L'IRONIA E' LA PIU' ALTA FORMA DI INTELLIGENZA E DI DIFESA, NON CAMBIA LE COSE, MA TI INSEGNA

Buongiorno a tutti.
60 cm. di neve a Cortina ...e sono un problema ?

60 cm di neve cosa sono 60 cm di neve per la perla delle dolomiti in cui arrivano turisti da tutto il mondo?
Qui nel nostro piccolo, se ne viene all'improvviso il doppio escono gli spazzaneve, i camion e il gioco è fatto.
Posso immaginare la tipologia di automobilisti presenti su quelle strade.
Dal romanazzo burino con X6 gommata extralarge che pensa con il 4x4 di andare ovunque e viene bruciato da una Panda a trazione anteriore
ai camion senza equipaggiamento invernale che circolano comunque e nel frattempo i mezzi spala neve non riescono a fare il loro dovere perche' intralciati da questi asini.
Il maltempo era noto da giorni. Sulle strade i prefetti dovevano bloccare i mezzi pesanti, idem gli automobilisti senza equipaggiamento.
Morire che si sia vista in giro una pattuglia che controllasse le gomme o le catene.
Conosco tanti che sbattono nel baule una catena qualsiasi ma non guardano che sia della misura giusta. Cosi' quando capita sei nei guai e grossi.

La forte ondata di maltempo ha messo in ginocchio Cortina d'Ampezzo. Le intense nevicate hanno mandato in tilt la località turistica del Bellunese.
In 24 ore, oltre 60 centimetri di neve hanno coperto la Regina delle Dolomiti creando non pochi problemi alla viabilità.

Numerosi gli interventi dei vigili del fuoco per recuperare le auto bloccate in mezzo alla carreggiata e per rimuovere gli alberi caduti sulla sede stradale a causa del peso della neve.
La maggior parte dei soccorsi hanno riguardato la Alemagna, la statale che porta nella località bellunese, bloccata per ore da tre tir senza catene.

Il primo cittadino Gianpietro Ghedina ha messo sotto accusa i
"mezzi pesanti, provenienti da nord, dalla Val Pusteria, e da sud. Per qualche disguido, che intendiamo approfondire, non sono stati bloccati.
Non c'è stato quel filtro che normalmente si fa, controllando le catene, le ruote, l'attrezzatura a bordo: questo ha creato i problemi che poi si sono ripercossi sulla nostra cittadina.
Non dovrebbero transitare sulla statale di Alemagna nel periodo di Natale: lo avevamo suggerito, come amministrazione comunale".
 
Roma - L'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, struttura operativa del ministero degli Esteri per i Paesi terzi, in barba ai dettati sui limiti assunzionali fa incetta di funzionari e dirigenti.

Che sia un'infornata preelettorale o una strenna di fine legislatura, inserita comunque nei meandri della legge di bilancio,
il risultato prodotto è smaccatamente il medesimo: sono stati agevolmente superati tutti i vincoli imposti, e ribaditi ancora una volta a giugno scorso, dal tetto del turnover negli enti pubblici.
Tant'è che l'organico dell'Aics (Agenzia per la cooperazione allo sviluppo) sarà incrementato di ben 130 professionisti tra funzionari e dirigenti.

L'infornata nel dettaglio riguarderà
70 esperti di interculturalità, globalismo, sviluppo sostenibile, inclusione e integrazione, tra cui 10 dirigenti scelti a chiamata diretta cui si aggiungeranno altri 60 nuovi funzionari.
Per questi ultimi però sarà bandito un apposito concorso già nei primi mesi del 2018.
Quanto ai nuovi dieci dirigenti la spesa conteggiata per gli stipendi è esattamente di 1.427.390 euro.
Ci vuole poco quindi a omologare l'Aics ai tanti pingui organismi pubblici contando che all'attivo vanta già 32 direttori e 68 dirigenti.
Ovvero 100 alti funzionari in tutto.

Eppure fino a oggi l'autonomia gestionale e il margine di manovra del direttore, Laura Frigenti, si è sempre dimostrato pressoché limitato. Ma non è detta l'ultima parola.
Un apposito correttivo inserito come emendamento alla finanziaria, assieme al via libera alle nuove assunzioni, ha potuto tagliare alcuni legacci amministrativi
e concedere alla manager, di qui a breve, di partecipare alle riunioni del comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo.
Al contempo è stata cancellata anche la norma che obbliga la richiesta di garanzia fidejussoria sull'intero importo anticipato per i finanziamenti ai progetti che l'Aics bandisce in prima persona.
 
