatti verranno inserite le privatizzazioni (partita ancora aperta) e verra discusso il rialzo dell'IVA per rientrare nei parametri richiesti.
Ecco le stime di entrate/uscite del suo piano:
Entrate:
Riscossione tasse in ritardo: € 3 miliardi;
Contributi previdenziali: € 1,5 miliardi;
Evasione fiscale (azione sulla piccola evasione, i grandi capitali già scappati): €2 miliardi su € 7 miliardi su 3500 casi confermati;
Contrabbando: contrabbando di carburante €1,5 miliardi e tabacco €800 milioni.
Uscite:
Sistema bancario: €2 miliardi per una bad bank per raccogliere i NPL (non performing loans);
Crisi umanitaria: €1.32 miliardi (pochissimo rispetto a promesse elettorali);
Amministrazione: tagli del 20% sull'approvvigionamento con un sistema comune per i governi locali e ospedali quantificato in €1 miliardo.

PER APPROFONDIRE:
 

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Quattro mesi per vendere il vendibile. Ma l'unica via rimane #Grexit

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pubblicato il 24.02.15 16:20







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In quattro mesi puoi devastare uno Stato, non puoi certo ricostruirlo. Cosa intende fare la Troika (pardon, le istituzioni europee) in un così breve lasso di tempo?
Gli italiani lo sanno bene, il nome di Mario Monti - che sembra lontano ormai decenni - vi ricorda qualcosa? Adesso, magicamente, gli obiettivi di Tsipras non sono più la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Centrale Europea, veri artefici del disastro greco. Ora il registro è cambiato: non si parla più di Berlino, i nemici sono l'evasione fiscale, la corruzione degli amministratori locali, il trasferimento all'estero dei capitali, l'economia sommersa e tutto ciò che frena lo sviluppo.
ALTERAZIONI SUL LINGUAGGIO
Dal colore della protesta il linguaggio si è tinto del grigio di montiana memoria. Anzi, peggio. Perché la mistificazione delle parole è invece un'eredità renziana. La Grecia si ritrova, quindi, esattamente come l'Italia. Governata dalla Troika nelle decisioni, imbambolata da una campagna elettorale permanente nella volontà dei suoi elettori. Ma quanto potrà durare?
PERCHE' 4 MESI
Non più di 120 giorni, perché il gioco è tutto nei bond a lungo termine che gli ellenici dovranno rimborsare tra luglio e agosto. Soldi che non ci sono e non ci saranno. Ecco perché Berlino ha voluto accorciare l'agonia. Tutti hanno preso tempo, cercando di non far capire al popolo che nulla è cambiato.
DEMOCRAZIA BLOCCATA
Per l'ennesima volta passa quindi il messaggio secondo cui le economie deboli sono il riflesso di società disordinate. Non esistono evidenze scientifiche che lo dimostrano, ma di certo c'è che in quest'ultime la voce dei cittadini perde la sua forza e, in generale, il suo senso.
OCCHIO ALLE PRIVATIZZAZIONI
Tsipras - con una pistola fumante puntata alla tempia - è stato costretto a non bloccare quelle vigenti. In questi quattro mesi la Grecia sarà probabilmente svenduta per alleviare il dolore dei suoi creditori quando si arriverà alla definitiva resa dei conti.
NULLA E' CAMBIATO
Dulcis in fundo, gli analisti di Morgan Stanley scrivono che, alla resa dei fatti, nulla è cambiato rispetto alla scorsa settimana per la Grecia. I quattro mesi di estensione del programma sono un palliativo, e Grexit (la possibile uscita della Grecia dall'Euro) resta una possibilità concreta.
VE LO AVEVAMO DETTO
Alexis Tsipras è dinanzi ad un "trilemma" impossibile da risolvere: deve rimanere nella moneta unica; deve resistere al governo; deve smontare gli accordi presi in precedenza. Una di queste tre variabili, secondo Morgan Stanley, dovrà essere sacrificata. Probabilmente, vedendo l'incredibile tenacia dei tedeschi nel perseguire assurdi trattati internazionali, la Grecia sarà accompagnata fuori dall'Euro. A meno che Tsipras non intenda prendere in giro tutti i suoi elettori
 

