L'alternativa alla fornitura del servizio di mensa, è sempre stata quella di pagare CASH in busta paga all'operaio
l'importo che si andava a quantificare - azineda per azienda - con la commissione interna. Semplice.
Poi sono nati i ticket. Poi sta succedendo che nessuno li vuole più.......ahahahahah
«Non accettiamo buoni pasto». Il cartello, lapidario, da mesi compare in sempre più bar e ristoranti.
Rischiando di trasformare la pausa pranzo di 2,2 milioni di dipendenti in una ricerca spasmodica di un panino da poter pagare con i ticket.
Ma come mai i buoni da 5,29 euro in mano agli impiegati sembrano valere meno dei soldi del Monopoli?
E soprattutto, a chi conviene utilizzarli al posto del denaro?
I giocatori della partita del pasto fuori casa sono quattro:
le aziende (o gli enti pubblici) che decidono di dare i ticket ai propri dipendenti anziché sostenere i costi di una mensa,
le società che realizzano i buoni (le cosiddette «sette sorelle»: Qui! Ticket, Ticket restaurant, Sodexho, Day, Buon chef, Ristomat, Pellegrini),
i ristoratori che li riscuotono
e i clienti che li spendono.
Protagonisti che in teoria hanno creato un sistema fatto di rapporti a incastro in cui ognuno ha il suo tornaconto.
Ma qualcosa scricchiola e c'è chi rischia di rimanere con il cerino in mano.
Di fatto, il mercato dei buoni è andato in corto circuito e per non collassare definitivamente ha bisogno di una svolta urgente. Il motivo sta racchiuso (...)
(...) nell'effetto domino innescato dalle gare d'appalto che mettono in moto il meccanismo per erogare i ticket.
Gare al ribasso in cui, pur di aggiudicarsi i bandi, le società che emettono i buoni sono disposte a fare forti sconti a chi richiede il servizio, addirittura fino al 20%.
Ribassi talmente sostanziosi che poi diventano quasi impossibili da sostenere.
E allora che accade?
Per non andare in perdita, le società vincitrici delle gare si rifanno sui bar e sui ristoranti che aderiscono al contratto,
chiedendo il pagamento di micro commissioni su ogni buono pasto riscosso e applicando trattenute quasi impercettibili a ogni strisciata di ticket elettronico.
Ma il giochino non sta più in piedi e gli esercenti si stanno rifiutando di accettare i buoni dai clienti, stufi di far fronte a quella che, di fatto,
è una tassa supplementare (e perfino un po' occulta) su ogni pagamento.
Paradossalmente, molti esercenti non si fanno più nemmeno rimborsare i buoni dalle società
ma li spendono nei supermarket e dove possono come fossero denaro vero.
Almeno in questo modo non ci rimettono.