L'Italia s'è desta....

Suicida detenuto in carcere Livorno
E' il 56/mo dall'inizio dell'anno
28 ottobre, 10:47

(ANSA) - ROMA, 28 OTT - Ancora un detenuto suicida nelle carceri italiane. Ieri pomeriggio nell'istituto di Livorno un detenuto 56enne, Filia Agatino di origine catanese, si e' tolto la vita impiccandosi con una corda ricavata da un lenzuolo, nella tromba delle scale di accesso alla sezione. L'uomo, che lavorava come addetto alle pulizie, sarebbe stato scarcerato domani per fine pena. Il suicidio di ieri porta a 56 il conto totale dei suicidi nelle carceri italiane, dal 1 gennaio 2011 ad oggi.

ci rendiamo conto che...... :wall::wall:
 
la politica che cambia :-o

Wiki-Pd, le 100 proposte di Renzi
Attenzione, con certe idee siamo finiti nei guai
31 ottobre, 12:50

FIRENZE - Il primo punto è sulla costituzione di una sola Camera con non più di 500 eletti, l'ultimo sul sequestro rapido e la gestione efficiente dei patrimoni delle azienda. Le cento proposte sulle quali il sindaco di Firenze Matteo Renzi chiama al confronto prima di tutto il Pd, sono da oggi pubblicati sul sito di Big Bang Big Bang - Stazione Leopolda 2011, la convention conclusa ieri a Firenze. Tanti i temi toccati nel documento offerto adesso alla discussione attraverso una pratica che lo stesso sindaco rottamatore ha definito Wiki-Pd: ritorno ai collegi uninominali, abolizione delle province e del Cnel, unione di piccoli comuni, azzeramento dei contributi alla stampa di partito, via i vitalizi, ma anche due canali Rai (dalla quale devono 'uscire' i partiti) finanziati esclusivamente dalla pubblicità ed il riconoscimento, regolamentato, delle unioni civili.

Le Cento idee coprono quasi tutte le aree di intervento politico: per il welfare la riforma delle pensioni con la parificazione da subito dell'età pensionabile per uomini e donne, un "modello danese" per gli ammortizzatori sociali e l'introduzione del quoziente familiare; per la sanità la chiusura di tutti gli ospedali con meno di cento posti letto che non abbiano servizi di rianimazione 24 ore su 24; per l'economia l'abolizione dell'Irap tagliando i sussidi alle imprese e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, dove i dirigenti nelle aziende pubbliche devono essere a termine. Il capitolo sulla giustizia prevede che gli avvocati siano pagati solo su preventivo e che i magistrati non osservino più di 30 giorni all'anno di sospensione dell'attività giudiziaria. Prevista anche un'amnistia condizionata per i politici corrotti: per ottenerla devono confessare, fare i nomi dei complici, restituire il maltolto ed impegnarsi ad abbandonare la politica. Infine la cultura: al cavallo di battaglia dell'abolizione del valore legate del titolo di studio c'é anche l'impegno a non erogare mai meno dell'1% del Pil alla cultura, per la quale i contributi privati devono essere defiscalizzati.


se fossero applicati e operativi solo i primi 10 punti , saremmo gia' i primi nell'Europa.... :wall::wall:
 
un po' di storia d'italia (quella criminale) a cura di ferdinando imposimato ....molto recente pubblicata su facebook.....:up:

Lo Stato è "Cosa nostra"

di Ferdinando Imposimato

Molti anni fa una giornalista americana, Judith Harris, del Reader's Digest, mi chiese quale fosse la differenza tra Brigate rosse e mafia. Senza pensarci due volte risposi: le Br sono contro lo Stato, la mafia e' con lo Stato. E spiegai che la capacita' della mafia e' di intessere legami stretti con le istituzioni - politica, magistratura, servizi segreti - a tutti i livelli. Con le buone o le cattive maniere.
Chi resiste, come Boris Giuliano, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, viene eliminato, senza pieta'.
Collante tra mafia e Stato e' da sempre la massoneria. Questo sistema di legami, che risale alla strage di Portella delle Ginestre, non si e' mai interrotto nel corso degli anni, anzi si e' rafforzato ed e' diventato piu' sofisticato. Ma molti hanno fatto finta che non esistesse. Complice la stampa manovrata da potenti lobbies economiche.