Si potrebbe trattare di un primo passo verso l'autonomia organizzativa e manageriale contando che ha già portato, proprio ieri, un primo nuovo risultato: l
'incremento di circa 2 milioni di euro della dotazione del bando promosso da Aics per attività di educazione alla cittadinanza globale.

Inoltre a partire dal prossimo anno i finanziamenti saranno erogati dietro presentazione di idonea garanzia per il 30% dell'importo anticipato.

Ed ecco che su questa linea è in arrivo anche un'altra sorpresa: l'Agenzia per la cooperazione per l'anno venturo ha pronti 40 milioni di euro
per finanziare 71 progetti stilati da ong e onlus da realizzare in Mozambico, Palestina, Libano, Kenya, Sud Sudan, Burkina Faso, Tunisia, Senegal, Etiopia, Uganda e Camerun
cui coinvolgere le popolazioni locali nello sviluppo economico e culturale.

Lo scorso anno invece i progetti approvati, e ammessi al cofinanziamento, erano soltanto 56 e riguardavano una dotazione di 22,5 milioni di euro pur insistendo sulle medesime aree di competenza.

Ultima novità che fa pensare davvero a una nuova fase per l'Aics, anche questa vincolata alla legge di bilancio,
è il consenso all'agenzia di accedere alla Cassa depositi e prestiti, per accordare crediti anche in via anticipata a investitori pubblici,
privati o finanziare cooperative, onlus e ong, che intendono investire in Paesi terzi anche in qualità di partner.

Tutto in completa autonomia decisionale perché non è previsto alcun organo di controllo.
Un aspetto che si potrebbe rivelare rischioso sia nell'analisi dei piani di lavoro che nella scelta delle reti d'impresa: se queste non fossero in grado di coprire il debito, l'ammanco ricadrebbe sull'intera collettività.
 
Ma Vi rendete conto ? Con 9.000.000 e passa di Italiani in difficoltà, noi diamo 22.5 milioni
ed il prossimo anno 40 milioni di euro a ong e onlus per progetti ????? all'estero.
 
ROMA – Ricchi da scoppiare: in 500, solo in 500 su tutto il pianeta, mettono insieme un patrimonio, una ricchezza sconfinata di 5.300 miliardi di dollari.
Glieli ha contati in tasca a quei 500 ricchi da scoppiare Bloomberg Billionaires Index.
Insomma il conto è approssimato ma quasi ufficiale e certo non è il parto di una fantasia ostile al denaro e soprattutto a chi ce l’ha.

Insomma ci sono oggi sul pianeta Terra 500 sfondatissimi ricchi sfondati, i 500 più ricchi e sfondati dei ricchi che non sono solo 500.
E fin qui non è proprio una notizia che sorprende. Magari le dimensioni, quei 5.300 miliardi da dividere per 500 portafogli…magari le dimensioni fanno un po’ impressione, ma solo un po’.

La notizia che è notizia è che quei 500 ricchi sfondati in un anno, un solo anno, hanno messo in tasca, nelle loro 500 tasche, mille miliardi in più del’anno prima.
I loro patrimoni in un anno, un anno solo, sono cresciuti del 23 per cento circa.


Ora la ricchezza non è il demonio e a suo modo può essere perfino una virtù civile. Far fortuna non è peccato.
E neanche necessariamente sinonimo di aver fregato o oppresso il prossimo. Mettiamo che quei 500 i miliardi se li siano meritati.
Per abilità, ingegno, fortuna. Mettiamo, per comodità, che sia tutto limpido e lucente. Mettiamo, per comodità di discorso.
Mettiamo, ipotizziamo siano tutti soldi santi e sudati. Ovviamente così non è, non è mai stato e non sarà mai. Ma mettiamo che sia così.

Anche ammesso e non concesso sia così, una forma, la forma contemporanea che il capitalismo soprattutto finanziario sta assumendo comincia a far dubitare delle sue condizioni di reale salute.
Ma come? Il capitalismo scoppia di salute come non mai…Ecco, appunto scoppia, rischia di scoppiare.

L’immagine di quei 500 ricchi sfondati sempre più ricchi e sfondati al ritmo di mille miliardi l’anno somiglia pericolosamente a quella della rana della favola che si gonfiava, gonfiava…fino a scoppiare.

Il capitalismo che è in po’ in economia quello che è la democrazia in politica (un pessimo sistema pieno di difetti ma l’umanità non ne ha mai finora inventato uno migliore)
ha bisogno ed è stato florido e stabile come non mai quando ha saputo contenere diseguaglianze economiche e di reddito.
Il capitalismo ha bisogno di ceto medio che risparmia e investe e di ceti popolari che consumano oltre i bisogni primari.
E il capitalismo ha bisogno di welfare che di sicurezza a chi lavora e produce reddito.
Il capitalismo è in salute quando la ricchezza viaggia in prima classe ma tutti gli altri o quasi sono sullo stesso treno. magari in altre carrozze ma sullo stesso treno.

