vecchio frank
could be worse...
Estratto da: David Hockney, di Marco Livingstone, Rusconi 1988 (originariamente pubblicato da Thames and Hudson, 1981)
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Il primo segnale del grande desiderio di Hockney di lavorare di nuovo direttamente a partire dall’immaginazione è visibile in un gruppo di disegni e grafiche eseguiti nel 1973 e ispirati a Picasso, morto l’8 aprile di quell’anno. Hockney faceva parte di un gruppo di artisti, a ognuno dei quali una casa editrice di Berlino, Propyläen Verlag, commissionò una grafica per una cartella, Omaggio a Picasso, da pubblicare l’anno seguente.
(Ne ho pubblicato alcune immagini qui, da pag.105 post #1043 a pag.106 post #1058).
L’artista lasciò la California per lavorare a questa acquaforte a Parigi con Aldo Crommelynck, il maestro stampatore che aveva lavorato a stretto contatto con l’artista spagnolo per vent’anni. Il rapporto fu decisivo: Crommelynck non solo mostrò a Hockney le tecniche di acquaforte a colori e allo zucchero che aveva perfezionato per Picasso, ma parlò anche con grande affetto del maestro spagnolo, raccontando di come stavano bene insieme. Il dispiacere dell’artista per non averlo mai conosciuto risvegliò, sembra, la sua antica ammirazione per l’opera di Picasso, che aveva esercitato un’influenza tanto forte su di lui già nel 1960, e aumentò il suo desiderio di raccogliere sfida dell’arte del maestro attraverso uno studio ravvicinato dei suoi temi preferiti. Hockney ricorda anche che fu solo con la morte di Picasso che si poté iniziare a vedere la coerenza della sua vita di lavoro, a capire il senso delle sue evidenti fratture stilistiche, risultato di un atteggiamento unitario verso lo stile e il contenuto. Secondo Hockney, solo ora la reale influenza di Picasso inizia a farsi sentire, perché solo ora si fa attenzione all’ampiezza della sua visione invece che a limitarsi a imitare delle caratteristiche superficiali di uno dei tanti stili che elaborò. Il problema di tanta arte contemporanea non sta nel suo grado relativo di qualità accademiche, reazionarie o d’avanguardia, ma nell’angustia che si autoimpone, che a Hockney sembra come una meschinità di spirito. L’autorevolezza e l’importanza dell’opera di Picasso, invece, sono il frutto della vera e propria larghezza e generosità della sua visione, che si accompagnano alla risoluta insistenza nel connettere le sue immagini alla sua vita, alle sue finalità e interessi.
Hockney finì col realizzare due acqueforti che trasformano uno dei temi preferiti di Picasso, quello del pittore e la modella, in un di atto d’omaggio. La prima, Lo studente: Omaggio a Picasso, 1973, fu quella destinata alla cartella di Berlino. In essa l’artista si raffigura nell’umile ruolo di studente, con sottobraccio una cartella di lavori da sottoporre all’esame del suo eroe, Picasso, rappresentato da una testa giovanile scolpita su una colonna-piedistallo. L’immagine echeggia deliberatamente la serie di acqueforti picassiane L’atelier du sculpteur, eseguite nel 1933 come parte della Suite Vollard, in cui l’artista si mostra nell’atto di contemplare la propria creazione, di riflettere sulle fonti della sua ispirazione, ammutolito dall’impossibilità di soddisfare fino in fondo le ambizioni che nutre. E’ chiaro che Hockney studiò da vicino questa serie di grafiche e realizzò almeno un disegno a inchiostro copiando, più o meno scrupolosamente, le figure di una di esse. La sua immaginazione fu forse ulteriormente stimolata da un articolo, L’artista e il suo modello, di Michel Leiris, pubblicato nel 1973 nel volume di saggi a cura di Roland Penrose e John Golding, Picasso 1881/1973, articolo che prende in esame le metamorfosi del soggetto nell’opera di Picasso nel corso di quarant’anni.
Lo studente: Omaggio a Picasso, per quanto interessante nel tema, è trattato in modo piuttosto illustrativo, poco ispirato. Molto più riuscita è una seconda acquaforte, Artista e modello, iniziata nel 1973, quasi abbandonata, ma poi ripresa e pubblicata l’anno seguente da Petersburg Press.
Qui Hockney ha elaborato un’affettuosa e molto più acuta risposta al tema, includendo di nuovo, per la prima volta nella sua opera dall’acquaforte Io e i miei eroi del 1961, un esplicito autoritratto. In essa Hockney e Picasso si fissano intensamente, proprio come avviene tra il pittore e la modella nelle immagini del maestro spagnolo, delle quali Leiris scrive: “Confronti, incontri, mutue scoperte sono i temi base di molte composizioni con due o più personaggi tra i quali non accade nulla, se non che si guardano l’un l’altro”. Nel raffigurarsi nudo, tuttavia, Hockney si pone umilmente nel ruolo di modello piuttosto che dell’artista, rovesciando la consuetudine iconografica in modo da dichiarare ancora una volta la sua ammirazione e il suo debito verso un artista con la cui grandezza non pretende di rivaleggiare.
Nella sua opera dei primi anni Sessanta Hockney aveva trovato utile giocare con la forma e insieme con lo stile per disfarsi di restrizioni arbitrarie. La libertà di movimento che ora di nuovo rivendicava, come confessò prontamente nell’intervista pubblicata nel catalogo della retrospettiva parigina del 1974, s’ispirò direttamente a Picasso. Come l’anziano maestro metteva spesso in contrasto diversi stili all’interno di una stessa immagine, attirando l’attenzione sul compito elusivo di elaborare una forma visiva per la realtà percepita, così Hockney nell’Artista e modello contrappone vari modi di disegnare e tre diverse tecniche: vernice dura, vernice molle e acquatinta con granitura allo zucchero.
