la Germania ha TRE debiti e LA BANCA che finanzia il debito

tontolina

Forumer storico
incredibile sentite un po NINO GALLONI che dice
che la Germania è finanziata dalla BUBA al 2%
e la Buba si finanzia dalla BCE allo 075%

in Italia
o abbiamo politici cretini o disonesti
c'è anche la terza via...sono sia incompetenti che corrotti!


eggià noi abbiamo avuto il decreto Andratta che sancì il divorzio da banca d'Italia col risultato che l'Italia non ha una Banca Nazionale!!!!!!
Siamo uno stato che corre verso la rovina... e nessuno ma proprio nessuno dice niente anzi...

EUROPA DEI POPOLI O DELLA FINANZA? INTERVISTA A NINO GALLONI E NANDO IOPPOLO - YouTube
 
insomma la germania fa quello che faceva l'Italia prima del 1981
anno in cui Andreatta-Ciampi decisero il divorzio e lo fecero approvare al parlamento e al senato


ovviamente quando si tratta dei nostri denari... nessuno ma proprio nessuno ci chiede mai nulla....
ecco perchè sono convinta che il debito italiano sia odioso perchè è impedito al popolo di esprimersi....
 
Le 11 Crepe del Modello Tedesco: dumping sociale, nonni esportati, svalutazione competitiva, fotti il vicino

9 ottobre 2013 Di ScenariEconomici Feed
Riportiamo questo interessante e fruibile articolo di Vito Lops e Luisanna Benfatto dal Sole 24 Ore:
Nonni esportati in Polonia, lavori da 450 euro al mese. Le 10 (+1) crepe del modello tedesco

Nota di GPG: Vedere un articolo che sostanzialmente dice “e’ Kolpa dei Kettifi Tedeski” sulla testata del Sole 24 Ore e’ realmente impagabile. L’articolo non riporta nulla che i lettori di Scenarieconomici.it non conoscano gia’ a memoria (quando tutti dicevano…che bravi i Tedeschi), e sostanzialmente riporta una serie di fatti inconfutabili, che mettono al centro dei 3 anni di assurda crisi europea le politiche Tedesche attuate dall’introduzione dell’Euro in poi, sostanzialmente politiche di “fotti il vicino“, atteggiamento del tutto confermato tra il 2010 ed il 2013, anni in cui la Germania ha cercato in ogni modo di scaricare sui paesi piu’ deboli il peso della Crisi, Crisi in cui la Germania ha comunque una co-responsabilita’ pesantissima e sostanzialmente inconfutabile (a meno di qualche “ultimo giapponese” ultras) ed ha dimostrato un cinismo ed una mancanza di leadership, che prima o poi le costeranno parecchio.

Come sapete bene, personalmente non contesto e non pretendo nulla dalla Germania: semplicemente non voglio condividere con loro la medesima valuta.

Dobbiamo gia’ sopportare un discreto tasso di “parassitismo interno“, e di certo non c’e’ alcuna ragione razionale per sopportare anche “un parassitismo esterno“:

chi vuole gli Stati Uniti d’Europa e’ un folle irrazionale per 2 motivi banali,

il primo e’ che pensa che prima o poi i Tedeschi abbraccino un modello solidale dell’Euro e “scuciano” soldi o “rinuncino” ai vantaggi accumulati” (che e’ qualcosa di impossibile),

il secondo e’ che vedano un destino comune e radioso (economicamente) con chi sostanzialmente t’ha “fregato” (cosa altrettanto utopica). Mogli e buoi dei paesi tuoi….
La Germania ha un governo più forte e meno soggetto a spallate e trabocchetti. L’economia è senz’altro più solida e soprattutto il popolo tedesco non si lamenta e non esterna le proprie debolezze. Ma siamo sicuri che il loro modello sia quello giusto per tutta l’Europa? Ecco quali sono le fratture, finanziarie e sociali, nascoste nella locomotiva di Frau Merkel.