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ECONOMICS
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FACCIATA DI DRAGHI CONTRO LA CORTE EUROPEA DI GIUSTIZIA CHE DA' RAGIONE ALLA GRAN BRETAGNA. BCE SCONFITTA E UMILIATA

giovedì 5 marzo 2015
LONDRA - Se e' vero che anche i ricchi piangono sicuramente anche i potenti hanno le loro delusioni e quindi molti saranno felici di sapere che per la prima volta nella storia la corte europea di giustizia ha emesso un sentenza contro la BCE e il suo governatore Mario Draghi.
Tutto e' iniziato alcuni anni fa quando la BCE ha approvato una direttiva che prevede che tutte le camere di compensazione (enti che fanno da tramite tra acquirenti e venditori di titoli al fine di garantire il successo di ogno transazione) che trattano titoli denominati in euro debbano avere sede in uno dei paesi che adotta la moneta unica.
Tale decisione aveva messo in allarme il governo britannico visto che una fuga di tale organizzazioni avrebbe comportato la perdita di migliaia di posti di lavoro nella City e cosi' ha deciso di fare ricorso alla corte europea di giustizia con la motivazione che tale direttiva viola il principio di libera concorrenza dell'Unione Europea.
Ebbene, i giudici basati in Lussemburgo hanno dato ragione al governo britannico spiegando che la BCE non ha nessun potere di decidere dove queste camere di compensazioni debbano avere la loro sede e quindi tali istituzioni possono rimanere a Londra anche se e' fuori dall'euro.
Com'e' facile immaginare questa decisione e' stata presa con entusiasmo dal governo britannico e non poteva arrivare in un periodo piu' opportuno visto che tra due mesi ci sono le elezioni parlamentari e sicuramente questa sentenza aumentera' la possibilita' che i conservatori vincano queste elezioni.
Invece alla BCE nessuno ha rilasciato commenti ma e' probabile che tale decisione bruci parecchio al direttivo della banca centrale ma soprattutto a Mario Draghi il quale ha dovuto subire l'onta di essere stato sconfitto da un organo dell'Unione Europea.
GIUSEPPE DE SANTIS - Londra.

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marzo 6, 2015 posted by Mitt Dolcino
L’attacco finale a Berlusconi sancisce la fine dell’Italia: il Paese finirà povero e soggiogato, serbatoio di manodopera a basso costo per i paesi ex coloniali. Roma non vale una messa

Tristemente, ho letto oggi le nuove rivelazioni contro Berlusconi, intercettazioni venute fuori adesso – chissà come – in cui compare sulla stampa uno sputtanamento equivalente alla famosa Culona Inchiavabile di memoria pre-golpista.

