LA PRIGIONE PIU' DIFFICILE DA CUI EVADERE E' LA PROPRIO MENTE (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Nominiamo Luca Palamara ministro di Grazia e giustizia.

Perché? Per due ragioni che prima enuncio e poi spiego.

Enuncio.
Perché è innocente di ogni addebito: prima ragione.
Perché è l’unico e solo che possa mettere mano al pirotecnico pianeta giudiziario
ricollocandolo nel solco del dettato costituzionale: seconda ragione.


Spiego la prima ragione.
Innanzitutto, la grave accusa di corruzione mossa contro Palamara dalla Procura di Perugia è caduta quasi subito,
essendo stati gli stessi pubblici ministeri a chiederne l’archiviazione dopo qualche accertamento.

Lo dico per chi non lo sapesse: questo non capita mai o quasi mai, in quanto i pubblici ministeri
cercano di supportare l’ipotesi accusatoria in ogni modo prima di arrendersi e di solito vanno avanti fino alla fine.

Il fatto che invece nel caso di Palamara si siano arresi così presto
dimostra la infondatezza dell’accusa di corruzione oltre ogni ragionevole dubbio.


Palamara, dunque, accusato di corruzione e mostrato in pubblico come corrotto
da giornali e televisioni per settimane, non è corrotto: è del tutto innocente.


Si noti, en passant, che se non fosse stata mossa l’accusa di corruzione,
la Procura non sarebbe stata legittimata ad usare il trojan quale mezzo investigativo molto invasivo:
in proposito, è perciò interessante notare come tale accusa fosse a tal segno fragile da cadere subito.


Ciascuno ne tragga le conclusioni che crede.


Inoltre, in uno Stato di diritto – quale il nostro non è per endemica mancanza fra i governanti del senso del diritto –
ne verrebbe che, caduta l’accusa che diede luogo alla possibilità di usare quel mezzo investigativo del tutto eccezionale
(appunto, la corruzione) dovrebbe venirne, per coerenza processuale la inutilizzabilità delle dichiarazioni così raccolte:
ma queste conclusioni son troppo raffinate per i giuristi che siedono in Parlamento e mi pento perciò perfino di avervi accennato.


Mi pare poi che l’accusa ulteriore che sta per essere formalizzata sia quella, nientemeno, che di attentato agli organi costituzionali.

Se è così, dico subito che si tratta di un’accusa del tutto priva di fondamento.

Per integrare questa fattispecie delittuosa, infatti, la legge pretende che vi sia uso di violenza o fisica o psicologica
e che in questo caso sia tale da annullare la volontà del soggetto passivo, che sia titolare delle funzioni costituzionali
(Capo del Governo, Capo dello Stato, presidenti delle Camere ecc.).


Nel caso in specie, non mi pare che Palamara abbia sparato o preso a ceffoni qualcuno di tali soggetti
e neppure che ne abbia coartato la volontà fino ad annullarla;
e che neppure ciò abbia fatto nei confronti dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura o del suo vicepresidente.


Pensare questo è soltanto ridicolo: egli sarà prosciolto del tutto.

Non sono un indovino che vede il futuro nella sfera di cristallo, ma solo uno che cerca di ragionare
e che, a volte, ci riesce, illudendosi peraltro che anche gli altri vogliano fare lo stesso.


Il vero è che andavano tutti concordemente a fare ciò che facevano con Palamara,
prima di lui e dopo di lui e anche senza di lui.

Come Palamara, insomma, molti altri capi corrente, responsabili di giunte,
sottogiunte, consigli e sottoconsigli: tutti insieme appassionatamente.



Spiego la seconda ragione, in virtù della quale Palamara dovrebbe sedere a via Arenula.


Semplicemente perché nessuno come lui e meglio di lui conosce i meccanismi del correntismo giudiziario
del quale è stato protagonista e perciò nessuno come lui e meglio di lui sarà capace di escogitare i sistemi per neutralizzarlo.