1. «Esporta» i nonni in Polonia
Sempre più famiglie decidono di esportare i nonni oltre confine per risparmiare, lo scrive Bloomberg Businessweek: Germans Export Grandma to Poland as Costs, Care Converge. La meta preferita è la Polonia dove una struttura per anziani costa 1.550 euro al mese rispetto ai 3.250 richiesti in Patria. Ma il “confino” dei vecchi improduttivi può toccare anche altri Paesi: Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca. Pronti a fare questa scelta un quinto dei tedeschi.
2. Accusata di dumping salariale
«Se il modello economico tedesco è il futuro dell’Europa, dobbiamo essere tutti molto inquieti». Così sul Financial Times, Adam Posen, ex membro del comitato di politica monetaria della Bank of England. «La Germania ha ora la più elevata proporzione di lavoratori a basso salario rispetto al reddito nazionale mediano in Europa Occidentale. I salari medi sono aumentati più di inflazione e crescita della produttività lo scorso anno, per la prima volta dopo oltre un decennio di stagnazione». Senza giri di parole, quindi, Posen accusa la Germania di aver praticato da quando è entrata nell’euro una sorta di dumping sociale.
È diventata più competitiva perché ha svalutato i salari. Dal 2000 al 2012, secondo l’archivio tedesco Wirtschafts- und Sozialwissenschaftlichen Instituts, i salari medi sono scesi dell’1,8%. Svalutazione che rende impossibile basare la crescita sui consumi interni, segnale di uno sviluppo più armonico e sano per un Paese.
3. L’Obesita’ aumenta
La Germania oltre ai record economici che conosciamo ne conta anche un altro, molto negativo. Secondo una recente classifica che utilizza come parametro l’indice di massa corporea, il body mass index (BMI), ottenuto dal rapporto tra altezza e peso, i tedeschi hanno il primato europeo dell’obesità e si piazzano nella classifica mondiale dei pesi massimi al 23esimo posto (noi italiani siamo al 73°).
4. Basa la crescita sull’export al pari della Cina
La Germania genera un surplus commerciale di oltre 200 miliardi di euro, sui livelli dei quello della Cina. Questo grazie a un sistema economico basato più sulle esportazioni che non sui consumi interni (come abbiamo visto nella precedente sezione). La gran parte delle esportazioni avviene all’interno dell’area euro, il che vuol dire che una grande fetta degli importatori sono i “partner” dell’unione monetaria. Ma questo è anche il segnale di un’unione che non funziona perché si regge su uno sviluppo asimmetrico e non coordinato tra i Paesi. Il che stride con quanto previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che prevede politiche di coordinamento tra i Paesi. M nulla è stato fatto finora per sanare questo squilibrio.
5. Effettua svalutazione competitiva sui partner dell’area euro
Se la Germania è in grado di esportare di più dei “partner” dell’area euro è anche perché, da un punto di vista tecnico, Berlino pratica indirettamente una svalutazione competitiva rispetto agli altri Paesi. In che modo? Generando meno inflazione. Qualche numero? Nei primi 13 anni di vita dell’euro la Germania ha generato un’inflazione del 25,5%. In pratica è come se un chilo di pane costasse 1 euro nel 1999 e 1,25 adesso. Nello stesso periodo di tempo l’Italia ha generato un’inflazione del 39%, 14 punti in più. Quindi quel chilo di pane che a parità di cambio costava 1 euro nel 1999 oggi in Italia costa 1,39 euro. Ed è anche per questo che all’Italia oggi risulta più difficile esportare. Peggiora il quadro se si considera l’inflazione di altri Paesi della periferia come Spagna (inflazione del 47%) e Grecia (43% ma partendo dal 2001, data in cui Atene è entrata nell’euro)
6. È l’unico Paese tra i big che rivaluterebbe il cambio in caso di uscita
A confermare la svalutazione competitiva in atto in Germania c’è anche l’altro lato della medaglia. In caso di deflagrazione dell’euro e di ritorno alle valute precedenti il marco si rivaluterebbe mentre le divise di Italia, Spagna, Grecia e altri Paesi dell’area si svaluterebbero. Di quale entità? Più o meno della percentuale di differenza di inflazione maturata negli anni di gestazione a cambio rigido con la Germania (14 punti Italia, 22 Spagna, ecc.).
7. Il multiculturalismo è ancora sulla carta