Il problema vero è che gli italiani ancora una volta non hanno capito nulla, fanno sempre gli stessi errori, ripetuti: si, gli italiani non hanno capito che a fare così ci si fa male da soli, il nemico non è Berlusconi ma sta all’estero, durante una crisi epocale un paese che si definisca tale cerca di garantire la propria sopravvivenza attingendo alle ricchezze altrui, a maggior ragione se si tratta di vecchie potenze ex coloniali ora in decadimento. Ed infatti la preda è l’Italia… E pubblicare cosa ha detto l’ex premier anni fa non serve assolutamente al Paese. Berlusconi è già finito, che serve annientarlo definitivamente sputtanandolo pubblicamente, serve forse per il bene della Nazione?
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Ma dico io, perché capita questo? Forse per aver dichiarato che farà opposizione? Mi sembra democratico che un’opposizione esista, anzi forse il Cavaliere ha sbagliato a pensare che sarebbe sopravvissuto fino alle prossime elezioni venendo a patti: lui, il suo partito non possono sopravvivere fino a dopo novembre 2016, chi non l’ha ancora capito è fesso. Oggi vediamo ancora una volta compiersi l’epilogo della tragedia tipica dell’antica Roma, il tradimento tra le fila degli amici.
Si sappia che chi scrive è stato fino al 2010 tra i più grandi critici dell’ex Caimano (questo si, ex!). Oggi eliminando Berlusconi si consegna l’Italia definitivamente a Renzi ma implicando nessun contraltare politico, nessuna opposizione. Ossia la verità sarà una ed unica, il declino, le tasse determinate dalla permanenza nella moneta unica, la fine segnata per un paese ex-ricco diventeranno le verità, anzi le uniche verità concesse. E dice questo colui che su questo sito più ha difeso Renzi – beccandosi sonore critiche, a questo punto giustificate -. Inoltre, dati alla mano, avendo letto Agatha Christie, ormai non c’è più nemmeno il dubbio che le azioni della magistratura vadano all’unisono con la politica, con buona pace della Costituzione: guarda caso oggi che Berlusconi torna all’opposizione vera i giudici finiscono il lavoro…. Insomma, sarà un caso ma posso almeno dire che così non si va da nessuna parte?
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Si, perché quello che la gente non ha ancora capito è che se è vero che l’Italia crescerà quest’anno di uno zero virgola questo succederà solo a fronte di un decollo epocale del dollaro di 28 figure e di un dimezzamento del prezzo del petrolio in dollari in un solo anno, in presenza di un minimo di ripresa nei paesi limitrofi. Che succederà quando la situazione si normalizzerà, quando il petrolio tornerà a salire ed il dollaro si indebolirà? O, più semplicemente, quando la ripresa mondiale e soprattutto europea si sfinirà per mancanza non di liquidità ma di opportunità? Nessuno ci dice che la grande depressione venne vinta solo grazie allo scoppio della seconda guerra mondiale: anche questa depressione non farà eccezione, ci vuole un conflitto*.
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Ma prima dell’epilogo i paesi ricchi ma deboli verranno depredati dagli ex poteri coloniali, preda nobile l’Italia. Depredati di risparmi, assets, aziende di Stato, pensioni (la Grecia sembra debba mettere le pensioni a garanzia del proprio debito da ripagare all’Europa…). In breve, del benessere che esisteva fino al 2010, l’Italia usciva da vincente dalla crisi subprime semplicemente perché aveva un sistema bancario arretrato che non si era impelagato in carta di dubbio valore. Ed aveva un padrino in Libya che negli ultimi 40 anni ha sempre salvato le aziende italiane evitando che venissero vendute allo straniero, purtroppo durante Tangentopoli era bloccata dal caso Lockerbie per cui i capitali libici furono congelati sulla sponda africana, magari non casualmente… [ed infatti gli stessi oggi interessati alle ricchezze del Belpaese non potevano accettare l’Italia vincente a valle della crisi del 2008-2010, …]

Cosa attendersi? Un lento e progressivo declino, repressione fiscal giudiziaria per fare cassa, tasse in salita, concentrazione del potere nelle mani dei soliti noti, la media borghesia sparirà e la fame ricomparirà in molti strati della popolazione. L’Italia diventerà il laboratorio del piano Funk di nazista memoria, un paese depredato delle proprie ricchezze che sarà serbatoio di manodopera a basso costo non risparmiante ma solo consumante. Alla fine senza un’opposizione questo significherà anche una deriva autoritaria, mi direte quando per legge verranno confiscate le proprietà private a saldo del debito pubblico.
Soluzioni non ce ne sono visto quello che capita a chi si oppone. Meglio emigrare fino a quando si può. Attendetevi una tassa sull’emigrazione o exit tax a breve, massimo un anno. Forse lasciare affogare il Paese è il solo modo per l’accozzaglia di regioni che si chiama Italia – un Paese che non sa reagire ai soprusi – per portare un correttivo ad una situazione insostenibile, lasciando di fatto decidere ad altri. Che significa anche velocizzare un lento ma inesorabile declino.
Voi direte certamente che esagero. Penso proprio di no, chi mi conosce già mi maledice perchè sa che troppo spesso ci prendo, magari sbagliando le tempistiche ma la sostanza non si discute. In ogni caso l’unica domanda che va posta ai governanti responsabili dello scempio è questa: chi pagherà anche le Vostre pensioni. Anche perché la retroattività legale nel non pagarle varrà anche per loro…
Mitt Dolcino ha capito che ha perso e dunque non serve più, da oggi verranno fatti commenti e qualche volta analisi solo su spunti di politica internazionale**, Roma – questa Roma – non vale una messa.
Mitt Dolcino
___________________
*Attenzione ad istigare la Russia, soprattutto se sei confinante: vogliamo davvero correre il rischio di mettere all’angolo un paese che per sedare la rissa può tranquillamente far esplodere una testata termonucleare nell’est Europa, includendo in questa la ex DDR? Alla fine, sempre per sedare la rissa, gli USA fecero lo stesso a Hiroshima e Nagasaki evitando lo spargimento di sangue di una invasione di terra tecnicamente impossibile, il Giappone non era conquistabile militarmente [memento l’ultimo giapponese sull’isola del Pacifico che dopo 20 anni ancora era armato ed in combattimento contro i nemici dell’Imperatore]