E che sia già così si vede dalle interviste da lui rilasciate in questi giorni,
nelle quali egli ha tracciato le linee fondamentali di una riforma tanto radicale, quanto indifferibile:

separazione delle carriere fra pubblici ministeri – da lui definiti autentici rais senza controllo – e giudici;

due diversi e separati Consigli Superiori per gli uni e per gli altri;

rifondazione della Associazione Nazionale Magistrati, dandola in gestione
solo a chi non abbia fatto parte delle correnti, il che vale scioglimento di queste.


Insomma, Palamara ha le idee chiarissime e sa bene cosa occorra per ricondurre una politicizzazione della magistratura
ormai intollerabile all’interno delle regole costituzionali e sa pure – e lo ha espressamente dichiarato –
che le annunciate riforme di Alfonso Bonafede sono meno che nulla, una sorta di ammuina istituzionale ormai insopportabile.



Chi dunque potrebbe svolgere il ruolo di ministro di Grazia e Giustizia, soprattutto per varare così urgenti riforme, meglio di lui?


Lo ripeto: questa proposta muove dalle considerazioni sopra esposte ed è qui formulata in tutta serietà.


Di nulla Palamara è colpevole, se non di ciò di cui tutti i suoi colleghi capicorrente son egualmente colpevoli.
 

Val

Torniamo alla LIRA
In un dibattito televisivo, svoltosi sulla Rai da Lucia Annunziata, insieme al virologo Andrea Crisanti,
il professor Alberto Zangrillo si è dimostrato ancora una volta un fiero paladino del buon senso e della ragionevolezza,
ovviamente fondati su una montagna di evidenze empiriche e scientifiche che i catastrofisti fanno sempre più fatica ad oscurare.


In particolare, in merito all’ultimo rifugio del terrore di massa a cui si appiglia il partito unico del virus,
il prorettore del San Raffaele ha pronunciato parole inequivocabili:

Io ho una visione clinica diretta, un po’ di disorientamento si crea quando si parla di ‘228 casi oggi in Italia’.
Non sono malati, non dobbiamo confondere e allarmare a caso.
Il fatto che l’Italia sia ripartita per un terzo equivale per me ad una gravissima malattia in corso.
In questo momento il Paese è malato di inedia e disperazione: i malati muoiono di cancro, di infarto, hanno paura di venire in ospedale.
Non confondiamo il contagiato con il malato. Ci sono 3 scenari: può non succedere nulla, può esserci la Spagnola, può esserci qualche focolaio da controllare. Metterei una fiche su quest’ultima ipotesi e noi siamo pronti, quindi dobbiamo tornare a vivere”.


A tutto questo Crisanti, illustre esponente della linea delle precauzioni a oltranza,
non ha avuto molto da contrapporre, dal momento che i numeri e i riscontri ospedalieri,
che raccontano della pressoché totale assenza di nuovi ricoveri,
da oltre due mesi sembrano andare tutti nella direzione indicata da Zangrillo,
il quale ha parlato di omoplasia in merito al Covid-19.

Ossia della capacità, teorizzata all’inizio di questa emergenza anche da tanti attuali improvvisati Savonarola della medicina,
di adattarsi all’ospite umano in una forma per noi assolutamente benigna, così come accaduto ai 4 coronavirus
che già da tempo sono in circolazione nelle nostre società.



D’altro canto, se il Paese nel suo complesso non inizia a scrollarsi rapidamente di dosso la zavorra terrorizzante,
la quale ha prodotto una inverosimile quantità di lacci e lacciuoli sotto forma di assurdi protocolli,
che rallenta non poco la ripresa delle nostre normali attività in tutti i campi, in primis quello economico,
vi saranno gravissime ripercussioni.

In questo senso Zangrillo fa benissimo a sottolineare i rischi di una fase prolungata
in cui il motore dell’Italia va avanti a mezzo servizio, per così dire.


Da questo punto di vista le responsabilità del Governo sono enormi,
e si ingigantiscono man mano che restiamo ancorati ad una fase emergenziale che non avrebbe più alcuna ragione di esistere.

La qual cosa continua a produrre danni incalcolabili, diffondendo a livello popolare
in particolare presso la gran massa di entusiasti che hanno fatto della lotta al coronavirus una sorta di religione salvifica
la pericolosa illusione secondo cui la “nuova normalità” prospettata dai geni del comitato di salute pubblica
non modificherà di una virgola il loro tenore di vita.