La ministra dell’integrazione Cecile Kyenge, in carica nel nostro Governo, è stata oggetto di numerosi e ingiustificati attacchi razzisti nel nostro Paese e questo non ci fa onore. Ma anche in Germania l’integrazione è ancora lontana. La Merkel l’ha più volte citato nei suoi discorsi: in Germania il multiculturalismo è fallito. L’ennesima dimostrazione è avvenuta durante le ultime elezioni. Il mese scorso 5,8 milioni di immigrati aventi diritto al voto potevano scegliere tra i futuri rappresentanti al Parlamento solo 99 candidati di immigrati di prima o seconda generazione su un totale di 4.500.
8. Esalta il lavoro precario con i mini-job
Il tasso di disoccupazione tedesco viaggia al 6,8% ed è tra i più bassi dell’Eurozona. Ma a questo dato contribuiscono anche i mini-job, impieghi pagati circa 450 euro al mese che oggi riguardano circa 8 milioni di individui. “Uno dei problemi meno affrontati del nostro sistema è costituito dall’espandersi di impieghi pagati poco, meno di 9,5 euro l’ora. Stiamo parlando di un quarto del lavoro dipendente”, spiega al Sole 24 Ore Karl Brenke, analista di Diw, l’Istituto di ricerche economiche con sede a Berlino. E’ vero in due casi su tre i mini-job sono svolti da donne (in part-time) e in molti casi sono secondi lavori e in altri formalizzano sacche di lavoro nero. Ma si tratta, sostengono i critici, di una spinta verso precariato e flessibilità che allontana, analizzando i valori medi, il mito diffuso del lavoratore tedesco della Bmw meglio “equipaggiato” di un dipendente Fiat. Inoltre i mini-job spingono al ribasso anche i salari degli altri lavori accentuando il fenomeno di dumping salariale che solo nell’ultimo anno pare essersi interrotto.
9. Ha consolidato i conti in fase di espansione sforando i parametri di Maastricht
La Germania ha compiuto una serie di riforme fino al 2005 (tra cui quella del lavoro che ha introdotto i mini-job, riforma Hartz) che l’hanno resa più competitiva (non senza contraddizioni sociali come emerge da questo speciale sulle crepe del modello tedesco). Il tutto avveniva però in una fase di espansione economica generale e, allo stesso tempo, sforando i parametri di Maastricht senza pagare sanzioni. Un bel vantaggio, oggi difficilmente replicabile dagli altri Paesi ai quali vengono chieste riforme simili in un contesto però di recessione economica (innescando spirali recessive come evidenziato dagli errori sui calcoli del moltiplicatore fiscale) quando la razionalità macroeconomica porterebbe all’adozione di misure espansive.
10. Le banche tedesche sono state salvate con oltre 500 miliardi nella crisi subprime
Le banche tedesche hanno investito parte del forte surplus commerciale su titoli subprime statunitensi rimanendo pesantemente invischiate nella crisi economica scoppiata dopo il fallimento di Lehman Brothers.
Hypo Real Estate, Commerzbank e altre grandi banche sono state salvate con massicci iniezione di capitale pubblico. Si calcola che lo Stato ha versato nelle casse degli istituti tedeschi circa 500 miliardi di euro. In più le stesse banche hanno investito in molti Paesi della periferia dell’area euro gonfiando la bolla del debito privato, principale causa della crisi dell’Eurozona.
Questo senza valutare con attenzione, come un creditore dovrebbe fare, il rating del debitore. Peccando, in questo caso di moral hazard. Stessa accusa che la Germania rivolge invece ai Paesi della periferia dell’Eurozona, negando trasferimenti all’interno dell’area.
11. Investe poco in ricerca e sviluppo
Lo studio “German, a model for Europe?” realizzato dall’economista tedesco Sebastian Dullien dell’European council on foreing relations decreta (dal 2000 al 2007 al Financial Times Deutschland) decreta: «Il successo della Germania – grande avanzo delle partite correnti, basso tasso di disoccupazione e crescita economica accettabile – è il prodotto di una combinazione di moderazione salariale nominale, sostenuto da riforme del mercato del lavoro che hanno portato giù il salario di riserva (livello minimo salariale al di sotto del quale un individuo accetta di non lavorare, ndr) e hanno messo al ribasso pressione sui salari, e gravi restrizioni della spesa pubblica su investimento nonché sulla ricerca e sviluppo e educazione. Nel complesso, questo non può servire da modello per Europa. Alcuni degli elementi del modello tedesco hanno esternalità negative sui partner della Germania in Europa; altri deprimono la crescita economica nel Paese».
By GPG Imperatrice
Mail: [email protected]


