Le Sette Sorelle dell'informazione, un DDL sciagurato

Zen lento

Forumer attivo
In questo felice paese si parla troppo e si legifera pure troppo. E pure male.

La stampa e' un affare delicato, questo lo si sa dai tempi del fascismo. Infatti allora inventarono l'ordine dei Giornalisti , riformato ma non troppo nel dopoguerra. Un Ordine non inutile, ma utilissimo al potere. Una guarentigia, ora, per le interviste in ginocchio, per i giornali di regime, che' di indipendenti praticamente non ce ne sono. Nella informazione in campo editoriale gia' siamo soffocati dalle 7 Sorelle.

Ora il colpo finale alla informazione libera. Per mettere ordine, si dice, tra prodotti editoriali, per offrire garanzie ai lettori. Il risultato e'un giro di vite, quasi un bavaglio e un soffocamento delle voci fuori dal coro.
Come in Cina , peggio che in Cina. In questo senso la cina e' vicina.

Questo Disegno di Degge sulla editoria puzza lontano un miglio di bavaglio, non per le sette sorelle editoriali della informazione italiana, ma per tutti coloro che cercano a fatica di svolgere una informazione non genuflessa.
Il DDL obbliga tutti ad essere registrati presso il ROC , dai blogger ai portali, e di fatto richiede (ma e' cosa vecchia) un direttore giornalista professionista. Di fatto un supervisore dell'Ordine dei giornalisti. Un delegato, garante proprio di quella informazione che in Italia e' uno strazio , che e' foraggita dallo stato in modo a dir poco disinvolto.
Definito il prodotto editoriale internauta che si fara'? si distribuiranno provvidenze che garantiscono la continuita' come per il foglio o Libero ? Sembra di si', questa e' la carota dietro cui si scorgono le legnate o se preferite con una vecchia battutta la carota nel culo e le bastonate in testa.

"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso” (art 2, comma 1).

“Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico”. (art 2, comma 2)."

http://download.repubblica.it/pdf/2007/legge_editoria.pdf

Questa straordinaria prosa, dopo un cappelletto sull'art. 21 della Costituzione, in sostanza dice che tutto e' prodotto editoriale, quindi soggetto a registrazione che ci scaraventera' ben al di sotto del 35 posto della graduatoria della liberta' di stampa.
http://www.rsf.org/

La legge non e' nuova, fino agli anni '60 e tutt'ora chiunque stampi quattro paginette piu' o meno periodiche deve avere un direttore e depositare la testata in tribunale.
Ma con internet come la mettiamo, coi blog come la mettiamo ? Semplice, li soffochiamo.

E sono balle, solo balle gigantesche le pretese di limitare la diffamazione a mezzo stampa. E' pieno di querele Internet, perche' la diffamazione e' un reato gia' ora. Non serve una legge in piu' sull'editoria.

Per mettere ordine, si insinua una legge dal sapore liberticida, si prefigurano nuovi lacci per qualche tassa in piu', si avvilisce una intera generazione, nata con e su internet. Di fatto si strozza internet.
Sottoccupati, precari, non allineati, zitti e mosca!

Ricardo Franco Levi, che pure fondo' un giornale decente (miseramente fallito 15 anni fa) e' il responsabile di questo DDL che tappa la bocca ad internet.
Se lo rimangi, lui e tutto il CdM, sarebbe meglio per tutti.

Una seria riforma dovrebbe iniziare(essere riscritta) invece piu' o meno cosi' :

1-E' abolito l'Ordine dei giornalisti
2-E' istituito l'albo (o il registro) degli operatori della comunicazione
3- Le provvidenze per l'incoraggiamento e la tutela dell'informazione sono soggette ad una distribuzione da min tot copie (o analogo) a max tot copie ( o analogo), etc..etc..

Non sara' perfetto , ma l'intenzione parrebbe chiara. E di segno opposto del pasticcio odierno.


(in 24 ore, sul blog di Grillo, 9.000 commenti inferociti: populismo? ... certo...!)
 
E il "bello" è che questi responsabili di crimini contro la libertà di parola sanno già di cadere.
Ciononostante stanno cercando di fare le ultime mosse per punirci.


Leggetevi questo articolo, dove a parte la esplicita calunnia sulla corruzione, spiega come stanno le cose.


Prodi: il mio governo muore per corruzione

Berlusconi: non faccio shopping, do collocazione politica agli scontenti
AUGUSTO MINZOLINI
INVIATO A LISBONA
Un leader politico, un premier può dire in tanti modi che la sua esperienza di governo è finita, che si torna a casa, ma Romano Prodi sorprende anche quando indossa i panni della Cassandra e prevede la propria fine. Per gettare la spugna il Professore non ha riunito un consiglio dei ministri, nè il vertice del nuovo Partito democratico ma lo ha detto alle 8 del mattino di giovedì scorso a Palazzo Chigi a due semiconoscenti i direttori di Liberazione, Piero Sansonetti, e del Manifesto, Gabriele Polo, e a tre sconosciuti il presidente dell’Arcigay, Aurelio Mancuso, una nota femminista romana e una rappresentante della Fiom. In poche parole il comitato organizzatore della manifestazione della sinistra radicale sul Welfare.