Da qualche tempo e' affiorato, nelle indagini sulle stragi mafiose del 1992, il tema della possibile trattativa avviata da Cosa Nostra tra lo stato e la mafia dopo la strage di Capaci, per indurre le istituzioni ad accettare le richieste mafiose: questo sarebbe il movente della uccisione di Borsellino. Non ho dubbi che le cose siano andate proprio in questo modo. Ma per capire quello che si e' verificato ai primi anni 90, occorre uno sguardo verso il passato. Partendo dall'assassinio di Aldo Moro e da cio' che lo precedette e lo segui'.

Con la riforma del 1977, che istitui' il Sismi ed il Sisde, i primi atti del presidente del consiglio Giulio Andreotti e del ministro dell'interno Francesco Cossiga furono la nomina ai vertici dei servizi segreti di Giuseppe Santovito e Giulio Grassini, due generali affiliati alla P2 di Licio Gelli: che gia' allora era legato a Toto' Riina, il capo di Cosa Nostra. Furono diversi mafiosi a rivelare questo collegamento tra Gelli e Riina.

I servizi segreti di quel tempo non persero tempo: strinsero patti scellerati con Pippo Calo' e la banda della Magliana, contro la quale, senza rendermene conto, fin dal 1975 avevo cominciato ad indagare, assieme al pm Vittorio Occorsio: con lui trattavo alcuni processi per sequestri di persona, tra cui quelli di Amedeo Ortolani, figlio di Umberto, uno dei capi della P2, di Gianni Bulgari e di Angelina Ziaco; sequestri che vedevano coinvolti esponenti della Magliana, della P2 e del terrorismo nero. Tra gli affiliati alla loggia di Gelli c'era un noto avvocato penalista, riciclatore del denaro dei sequestri, che poi venne stranamente assolto dopo che Occorsio aveva dato parere contrario alla sua scarcerazione. Di quella banda facevano parte uomini come Danilo Abbruciati, legati alla mafia ed ai servizi segreti. Occorsio, che aveva scoperto l'intreccio tra la strage di Piazza Fontana, l'eversione nera e la massoneria, venne assassinato l'11 luglio 1976. Per l'attentato fu condannato Pier Luigi Concutelli, che risulto' iscritto alla loggia Camea di Palermo, perquisita da Falcone.

La mia condanna a morte fu pronunciata, probabilmente dalla stessa associazione massonica, subito dopo che fui incaricato di istruire il caso Moro, in cui apparvero uomini della mafia guidati da Calo', i capi dei servizi manovrati dalla banda della Magliana e politici amici di Gelli. A raccontarlo al giudice Otello Lupacchini fu il mafioso Antonio Mancini; costui disse che verso la fine del 1979 o i primi del 1980, avendo fruito di una licenza dalla Casa di lavoro di Soriano del Cimino, non vi aveva fatto rientro; in occasione di un incontro conviviale in un ristorante di Trastevere, l'Antica Pesa o Checco il carrettiere, cui aveva partecipato assieme ad Abbruciati, a Edoardo Toscano, ai fratelli Pellegrinetti, a Maurizio Andreucci e a Claudio Vannicola, mentre si discuteva del controllo del territorio del Tufello per il traffico di stupefacenti, si parlo' <<di un attentato alla vita del giudice Ferdinando Imposimato>>. <<Dal discorso si capiva che non si trattava di un'idea estemporanea: era evidente che erano stati effettuati dei pedinamenti nei confronti del magistrato e della moglie; che erano stati verificati i luoghi nei quali l'attentato non avrebbe potuto essere eseguito con successo; si era stabilito che comunque non si trattava di un obiettivo impossibile, per carenze della sua difesa nella fase degli spostamenti in auto: il luogo in cui l'attentato poteva essere realizzato era in prossimita' del carcere di Rebibbia dove la strada di accesso all'istituto si restringeva e non vi erano presidi militari di alcun genere>>. Proseguiva Mancini: <<Quando sentimmo il discorso che si fece a tavola, io e Toscano pensammo che l'attentato dovesse essere una sorta di vendetta per l'impegno profuso dal magistrato nei processi per sequestri di persona da lui istruiti e che avevano visto coinvolti i commensali, i quali parlavano del giudice Imposimato definendolo "quel cornuto che ci ha portato al processo". Successivamente, parlando dell'attentato ai danni del giudice Imposimato, Abbruciati mi spiego' che, al di la' delle ragioni personali che pure aveva, aveva ricevuto una richiesta in tal senso "da personaggi legati alla massoneria", dei quali il giudice Imposimato aveva toccato gli interessi>>.