Ai nostri lettori è piaciuto anche

Europa Vaffanculò: Marin Le Pen in Testa ai Sondaggi (Ci Voleva anche il Politico più Idiota della Storia per Riuscirci)
Salvataggio banche. Allarme per i prelievi forzosi dai conti bancari dei cittadini
ZH: Preso l’ultimo treno dei metalli delle 8 e trenta?
Privare i banchieri dei bonus è contrario ai diritti dell’Uomo
 
La Germania ha più debiti di noi ma finge di non saperlo


Il Paese più virtuoso sul fronte del debito nell'eurozona?

É l'Italia, molto migliore della Germania.

Non è uno scherzo, ma il frutto di un serissimo studio della fondazione tedesca Stiftung Marktwirtschaft, presieduta dall'economista Bernd Raffelhüschen, professore di Scienze finanziarie all'Università di Friburgo.
Due giorni fa il professore, elogiando l'Italia, ha accusato il governo tedesco di seguire un percorso di indebitamente insostenibile a colpi di «regali» nel campo dello Stato sociale.


Lo studio della Fondazione - pubblicato a fine 2011 ma passato, curiosamente, piuttosto inosservato, almeno dalle nostre parti - stila una vera e propria classifica della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche (sulla base dei dati 2010) dei 12 Stati fondatori dell'euro (esclusi sono dunque i cinque "ultimi arrivati": Slovenia, Slovacchia, Estonia, Cipro e Malta).

Il titolo del relativo comunicato stampa la dice lunga: «Italia urrà, Lussemburgo puah».

La classifica tiene conto non solo di quello che la fondazione chiama «esplicito» (il «classico» debito pubblico, pari a circa il 120% del pil per l'Italia), ma anche il debito implicito legato soprattutto all'invecchiamento: pensioni in maturazione nei prossimi anni, la spesa sanitaria, il saldo primario e quant'altro.
debito-pubblico-italiano-l.png


«Sono possibili calcoli molto precisi sulla scorta dei dati ufficiali, ad esempio sul numero di persone che andranno in pensione nei prossimi anni», spiega a chi scrive lo stesso Raffelhüschen. «Il debito implicito - aggiunge - dipende in modo decisivo dal previsto aumento delle spese legate all'invecchiamento». Per la Germania, ha detto il professore a Berlino, il quadro non è allegro: riforma fiscale, pensionistica (con generose integrazioni delle minime), aumento delle prestazioni sanitarie per alcune malattie tipiche della cosiddetta terza età (ad esempio l'Alzheimer), faranno esplodere nei prossimi anni il debito tedesco. Una cifra per tutte: secondo il professore nel 2050 lo Stato tedesco e i länder dovranno spendere 1.360 miliardi di euro solo per le pensioni (di cui 870 miliardi di euro per 1,38 milioni di dipendenti pubblici). Una cifra colossale, se si pensa che l'attuale debito pubblico della Germania (quello "esplicito") è intorno ai 1.900 miliardi.

Per l'Italia, invece, il quadro è molto migliore: il Belpaese, dice l'economista, «dopo la Francia (che comunque è solo quinta nella «classifica», ndr) secondo le nostre stime sarà il Paese con il più basso incremento di spese per pensioni, sanità e assistenza per anziani». Inoltre, sottolinea l'economista, «il saldo primario italiano è molto incoraggiante». In questo senso, si legge nello studio, «l'Italia non solo precede chiaramente la "locomotiva" Germania, ma anche tutti gli altri stati dell'Euro a 12. E dunque l'Italia può contare, a lungo termine, su uno sviluppo positivo delle finanze pubbliche».

