La riforma del MES

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Il veleno del MES
Domani votano per il MES. Anzi no: per conferire a Conte un ampio mandato di andare a prendere i soldi in Europa, come ci tiene a girare la frittata Luigi Di Maio. “Giratori di frittate” dovrebbe essere il titolo di una nuova serie su Rieducational Channel, alla Corrado Guzzanti.

Il MES non serve a niente in termini numerico-economici, ma serve eccome in termini anti-democratici. Serve alle oligarchie europee per stringere nelle mani le palle di un intero popolo e renderlo poi docile e condiscendente. Casomai non tutti fossero d’accordo con le regole di austerità, con le privatizzazioni, con i tagli e con tutte le altre simpatiche ricette dell’Unione Europea, dopo la richiesta ufficiale del nostro Paese di accesso ai fondi al MES le cavallette di A Bug’s Life potranno estorcere con successo ogni forma di decima sul raccolto degli italiani, e nessuno potrà più dire niente.

Il debito pubblico
C’è un’alternativa? “Cerrrrrto che c’è“, come direbbe Ezio Greggio. Si chiama Stato, il quale in un mondo normale finanzia la spesa pubblica attraverso l’emissione di Titoli di Stato (Bot, Btp ecc).

Ehhhh… ma quello è debito pubblico, Messora: il debito pubblico è brutto, sporco e cattivo! Vuoi rovinarci tutti?“. Non fa niente che sono almeno dieci anni che gente come Bagnai, Borghi, Barnard, tutti i ragazzi della MMT e tanti altri valorosi testoni cocciuti come i muli, pur non centrando assolutamente nulla l’uno con l’altro e anzi molti aborrendosi a vicenda, tentano però, ognuno con i propri mezzi e la propria specificità, di spiegare una cosa semplice: il debito pubblico non è per forza il male. C’è molto, molto di peggio… Molto! Provo a rispiegarlo anche io, allora. Non si sa mai che a forza di dai e dai

Dunque, gli internazionalisti delle sinistre, poi divenuti “europeisti”, quelli che i soldi fanno schifo ma i finanziamenti delle banche li prendono eccome (i Max Warburg che finanziavano l’Unione Paneuropea di Kalergi molto prima che il Partito Democratico si desse questo nome – democratico – che rappresenta la più eclatante delle fake news), giocando sporco come solo loro sanno fare, dal divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia in poi (1981) hanno fatto leva sulla prima delle due parole: debito. Andiamo, nell’immaginario comune “debito” è una cosa brutta: significa che devi restituire dei soldi, e siccome di solito non li hai, significa gente che ti viene a spezzare le gambe, che ti pignora la casa, che ti riduce sul lastrico e così via. E giù di retorica sui bambini che nascono già con 36mila euro di debito a testa, come abbiamo spiegato in questa pillola.

Quello che non dicono, questi autentici nemici del popolo, è che il debito pubblico, per uno Stato, non ha assolutamente lo stesso significato che avrebbe per una famiglia o per un individuo. Facciamo un esempio.

La verità sul debito pubblico
Ci sono quattro fratelli. Ognuno di loro ha moglie e figli e, risparmiando, ha messo da parte 100 mila euro. Adesso però le cose non vanno tanto bene: con il loro lavoro non guadagnano tanto bene, c’è la crisi etc…. Allora decidono di mettersi in proprio e occuparsi di un’attività in cui lavoreranno tutti e quattro. Fondano una società, o un’associazione, o una cooperativa (la forma è ininfluente ai fini della parabola), ed ognuno di loro mette nella cassa comune la metà di quello che possiede: 50 mila euro.