Se i ricchi staccano il loro vagone e lo gonfiano, gonfiano, gonfiano…alla fine il capitalismo deraglia.
 
Questa è davvero grossa. Ma possibile che non ci sia un limite alle stronzate ?

“Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno”, approvata dal Parlamento lo scorso 3 agosto.
Nel testo è stata però inserita una norma specifica che recepisce la direttiva europea per ridurre il consumo di sacchetti di plastica e incentivare l’uso di quelli biodegradabili.

La legge non dice quanto dovranno costare i sacchetti biodegradabili e compostabili,
ma ipotesi circolate in questi mesi parlano di una cifra compresa tra i 2 e i 5 centesimi di euro.
L’obbligo dei sacchetti a pagamento utilizzati nei supermercati per imbustare frutta, verdura, pesce, affettati e altri prodotti alimentari è, per il Codacons, un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane.


“Una nuova tassa occulta a carico dei consumatori”, denuncia l’associazione a difesa dei consumatori,
che ricorda come dall’1 gennaio 2018 entri in vigore la norma – introdotta dal Decreto legge Mezzogiorno –
che prevede che i sacchetti leggeri e ultraleggeri, ovvero con spessore della singola parete inferiore a 15 micron,
siano biodegradabili e compostabili, con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile di almeno il 40%,
non possano essere riutilizzabili e debbano essere distribuiti esclusivamente a pagamento.

Ogni volta che si andrà a fare la spesa al supermercato occorrerà pagare dai 2 ai 5 centesimi di euro per ogni sacchetto,
e sarà obbligatorio utilizzare un sacchetto per ogni genere alimentare, non potendo mischiare prodotti che vanno pesati e che hanno prezzi differenti, spiega l’associazione.
Tutto ciò – denuncia il Codacons – comporterà un evidente aggravio di spesa a carico dei consumatori,
con una stangata su base annua che varia dai 20 ai 50 euro a famiglia a seconda della frequenza degli acquisti nel corso dell’anno.

“Si tratta di una vera e propria tassa occulta a danno dei cittadini italiani che non ha nulla a che vedere con la giusta battaglia in favore dell’ambiente – spiega il presidente Carlo Rienzi –.
Abbiamo già inviato una istanza d’accesso al Ministero dell’economia per conoscere tutti i dettagli di tale norma ingiusta,
e siamo pronti a dare battaglia impugnando nelle sedi competenti un provvedimento ingiusto che finisce solo per introdurre aggravi di spesa sulle spalle dei consumatori”.
 
Per una volta tanto porto il mio sostegno a Travaglio. Basta inquisizioni.

“La legislatura che sta per essere sciolta (si spera nell’acido) è stata una delle peggiori della storia repubblicana”.

Ma la sua scelta delle parole provoca la risposta indignata di Lucia Annibali.https://twitter.com/LAnnibali/statu...nnibali-gela-travaglio-su-twitter_a_23318664/
“Chi, come me, ha conosciuto gli effetti dell’acido, per sua sfortuna, si augura invece che questo non debba mai accadere a nessuno, nemmeno per scherzo”

Travaglio non si è perso d’animo e ha controrisposto su Facebook, insistendo sul fatto di poter associare il termine acido anche ad altro:
“Mi spiace che Lucia Annibali si sia offesa per il mio augurio semiserio che questa orribile legislatura venga sciolta nell’acido.
Non sapevo che anche la parola “acido” fosse stata proibita dall’Inquisizione del Politicamente Corretto.
In attesa che l’Alto Tribunale comunichi quali vocaboli si possono ancora usare e quali è meglio di no (“acidità di stomaco”, per dire, sarà offensiva?),
il mio unico commento è che non ci sono più parole. Ma nel vero senso della parola”.
 
Solo in Italia possono e potranno accadere queste cose.
Avete presente tutto il can can messo in campo per la fatturazione a 28 giorni contro il mensile :

Niente più bollette ogni 28 giorni. La commissione Bilancio del Senato, che ha esaminato il decreto legge Fisco,
ha approvato l’emendamento Pd che pone fine alla fatturazione a 28 nel caso di “imprese telefoniche, televisive e per servizi di comunicazione elettronica”.
Sono invece esclusi luce e gas, perché “i costi sono vincolati ai consumi”, spiega il relatore del Dl, Silvio Lai (Pd).