Passiamo alle cifre: secondo lo studio, nel 2010 il debito «esplicito» italiano era pari al 118,4% del Pil, quello «implicito», per le ragioni già indicate, al 27,6%, il più basso di tutta l'eurozona a 12. Il totale del debito «vero» dell'Italia in quell'anno era dunque, secondo lo studio, pari al 146% del Pil: di qui il primo posto. Se andiamo a vedere la Germania, seconda «classificata», il debito «esplicito» era dell'83,2% del Pil, ma quello «implicito» del 109,4 per cento. Totale: 192,6%, quasi il 50% più dell'Italia. La cosa più sorprendente, però, è chi troviamo nei piani bassi della classifica, come si intuiva dal titolo: se all'ultimo posto è l'Irlanda, Paese già sotto programma di aiuti, che arriva alla quota complessiva di 1.497,2% del Pil (di cui 1.404,7% di debito «implicito»), al penultimo, però, e peggio della Grecia (terzultimo posto), troviamo nientemeno che il ricco e tranquillo Lussemburgo: se il suo debito pubblico «ufficiale» nel 2010 era pari ad appena il 19,1% del Pil (e infatti il Granducato è considerato tra i paesi più «virtuosi» dell'eurozona), la bomba previdenziale-demografica porta al 1.096,5% del Pil il debito «implicito», per un debito totale del 1.115,6% del Pil.

«Il sistema pensionistico e previdenziale lussemburghese - spiega ancora Raffelhüschen - è follemente generoso e completamente insostenibile a lungo termine. Del Granducato si può dire che ha davanti a sé tutte le riforme che paesi come Italia o Spagna stanno attuando dolorosamente in questi anni». Del resto non molto bene sta la "virtuosa" Olanda, ottava in classifica, che a fronte di un debito «dichiarato» del 61% del Pil, secondo lo studio della Stiftung Martkwirtschaft ha un debito implicito del 431,8% del Pil, per un totale del 494,6%. Certamente sta peggio del Portogallo (sesto in classifica), e appena meglio della Spagna (nono posto).

L'Italia, sostiene l'economista, invece «non deve fare altro che proseguire il cammino iniziato, guai a invertire la rotta e tornare ad aumentare la spesa per lo Stato sociale». Un monito che a molti, certo, dalle nostra parti non piacerà tanto. Se però Raffelhüschen ha ragione, questa situazione ci consentirà, tra qualche decennio, di stare molto meglio di paesi come il Lussemburgo, ma anche la Germania. E infatti nei calcoli della sua Fondazione, l'Italia - rispetto ai dati del 2010 - ha un reale bisogno di correzione, per garantire la piena sostenibilità del debito, del 2,4% del Pil (una quarantina di miliardi di euro) - contro, ad esempio, il 12% del Lussemburgo, o il 4% della Germania.
«Sempre che - commenta cinico l'economista - qualcosa non ammazzi prima l'Italia». Perché se a lungo termine, come abbiamo visto, le prospettive italiane sono piuttosto buone, il problema è «a breve-medio termine», spiega il professore. «Vista la bassa crescita - recita il rapporto - gli avanzi primari basteranno al massimo a stabilizzare il debito italiano nei prossimi anni, ma resteranno ben lungi dal ridurlo in modo significativo». Ed è quello cui, ahimé, guardano i mercati, i quali, aggiunge serafico lo studioso, «ragionano in orizzonti molto più brevi, non hanno la pazienza di guardare alle prospettive nell'arco di decenni».

E già, perché se dessero retta alla classifica di lungo termine del professor Raffelhüschen, gli spread tra Italia e la Germania dovrebbero essere esattamente al contrario. Magari ci arrivano.
 
C’E’ DEL MARCIO IN ALEMAGNA!
Scritto il 9 giugno 2016 alle 10:30 da icebergfinanza

albrecht-duerer-malt-kaiser-maximilian.jpg


Dopo l’accenno nell’ ultimo Machiavelli di quello che sta accadendo in Australia che nasconde innumerevoli opportunità, il nostro John Mauldin irrompe sulla scena suggerendo che c’è del marcio in Alemagna…

Germany May Be a Bigger Threat to the European Union than Brexit
Prima una piccola premessa! Le notizie, analisi ed informazioni che nel corso dei mesi scorrono nei manoscritti di Machiavelli, sono stelle polari raccolte qua e la che come abbiamo visto prima e poi diventano oggettivamente verità figlia del tempo. Ricordatevi che non sono le notizie di prima pagina che media mainstream offrono in pasto al pubblico a fare la differenza ma tante piccole notizie passate in sordina, nascoste tra le pieghe dei giornali, che con il tempo si rivelano fondamentali, per comprendere quello che accadrà, il tutto ovviamente accompagnato dall’analisi empirica.