In seguito, durante le indagini su Andreotti per l'omicidio di Mino Pecorelli, il procuratore della Repubblica di Perugia accerto' che alla riunione, nel corso della quale si parlo' dell'attentato alla mia persona, avevano partecipato due uomini dei servizi segreti militari italiani di cui Mancini fece i nomi: essi furono incriminati e rinviati a giudizio per favoreggiamento. In seguito i due mi avvicinarono dicendomi che loro <<non c'entravano niente con quella riunione>> e che <<evidentemente c'era stato uno scambio di persone da parte di Mancini, altri due uomini del servizio erano coloro che avevano preso parte a quell'incontro in cui venne annunciata la condanna a morte>>. Ovviamente non fui in grado di stabilire chi fossero i due agenti dei servizi. Restava il fatto che c'era stato un summit tra agenti segreti e mafiosi per decidere di eliminare, per ordine della massoneria, un giudice che istruiva due processi "scottanti": quello sulla banda della Magliana e il processo per la strage di via Fani, il sequestro e l'assassinio di Moro. Ne' io potevo occuparmi di una vicenda che mi riguardava in prima persona come obiettivo da colpire.

Ma nessuno - tranne Falcone, che seppe, mi sembra da Antonino Giuffre', che Riina aveva avallato l'assassinio di mio fratello - si preoccupo' di stabilire chi dei servizi avesse partecipato al summit in cui era stato annunciato l'imminente assassinio del giudice che in quel momento si stava occupando del caso Moro. Processo in cui, trenta anni dopo, venne alla luce il ruolo determinante della massoneria, della mafia e della politica.

In quel periodo non mi occupavo solo di sequestri di persona, ma anche del falso sequestro di Michele Sindona, altro uomo della P2, e dell'assassinio di Vittorio Bachelet, dei giudici Girolamo Tartaglione e Riccardo Palma e, naturalmente, del caso Moro; ed avrei accertato, dopo anni, che della gestione del sequestro Moro si erano occupati, nei 55 giorni della prigionia, i vertici dei servizi segreti affiliati alla P2 e legati alla banda della Magliana. Ma tutto questo all'epoca non lo sapevo: la scoperta delle liste di Gelli avvenne nella primavera del 1981. Cio' che e' certo e' che il capo del Sismi, Santovito, piduista, era nelle mani di uomini della Magliana, articolazione della mafia a Roma. E dunque il racconto di Mancini era vero in tutto e per tutto. Qualcuno voleva evitare che la mia istruttoria su Moro e quella sulla banda della Magliana mi portassero a scoprire il complotto politico-massonico che, con la strumentalizzazione di sanguinari ed ottusi brigatisti, aveva decretato l'assassinio di Moro per fini che nulla avevano a che vedere con la linea della fermezza.

Il disegno di costringermi a lasciare il processo sulla Magliana e quello sulla strage di via Fani riusci', ma non secondo il piano dei congiurati. La mia uccisione non ebbe luogo per le precauzioni che riuscii a mettere in atto, ma nel 1983, nel pieno delle indagini su Moro, venne ucciso mio fratello Franco da uomini della mafia manovrati da Calo': gli stessi che avevano eseguito la vergognosa messinscena del 18 aprile 1978, ossia la morte di Moro nel lago della Duchessa. Era evidente come il Sismi, che si era servito del mafioso Antonio Chichiarelli per preparare il falso comunicato, erano tutt'uno con la mafia, della quale si servivano per compiere operazioni sporche di ogni genere, compresa quella del lago della Duchessa, che provoco' una reazione violenta delle Br contro Moro, divenuto "pericoloso".