**Magari concedendomi una deroga con commenti sull’alienazione delle aziende di Stato


http://scenarieconomici.it/messa-re...er-i-paesi-ex-coloniali-roma-non-vale-messa/#1


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LE MONDE: L’EUROPA DEVE ABBANDONARE L’EURO
Pubblicato su 7 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
Le voci che chiedono lo smantellamento dell’euro si levano sempre più alte: il quotidiano francese Le Mondepubblica un lungo articolo in cui Wolfgang Streeck, sociologo e professore di economia presso l’Università di Colonia, spiega che, se si vuole salvare l’Europa, bisogna abbandonare il mostruoso progetto dell’euro.

di Wolfgang Streeck, 2 marzo 2015
Se tutto va bene, stiamo assistendo all’inizio della fine dell’unione monetaria europea. “Se l’euro fallisce, fallisce l’Europa”, ha detto Angela Merkel. Oggi, è esattamente il contrario. L’euro sta distruggendo l’Europa. Se l’euro fallisce, potrebbe ancora accadere che l’Europa finisca per non fallire. Non è infatti una cosa certa: i danni causati dall’unione monetaria sono troppo profondi.
Con l’avvento al potere in Grecia del partito di sinistra Syriza, in alleanza con un piccolo partito di estrema destra, il progetto mostruoso di innestare una moneta comune in paesi diversi con diverse economie sembra dover andare incontro alla fine che si merita.
Eppure ne sono stati fatti, di tentativi! Hanno iniziato con l’instaurare, al posto dei governi eletti, dei tecnocrati provenienti dalle burocrazie finanziarie private e pubbliche, ma il popolo ingrato li ha rimandati a casa. L’era della docilità europea è finita: le istituzioni democratiche respingono le protesi di Bruxelles. E continuerà: in Spagna, il partito gemello di Syriza, Podemos, manderà a casa il Partido Popular.
Nessuno può sapere che cosa verrà fuori dai negoziati che sono stati appena iniziati. All’interno di Syriza ci sono opinioni diverse sul fatto se la Grecia deve restare o meno nell’euro. Molte sono le possibilità. D’altra parte, l’Italia e la Spagna giurano di sostenere la politica comune delle “riforme” e dei “salvataggi” – ma è chiaro che esse chiederanno anche per sè per le concessioni che saranno negoziate dalla Grecia. Tutto questo costerà molto caro ai paesi del Nord.
Restrizioni umilianti
Forse gli artisti del negoziato di Bruxelles riusciranno a fermare la Grecia e a far passare l’estate all’euro. Questo produrrà forse l’effetto collaterale desiderato: provocare la scissione di SYRIZA e rovinare la sua reputazione presso gli elettori. Dal risanamento di bilancio della Grecia, seguito da quello, inevitabile, degli altri debitori, non si sarà guadagnato nulla.
Anche se l’economia greca si stabilizzasse al livello attuale, le enormi disparità che “riforme” hanno fatto nascere tra il nord e il sud Europa persisteranno, e questo vale anche per l’Italia e la Spagna, se cercheranno di diventare “competitive” nel senso in cui lo intendono gli standard della Banca Centrale Europea (BCE) e dell’Unione Europea (UE).
Inoltre potrebbero essere richeste delle compensazioni per la redistribuzione o lo “stimolo” alla crescita, sotto forma di prestiti o aiuti strutturali nell’ambito della politica regionale, o almeno per ripristinare le relazioni come erano prima della crisi e del salvataggio: il conflitto redistributivo trasferito nelle relazioni tra Stati membri. E questa rivendicazione sarebbe rivolta alla Germania, come anche ad alcuni paesi più piccoli, come i Paesi Bassi, Austria e Finlandia – e la Francia interverrebbe in qualità di “mediatore”.
Comincerebbe così un conflitto duraturo che provocherebbe il crollo dell’Europa. La Germania, e il Nord, non potrebbero sfuggire ai prevedibili negoziati. Si può prevedere che i donatori penseranno che i pagamenti sono troppo alti, mentre i paesi beneficiari riterranno che il denaro non fluisce abbastanza, e solo a costo di umilianti restrizioni della loro sovranità.
Questo conflitto strutturale esisterà fintantoché ci sarà una unione monetaria. Se quest’unione non si infrange su questo conflitto, perché i governi si aggrappano ostinatamente al loro “frivolo esperimento”, o se il settore tedesco delle esportazioni crede di doversi aggrappare alla sua “idea europea” fino alla vittoria finale, allora questo idealismo provocherà lo smembramento dell’Europa. Porre fine quanto prima possibile all’unione monetaria nella sua forma attuale, è quindi in primo luogo nell’interesse, se non economico, almeno politico, della Germania.
L’Odiata Germania
Nei paesi del Mediterraneo, tra cui la Francia, la Germania è oggi più odiata di quanto non lo sia mai stata dalla seconda guerra mondiale. L’iniezione finanziaria da parte della BCE nel mese di gennaio ha avuto un solo effetto: la sensazione di trionfo che la sconfitta tedesca nel consiglio direttivo della banca ha suscitato nel sud Europa. L’eroe degli italiani si chiama Mario Draghi, perché pensano che egli abbia preso in trappola i tedeschi con l’astuzia e li abbia umiliati.
Il coinvolgimento della Germania nell’Europa è in gran parte un’eredità a lungo termine di quell’ “appassionata europeo” che è stato Helmut Kohl. Quando gli accordi minacciavano di fallire a causa di una divergenza sulla ripartizione dei costi, Kohl si è sempre mostrato disposto a pagare il conto. Quel che può essere stato nell’interesse della Germania, per ragioni storiche, il folklore politico l’ha attribuito alle convinzioni personali di Kohl, ma questo atteggiamento ha suscitato delle speranze che sono andate oltre il suo mandato.