Quella di Prodi più che una resa è stato un «j’accuse». «Questo governo - si è sfogato con i suoi interlocutori - cade per corruzione. Ci sono sette senatori che sono passati, in un modo o nell’altro, con Berlusconi. Qualcuno di loro me lo è venuto anche a dire. Mi ha spiegato: “Romano tengo famiglia”. E io che gli potevo dire se l’argomentazione è questa... E’ un’operazione che a Berlusconi deve essere costata una bella somma...Comunque alla fine il Cavaliere ce l’ha fatta. Se sarà tra quindici giorni, a fine di ottobre, oppure agli inizi di novembre o, ancora, a metà del mese prossimo poco importa, ciò che conta è che l’esperienza di questo governo è finita. Ormai non è un’ipotesi ma una cosa certa».

Non solo. Il Professore è sicuro anche di un’altra cosa: «Non ci sarà - ha spiegato a quello strano consesso - un altro governo ma le elezioni. Magari subito dopo Natale, a gennaio. Basta farsi due conti: se uno passa dall’altra parte perché gli è stato promesso un collegio non ha interesse ad appoggiare un altro governo istituzionale o tecnico che sia. Altrimenti la promessa che gli è stata fatta potrebbe venire meno».

Ma non è solo «la corruzione», secondo il Professore, la causa della sua fine. Le ragioni vanno ricercate anche in una certa indolenza del centro-sinistra. E in questa riflessione a «voce alta» il Professore ha addirittura rivalutato il nemico di ieri, D’Alema, rispetto al pupillo di un tempo, Veltroni. Lo ha fatto usando l’arte della maieutica, chiedendo cioè un paragone tra Walter e Massimo al grande estimatore del ministero degli Esteri, Sansonetti: «Mi dicono tutti - è stata la sua domanda al direttore di Liberazione - che Veltroni è più cinico di D’Alema? Lo pensi anche tu?». E non contento il Professore ha chiosato il «si» scontato del fan di «baffino» con il tradizionale «mi sa tanto anche a me».

Ancora non ha lasciato palazzo Chigi e già il Professore ha cominciato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Addirittura si è scusato con il rappresentate dell’Arcigay dell’epilogo che ha avuto la vicenda dei Dico. «Io quel provvedimento - ha spiegato - lo avrei approvato anche nella prima versione. Solo che non ho mai avuto i numeri in Parlamento sulle cose che contano». Ed ancora contro quegli «ingrati degli industriali: «Il cuneo fiscale è stato un regalo eccessivo alle imprese. Se potessi tornare indietro non lo rifarei». Il Professore è già arrivato a fare l’elenco delle cose che non si dovevano fare, che si potevano fare meglio, di ciò che poteva essere e che non è stato. Parla già della sua seconda volta a Palazzo Chigi come di un’esperienza nata storta e finita peggio. E anche ai suoi interlocutori ha fatto presente che la manifestazione di oggi non aiuta di certo questa travagliata esperienza di governo. «Anche voi con questa iniziativa - si è lamentato - contribuite ad aggravare il quadro. Domani i media torneranno ad assalire questa maggioranza, diranno che la vostra manifestazione di fatto è contro il governo. Cosa volete che vi dica!?...».

Appunto, ma tra le tante cose che poteva dirgli sicuramente quella che meno si aspettavano i cinque semisconosciuti era questo «sfogo» sincero, quasi personale. Tanto che c’è da chiedersi perché il Professore l’abbia fatto. Prodi è tutto meno che uno sprovveduto. E’ un uomo che ha alle spalle trent’anni di esperienza nelle stanze del Potere. Quello vero. Per cui se ha parlato con dei perfetti sconosciuti si può scommettere che voleva che queste sue riflessioni private diventassero pubbliche. Ha detto quello che pensa coperto dal manto della «non ufficialità» che lo deresponsabilizza rispetto alla pesantezza delle accuse che lancia. Tra le quali una sopra a tutte: quella che il suo governo sarà vittima di un’operazione di corruzione. Del resto è l’ultima arma che ha, magari scontata, di scuola, ma pur sempre efficace: additare quelli che lo tradiranno come dei Giuda che si vendono per trenta denari. E’ un’operazione ad alto rischio che dimostra la «disperazione» ma anche l’ostinazione del personaggio che non si dà per vinto.

Un’operazione di scuola, appunto, che il suo avversario, Silvio Berlusconi, sentiva nell’aria. Anche lui ieri, in un’occasione normale e privata, andando per negozi nel centro di Roma, se ne è uscito con delle affermazioni che sembrano una risposta alle accuse di Prodi. Le vecchie volpi che si fronteggiano da dieci anni ormai si conoscono a memoria. «Non faccio - ha dichiarato il Cavaliere - nessun shopping di senatori. Non c’è nessuna compravendita. Io quello che posso fare è offrire un collocazione politica e dare garanzie certe agli esclusi del Pd. Collocazione significa anche dare un posto a chi non ce l’ha come ho fatto con il segretario della nuova Dc, Rotondi».