A distanza di 30 anni dal processo Moro e di 26 anni dall'assassinio di mio fratello Franco - assassinio che mi costrinse a lasciare la magistratura e tutte le mie inchieste - ho avuto la possibilita' di scoprire quali fossero le ragioni del progetto criminale contro di me: impedirmi di conoscere il complotto contro Moro. Non era una trattativa tra Stato e mafia, ma un vero e proprio accordo tra servizi, mafia e massoneria, che, con la benedizione dei politici, sanci' prima la eliminazione di Moro e poi la mia esecuzione: la quale falli', ma si ritorse contro mio fratello Franco, il quale prima di morire, mi chiese di non abbandonare le indagini. Il risultato fu che dopo quel barbaro assassinio fui costretto ad abbandonare tutte le inchieste sulla mafia e sui legami tra mafia, massoneria e stragismo. E nel 1986 dovetti rifugiarmi alle Nazioni Unite.

Durante le indagini che io conducevo a Roma sul falso sequestro Sindona, Falcone a Palermo per associazione mafiosa, e Turone e Colombo a Milano per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli, venne fuori a Castiglion Fibocchi, nella villa di Gelli, l'elenco degli iscritti alla P2. Enorme fu la sorpresa degli inquirenti: comprendeva i capi dei servizi segreti italiani e del Cesis, l'organismo che coordinava i servizi, e di quelli che facevano parte del Comitato di crisi del Viminale. Quel comitato che era stato istituito da Cossiga con l'avallo di Andreotti. Dopo la scoperta, venne decisa dal ministro Virginio Rognoni l'epurazione degli uomini di Gelli dai servizi e dal ministero dell'interno; ma di fatto non fu cosi'. La Loggia del Venerabile mantenne il controllo sui servizi segreti, come ebbe modo di accertare la Commissione parlamentare sulla P2; e le deviazioni continuarono, con la complicita' dei vari governi che si susseguirono. La corruzione dei politici di governo, le intercettazioni abusive su avversari politici, giornalisti e magistrati, i ricatti fondati su notizie personali sono stati una costante della vita dei servizi (la vicenda Pollari-Pompa docet) senza che mai i responsabili abbiano pagato per le loro colpe.

Oggi e' riesplosa sulla stampa, per pochi giorni, la storia legata alla morte di Borsellino, subito silenziata dai mass media. La magistratura di Caltanissetta ha riaperto un vecchio processo che collega la sua tragica morte a moventi inconfessabili legati a menti raffinate delle stesse istituzioni. L'ipotesi investigativa prospetta la possibilita' che Borsellino sia rimasto schiacciato nell'ingranaggio micidiale messo in moto da Cosa Nostra e da una parte dello Stato in sintonia con la mafia, allo scopo di trattare la fine della violenta stagione stragista in cambio di concessioni ai mafiosi responsabili di crimini efferati come la strage di Capaci. Si trattava di una vergogna, un'offesa alla memoria di Falcone ed ai cinque poliziotti coraggiosi morti per proteggerlo. Salvatore Borsellino dice che le prove di questa ricostruzione erano nell'agenda rossa sparita del fratello Paolo, il quale, informato di questa infame proposta, probabilmente ha reagito con sdegno e rabbia: sapeva che lo Stato voleva scendere a patti con gli assassini. Di qui la decisione di accelerare la sua fine.

Ricordo che in quel tragico luglio del 1992, poco prima della strage di via D'Amelio, ero alla Camera dei deputati dove le forze contigue alla mafia erano ancora prevalenti e rifiutavano di approvare la norma voluta da Falcone, da me e da molti altri magistrati antimafia: la legge sui pentiti e il 41 bis. Nonostante la morte di Falcone, non c'era la maggioranza. Fu necessaria la morte di Borsellino per il suo varo. E oggi la si vuole abrogare.