Per i successori di Kohl di qualsiasi orientamento, gli interessi dell’economia dell’esportazione tedesca e dei suoi sindacati giustificherebbero da soli che si faccia di tutto per soddisfare queste aspettative e, se necessario, che si finanzi da soli la coesione dell’unione economica europea. Ora, questi eredi non ne sono più capaci.
L’approfondimento del processo di integrazione, voluto da molti buoni europei, ha avuto come conseguenza la sua politicizzazione e la nascita di un’opinione pubblica che ha posto fine al “consenso permissivo” sulla politica di integrazione europea.
Contrariamente a quanto si sosteneva, la vita pubblica europea non si è realizzata come una politica interna, ma come una politica estera in cui dominano i conflitti tra stati e dove l’obiettivo di un’unione sempre più stretta, al quale una volta si prestava solo una scarsa attenzione, è diventato sempre più contestato. All’interno dell’Unione monetaria, i sussidi necessari per l’integrazione hanno raggiunto un tale livello che vanno ben al di là delle possibilità della Germania.
Possiamo ritenere che il governo Merkel sarebbe disposto ben volentieri a far pagare un prezzo molto alto ai suoi contribuenti per imporre la sua “idea europea” di un mercato interno sovranazionale a cambio fisso per i macchinari e le automobili tedesche, e possiamo dire la stessa cosa, anche se per ragioni in parte diverse, dell’opposizione riunita nel Bundestag. L’emergere nel 2013 del partito anti-euro AFD nella politica interna tedesca, tuttavia, non l’ha permesso.
Catastrofe geostrategica
Come anche il consenso permissivo è stato esso stesso sempre collegato ad un sistema in cui tutto ciò che doveva servire all’integrazione non era noto al grande pubblico, si potrebbe continuare ancora a lavorare per nascondere le concessioni tedesche tramite dei raffinati rigiri tecnocratici, cosa a cui si presterebbe particolarmente bene la BCE. Ma con le elezioni in Grecia, anche questo è diventato impossibile.
Le estenuanti discussioni che ci si può attendere intorno al “programma per la crescita”, alla remissione del debito e alla condivisione del rischio, da una parte, e sui diritti d’intromissione nel potere di governo, dall’altro, si svolgeranno sotto la luce impietosa dell’opinione pubblica, con grida di allarme o di trionfo, a seconda della situazione, da parte dell’AFD in Germania e di quasi tutti i partiti nei paesi debitori.
L’Unione monetaria ha distrutto la politica europea della Germania e il successo che aveva raggiunto nel corso di molti decenni. Se non stiamo attenti, può anche ora avere delle conseguenze catastrofiche sul piano geostrategico. La Russia è pronta a concedere alla Grecia i prestiti che le verrebbero rifiutati dalla UE.
La stessa idea potrebbe essere applicata in caso di fallimento dello stato greco, o se il paese venisse escluso dall’Unione monetaria europea. Se si arrivasse a questo, saremmo di fronte ad una asimmetria più unica che rara: allo stesso modo in cui l’Unione europea, incoraggiata dagli Stati Uniti, cerca di mettere piede in Ucraina, la Russia potrebbe lavorare per stabilire in Grecia una testa di ponte verso l’Europa occidentale.
Il momento della verità
Ognuna delle due parti si vedrebbe allora costretta a riempire un pozzo senza fondo nella zona d’influenza dell’altra (i greci qui avrebbero ragione di stupirsi che Bruxelles, Berlino e compagnia abbiano ancora i soldi per l’Ucraina dominata da un’oligarchia, ma non per la Grecia guidata da un governo di sinistra). Nello stesso modo in cui l’Occidente ha voluto estendere la sua influenza nella direzione di Sebastopoli, col suo porto militare russo sul Mar Nero, la Russia potrebbe volersi spingere nell’Egeo, spazio di manovra della 6° Flotta degli Stati Uniti. Sarebbe un ritorno ai conflitti geostrategici del dopoguerra, che hanno visto, nel 1946, l’intervento delle truppe britanniche nella guerra civile greca.
Il momento della verità è arrivato per una politica europea di integrazione che è andata fuori controllo, il cui motore è il capitale finanziario. Perché l’Europa non si trasformi in una palude di accuse reciproche tra nazioni, con le frontiere aperte ed esposta in ogni momento al rischio di essere invasa dagli stranieri che arrivano da fuori, dobbiamo smantellare quel mostro che è l’unione monetaria.
Lo smantellamento deve avvenire sulla base di un accordo, prima che l’atmosfera non ne risulti troppo avvelenata. Come farlo: questo è ciò di cui dobbiamo discutere. Dobbiamo permettere ai paesi del Sud un’uscita regolare, forse entro un euro del sud che non richieda da parte loro le “riforme” che distruggono le loro società.
Quanto a coloro che, all’inizio dell’unione monetaria, hanno fatto loro credere che avrebbero potuto godere di crediti infiniti subprime, devono pagare, come coloro che sapevano di che si trattava e non hanno detto nulla. Invece del gold standard di fatto che viene utilizzato nella relazione con il Nord Europa, dobbiamo creare un sistema monetario che permetta la flessibilità escludendo l’arbitrio. Un numero sempre maggiore di economisti lo richiede, e ci sono tra questi dei pesi massimi come l’americano Alan Meltzer. Dobbiamo fare ciò che è necessario – non per salvare l’euro, ma per salvare l’Europa.
Tratto da:Vocidallestero

