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In questi giorni il mercato sembra essersi svegliato da un sogno troppo ottimista. Il report sul lavoro uscito di recente ha battuto le attese e questo ha fatto saltare, almeno temporaneamente, le scommesse su un taglio dei tassi già a maggio. Ma c’è qualcosa che non torna, ed è proprio lì che vale la pena fermarsi a riflettere.
La riunione della Fed di questa settimana, a mio avviso, sarà una di quelle “tranquille” solo in apparenza. Non ci saranno scosse immediate, ma i membri del board, come da copione, cominceranno a preparare il terreno per un possibile primo taglio dei tassi a giugno. Non con annunci ufficiali, ma con discorsi mirati, spesso all’estero, che serviranno da bussola per i mercati.
Questa dinamica non è nuova: la Fed non agisce di colpo, ma costruisce il consenso lentamente. E il fatto che alcuni dati inflazionistici – in particolare il cosiddetto “super core”, cioè i servizi esclusi gli affitti – stiano mostrando segnali di raffreddamento, è un piccolo spiraglio che potrebbe giustificare tre tagli da 25 punti base nel corso del 2025: giugno, ottobre e dicembre.
Detto questo, il mercato del lavoro americano merita un’analisi più lucida. Il dato recente è sembrato forte, ma sotto la superficie si notano alcune crepe. Molti dei nuovi posti sono temporanei, come quelli nella logistica e nei magazzini, forse creati solo per anticipare potenziali problemi legati alla guerra commerciale o ai cambi di domanda. E molti lavoratori federali, pur già fuori dai giochi per prepensionamento o tagli, risultano ancora formalmente assunti.
In sostanza, si tratta di numeri che possono distorcere la percezione della solidità del mercato del lavoro. La domanda reale e strutturale resta forte solo nel settore sanitario, che da tempo fa storia a sé.
Per il resto, il trend è chiaro: le aziende stanno rallentando le assunzioni, ma non mollano i dipendenti qualificati. Dopo anni di difficoltà nel reperire personale, adesso le imprese sembrano più propense a trattenere i talenti anche a costo di non alzare i salari.
E se guardiamo alla disoccupazione di lungo termine, c’è stato un aumento significativo. Siamo tornati a livelli pre-pandemici troppo in fretta e questo è un segnale da tenere d’occhio. Tuttavia, non si intravede ancora un vero scenario recessivo. Ecco perché i mercati, nonostante tutto, hanno reagito positivamente.
Credo che ci troviamo in una fase molto delicata: l’economia americana non sta esplodendo né crollando, ma sta rallentando in modo selettivo. E il taglio dei tassi potrebbe essere più vicino di quanto alcuni pensino. Basta ascoltare, tra le righe, cosa stanno davvero dicendo i banchieri centrali.
Il quadro che abbiamo davanti è tutt'altro che semplice: un'economia che rallenta senza cedere, una Fed che comunica a metà e mercati che oscillano tra euforia e cautela.
Personalmente credo che capire quando e perché arriveranno i tagli sia più importante che indovinare la data precisa. Ma ora passo la palla a voi.
Secondo voi la Fed sta facendo bene ad aspettare? I tagli saranno sufficienti o arriveranno troppo tardi? E come vi state preparando come investitori?
A presto.
Simone Mordenti, Amministratore del portale doveinvestire.com
La riunione della Fed di questa settimana, a mio avviso, sarà una di quelle “tranquille” solo in apparenza. Non ci saranno scosse immediate, ma i membri del board, come da copione, cominceranno a preparare il terreno per un possibile primo taglio dei tassi a giugno. Non con annunci ufficiali, ma con discorsi mirati, spesso all’estero, che serviranno da bussola per i mercati.
Questa dinamica non è nuova: la Fed non agisce di colpo, ma costruisce il consenso lentamente. E il fatto che alcuni dati inflazionistici – in particolare il cosiddetto “super core”, cioè i servizi esclusi gli affitti – stiano mostrando segnali di raffreddamento, è un piccolo spiraglio che potrebbe giustificare tre tagli da 25 punti base nel corso del 2025: giugno, ottobre e dicembre.
Detto questo, il mercato del lavoro americano merita un’analisi più lucida. Il dato recente è sembrato forte, ma sotto la superficie si notano alcune crepe. Molti dei nuovi posti sono temporanei, come quelli nella logistica e nei magazzini, forse creati solo per anticipare potenziali problemi legati alla guerra commerciale o ai cambi di domanda. E molti lavoratori federali, pur già fuori dai giochi per prepensionamento o tagli, risultano ancora formalmente assunti.
In sostanza, si tratta di numeri che possono distorcere la percezione della solidità del mercato del lavoro. La domanda reale e strutturale resta forte solo nel settore sanitario, che da tempo fa storia a sé.
Per il resto, il trend è chiaro: le aziende stanno rallentando le assunzioni, ma non mollano i dipendenti qualificati. Dopo anni di difficoltà nel reperire personale, adesso le imprese sembrano più propense a trattenere i talenti anche a costo di non alzare i salari.
E se guardiamo alla disoccupazione di lungo termine, c’è stato un aumento significativo. Siamo tornati a livelli pre-pandemici troppo in fretta e questo è un segnale da tenere d’occhio. Tuttavia, non si intravede ancora un vero scenario recessivo. Ecco perché i mercati, nonostante tutto, hanno reagito positivamente.
Credo che ci troviamo in una fase molto delicata: l’economia americana non sta esplodendo né crollando, ma sta rallentando in modo selettivo. E il taglio dei tassi potrebbe essere più vicino di quanto alcuni pensino. Basta ascoltare, tra le righe, cosa stanno davvero dicendo i banchieri centrali.
Il quadro che abbiamo davanti è tutt'altro che semplice: un'economia che rallenta senza cedere, una Fed che comunica a metà e mercati che oscillano tra euforia e cautela.
Personalmente credo che capire quando e perché arriveranno i tagli sia più importante che indovinare la data precisa. Ma ora passo la palla a voi.
Secondo voi la Fed sta facendo bene ad aspettare? I tagli saranno sufficienti o arriveranno troppo tardi? E come vi state preparando come investitori?
A presto.
Simone Mordenti, Amministratore del portale doveinvestire.com