SINIBALDO
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UNA TRA LE PIU' POTENTI BANCHE D'AFFARI AL MONDO CHE MANOVRANO I DESTINI DELL'INTERA UMANITA' ACCUMULANDO
..........."PROFITTI" E DISTRIBUENDO LE............"PERDITE" !!!!!!!!!!!!!!SINIBALDO
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Nel 2005 la banca d'affari Goldmans Sachs - la stessa che si è assicurata il dominio in Italia con Draghi governatore, e presto se lo
assicurerebbe con Prodi premier - è stata la prima nel mondo come «consulente» in fusioni e acquisizioni (m&a).
Ha presieduto a ben 354 accordi di fusione tra aziende, o ad «assalti» ostili di un'azienda contro un'altra, di solito concorrente: è suo il 30 % di questo mercato.
Il valore di questi accordi è stato di 848 miliardi di dollari.
Seguono in questa specifica classifica Morgan Stanley (353 fusioni, 720 miliardi di dollari) JPMorgan-Chase, Merrill Lynch, Citigroup:
tutte corazzate finanziarie americane.
Solo il sesto e ottavo posto vedono due entità in qualche modo europee (ammesso e non concesso che il capitale finanziario abbia un colore nazionale), UBS e Deutsche Bank.
Nel complesso, le fusioni-acquisizioni nel mondo sono cresciute del 40% in valore: e sul valore (2.900 miliardi di dollari) Goldman Sachs e le altre si sono ritagliate grasse commissioni:
le loro casseforti traboccano di profitti, forse sui 300 miliardi di dollari.
Esaltate dai media finanziari, le fusioni-acquisizioni sono un sintomo patologico del capitalismo terminale.
Aziende strapiene di denaro che non sanno più come investire, lo «investono» per mangiarsi aziende concorrenti magari più snelle e migliori, ma più piccole e temporaneamente indebitate:
insomma puntano a diventare monopoli.
Così la Procter & Gamble ha ingoiato la Gillette (per 58 miliardi di dollari),
la Conoco la Burlington Resources (35 miliardi),
la Telefonica spagnola la concorrente O2 (32 miliardi),
la Pernod ha acquisito la Domecq.
Queste operazioni non ampliano né rendono più efficiente il cosiddetto «libero mercato».
Al contrario, lo riducono e lo distruggono.
Spiace dirlo, ma è ciò che aveva previsto Marx.
Un'andata di acquisizioni rivela anche un altro sintomo odioso: sono gli eccessi di profitto che danno alle aziende i mezzi per inglobare le concorrenti.
Lo dice il fatto che le m&a del 2005 sono state fatte usando liquidità per il 71 % del valore, ossia denaro in eccesso nella casse delle aziende assaltatrici.
Ancora una volta detesto usare un frasario marxista, ma bisogna dirlo: è denaro rubato ai lavoratori.
Negli ultimi anni, i profitti del capitale sono cresciuti enormemente, mentre le retribuzioni sono scese in tutto il mondo occidentale in termini reali, di fatto trasferendo i posti di lavoro nei paesi a bassissimi salari, come Cina e India.
Il lavoro non è stato retribuito abbastanza, mentre il capitale si è retribuito troppo.
Ma è anche vero che molte m&a sono state fatte col debito.
Alleanza occasionali o istituzionali di finanzieri d'assalto («private equity groups») raccolgono fondi in tutti i modi, e assaltano un'impresa, spesso con una visione speculativa a breve:
l'impresa acquisita viene smembrata nei suoi settori e rivenduta a pezzi, e queste vendite pagano i debiti contratti dai compratori.
Questo tipo di operazioni, o meglio saccheggi, sono resi possibili dai tassi d'interesse bassissimi (il «capitale» dei piccoli risparmiatori infatti non è
ben retribuito: colpiti nei salari, siamo colpiti anche nei risparmi, che dobbiamo prestare per niente).
E per il 2006, commenta Richard Campbell-Breeden, dirigente della Goldman Sachs, «gli sponsor dei private equity groups resteranno la
forza trainante in Europa, poiché dispongono - se i mercati del credito restano benigni - di oltre 60 miliardi di euro non ancora impegnati».
Il credito «benigno» significa facilità di prendere denaro a prestito quasi gratis, come oggi.
Il resto addita il programma della Goldman Sachs per l'Europa: altre fusioni, altri assalti, al solo scopo di incassare commissioni.
Infatti non sempre le fusioni-acquisizioni sono successi, anche dal punto di vista finanziario.
L'ultima ondata di m&a avvenne al termine della bolla speculativa sulle «dot.com», aziende dei settori telecom-internet, che spesso non
avevano dentro nulla oltre il loro nome, acquisite a prezzi astronomicamente inflazionati:
il peso dell'indebitamento acceso per l'acquisto ha rovinato parecchi acquirenti.
Ma Goldman Sachs e compagne incoraggiano (istigano) alle fusioni, perché loro - comunque poi vada l'affare - ci guadagnano sempre.
E' così che guadagnano: di rado partecipano al rischio, in genere si fanno pagare per la «consulenza» (bancaria, legale, di emissione prestiti) cifre colossali a percentuale sui fatturati.
Ecco cosa vuol fare la Goldman in Italia; ed ecco perché ha bisogno dello sguardo benevolo dei suoi ex dipendenti, Draghi e Prodi, oltrechè di Mario Monti, suo attuale dipendente e fino a ieri commissario alla concorrenza.
Perché in Francia, per esempio, le grandi manovre di saccheggio hanno trovato un ostacolo nello Stato.
In luglio, il governo francese ha difeso con tutte le forze il Gruppo Danone su cui la PepsiCo stava preparando a balzare con un'acquisizione ostile.
Un mese dopo, la Francia ha stilato e pubblicato una lista di settori economici che programmaticamente proteggerà da assalti provenienti dall'estero: dalla biotecnologia alla sicurezza e difesa, fino ai casinò.
Questa è buona politica sovrana.
Prodi e Draghi, siamo sicuri, non seguiranno l'esempio.(di M.Blondet)
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SINIBALDO