MACHIAVELLI E LE COSE DELL’ALEMAGNA
Noi ne abbiamo già parlato lo scorso anno, piano, piano, le dinamiche nascoste diventano realtà, come questa ad esempio segnalata da un nostro compagno di viaggio al seguente Indirizzo

“Negli ultimi 10 anni, il mercato dell’armamento in Germania è stato, in grandissima misura, trainato da fondi ad hoc e dalle banche tedesche che hanno finanziato nuove costruzioni secondo lo schema KG. Ma la crisi finanziaria ha bussato alla porta tra il 2008 e il 2009, portando all’attuale depressione sui mercati che ha colpito anche l’armamento” ha attaccato Nielsen, ricostruendo la storia di un sistema che, sebbene diffuso a partire dagli anni ’70, è decollato davvero in quelli ’80: “Molti armatori tradizionali o andarono in fallimento o scapparono a Cipro, favorendo la creazione di società di gestione di successo a Limassol quali Columbia-CSM, Reederei Nord (Klaus Oldendorff), Interorient e altre. Il governo venne così indotto a introdurre un sistema di incentivi per gli investimenti navali che consentiva di ammortare i beni fino all’82% in 5 anni, poi modificato nel 2000 estendendo il lasso temporale a 12 anni (con un limite del 26% nei primi 2). La possibilità di accumulare perdite fiscalmente deducibili rappresentò un enorme incentivo per gli investitori ma portò alla costruzione di arcani schemi per massimizzare i benefici fiscali, invece trascurando completamente l’effettivo valore commerciale”. Un tipico progetto KG consta di una società di scopo (single purpose vehicle o SPV) e di 5 parti contraenti. “Gli investitori, tra le 10 e le 800 persone fisiche, apportano il 30% del capitale raccolto tramite gestori di fondi che contrattano e gestiscono il prestito bancario, distribuiscono i dividendi e riferiscono agli investitori. La banca è di solito tedesca, soggetti quali HSH, NordLB, Commerzbank (scaturente dalla fusione tra Deutsche Schiffsbank e Dresdner Bank) o DVB, mentre Deutsche Bank, pur essendo la maggiore del Paese, curiosamente si è quasi del tutto astenuta dal finanziare le KG. Ci sono poi il gestore e il gestore tecnico della nave, che devono entrambi essere tedeschi (quest’ultimo ha di solito solo una minima quota nella società). Infine, ovviamente importantissimo, il noleggiatore, che normalmente stipula un contratto quinquennale (con opzioni), ma quelli a scafo nudo sono proibiti” ha spiegato il broker danese.

Speranze di vita per il traballante sistema delle KG?
Tutte le banche (salvo una) fuggono precipitosamente dai gorghi dello ship tranne una

E indovinate chi era quell’unica banca che non è fuggita dai gorghi?

Ma naturale HSH NORDBANK balzata agli onori della cronaca lo scorso anno…

Ue: il salvataggio di una banca non è aiuto di Stato
Ed è tornata sotto i riflettori ultimamente…

HSH Nordbank to Offload Soured Shipping Loans
HSH Nordbank: Knapp am Aus vorbei?

Come abbiamo visto ieri in GERMANIA: MILLE ETRURIA DISSEMINATE OVUNQUE

un’altra grande banca regionale è in difficoltà …

A causa dell’esposizione su traffico merci e container (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Berlino, 06 giu Bremer Landesbank (Blb), banca pubblica della citta’ indipendente di Brema, nel nord della Germania, e’ in grosse difficolta': secondo la stampa tedesca, la Vigilanza bancaria europea della Bce, in vista delle necessarie pesanti svalutazioni sui prestiti deteriorati nel settore marittimo (traffico container e merci) avrebbe chiesto al board misure di rafforzamento del capitale per 700 milioni.

Intanto prendetelo come antipasto e grazie alla traduzione di Wall Street Italia ascoltiamo cosa ci racconta il nostro John È questa la vera bomba economica che rischia di fare a pezzi l’Ue

La bomba economica che rischia di far saltare in aria l’Europa porta il nome di Germania, stando almeno a quanto ritiene John Mauldin, esperto di finanza, autore di libri che sono entrati nella classifica dei best sellers del New York Times, regolare ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche che affrontano temi di economia e finanza, creatore del sito MauldinEconomics.com.