Tuttavia, a meno di non ricevere un colossale e duraturo trasferimento di risorse a fondo perduto da parte dell’Europa,
il combinato disposto di un forte aumento dell’indebitamento pubblico, compreso quello del settore privato,
e del crollo verticale del Pil, il quale con questi chiari di luna si prospetta ampiamente a due cifre,
ci farà sprofondare in una condizione drammatica.

E se per adesso è solo grazie alla Bce che restiamo finanziariamente a galla,
grazie ad un massiccio acquisto di titoli del Tesoro, non possiamo contarci in eterno.

Come diceva la compianta Lady di Ferro, prima o poi i soldi degli altri finiscono,
compresi quelli che si stampano a Francoforte, ed allora si che saranno guai; ma guai veramente seri.
 

Val

Torniamo alla LIRA
L’aspetto più singolare della vicenda dei vitalizi è che a cavalcare la battaglia demagogica
per cancellare del tutto i privilegi fissati in passato a vantaggio dei parlamentari
sono quelli che più temono di poter perdere lo status ed i relativi benefici
della condizione di rappresentanti del popolo in Parlamento.

Un paradosso per cui la più radicale avversione alla casta politica viene espressa da coloro che,
pur essendone ormai diventati esponenti, cavalcano la tesi demagogica dell’inutilità,
del costo e della pericolosità del professionismo politico.

E sono ora i più ferocemente incollati ai propri scranni, pronti a qualsiasi sforzo o manovra
al fine di evitare un ricorso alle elezioni anticipate che condannerebbe molti di loro a tornare alle proprie occupazioni di normali cittadini.


Il paradosso non vive soltanto grazie agli esponenti del Movimento Cinque Stelle.

A manifestare una contraddizione così stridente sono gran parte di quei parlamentari della maggioranza tra i quali,
anche alla luce del prossimo referendum sul taglio dei deputati e senatori, è radicata la certezza
che in caso di caduta del governo e di elezioni anticipate non avrebbero alcuna possibilità di rientrare a Montecitorio ed a Palazzo Madama.

La massima compattezza alla maggioranza governativa si tiene e si cementa su questo spettro.

Nessun parlamentare ammetterà mai che l’interesse personale muove sempre le scelte politiche
ma tutti sono perfettamente consapevoli che senza sacrificio del generalizzato tornaconto personale
la sorte del Governo di Giuseppe Conte sarebbe già stata segnata da tempo.


Il pregiudizio ideologico antiparlamentare, in sostanza, è diventato nel tempo un fattore politico di primaria importanza.

E porta con sé lo spettacolo inverecondo, sempre a beneficio di telecamere, di chi predica bene e razzola male
e sostiene un governo ormai incapace di affrontare i gravissimi problemi che gravano sul paese
perseverando in un’azione denigratoria della rappresentanza parlamentare che minaccia la tenuta delle istituzioni della Repubblica.


Gli anti-casta sono i più strenui difensori della casta.

Ma solo a condizione che, e se, la casta in questione sia la loro!
 

Val

Torniamo alla LIRA
Non bastavano i “SegWay”, quei trabiccoli elettrici in mano, anzi sotto ai piedi dei turisti
che sino a qualche mese fa affollavano Roma, ad essere un’ennesima fonte di pericolo,
sia per chi ne è alla guida sia per coloro che gli stanno intorno.

È notizia recente che la “biga elettrica” andrà fuori produzione.


Adesso, chissà poi per quale oscuro motivo, anche se qualche sospetto mi indurrebbe a pensar male
e quindi – come sosteneva la buonanima di Giulio Andreotti – forse a far peccato ma quasi certamente a indovinare
la ragione occulta di tale scelta, adesso le strade e i marciapiedi della Capitale sono ingombrati da monopattini elettrici a noleggio.

Così il pericolo dei silenziosi utenti degli stessi, peggiore ancora dei già temibili SegWay, si è espanso a macchia d’olio per tutta l’Urbe.