Cosa succede adesso? Succede che la società, appena creata, ha un debito nei confronti dei suoi soci, i quattro fratelli, e questo debito ammonta a 200 mila euro. I quattro fratelli hanno molti meno soldi in banca, ma adesso hanno un lavoro e soprattutto hanno fatto un investimento: hanno creato un’attività che si occupa di costruire mobili (ad esempio). L’attività funziona, e attraverso il loro lavoro (e con i 200 mila euro), produce fatturato e un plusvalore che alla fine dell’anno i quattro fratelli potranno capitalizzare sotto forma di dividendi, oppure reinvestire nella società, aumentandone così il valore. La società infatti si doterà di una sede, spazi adibiti alla produzione, macchinari, personale, e tutto questo varrà molto di più dei 200 mila euro conferiti inizialmente.

Ora seguitemi: possiamo dire che il finanziamento soci, conferito dai quattro fratelli, sia un male perché rappresenta un debito che la società ha nei loro confronti? Certo: la società potrebbe deliberare di restituirli, se volesse. Ma quel debito, per i quattro fratelli, rappresenta un male o un bene? Credo che tutti saremmo d’accordo nel dire che ognuno dei quattro fratelli, possedendo quota parte di quel debito, non si sia affatto indebitato, ma al contrario si sia arricchito! Cioè, fintanto che la società funziona e produce ricavi, il debito sociale rappresenta la ricchezza dei suoi soci. E perché si fa una società: per arricchire lei in quanto soggetto giuridico, o per realizzare ricchezza per i suoi soci? La risposta appare scontata.

Ora, se al posto dei quattro fratelli mettete i cittadini, e al posto della società mettete lo Stato, ecco che forse iniziamo a capire come il debito pubblico sia in realtà una ricchezza per i cittadini. Innanzitutto perché lo Stato con quel debito ci finanzia la spesa pubblica: costruisce ospedali (e servirebbero, oggi, no?), autostrade, scuole, produce servizi, e già questa è una ricchezza che resta nelle mani dei nostri figli (la società invece solo marginalmente produce direttamente qualcosa che i soci possono utilizzare per sé), e poi perché chi investe nel debito pubblico, comprando titoli di stato, se va male conserva il valore dei soldi che ha investito, sottraendoli al rischio della svalutazione, e se va bene ci guadagna anche su qualcosa.

Debito pubblico: a cosa fare attenzione
Certo, ci sono due cose che potrebbero andare male. La prima: se la società del nostro esempio fallisse, i quattro fratelli perderebbero tutto. È certamente vero, e qui entra in gioco il valore del lavoro e dell’impegno comune che ognuno di noi, in quanto appartenente (socio) a una comunità, deve profondere nelle cose che fa ogni giorno (come per altro prescrive la Costituzione italiana), ma non va dimenticato che uno stato, oggi come oggi, non può fallire. Non se ha una moneta sovrana e se possiede risorse, competenze e strutture per mettersi sul mercato in maniera competitiva (e l’Italia da questo punto di vista non ha nulla da invidiare a nessuno, avendo già dimostrato a tutti, dal dopoguerra in avanti, di cosa è capace). E anche se uno stato non ha una moneta sovrana, la storia finanziaria degli ultimi anni dovrebbe averci insegnato che è interesse collettivo mettere in piedi tutta una serie di meccanismi di salvataggio a priori, alcuni costituiti addirittura da semplici (ma non banali) strategie di comunicazione (pensate al Whatever it takes di Mario Draghi) proprio per scongiurare tale rischio: oggi al fallimento di uno stato, che produce effetti a catena imprevedibili, si preferisce il suo finanziamento assistito da condizionalità, che rappresentano e sostituiscono a tutti gli effetti una cessione di sovranità ad una potenza straniera. Certo, non è auspicabile, tuttavia vivere è pericoloso: si rischia la morte. Ma non per questo tutti si suicidano.