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Oderzo (TV) gente disperata: I residenti sparano ai ladri con i fucili «Facciamo come il benzinaio Stacchio»
Pubblicato su 6 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Far west a Oderzo: la gente scende per strada, esplosi otto colpi. «Solo così capiscono». ODERZO (Treviso) «Abbiamo preso i fucili e abbiamo sparato. Sembrava un Far West. Ma bisogna fare così, farsi la legge da soli, fare come il benzinaio Stacchio». Ad armarsi e sparare contro i ladri che nell’ennesimo raid, hanno preso di mira la frazione di Faè, sono stati i residenti. Perché l’esasperazione e la paura della gente per le bande di malviventi che scorrazzano in provincia ha ormai lasciato il posto a nuovi sentimenti, a cominciare dalla rabbia. E ogni volta la reazione è più forte. Se fino a qualche settimana fa la cronaca raccontava di mazze e sassi scagliati contro i banditi in fuga, ormai sono tanti i cittadini vittime di furti che dicono di volersi armare o che lo hanno già fatto. Lunedì sera a Faè di Oderzo, quell’intenzione si è concretizzata. A capeggiare la rivolta armata è stato Sandro Magro, imprenditore 48enne. All’ora di cena era a casa, fuori il buio circondava le villette e le vecchie case coloniche ristrutturate di una borgata, costeggiata dai vigneti delle molte aziende agricole della zona, dove tutti si conoscono e, se possono, si aiutano.