Già i primi incidenti sono stati registrati anche perché qualcuno, illudendosi di essere un ingegnere collaudatore della Nasa
sulla pista di Salt Lake City, non ha tenuto conto che le strade romane sono spesso alquanto dissestate e,
soprattutto che il “sampietrino” è subdolo e non perdona.


Già a nostro tempo ci domandammo, con l’amico architetto di chiara fama Ettore Maria Mazzola,
quale oscuro dèmone spingesse alla follia di salire su quegli aggeggi infernali dei SegWay
– capaci di ben 20 km orari in piena velocità, che non sono pochi se si pensa a dove vengono utilizzati –
molti dei turisti in giro per Roma, ma oggi la fatidica domanda si ripropone moltiplicata per mille
visto l’enorme presenza di questi nuovi ordigni su due ruote.


Certo, hanno in questo una gran parte di concorso di colpa la pigrizia dei cittadini (più ancora che dei visitatori),
nel non voler usare i propri piedi, adesso favorita dalla scusa sempre più irreale del “contagio” e quindi del distanziamento sociale.

Inoltre la pericolosità del carabattolo semovente, è incrementata dal fatto che essendo elettrico è silenzioso,
quindi si avvicina inaudito e allora è troppo tardi… o lo si evita o ci si ritrova, in due, al traumatologico.

A questi monopattini presto si affiancheranno gli scooter elettrici, con il sicuro risultato d’intasare ancor di più
il già oberato sistema di viabilità dell’intera città.

Il decoro urbano quindi, la tanto vantata “grande bellezza” di Roma, certo non viene sostenuto – e men che meno migliorato –
dalle file di monopattini parcheggiati lungo i marciapiedi, anche a poca distanza dai monumenti,
che di fatto trasformano le vie cittadine in veri e propri depositi di bicicli attraverso i quali il pedone
deve farsi strada con circonvoluzioni ardite e piroette degne di una star del balletto russo di San Pietroburgo,
per tacere di quelli che vengono abbandonati a terra, rovesciati come carcasse d’animali postmoderni
senza alcun rispetto né per il prossimo né per ciò che si ha intorno.


Però ancora persiste il folle quanto incomprensibile divieto di sedersi sulla scalinata di Piazza di Spagna

Ah già, scusate, avete ragione, dimenticavo il distanziamento sociale…
 

Val

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Val

Torniamo alla LIRA
Dopo l’intervento della Merkel con l’ordine esplicito di “Prendere il MES e tacere”,
in modo da non disturbare il manovratore sul Recovery Fund che serve all’industria franco-tedesca,
il PD obbediente è scattato all’assalto seguendo le orme del “Fido alleato Galezzo Musolesi”
da San Giovanni in Persiceto (se non sapete chi è fate una rapida ricerca su google..).

Ora il problema è però pressante: il MES, anche quello di carattere sanitario,
il cosiddetto light che dovrebbe fornirci 36 miliardi, è comunque

un prestito, decennale, e come tale presenta alcuni problemi:

  • il MES come strumento contiene implicito il controllo sul bilancio dello Stato, o da parte del “Semestre europeo”, cioè della commissione,
  • o da parte del board MES stesso, se non altro per essere sicuri di riottenere indietro i soldi che, allo stato attuale, non è stato ancora modificato.

  • Dato che si tratta di clausole previste dal TFEU e dallo statuto del MES c’è un bel dire che “Non verranno applicate”.

  • Sino a quando non saranno cancellate queste norme saranno presenti e potenzialmente applicabili, ad esempio, fra 10 anni;

  • poi sono prestiti.

  • I prestiti si prendono non a prescindere, ma con la finalità di fare qualcosa.

  • Cosa ?

  • Questa cosa che si vuole fare può essere ripagata in 10′ anni?

  • Perchè se no, ci si troverà in mano al CDA del MES stesso che, ricordiamolo, è una istituzione privatistica con sede in Lussemburgo.

  • Vogliamo proprio metterci mani e piedi nelle mani di un ente privato?

  • Come è possibile raggiungere le finalità pubbliche di uno stato mettendosi finanziarimente in mano ad un ente privato?