“Al centro dell’Ue c’è la Germania, la cui economia, fortemente dipendente dalle esportazioni, sta pian piano cadendo a pezzi”. Perchè? “L’economia tedesca finora è stata capace di evitare la crisi che ha colpito le esportazioni di altri principali esportatori del mondo – da quelli che producono beni manifatturieri come la Cina e la Corea del Sud agli esportatori di materie prime, come Russia e Arabia Saudita (..) Recentemente, il dipartimento del Tesoro Usa ha annunciato l’intenzione degli Stati Uniti di tenere sotto osservazione la Cina, il Giappone, la Corea, Taiwan e la Germania per possibile manipolazione valutaria. Ovviamente, nel caso della Germania, non si può parlare di manipolazione di cambi. Ma “lanalisi ha fatto notare che la Germania ha creato un surplus commerciale bilaterale significativo con gli Stati Uniti, oltre che certificare che il paese detiene il secondo surplus maggiore al mondo delle partite correnti, che vale l’8,3% del Pil“.

Il problema, spiega Mauldin, è che “la domanda europea e cinese per i prodotti tedeschi è scesa. Il risultato è che la Germania sta inonando gli Stati Uniti con le sue esportazioni per colmare la differenza. Le esportazioni verso gli Usa, tuttavia, sono un cerotto su una ferita ben più profonda. Ci sono infatti altri fattori, a parte le esportazioni, che incidono sull’attuale surplus delle partite correnti”.

E qui si arriva al punto:

“La Germania è diventata un creditore rilevante. I suoi asset stranieri, su base netta, sono cresciuti da quasi a zero negli anni ’90 a circa il 40% del suo Pil entro la fine del 2010, stando all’economista Jorg Bibow. I tassi sui suoi bond sono bassi, e le banche tedesche vengono considerate una sorta di cassaforte dell’Ue dove parcheggiare i propri risparmi. Ma da quando la Germania è diventata creditrice, molti asset presenti nei bilanci tedeschi sono diventati debiti non pagati da parte di altri paesi dell’Eurozona. Ciò significa che la sua economia è profondamente esposta all’Eurozona, che tra l’altro non ha ancora segnato una ripresa significativa dalla crisi del 2008″.

Di solito, prosegue Mauldin:

“il surplus delle partite correnti viene visto come un fattore positivo. Ma se l’economia tedesca ha un surplus pari all’8,3% del Pil, perchè non utilizzare quel surplus per stimolare la domanda interna?”. La risposta è che “Berlino deve o non volere o non essere in grado di usare il surplus per stimolare la domanda interna. E questo, in parte, è perchè la Germania è un creditore e investe all’estero e nelle sue proprie banche e aziende”.

E si arriva alla fine al nocciolo della questione:

“La Germania esporta quasi la metà del suo Pil, ha imposto l’austerità sull’Ue dopo il 2008, decisione che si è tradotta in tassi di disoccupazione stratosferici nel sud dell’Europa”. Di conseguenza, la domanda non è tornata ai livelli precedenti l’esplosione della crisi finanziaria. La Germania è riuscita a schivare la crisi, mentre la maggior parte dell’Europa sta o soffrendo o è ancora a pezzi. Ci sono limiti alla domanda Usa e limiti alla tolleranza degli stessi Stati Uniti verso le esportazioni tedesche”.

Insomma, il tessuto connettivo stesso che sta tenendo in vita l’Unione europea si sta disintegrando, proprio perchè “la logica economica del blocco sta diventando sempre più illogica“.

In tutto questo la Germania rischia di diventare vittima della strategia che essa stessa ha creato con l’introduzione dell’euro.

“La Germania è il motore dell’Ue e la quarta economia del mondo. Ma la verità è che i tedeschi stanno facendo fronte a una profonda crisi, e non c’è modo per prevenirla”.

Quando non ci saranno più quei mercati su cui riversare le sue esportazioni a suo piacimento, i tedeschi saranno costretti a guardare ai fondamentali della loro economia, fortemente lesi dal carico di debiti non rimborsati da parte di quei paesi europei che la loro politica stessa ha portato alla fame.