Improvvisamente ha sentito il vicino che lo chiamava urlando: «Sandro corri, ghe n’è i ladri da la Maria». Non ci ha pensato due volte, ha imbracciato il suo fucile da caccia ed è uscito in giardino premendo sul grilletto. «Ne ho visto uno che scappava nei campi, ho sparato per spaventarlo. Poco dopo anche il mio vicino è arrivato col suo fucile a pompa, e ha sparato anche lui. Abbiamo fatto un Far West ma almeno quelle persone sanno che accoglienza li aspetta se dovessero decidere di tornare. Perché qui non sono graditi». Magro è intervenuto in difesa della vicina, nella cui abitazione i malviventi erano riusciti a entrare arrampicandosi sulla grondaia dopo una vera e propria scorribanda in una decina di abitazioni. Furti in rapida sequenza che hanno seminato il panico nel piccolo borgo di campagna. Fino a quando l’imprenditore e il vicino non sono intervenuti a colpi di fucile mettendo in fuga i ladri: «Nella mia strada abitano alcune vedove anziane, sono sole e non hanno nessuno che le protegga. E poi c’è una famigliola giovane con i bambini piccoli. I carabinieri fanno quel che possono, ma non basta e allora io sparo, così il messaggio è chiaro ». Lo dice mostrando i bossoli caduti a terra dopo gli spari della sera prima. Sono almeno otto i colpi che ieri mattina ha recuperato nel giardino. Tutti sparati in aria, assicura.
Un gesto solo all’apparenza istintivo il suo, perché quel fucile da caccia che detiene regolarmente a uso sportivo, sembra essere ormai diventato la sua protezione: «Non c’è sistema d’allarme che tenga, perché quella gente riesce sempre a fare quello che si è prefissa. Per questo, se di notte sento il cane abbaiare, io apro la finestra e sparo in aria. A scopo preventivo. Perché così questi delinquenti sanno cosa li aspetta se non scappano e, soprattutto, se decidono di tornare ». Poi assicura: «Ad avere il fucile siamo in tanti nella mia via, e se ci mettiamo tutti a sparare è una guerra nella quale loro possono solo perdere». Sandro Magro e i suoi vicini non hanno dubbi: è giusto usare il fucile contro i ladri, emulando il gesto del benzinaio di Ponte di Nanto. Anche se Graziano Stacchio, imbracciando quel fucile e facendo fuoco il 3 febbraio ha ucciso uno dei banditi (il nomade 41enne Albano Cassol) e per questo ora è indagato per eccesso colposo di legittima difesa. «Non è colpa sua quel che è successo – lo difende Magro -. Questo è l’unico modo che abbiamo per proteggere noi stessi e le nostre case. Perché qua bisogna farsi giustizia da soli. Cosa dovrei fare altrimenti? Stare ad aspettare che mi portino via quello che ho faticosamente costruito con il mio lavoro. Non ci sto: io sparo». FONTE

Tratto da:L'Onesto ? Rassegna stampa indipendente

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