Perché con il MES non si possono finanziare spese correnti, ma solo spese di investimento che abbiano la capacità,
in qualche modo (tramite tasse, pagamenti diretti, etc) di essere ripagate nel corso della vita del prestito stesso.


Mentre noi possiamo rinnovare e gestire le dorate medie del debito nazionale,
nel caso del MES tutto questo deve essere trattato con un ente esterno che può, anche giustamente, può fare un po’ quello che vuole.


Si sente dire che con i soldi del MES “Potremo aprire molti ospedali”.

La giusta domanda dovrebbe essere… perché non lo abbiamo ancora fatto?

Se gli ospedali sono necessari perché non sono stati finanziati con l’utilizzo dei BTP
ed una differenza risibile, dell’uno e rotti per cento, per cui la domanda è se VERAMENTE
si vogliono costruire degli ospedali oppure se questi sono solo il pretesto, veramente sporco e vile, per mettersi la troika in casa.


Tra l’altro mentre i BTP
li gestiamo noi,
li guidiamo noi,
nelle emissioni,
li rinnoviamo noi senza dover dire niente a nulla o a nessuno
se non ai risparmiatori,
o alle banche commerciali
o centrali che li comprano,

qui abbiamo un grosso solo ente con cui trattare, con un potere assoluto, che può dirci anche no, o imporci condizioni capestro.

Cosa facciamo allora, cediamo al MES gli ospedali costruiti?


Siamo Seri una volta tanto.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Vi presentiamo qui un’intervista molto interessante ad Alberto Bagnai
dove viene presentato il problema di fondo del MES che il PD ed il governo fanno finta di nascondere.

 

Val

Torniamo alla LIRA
Gli mando mia nonna......faceva un gatto in salmì che pareva un coniglio ........

Comincia così la scena choc a cui in diversi hanno assistito:
un uomo, un immigrato, che dopo aver ucciso un gatto lo cucina per mangiarlo.

Una donna si avvicina e chiede cosa l'uomo stia facendo.

Si scaglia contro di lui, pronuncia parole di fuoco:

"Ti faccio arrestare, da noi i gatti non si cucinano".

"Non ho soldi", avrebbe risposto l'uomo.

"I soldi ce li hai, vedo che hai le sigarette, i soldi per quelli ce li hai".


L'immigrato non si cura di lei ma continua a cucinare la carcassa del gatto. Ormai carbonizzato.

Un'altra persona intanto riprende con il telefonino tutta la scena. Negli occhi l'orrore.

Ce n'è abbastanza per chiamare immediatamente i carabinieri, che arrivano e verificano quanto sta accadendo.


L'uomo viene portato in caserma.

Si verifica la regolarità della sua permanenza sul suolo italiano, mentre scatta per lui la denuncia
secondo l'articolo 544 bis del codice penale, applicato verso chi uccide animali "per crudeltà o senza necessità".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Meryem Ghannam (leader delle sardine di Pontedera) afferma di non condividere il gesto, ma di "capire" l'immigrato-chef.

Colpa del Covid se s'è trovato a uccidere una bestiola di fronte alla stazione,
se ha acceso un fuoco sul marciapiede (si può fare?) e poi ha cotto il micio sotto gli occhi inorriditi dei passanti.

"Sono vegetariana da 16 anni e non condivido il gesto però lo capisco. Non mi scandalizzerei più di tanto.
Questa emergenza ha gravato sulle entrate di molte famiglie. Non mi meraviglio se una persona presa dalla fame
e all'esasperazione cucinasse il primo animale che si trova davanti. Si chiama istinto di sopravvivenza.
Se avesse avuto scelta, sicuramente sarebbe andato in un supermercato e avrebbe comprato del cibo salutare
come ogni altra persona anziché rischiare di essere infetto da chissà quali malattie l'animale si porta addosso".
...........
Strano.
A me sembra che ai signori (clandestini) il covid abbia fatto un baffo, perchè hanno mangiato e mangiano
tutti i giorni, almeno 2 volte al giorno. Azzz. vorrei vedere se l'avessi fatto io.......
 

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