Le “fake news” e la Post Verità (1 Viewer)

tontolina

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Soltanto un europeo su otto sa del ruolo decisivo dell’Unione Sovietica nella liberazione dell’Europa durante la Seconda guerra mondiale.
Ciò emerge da un recente sondaggio svolto dalla britannica ICM Reserarch per l'agenzia Sputnik.

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Tre mila persone di differente età e sesso provenienti da diverse paesi hanno preso parte nei sondaggi. (1000 persone in ogni Paese).
rispondenti dell'inchiesta, tenuta nel periodo tra il 20 marzo e il 9 aprile intervistando 3000 persone in Gran Bretagna, Francia e Germania, dovevano scegliere tra 5 varianti della risposta, e soltanto il 13% ha riconosciuto il ruolo decisivo dell'esercito sovietico.



Il 61% dei francesi e il 52% dei tedeschi hanno detto che furono gli Stati Uniti a liberare l'Europa. In Gran Bretagna questa variante è stata scelta dal 16%, mentre il 46% degli intervistati ha detto che le battaglie decisive furono vinte dai britannici.

Questi risultati sono una conseguenza diretta dei tentativi di riscrivere la storia.

Secondo le varie stime, l'Armata Rossa ha liberato quasi il 50% del territorio degli Stati che esistono oggi in Europa, senza considerare la parte europea della Russia. Il prezzo in vite umane, pagato dalla Russia, supera di alcune volte le perdite degli alleati. Nel territorio liberato dall'Armata Rossa, oggi diviso tra 16 Stati d'Europa, vivevano, complessivamente, più di 120 milioni di persone. Altri 6 paesi sono stati liberati dai sovietici insieme agli alleati.
 

tontolina

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FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA


Chelsea Manning
libera, subito

Jacobin mag: "Il Presidente Obama agisca immediatamente e conceda la grazia a Chelsea Manning"
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16 gennaio 2017
Questo post è apparso inizialmente su Jacobin Magazine che ha gentilmente concesso a “i Diavoli” la traduzione e pubblicazione.

AGGIORNAMENTO 17-18 GENNAIO 2017: Il presidente americano Barack Obama ha concesso la grazia a Chelsea Manning. La scarcerazione avverrà a maggio.

di Chase Madar

Improvvisamente si apre un orizzonte di libertà per Chelsea Manning. Esiste la possibilità concreta che il veteranohttp://www.idiavoli.com/2017/01/16/chelsea-manning-libera-subito/#_edn1 della guerra in Iraq, nonché gola profonda di Wikileaks, torni a casa per il giorno della Marmotta.

Anche solo un anno fa era impensabile; ora, potrebbe riscattare almeno in parte il triste primato dell’amministrazione Obama nel perseguire le fughe di notizie e gli informatori.

Chelsea Manning ha prestato servizio nell’intelligence dell’Esercito, posizione da cui ha fatto filtrare a Wikileaks migliaia di rapporti sul campo dai conflitti in Afghanistan e Iraq, così come migliaia di documenti del Dipartimento di Stato. Grazie a Manning, possiamo ricostruire il mosaico della rovinosa repressione della guerriglia in Afghanistan: raid notturni finiti male, uccisioni di civili ai checkpoint, avamposti costruiti e poi abbandonati. Sappiamo che c’erano direttive ufficiali – nonostante le smentite ai più elevati livelli ufficiali per le truppe di occupazione degli Stati Uniti di non intervenire nelle torture perpetrate dalle autorità irachene ai danni dei sospetti arrestati sul posto. Sappiamo che il Dipartimento di Stato ha fatto pesanti pressioni per tenere basso il salario minimo a Haiti, lo stato più povero delle Americhe, e si è speso per estendere il regime di proprietà intellettuale di Big Pharma all’Europa occidentale, dove i farmaci prescritti hanno un costo molto inferiore rispetto a qui.

Nelle crude informazioni dei leak di Manning non c’è nulla che solletichi il nostro ego nazionale – quindi affrontarle è, a maggior ragione, necessario. Informazioni che sono citate quotidianamente dai media di maggiore diffusione e negli studi di alto profilo su temi di politica estera. In un ambito in cui la secretazione[ii] raggiunge estremi difficili da credere – fino al 2010 non è stato declassificato un solo documento dai tempi del governo Madison[iii], un’attesa durata due secoli – questi leak sono un sospirato raggio di luce nelle tenebre.

Questo tipo di conoscenza non è di solito ben accolto da chi occupa posizioni di potere, che quindi tenta di impallinare l’ambasciatore: gli informatori vengono abitualmente imputati dei problemi che contribuiscono a portare alla luce. Lo scandaloso trattamento riservato a Manning non fa eccezione. Ma ci sono tre cose che vanno tenute a mente riguardo alle sue rivelazioni.

Primo: anche se funzionari e commentatori hanno reagito alla pubblicazione di queste informazioni con un tasso di panico variabile, l’accusa, durante il lungo processo Manning presso la corte marziale, ha fallito nel dimostrare che un qualche danno concreto sia stato arrecato a civili o militari dal diffondersi delle rivelazioni in oggetto.

Secondo: anche se per mole si tratta della più grande fuga di notizie nella storia degli Stati Uniti, parliamo comunque di una quantità di documenti inferiore all’1 per cento di quanto il governo federale mediamente classifica come “segreto” in un anno; inoltre le argomentazioni dei “profeti del baratro” – ovvero che questa falla avrebbe portato alla totale trasparenza sui complotti del governo americano – si sono dimostrate completamente campate in aria. L’eccesso di classificazione continua a soffocare la prassi di governo e il discorso pubblico americano, nascondendo agli occhi dei cittadini americani informazioni cruciali sulle azioni della nostra amministrazione, in patria e all’estero.

Terzo: non un singolo documento tra quelli fatti trapelare da Manning era stato classificato come “Top Secret” e molti – tra cui il video in soggettiva di un massacro compiuto da elicotteri americani in un quartiere periferico di Baghdad nel luglio 2007 – non erano classificati del tutto. (La stessa dicitura “Top Secret” significa meno di quanto correntemente si pensi: 1,4 milioni di persone – e non solo cittadini americani – dispongono dell’accesso alle informazioni Top Secret. Una cifra pazzesca).

Difendere Manning e i suoi documenti non è solo una questione di sani principi morali, ma di enormi conseguenze nella vita reale. L’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti non sarebbe stata semplicemente possibile senza la secretazione, la distorsione dei fatti e le menzogne del governo. Agli artefici di questa guerra fraudolenta non è stata contestata la minima responsabilità, mentre un soldato semplice, che ha prestato servizio sul campo e ha tentato di condividere la sua esperienza di un tale bagno di sangue, è stato l’unico a essere severamente punito.

Se – tu che stai leggendo – sei il tipo di persona che ritiene immorale e malvagio conoscere quello che il tuo governo sta facendo, declina subito e senza esitazione questo appello alla clemenza. Ma se sei in grado di percepire i livelli distopici di segreto di stato imposti da Washington e le ricadute dannose sul resto del mondo, allora è il momento di prenderti cinque minuti per alzare la voce in favore di Chelsea Manning.

Questo è uno dei rari casi in cui una risposta massiva delle persone potrebbe fare la vera differenza.

Il Dipartimento di Giustizia è incredibilmente abbottonato sul procedimento di grazia, e la notizia che è stata lasciata filtrare ieri, a sorpresa, a NBC News, secondo la quale il nome di Manning sarebbe in una shortlist di candidati alla grazia, è quasi sicuramente un test per misurare la reazione dell’opinione pubblica rispetto a un caso che fino a poco tempo fa era troppo scottante da toccare anche per la Casa Bianca.

Non più. Il sostegno alla causa di Chelsea Manning è stato costruito pazientemente, anche in contesti davvero insospettabili.

Prendete per esempio i falchi ortodossi che editano l’influente blog Lawfare delle Brooking Institutions’: lo scorso ottobre hanno richiesto la commutazione della sentenza Manning, un appello ripetuto pochi giorni fa.

Anche sul versante della destra populista sta crescendo il sostegno a Manning. Uno strano effetto collaterale del fatto che Julian Assange è diventato il cocco di InfoWars e di Fox News: improvvisamente molti “impresentabili” devoti di Trump hanno accolto la causa di un transgender veterano dell’Iraq. (È difficile immaginare che Trump conceda la grazia a Manning, ma non del tutto inimmaginabile – dopo tutto fu il Repubblicano conservatore Warren Harding a graziare il socialista Eugene Dabs durante l’amnistia generale del Natale 1921).

E sarebbe scorretto non menzionare l’ampia e benevola copertura del caso Manning da parte del magazine Cosmopolitan, con un approfondimento sul cambio di sesso, annunciato il giorno dopo la brutale sentenza a 35 anni di carcere. La lotta portata avanti da Manning per la dignità dei detenuti militari transgender – unita all’esperto patrocinio dell’avvocato dell’ACLU[iv] Chase Strangio, le ha portato anche il sostegno della comunità LGBT.

Certo, la gastrite di qualche neocon potrà peggiorare, ma la moneta dei sobillatori di paure varrà sempre meno nel 2017. Come i falchi liberal, che sono spesso stati tra i più zelanti accusatori di Manning, i puristi “legge-e-ordine” sono infatti al momento troppo occupati a trovare marionette di Putin sotto ogni cuscino per fare eccessive storie. Se ne faranno una ragione.

Anche se il reato di Manning è unico, secondo gli standard americani, la punizione brutale che ha ricevuto – quasi un anno di isolamento prima del processo a dispetto dell’esplicito parere medico delle autorità di custodia militari, e la condanna estrema a 35 anni – non lo è. Tra i 70.000 e i 100.000 prigionieri americani subiscono varie forme di isolamento a lungo termine, una pratica giustamente definita come tortura. L’isolamento di lungo periodo è routine nell’universo carcerario americano e deve essere abolita.

E certo Manning non è l’unico prigioniero a meritare la grazia. Due detenute federali con cui ho avuto il piacere di parlare, Alice Marie Johnson e Euka Wadlington, che stanno entrambe scontando l’ergastolo senza possibilità di liberazione condizionale per reati di droga senza uso di violenza – ergastolo per reati di droga senza uso di violenza! – hanno appena visto rigettati i loro appelli, probabilmente perché il Dipartimento di Giustizia ha lasciato che l’accusa intervenisse nella decisione. Il DOJ[v] sotto l’amministrazione Obama ha garantito un numero record sia di commutazioni di pena sia di rifiuti a domande di grazia, come è stato messo in risalto dall’eccellente blog Pardon Power di P.S. Ruckman.

A livello federale e nella maggior parte degli Stati si è ancora molto avari nella concessione della grazia, e il Procuratore Generale Loretta Lynch non si è distinta con le sue recenti ed erronee dichiarazioni secondo le quali non sarebbe competenza del governo federale la concessione di amnistie generali. In realtà molti presidenti, da Lincoln a Wilson a Carter, hanno concesso la grazia a intere categorie di persone, ed è tempo che i nostri amministratori e presidenti riprendano questa buona abitudine.

Il medievalismo postmoderno in cui sguazza la giustizia criminale americana non è infatti una buona ragione per negare la grazia a Chelsea Manning o a chiunque altro. E nonostante tutto il disorientamento di una nazione che si sta risvegliando nell’incubo a occhi aperti di quattro anni di “President Trump”, è tempo di chiedere clemenza per questa coraggiosa gola profonda. Tutto quel che serve è scrollarsi di dosso un po’ di apatia. “L’apatia”, ha scritto Manning in una conversazione online con l’informatore federale che l’ha poi denunciata, “è molto peggio della partecipazione attiva [nella guerra in Iraq]…l’apatia è la sua terza dimensione”. (Queste chat, sia detto en passant, sono il più coinvolgente e intenso pezzo di teatro nonfiction prodotto finora dal nostro secolo).

Lei merita la libertà. I nostri livelli distopici di segreto di stato hanno portato direttamente al massacro in Medio Oriente le cui conseguenze sono ancora tutte da scrivere. Gole profonde come lei dovrebbero essere benvenute, non brutalizzate. Quindi, Presidente Obama, la liberi finché ne ha la possibilità. Liberi Chelsea Manning.

http://www.idiavoli.com/2017/01/16/chelsea-manning-libera-subito/#_ednref1 Manning ha cambiato sesso subito dopo la sentenza

[ii] Nella versione inglese il termine usato è “overclassification”. Il riferimento è al dibattito in corso da tempo negli Stati Uniti riguardo alla classificazione dei documenti e all’eccesso di secretazione in nome della sicurezza nazionale. Per approfondire leggi anche qui, qui, qui e qui

[iii] James Madison, quarto presidente degli Stati Uniti d’America (1751-1836)

[iv] American Civil Liberties Union

[v] Department Of Justice

Potete contattare la Casa Bianca riguardo a Chelsea Manning attraverso i numeri di telefono e gli indirizzi email che trovate qui, e qui quelli del Dipartimento di Giustizia.
 

tontolina

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“FUCK NULAND!” FINALMENTE. MA I MEDIA DISTORCONO LA NOTIZIA. | Π0Ñ∆0 ǺΓΓǺ ®0VE$CIA



Anche a “Victoria Nuland, assistente segretaria di Stato per l’Europa, non è stato chiesto di rimanere”.

Nuland (Nudelman, sposata Kagan) è la tirapiedi della Hillary nota come quella che ha provocato e finanziato con 5 miliardi di dollari, la spontanea rivoluzione di Maidan in Ucraina. E’ anche quella che nel febbraio 2014, parlando al telefono con l’ambasciatore americano a Kiev che le riferiva le perplessità di ambienti europei (Merkel eccetera) su certe scelte di capi della spontanea rivolta, disse “Fuck the EU”, la UE si fotta.

Adesso, “Fuck Nuland”. Come parte di una precisa e deliberata politica della Casa Bianca dei complici della politica estera Usa sotto Obama ed Hillary e delle incrostazioni criminali al Dipartimento di Stato. Senza la Nudelman a proteggerlo, il regime golpista di Kiev non sembra stare benissimo.
 

tontolina

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Arrivano le navi di gas Usa, e l’UE entra nello schema di Ponzi del fracking
28 Dicembre 2021
6 min read
Navi gas

La narrativa dominante tratteggia con toni elegiaci l’arrivo in Europa, durante la settimana di Natale, di navi cariche di gas liquefatto americano. Le presenta come i cow boy, buoni per definizione, che ci salvano dal blackout e dalle grinfie della Russia brutta, cattiva ed intenzionata a strangolarci chiudendo il rubinetto del gas.
E’ una narrativa più falsa di una moneta da tre euro. Gli Stati Uniti lavorano da anni per costringere l’Unione Europea a tener su la loro assurda industria dello shale gas. Un’industria insostenibile dal punto di vista ecologico ed economico. E alla fine, pare, ora sono riusciti ad usare l’UE come puntello e soprattutto come soggetto pagatore.
Riassunto delle puntate precedenti. Subito prima di Natale, il prezzo del gas nell’UE, già molto alto, si è ulteriormente impennato (e con esso, quello dell’energia elettrica) per lo stop all’arrivo del gas russo via gasdotto Yamal. Il gas russo soddisfa circa il 40% delle necessità dell’UE.
La Commissione Europea non ama i contratti a lungo termine per la fornitura di gas: il colosso russo del gas, Gazprom, si sta limitando ad adempiere le sue obbligazioni derivanti dai vecchi contratti superstiti. Ma non fornisce altro, o semmai solo poco altro, in base a nuovi contratti brevi.
Di fronte alla violenta retorica antirussa dell’UE e di fronte alle sanzioni, la Russia dovrebbe forse mandare il gas e anche un mazzo di fiori?
Così – qui finisce il riassunto e comincia la cronaca – quando il gas ha raggiunto i 180 euro al MWh sono arrivate le navi americane cariche di gas liquefatto. Un anno fa il prezzo del gas era sui 18 euro. Se suona incredibile, controllare il grafico interattivo. Naturalmente, l’UE e i Governi nazionali non intervengono sulle cause del folle rincaro: così vuole il mercato, al quale essi come al solito lasciano fare.
Con l’arrivo dei cow boy statunitensi presunti salvatori, il prezzo del gas è sceso attorno ai 100-105 euro: cioè cinque o sei volte più dell’anno scorso. Ma sabato era Natale e sabato prossimo sarà Capodanno. Figurarsi la domanda – e i prezzi – quando le vacanze saranno finite.
Comunque questi prezzi ancora più che folli sono stati accolti, si direbbe, con grato stupore. E a questo punto si impongono due domande. Prima domanda: da dove esattamente viene il gas americano. Seconda domanda: perché non ce l’hanno mandato prima?, che oggettivamente siamo nelle peste già da un pezzo.
Il gas americano è shale gas. Gas di scisto, per dirlo in italiano. Significa che non viene da giacimenti convenzionali, che possiamo immaginare come sacche poste nel sottosuolo. E’ intrappolato in rocce porose. Per estrarlo, bisogna provocare esplosioni a catena nelle profondità della Terra con la tecnica del fracking, o fratturazione idraulica.
Il fracking comporta l’uso e l’inquinamento di enormi quantità d’acqua. La contaminazione delle falde sotterranee d’acqua che ci servirebbero per bere. La riduzione di sconfinate estensioni di terreno a qualcosa di simile alla superficie lunare. Il possibile innesco di terremoti.
Oltre agli insopportabili costi ecologici, ci sono i costi economici. Il fracking è caro e sta in piedi solo perché le società che lo effettuano riescono a prendere a prestito soldi sulla prospettiva dei profitti futuri. Una bolla finanziaria, insomma. Uno schema di Ponzi che ha costantemente bisogno di nuovi allocchi: e ora ci siamo entrati anche noi.
E perché solo ora l’Europa l’Europa è stata arruolata nello schema di Ponzi? Il discorso ha a che fare col costo del trasporto del gas via nave. Il gas è – giustappunto – un gas. Per spedirlo attraverso l’Oceano Atlantico bisogna liquefarlo e caricarlo nei serbatoi di una nave. All’arrivo, bisogna rigassificarlo, cioè farlo tornare a gas.
Questo comporta una serie di operazioni energivore e molto, molto costose. Esse non sono necessarie per il gas recapitato via gasdotto come quello che l’UE riceve dalla Russia. Infatti una méta tipica del gas liquefatto americano è il Giappone: un arcipelago non raggiunto da gasdotti.
La differenza fra il prezzo del gas nell’UE e il prezzo del gas liquefatto in Asia chiarisce il concetto. In base ai Federal Reserve Economic Data in ottobre, data in cui si arrestano i grafici ora consultabili, il gas liquefatto costava in Asia 35 dollari statunitensi per MBTU. Contemporaneamente, in Europa il gas (stavolta non liquefatto) costava 27 dollari statunitensi al MBTU. L’unità di misura è diversa dagli euro per metro cubo o per MWh che siamo abituati ad usare in Europa, ma il senso resta: il gas europeo arrivato via gasdotto costa(va) molto, molto meno del gas liquefatto recapitato in Asia.
Da anni gli Stati Uniti cercano di intervenire su questo punto, che per loro rappresenta un grave problema.
Il primo tentativo risale al 2013-2014. Ci fu la guerra civile in Ucraina, allora: un Paese che – guardacaso – rappresenta un punto di passaggio quasi obbligato per i gasdotti dalla Russia all’Europa. In seguito alla guerra civile, ebbe luogo un cambio di regime: l’Ucraina, che prima guardava a Mosca, cominciò a guardare a Bruxelles. Victoria Nuland, alto funzionario statunitense allora incaricata degli affari europei, a Kiev distribuiva biscotti ai manifestanti filo UE.
Successivamente la crisi convinse la Russia a chiudere il gas all’Ucraina, col rischio di chiudere il gas anche all’UE. Victoria Nuland, intercettata al telefono, se ne uscì con un ineffabile fuck EU: si fotta l’Unione Europea. Per dire: la considerazione in cui ci tengono quelli che ci “salvano” con le loro navi cariche di gas.
Ora gli Stati Uniti sono riusciti a mandarci loro gas ecologicamente disastroso e finanziariamente barcollante soffiando un altro po’ sulla questione ucraina. L’UE è fresca di ingresso nel loro schema di Ponzi. Notoriamente, chi entra per ultimo finisce col cerino acceso in mano.
Nella fattispecie, non sarebbe tecnicamente possibile organizzare l’imponente traffico di navi gasiere americane necessarie per i bisogni di un’UE priva del gas russo; inoltre scatterebbe la concorrenza fra UE ed Asia per accaparrarsi al prezzo più alto il gas americano. Il prezzo del gas nell’UE salirebbe ancora e ancora. E forse anzi salirà davvero.
Traduzione: il vassallo UE resta in braghe di tela, e magari senza neanche quelle, nel più crudo dell’inverno. Lo Zio Sam, ovvio, intanto si frega le mani.
GIULIA BURGAZZI
 
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tontolina

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Claudio Messora
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"Innanzi ad un pubblico esausto, che non crede più a quello che il mainstream ripete, spazi come Byoblu costituiscono porti franchi pericolosi, potenzialmente distruttivi delle infide fatiche del nuovo MinCulPop. Trump ha trionfato anche grazie a siti di controinformazione, e il dibattito economico in Italia trova in goofynomics di Alberto Bagnai e in orizzonte48 di Luciano Barra Caracciolo fonti e spunti ben più qualificati (e qualificanti) di un Sole 24 Ore qualsiasi. Si comprende dunque come il silenzio imposto a queste libere cittadelle diviene ora un punto fondamentale per allungare l’agonia dell’attuale pantomima. Non risolta allora né un mistero né una contraddizione che il liberismo mostri, in sostanza, la sua vera natura, quella d’un regime in cui l’unica libertà realmente ammessa è quella dei capitali per il Capitale. La museruola serve a questo punto per tappare le bocche affamate da anni di euroausterità e di “libero” mercato." L'Intellettuale Dissedente

Tutto l'articolo: http://www.byoblu.com/…/…/01/31/il-pensiero-da-fastidio.aspx
 

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