La seconda cosa che potrebbe andare male è questa: cosa accadrebbe se la società si indebitasse non più con i suoi soci, ma nei confronti delle banche o di investitori privati? Allora sì: sarebbero guai! Le banche possono farti fallire e gli investitori terzi, se non ottengono quanto pattuito, possono portarti alla liquidazione, oppure pretendere una quota di maggioranza nel consiglio di amministrazione (ovvero mettersi al comando della tua società). Per questo è importante che il debito pubblico di uno stato non sia detenuto da soggetti stranieri, ma dai suoi cittadini. Ma come è composto il Debito Pubblico italiano? Al 2019, abbiamo che il 26,5% è in mano a banche italiane, il 19% ce l’hanno assicurazioni e altri istituti domestici, Banca d’Italia e BCE hanno il 19,5%, mentre le famiglie e le imprese italiane detengono il 5,8% di Bot e Btp. Parliamo del 70,8% del totale, cioè siamo ben oltre i due terzi di quote di debito pubblico che sono detenute da soggetti italiani, o istituzionali e quindi neutri. Solo il 28/29% del nostro debito è in mano a soggetti esteri. Certo, su circa 2600 miliardi fanno più o meno 700 miliardi, e non è poco. Però va considerato che tutte le volte che ci sono delle emissioni di titoli di stato italiani, la domanda è sempre, costantemente di molto superiore all’offerta. Significa che potremmo piazzare un numero di titoli enormemente superiore rispetto a quello che ogni volta collochiamo. in parole povere: i nostri titoli sono appetibili, e ci sono molti soggetti riconducibili a connazionali che li comprerebbero volentieri già così. Figurarsi se ci fosse anche un incentivo.

Ora che lo sappiamo, agiamo subito!
Dunque, se abbiamo capito che la parola “debito”, quando si parla di uno stato, non ha nulla a che vedere con la stessa parola se riferita a noi personalmente; se abbiamo capito che il debito pubblico, quando è nelle nostre mani, corrisponde alla nostra ricchezza, e quindi è un bene, essendo la sua ragione di esistere esattamente quello di restituirci servizi, infrastrutture (le tasse non servono a pagare la spesa pubblica: servono a tutt’altro e lo abbiamo spiegato in questa breve pillola) e anche profitti; se abbiamo capito che il debito pubblico assolve a questa funzione meravigliosa quando è nelle nostre mani, e non in quelle di avidi speculatori stranieri, allora abbiamo anche capito perché il MES è una condanna a morte pronunciata da quegli stessi boia che prima, per carpire la vostra fiducia, lo combattevano e oggi, per preservare i loro privilegi di parlamentari e funzionari, lo sostengono.

Ma avete anche capito che la strada per rilanciare l’economia e tornare ad avere una spesa pubblica adeguata è proprio quella di stimolare lo stato a destinare una quota sempre più importante del debito pubblico ai cittadini italiani. Ed è esattamente quel che si propone il comitato promotore per la nazionalizzazione del debito pubblico, che intende sollecitare il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) al collocamento di titoli di Stato su soggetti residenti, preferibilmente famiglie e imprese, offrendo ad essi condizioni adeguate alle necessità di impiego del risparmio, che sono diverse dagli obiettivi speculativi che muovono le grandi banche d’affari internazionali.

La petizione per nazionalizzare il debito pubblico.
L’offerta di nuovi titoli di Stato a condizioni vantaggiose destinate ai cittadini italiani (BTP Italia) è la soluzione buona al problema del finanziamento della spesa pubblica, e rappresenta l’antidoto al veleno del MES. Poco fa, su Byoblu, abbiamo fatto una petizione per sollecitare questa soluzione. Avete già firmato in oltre 30mila!