La verità è figlia del tempo e i tedeschi non potranno nascondere per molto tempo ancora la polvere!


C’E’ DEL MARCIO IN ALEMAGNA! | icebergfinanza
 
Bauboom – il boom dell’edilizia tedesca come negli anni sessanta (di Tanja Rancani)
town-hall.jpg

In questo pezzo di Tanja Rancani, madrelingua tedesca, si spiega l’attual sviluppo del mercato immobiliare tedesco. Personalmente a me l’aumento dei costi di costruzione in modo verticale pone dei problemi di possibile bolla in caso di calo della domanda e di aumento dei costi finanziari, nonostante la KfW dica il contrario. Però io non sono tedesco… (F.L.)



L’edilizia tedesca è alle stelle da anni, la richiesta di spazio residenziale è in costante crescita, specialmente nei segmenti più economici per case e appartamenti in affitto. Di poco meno accentuata è la domanda per spazio commerciale, da capannoni ad uffici fino a negozi e magazzini. Uno dei motivi per questa forte crescita non è solo il mancare di abitazioni e spazio commerciale, ma anche il tasso d’interesse sul €uroBund veramente basso, siamo circa al 0,5% contro i 2,5-3,0% d’interessi sui finanziamenti nel settore immobiliare.

Secondo una ricerca del Handelsblatt, il settore non ha alcuna percezione di rischio di un possibile calo di domanda, nemmeno se salissero gli interessi sulla Bundesanleihe, che drenerebbe investitori più verso il mercato obbligazionario. Il motivo è che gli interessi sono i più bassi dell’Eurozona e anche se salissero lo farebbero in maniera insignificante, inoltre la richiesta è talmente alta e strutturata nel settore residenziale, che un leggero rialzo dei tassi d’interesse non avrebbe alcun effetto sulla domanda.

I prezzi sono veramente alle stelle, un appartamento di 120mq in media ha un prezzo d’affitto di 7.50€/mq, mentre un appartamento mediamente costa 2450€/mq se lo si volesse acquistare, una casa singola invece 1690€/mq, qui il prezzo più basso dipende dalla posizione fuori dei centri di agglomerazione della maggior parte delle case, (fonte: Immobilienwelt)

La famosa rivista elvetica Cash si domanda: non ce il rischio di una bolla speculativa?, Non secondo l’opinione di KfW, banca d’Investimento del settore edile, secondo la quale anche se è vero che ci sono certi eccessi di prezzo qua e là, un leggero sboom della bolla dei prezzi non condurrebbe a delle significanti problematiche macroeconomiche.

Allora cos’è che fa lievitare i prezzi in questa maniera e perché?
I motivi sono molteplici, cominciando dalla richiesta di spazio residenziale anche temporaneo come alloggi per studenti o per lavoratori stagionali e appartamenti economicamente accessibili. L’incentivare l’edilizia residenziale e le agevolazioni sui mutui, hanno fatto salire enormemente la richiesta di edilizia di proprietà, anche tra le fasce medio basse. Il vero tendine d’Achille della questione però è il mancare di terreno edificabile, rafforzato dal fatto che le procedure di autorizzazioni, permessi e concessioni, ma anche delle verifiche e classificazioni, sono veramente estenuanti e burocratiche. Tutto viene rincarato dal fatto della mancanza di mano d’opera qualificata e la mancanza di una vera concorrenza nel settore edile, cosa che allunga i tempi di costruzione e fa aumentare in modo incontrollato prezzi di costruzione.

Secondo la dichiarazione di KfW una saggia politica edilizia dovrebbe tener presente lo sviluppo demografico e concentrare le misure di promozione e incentivazione più sulle aree rurali, onde evitare che con il calare della popolazione, si svuotano i centri minori. Comunque sia, un periodi di boom edilizio di questa dimensione non si era più visto dagli anni sessanta – settanta, quando gli Italiani emigrarono in massa dall’Italia per andare nella ricca Germania, portando con se la propria cultura e tradizione, anche alimentare. A proposito, sapete cosa sono i Spaghetti Bolognése (non è un errore ortografico!)? I nostri spaghetti al ragù, ma non domandatemi perché i tedeschi li chiamano così!

affitti-tedeschi.png
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto