Sgarbi pubblica su Facebook una telefonata in cui un’imitatore di Grillo gli chiede di smentire di avere mai sostenuto che Virginia Raggi è una “
depensante“. La telefonata è un chiaro “fake”: chi conosce Grillo sa che non solo le pause, le esitazioni, le inflessioni della voce non gli corrispondono, ma non gli corrisponde neanche questo modo un po’ spaesato, sperduto, di affrontare una simile questione. Grillo avrebbe chiamato Sgarbi e lo avrebbe mandato affanculo, oppure non lo avrebbe chiamato per niente. Non solo, ma a un certo punto della finta telefonata si sente anche il suggeritore sullo sfondo, che presumibilmente sembra essere
Giuseppe Cruciani. Probabilmente il finto Grillo era David Parenzo.
Una burla, insomma. Uno scherzo telefonico orchestrato a tre, che risulta del tutto evidente dallo stesso ascolto della clip (perfino Sgarbi è innaturale). Non se ne accorge solo un blogger, ma se ne accorgono anche i famosi “utonti” della rete (come il sistema ama definirli, al punto da costringere i social network a difenderli da se stessi), i quali lungi dall’essere scandalizzati, commentano con sarcasmo. E allora, secondo voi, è possibile che non se ne accorga un giornalista? Tanto più se lavora in uno dei due maggiori quotidiani nazionali?
La notizia non meriterebbe neppure un trafiletto nella sezione dei necrologi, se non fosse che Repubblica ci fa un riquadro a pagina 11.
E come dà la notizia Repubblica? Parla apertamente di burla? No. Il titolo è scritto come se si trattasse di una notizia vera, mentre nel testo si limita a parlare di “
una telefonata fatta ieri da una persona con una voce che appare simile a quella di Grillo“. Nessun accenno a ciò che qualunque “
utonto” della rete capisce subito: che si trattasse cioè di una presa in giro.
La notizia è costruita in maniera tale che i lettori del quotidiano, la maggior parte dei quali hanno altro da fare che non andarsi a cercare il video di Sgarbi con la telefonata, possano lasciare la pagina con la sensazione che quella telefonata possa essere verosimilmente accaduta. Chi legge questo trafiletto, cioè, può credere che la vicenda sia reale.
Si tratta a tutti gli effetti, per il modo in cui è stata data, di
una colossale “fake news”, talmente evidente che nessun giornalista che si possa definire tale avrebbe potuto equivocare, data in modo da farla apparire verosimile. Si tratta cioè di
manipolazione volontaria, che è peggio della disinformazione semplice.
Hey, questo è
un lavoro per Super-Laura e i suoi debunkers!
Del resto, non ci vuole molto per rendersi conto di come Repubblica stia conducendo una enorme campagna che deforma, ingigantendole, questioni che francamente non dovrebbero occupare le prime pagine dei giornali così a lungo. Per capirlo fatevi una semplice domanda: conoscete i nomi di uno qualunque dei componenti dell’amministrazione (dirigenti e collaboratori) di una qualunque delle giunte precedenti, non solo di Roma, ma di uno qualunque degli ottimila e passa comuni italiani? Sapete come, perché, quando e con quali costi sono stati assunti? Eppure sono mesi che l’Italia, quella raccontata dalla stampa, si sofferma su vita, morte e miracoli, della squadra che compone i gabinetti di Virginia Raggi, la quale forse non sarà una navigatissima lupa di mare della politica, ma francamente viene dissezionata con tale e tanta capillarità, che se avessero fatto lo stesso con D’Alema, Draghi, Craxi, Monti, Padoan, Renzi e uno qualunque dei potenti che hanno pilotato questo Paese nelle secche ove ci troviamo adesso, ora saremmo indiscutibilmente una florida economia.
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