Proprio in queste giornate concitate ed esiziali per il nostro destino, forse sarebbe il caso di aggiungere il proprio nome all’elenco di cittadini che non vogliono il MES e propongono una valida alternativa:

FIRMA LA PETIZIONE PER LA NAZIONALIZZAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO
 
Mes, il Senato approva la risoluzione di maggioranza con 156 sì
I voti contrari sono stati 129, le astensioni quattro. Seduta sospesa a causa delle proteste del centrodestra in Aula
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Mes, il Senato vota la risoluzione di maggioranza: protesta del centrodestra in Aula

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L'Aula del Senato ha approvato la risoluzione presentata dalla maggioranza sulla riforma del Mes e sulle comunicazioni di Giuseppe Conte, in vista del prossimo Consiglio europeo. Il documento ha ricevuto 156 voti favorevoli, 129 contrari e quattro astensioni. La seduta è stata sospesa per le proteste dei senatori del centrodestra, che hanno mostrato cartelli in Aula e non hanno accolto l'invito a ritirarli.
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finirà anche questa legislatura... e finalmente i 5Stalle ritorneranno in nostra compagnia...
Non mi stupirei se capitasse loro di trovare sulla strada qualche scalmanato che ricordi loro il tradimento in modo pratico ed esaustivo
 
Byoblu:
DA “LIQUIDEREMO IL MES!” A “VOTIAMO LA RIFORMA”: TUTTE LE GIRAVOLTE DEI 5 STELLE

Alla fine la riforma del MES è passata sia alla Camera che al Senato, grazie anche al voto compatto del Movimento 5 Stelle, a parte poche eccezioni. Ripercorriamo quindi tutte le giravolte di quegli esponenti che ieri hanno votato sì, ma nel tempo si erano esposti proprio contro il MES. #Byoblu24

DA "LIQUIDEREMO IL MES!" A "VOTIAMO LA RIFORMA": TUTTE LE GIRAVOLTE DEI 5 STELLE
 
EURO E MES, IL TRADIMENTO DEL MOVIMENTO 5 STELLE

La recente storia della politica italiana ci ha abituato a cambi di casacca e voltafaccia spesso clamorosi e inaspettati, sia da parte di singoli parlamentari che di intere forze politiche. Non basta dire che il M5S aveva tra i punti del proprio programma lo "smantellamento del MES" e che adesso ha concesso il via libera al Presidente del Consiglio per votarne la riforma in sede di Consiglio Europeo, non si tratta solo di questo. È un vero e proprio tradimento, in questo video i passaggi più significativi.

https://go.byoblu.com/movimento5stelle
 
fantastico articolo!

M5S: il MES? «Lo votiamo ma non lo utilizziamo»

Mes, il sì al fondo salva Stati ultima truffa del M5S
Mes, il sì al fondo salva Stati ultima truffa del M5S – Il Tempo

:bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow:
i grillini approvano il MES



La riforma del Mes prevede la possibilità di commissariare un paese in via preventiva, ossia prima che questo acceda ad un prestito del Mes.

Il perché il Mes abbia avuto la necessità di riformarsi ce lo spiegano le sentenze della Corte di Giustizia Europea (spiego in dettaglio in questo articolo cosa è accaduto), che ne ha di fatto notevolmente ridimensionato la portata
, ribadendo che la politica monetaria è di esclusiva competenza della Bce. Da qui, con un intervento piuttosto esplicito di Draghi, la scomparsa dal dibattito pubblico della trasformazione del Mes in un Fondo Monetario Europeo.

Tutta la riforma del Mes va letta in questa prospettiva. Approvarla equivale a salvare le ambizioni del Mes, che è il contrario del suo “smantellamento”, per riprendere l’assurda pretesa di alcuni del M5s di far digerire ai suoi elettori il benestare alla riforma.


A proposito di sanità, nel protocollo siglato nel 2012, la parola d’ordine è ovviamente “razionalizzazione”, cioè tagli di spesa. Non è però solo questione di numeri, si mira a definire anche parametri qualitativi squisitamente politici. Ammodernamento e centralizzazione del sistema sanitario, limiti alla spesa farmaceutica ambulatoriale, limiti e controlli stringenti ai medici in materia di prescrizione, con azioni punitive per quelli che violano le regole, che possono anche sfociare nel licenziamento.

Poi, se le azioni intraprese non sono sufficienti per ridurre la spesa farmaceutica, si possono prevedere altre azioni volte a raggiungere tale obiettivo.


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