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Il primo segnale del grande desiderio di Hockney di lavorare di nuovo direttamente a partire dall’immaginazione è visibile in un gruppo di disegni e grafiche eseguiti nel 1973 e ispirati a Picasso, morto l’8 aprile di quell’anno. Hockney faceva parte di un gruppo di artisti, a ognuno dei quali una casa editrice di Berlino, Propyläen Verlag, commissionò una grafica per una cartella, Omaggio a Picasso, da pubblicare l’anno seguente.
(Ne ho pubblicato alcune immagini qui, da pag.105 post #1043 a pag.106 post #1058).
L’artista lasciò la California per lavorare a questa acquaforte a Parigi con Aldo Crommelynck, il maestro stampatore che aveva lavorato a stretto contatto con l’artista spagnolo per vent’anni. Il rapporto fu decisivo: Crommelynck non solo mostrò a Hockney le tecniche di acquaforte a colori e allo zucchero che aveva perfezionato per Picasso, ma parlò anche con grande affetto del maestro spagnolo, raccontando di come stavano bene insieme. Il dispiacere dell’artista per non averlo mai conosciuto risvegliò, sembra, la sua antica ammirazione per l’opera di Picasso, che aveva esercitato un’influenza tanto forte su di lui già nel 1960, e aumentò il suo desiderio di raccogliere sfida dell’arte del maestro attraverso uno studio ravvicinato dei suoi temi preferiti. Hockney ricorda anche che fu solo con la morte di Picasso che si poté iniziare a vedere la coerenza della sua vita di lavoro, a capire il senso delle sue evidenti fratture stilistiche, risultato di un atteggiamento unitario verso lo stile e il contenuto. Secondo Hockney, solo ora la reale influenza di Picasso inizia a farsi sentire, perché solo ora si fa attenzione all’ampiezza della sua visione invece che a limitarsi a imitare delle caratteristiche superficiali di uno dei tanti stili che elaborò. Il problema di tanta arte contemporanea non sta nel suo grado relativo di qualità accademiche, reazionarie o d’avanguardia, ma nell’angustia che si autoimpone, che a Hockney sembra come una meschinità di spirito. L’autorevolezza e l’importanza dell’opera di Picasso, invece, sono il frutto della vera e propria larghezza e generosità della sua visione, che si accompagnano alla risoluta insistenza nel connettere le sue immagini alla sua vita, alle sue finalità e interessi.
Hockney finì col realizzare due acqueforti che trasformano uno dei temi preferiti di Picasso, quello del pittore e la modella, in un di atto d’omaggio. La prima, Lo studente: Omaggio a Picasso, 1973, fu quella destinata alla cartella di Berlino. In essa l’artista si raffigura nell’umile ruolo di studente, con sottobraccio una cartella di lavori da sottoporre all’esame del suo eroe, Picasso, rappresentato da una testa giovanile scolpita su una colonna-piedistallo. L’immagine echeggia deliberatamente la serie di acqueforti picassiane L’atelier du sculpteur, eseguite nel 1933 come parte della Suite Vollard, in cui l’artista si mostra nell’atto di contemplare la propria creazione, di riflettere sulle fonti della sua ispirazione, ammutolito dall’impossibilità di soddisfare fino in fondo le ambizioni che nutre. E’ chiaro che Hockney studiò da vicino questa serie di grafiche e realizzò almeno un disegno a inchiostro copiando, più o meno scrupolosamente, le figure di una di esse. La sua immaginazione fu forse ulteriormente stimolata da un articolo, L’artista e il suo modello, di Michel Leiris, pubblicato nel 1973 nel volume di saggi a cura di Roland Penrose e John Golding, Picasso 1881/1973, articolo che prende in esame le metamorfosi del soggetto nell’opera di Picasso nel corso di quarant’anni.
Lo studente: Omaggio a Picasso, per quanto interessante nel tema, è trattato in modo piuttosto illustrativo, poco ispirato. Molto più riuscita è una seconda acquaforte, Artista e modello, iniziata nel 1973, quasi abbandonata, ma poi ripresa e pubblicata l’anno seguente da Petersburg Press.
Qui Hockney ha elaborato un’affettuosa e molto più acuta risposta al tema, includendo di nuovo, per la prima volta nella sua opera dall’acquaforte Io e i miei eroi del 1961, un esplicito autoritratto. In essa Hockney e Picasso si fissano intensamente, proprio come avviene tra il pittore e la modella nelle immagini del maestro spagnolo, delle quali Leiris scrive: “Confronti, incontri, mutue scoperte sono i temi base di molte composizioni con due o più personaggi tra i quali non accade nulla, se non che si guardano l’un l’altro”. Nel raffigurarsi nudo, tuttavia, Hockney si pone umilmente nel ruolo di modello piuttosto che dell’artista, rovesciando la consuetudine iconografica in modo da dichiarare ancora una volta la sua ammirazione e il suo debito verso un artista con la cui grandezza non pretende di rivaleggiare.
Nella sua opera dei primi anni Sessanta Hockney aveva trovato utile giocare con la forma e insieme con lo stile per disfarsi di restrizioni arbitrarie. La libertà di movimento che ora di nuovo rivendicava, come confessò prontamente nell’intervista pubblicata nel catalogo della retrospettiva parigina del 1974, s’ispirò direttamente a Picasso. Come l’anziano maestro metteva spesso in contrasto diversi stili all’interno di una stessa immagine, attirando l’attenzione sul compito elusivo di elaborare una forma visiva per la realtà percepita, così Hockney nell’Artista e modello contrappone vari modi di disegnare e tre diverse tecniche: vernice dura, vernice molle e acquatinta con granitura allo zucchero.