Fondazioni, sta finendo la benzina
La crisi dei Bot penalizza anche gli enti, ora in difficoltà
a seguire le ricapitalizzazioni delle aziende di credito
I bilanci. Il valore delle azioni e i crolli di Borsa
Fondazioni, sta finendo la benzina
La crisi dei Bot penalizza anche gli enti, ora in difficoltà
a seguire le ricapitalizzazioni delle aziende di credito
Il crollo delle banche in Borsa sta trascinando nel gorgo molte fondazioni di origine bancaria. Si tratta di un fenomeno assai preoccupante, ancorché poco se ne parli. Nella prima fase della crisi finanziaria internazionale, seguita al crac Lehman, le fondazioni avevano dato un contributo essenziale alla stabilità del sistema del credito, sottoscrivendo aumenti di capitale d’emergenza, anche oltre le quote di competenza, in Unicredit e garantendo di poterlo fare altrove come poi è accaduto in Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi. Negli annali dell' Acri, l'associazione delle fondazioni, resta l’invito del presidente Giuseppe Guzzetti al governo a non insistere con i Tremonti bond: le banche, sostenute dalle fondazioni, se la sarebbero cavata da sole. Forse anche per questo un pubblico riconoscimento era stato tributato alle fondazioni dalla Banca d’Italia, nonostante la cultura del governatore Mario Draghi sia lontana da quella, prevalentemente cattolica e nazionale, di queste istituzioni. Ma alla fine di quest’estate drammatica, i margini per fare da architrave al sistema si vanno riducendo a vista d’occhio. Non è ancora detto che il disastro si compia. Le quotazioni delle banche italiane risentono pesantemente della crisi di fiducia sui titoli di Stato, che posseggono in non modica quantità, e questa crisi di fiducia potrebbe essere contenuta, e forse parzialmente ribaltata, da un governo diverso, più credibile di fronte ai mercati. Ma al momento il governo è quello che è. E i numeri fanno impressione. E dai numeri bisogna partire, come sempre ricordava ai chiacchieroni Raffaele Mattioli, il banchiere che riscattò la grande Comit dal tracollo degli anni Trenta.
Si salvano in due
I bilanci ufficiali e completi dell’anno in corso si faranno nella primavera del 2012. Un’era geologica più in là, verrebbe da dire. E tuttavia già adesso si vede quanto pesante sia l’impatto dei funesti mesi di agosto e settembre sugli stati patrimoniali. Il
CorrierEconomia lo ha calcolato nelle 12 fondazioni maggiori limitandosi ai valori delle banche conferitarie, come si chiamano in gergo le aziende bancarie estratte dalle casse di risparmio, dai Monti di pietà e dagli istituti di diritto pubblico che, nell’occasione, assunsero la veste giuridica di fondazioni secondo la legge Amato-Carli del 1990. Nelle banche conferitarie, infatti, le fondazioni conservano partecipazioni quasi sempre non più rilevanti, se singolarmente prese, a causa delle fusioni bancarie nel frattempo intervenute, ma spesso rilevantissime nell’equilibrio del proprio portafoglio di investimenti.
La
tabella parla da sé. Delle 12 fondazioni, solo due stanno ancora bene: la Carimonte Holding, cui la Fondazione Carimodena e la Fondazione del Monte di Bologna avevano conferito le loro quote di Rolo Banca ora in Unicredit, e la Fondazione Carige, per quanto la gestione dei Berneschi sia di quando in quando discussa. Tutte le altre hanno a libro le partecipazioni nelle loro vecchie banche a cifre ormai lontane dalla realtà.
Chi soffre di più
La situazione peggiore emerge alla Fondazione Cariverona, presieduta da Paolo Biasi, che registra una minusvalenza teorica dell’80% su Unicredit, di cui è il primo azionista italiano. Segue, con una
minus teorica del 75%, la Fondazione Roma di Emmanuele Emanuele, erede dell’antica Cassa di risparmio della capitale che, gerente Cesare Geronzi, assorbì il Banco di Santo Spirito e il Banco di Roma e poi la Bipop- Carire per consegnare il tutto a Unicredit. A ruota, con una perdita teorica del 74%, la Fondazione Caricuneo: ceduta la Banca Regionale Europea alla Banca San Paolo di Brescia, poi confluita in Ubi, oggi la fondazione presieduta da Ezio Falco ha il 2%, ma un solo voto, perché Ubi è una popolare. In questa classifica del segno meno vengono poi, nell’ordine, le fondazioni Crt (58%, presidente Andrea Comba), Mps (57%, Lionello Mancini), Compagnia di Sanpaolo (56%, Angelo Benessia), Cariplo (50, Giuseppe Guzzetti), Cariparo (49%, Antonio Finotti), Carifirenze (43%, Michele Gremigni) a Carisbo (27% Fabio Roversi Monaco).