Gli operatori avranno “120 giorni per adeguarsi” ed emettere fattura mensilmente.

Dalla norma riguarda anche le ricaricarbili e le utenze business ma sono escluse le promozioni non rinnovabili o inferiori al mese.
L’emendamento stabilisce un indennizzo di 50 euro per i consumatori in caso di”variazione dello standard minimo” della scadenza mensile da parte dell’operatore. Somma che sarà maggiorata di un euro per ogni giorno di fatturazione illegittima.

Agcom vigilerà sull’applicazione della norma, indicando agli operatori i termini per rientrare negli standard minimi, oltre i quali far scattare le sanzioni.
Le sanzioni sono state alzare con il raddoppio delle somme previste che passano così da un minimo di 240mila euro a un massimo di cinque milioni.
 
Chi è Cliente Telecom in questi giorni ha ricevuto la bella notizia.

Sapete come si comporterà Telecom ?

Con parole semplici ha scritto ai Clienti che prenderà l'importo delle 4 settimane,
lo moltiplicherà per i 13 rinnovi annuali, e lo dividerà per 12.

Un aumento dell'8,86% . L'hanno scritto loro. Sulla lettera.

Adesso voglio proprio vedere cosa faranno Agcom e tutti gli altri soloni.
 
Ciad, Sudan e Tunisia: sono questi i Paesi africani recentemente visitati dal presidente turco, Erdogan.
Un viaggio particolarmente importante per comprendere il presente e il futuro del Nordafrica e del Sahel,
ma anche per intuire la proiezione turca nel continente africano dopo l’avanzata di Ankara nel Corno d’Africa.

Erdogan, nella sua prospettiva neo-ottomana, non ha mai nascosto di avere l’Africa nel mirino.
Un continente giovane, con prospettive di crescita, con una piattaforma culturale potenzialmente affine alle mire di Ankara
– soprattutto grazie agli appoggi della Fratellanza Musulmana e del Qatar -,
ma soprattutto centrale nella politica estera turca per penetrare nelle rotte commerciali mondiali che toccano quei Paesi.

Dopo la Somalia, vero avamposto turco in Africa orientale, Erdogan aggiunge quindi nuovi tasselli al mosaico ottomano.

La tre giorni di vertici con i suoi omologhi africani, tra il 24 e il 26 dicembre,
è stata particolarmente interessante specialmente per ciò che riguarda il Sudan.

Con il presidente Bashir, con cui Erdogan condivideva già una serie di progetti politici,
adesso l’alleanza si fa sempre più stretta e preoccupa il governo del Cairo,
avversario geopolitico della Turchia in Nordafrica e Medio Oriente.

Durante il vertice fra il presidente turco e quello sudanese, è stata conclusa un’intesa
per la costruzione di un cantiere navalae turco nell’isola di Suakin.

Un progetto che rievoca gli antichi fasti dell’impero ottomano, quando il sultano Selim I, nel 1517,
indicò l’isola sudanese come base per i traffici commerciali nel Mar Rosso.
Ma oltre all’importanza storica e di propaganda (non secondaria, comunque, nella logica di Erdogan),
il motivo principale di questa scelta ricade sull’importanza strategica dell’isola nel controllo dei traffici marittimi
di uno dei mari più importanti del mondo per ciò che concerne lo scambio di risorse e merci.
Nel Mar Rosso passano circa 3.3 milioni di barili di petrolio al giorno e non a caso
tutte le potenze mondiali sono impegnate nella militarizzazione della costa africana,
in particolare a Gibuti e in Somalia, per ottenere punti di controllo sulle rotte mercantili.

Dalle potenze economiche asiatiche a quelle europee, passando per la presenza militare americana,
delle monarchie del Golfi e ora turca, tutti gli Stati sono interessati a disporre di una forza in quella regione.

La Turchia non fa eccezione e, dopo la base di Mogadiscio in Somalia,
adesso ottiene un porto di estrema rilevanza proprio nel mar Rosso grazie agli accordi con il Sudan,
Paese che si è da tempo spostato verso l’orbita russa e turca (e in parte anche cinese), abbandonando le sirene occidentali.

La questione dell’arrivo dei turchi in Sudan non è passata inosservata specialmente in Egitto.
I media egiziani hanno voluto sottolineare la pericolosità della presenza militare turca al confine meridionale del Paese,
soprattutto alla luce dei recenti avvenimenti in Siria e l’ascesa di Erdogan quale leader lontano dal blocco saudita a cui l’Egitto resta ancora legato.
 

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