Il fenomeno si è sviluppato soprattutto in Gran Bretagna dove operano addirittura in maniera semi ufficiale corti e tribunali della sharia.
In Italia e altrove questo non c’è ma non è infrequente imbattersi in richieste di “riconoscimenti” di situazioni di fatto.
E non è purtroppo infrequente incontrare nelle cronache singoli o istituzioni che confondono il rispetto per la molteplicità delle culture con una soggezione alla cultura meno tollerante.
Ad esempio quei presidi che a Natale evitano il presepio perché…offende(?!).
A tutta questa deriva, legislativa e di costume, a tutti coloro che di fatto ritengono i diritti civili una subordinata da declinare secondo e a misura della propria cultura e tradizione e fede, la sentenza della Corte Europea dei diritti umani ricorda che i diritti civili della cultura europea non sono malleabili, trattabili, suscettibili di omissione perché altra cultura, tradizione o religione non li tollera.
La sentenza ricorda a tutti noi, specialmente i non terrorizzati dall’immigrazione i non xenofobi, che i nostri padri, nonni, bisnonni e avi ci hanno messo secoli di lotte e di sangue a conquistare per noi il diritto a essere cittadini di uno Stato che lascia libere tutte le fedi ma non costringe nessuno ad abbracciare quella di Stato.
Secoli di lotte e di sangue per avere un diritto di civiltà che non è pari a quello della teocrazia, dello Stato religione.
Secoli di lotte e di sangue per avere le donne il diritto a non essere proprietà del maschio, diritto che non è pari a quello del maschio di possederle.
Una buona, rinfrancante, ottima sentenza.