Siamo al botta e risposta. Prima dell’epilogo. Prodi sta tentando un’ultima difesa. Berlusconi tenta di dare il colpo finale. Del resto che siamo a questo punto lo si è capito ieri confrontando quello che è avvenuto a Lisbona e a Roma. L’Italia è stata esclusa da un incontro tra i premier di Francia, Germania e Inghilterra sulla crisi della finanza mondiale. «Non so che sia - si è limitato a dire il Professore - non ne so niente». Il commento laconico del capo di un governo che le capitali europee forse già considerano morto. Berlusconi, invece, ha inviato a Roma una lettera ai senatori e ai deputati di Forza Italia per annunciargli che «la crisi del governo nato dai brogli è inevitabile e che si voterà in primavera».

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200710articoli/26829girata.asp
 
Qui qualche riflessione sul DDL sciagurato, analizzato mi pare puntualmente. Coro univoco: questo DDL e' da pazzarielli.
http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2093705
http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2092327

e perche' no ?!... pure qui dove si mostra la mole di cartaccia implicitamente richiesta. Un sasso in bocca:
www.disinformazione.it/decreto_bulgaro_prodi.htm

Beppe Grillo anticipa con un nuovo intervento che il prossimo V_day riguardera' l'informazione.. Abolizione dell'Ordine dei Giornalisti e delle provvidenze alla stampa.
Ne sono felice l'avevo gia' anticipato qui che doveva accadere, nel post del 23 settembre, in fondo:
http://www.investireoggi.it/forum/badoglio-e-beppe-grillo-vp521529.html#521529

E' un settore pieno di mine vaganti. Una iniziativa popolare e' quel che ci vuole per smuovere interessi consolidati e l'inerzia dei vari tromboni e megafoni con tesserino , nonche' il terrore che , questa lobbies sui generis, genera sulla politica.
Bisogna tentarci.



PS:
Giuro, non e' colpa mia se Grillo mi legge e scopiazza concetti e parole :))
Ho pubblicato questo 3D che leggete alle 14:17
Il comico,dopo quello dei 9000 post, ha pubblicato questo alle 14:36...
http://www.beppegrillo.it/2007/10/la_cina_e_vicin_1.html#comments


Chessodisfasiu', sono un comico policante anch'io ! :D
(ma povero)
 
.

Si capisce che non tutto puo' essere letto, per comodita' e pratica; ma c'e' da chiedersi sconsolatamente cosa mai leggera' , o debba leggere, un Ministro delle Telecomunicazioni se non quello che lo riguarda, ovvero le prime 20 righe di un DDL che riguarda il suo dicastero.
http://www.paologentiloni.it/

Non e' il solo, sta in buona compagnia. E questo preoccupa, non poco.

.
 
Riporto queste osservazioni:

In base a che principio di territorialità si individua quali persone siano tenute a registrarsi?
• Forse in base alla nazionalità della piattaforma di blogging? Ma allora basterebbe registrare il blog su un provider straniero, come lo sono già la maggior parte... ad esempio su blogger.com
• Oppure in base alla cittadinanza di chi scrive sul blog? Ma allora i blog fatti a più mani da parte di cittadini stranieri, di cui uno o due italiani (ad esempio voxeu.org in cui scrivono anche alcuni economisti italiani), devono registrarsi?
• O in base alla percentuale di utenti italiani che lo leggono? Ma allora anche il Drudge Report dovrebbe registrarsi presso un tribunale italiano...
• O forse in base alla cittadinanza di chi ci scrive? E se sono un espatriato italiano residente a Londra, che scrivo un blog che commenta in inglese la politica inglese, devo registrarmi in Italia solo perché ho passaporto italiano? Con il rischio che se, per esempio, critico la regina non rischio niente per la legge inglese dato che c'è vera libertà di parola, ma quando torno in italia rischio una imputazione per "offese a capo di stato straniero" in base al c.p. italico?
• O forse in base alla lingua? Se il sito o blog è in italiano occorre registrarsi altrimenti no? E se ad esempio uno svizzero ticinese italofono tiene un blog in cui parla continuamente della politica italiana (e magari parla pure male di Mastella, Berlusconi e/o Napolitano) che deve fare? Deve registrarsi? Anche se la confederazione gli garantisce libertà di parola? Altrimenti che succede? Gli bloccano l'accesso al sito da parte di indirizzi IP italiani, come fa il governo cinese?
• O forse in base al luogo in cui si trova uno abitualmente quando aggiorna il blog e scrive i post? Ad esempio, un cittadino straniero (p. es. un giornalista estero che lavora come corrispondente a Roma) che risiede in Italia, deve registrarsi? Anche se pubblica in inglese o tedesco per un pubblico soprattutto straniero, dei lettori del suo giornale? Robe da giunta militare in Birmania...
 

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