L'aspetto piu' inquietante riguarda il ruolo di un ufficio situato a Palermo nei locali del Castello Utveggio, riconducibile ad attivita' sotto copertura del Sisde, entrato nelle indagini per la stage di via D'Amelio dopo la rivelazione della sua esistenza avvenuta durante il processo di Caltanissetta ad opera di Gioacchino Genchi. Al numero di quell'ufficio dei servizi giunse la telefonata partita dal cellulare di Gaetano Scotto, uno degli esecutori materiali della strage di via D'Amelio. Mi pare ce ne sia abbastanza per ritenere certo il coinvolgimento di apparati dello Stato.
[ame=http://www.youtube.com/watch?v=f2hwc8F3Vos&feature=autoplay&list=ULe9hd3jeZe6k&lf=mfu_in_order&playnext=1]Quinto Potere - Facoltà di Giurisprudenza - Palermo - 18 luglio 2011 - YouTube[/ame]
 
Suicida detenuto in carcere Livorno
E' il 56/mo dall'inizio dell'anno
28 ottobre, 10:47

(ANSA) - ROMA, 28 OTT - Ancora un detenuto suicida nelle carceri italiane. Ieri pomeriggio nell'istituto di Livorno un detenuto 56enne, Filia Agatino di origine catanese, si e' tolto la vita impiccandosi con una corda ricavata da un lenzuolo, nella tromba delle scale di accesso alla sezione. L'uomo, che lavorava come addetto alle pulizie, sarebbe stato scarcerato domani per fine pena. Il suicidio di ieri porta a 56 il conto totale dei suicidi nelle carceri italiane, dal 1 gennaio 2011 ad oggi.

ci rendiamo conto che...... :wall::wall:

Secondo me uno che si suicida un giorno prima di uscire dal carcere vuol dire che fuori da carcere non ha nulla ... e non centra quindi il regime carcerario :rolleyes:
 
il dramma sul montebianco..... :eek::eek:


Dispersi sul Monte Bianco, maltempo blocca ancora soccorsi
Due francesi ormai da 5 giorni bloccati a 4.000 metri sotto le Grandes Jorasses
07 novembre, 11:46

COURMAYEUR (AOSTA) - Le nuvole basse e il forte vento in quota che impediscono il volo agli elicotteri e le condizioni proibitive sulla montagna (accumuli di neve con elevato pericolo di valanghe) ostacolano ancora i soccorsi dei due alpinisti francesi - la guida Olivier Sourzac e la cliente Charlotte De Metz - ormai da 5 giorni bloccati a 4.000 metri sotto le Grandes Jorasses (massiccio del Monte Bianco). Gli uomini del Soccorso alpino valdostano e della guardia di finanza di Entreves sono in attesa di una schiarita all'eliporto per entrare in azione.

Le previsioni indicavano una possibile 'finestra' di bel tempo all'alba, ma non si è verificato l'atteso miglioramento e per oggi è improbabile che le condizioni mutino. Alle 14, a Courmayeur, è previsto un briefing tra i soccorritori italiani e francesi per fare il punto sulla situazione, che sarà seguito da una conferenza stampa.

Il maltempo ha intrappolato, su una stretta cornice di roccia a 4.050 metri di altitudine, la guida alpina di Chamonix Olivier Sourzac, di 47 anni, e la sua cliente parigina Charlotte Demetz, 44enne esperta scalatrice del Club Alpin Francais, in un incubo fatto di bufere di neve e temperature glaciali che potrebbero aver raggiunto anche i 25 gradi sotto lo zero.

E venerdì pomeriggio, nella loro ultima comunicazione telefonica, avevano proprio riferito di aver scavato una buca nella neve. "Un metodo - commenta il medico - conosciuto dagli alpinisti esperti come loro, a volte un salvavita".
 
...continua sul monte bianco :(

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Ore decisive per alpinisti dispersi sul monte Bianco
08 novembre, 11:14
Cerchiato in rosso il punto dove si dovrebbero trovare i due alpinisti bloccati sotto le Grandes Jorasses, sul massicico del Monte Bianco
 
peccato non ce l'hanno fatta :(

Monte Bianco, morti i due alpinisti
Ad individuare i corpi sono stati i soccorritori francesi
09 novembre, 12:40

COURMAYEUR (AOSTA) - Sono stati individuati a 4.050 metri i due dispersi da sette giorni sulle Grandes Jorasses, nel massiccio del Monte Bianco. Il medico del 118 di Aosta, Andrea Ortu, dopo una prima ispezione sui corpi dei due alpinisti sul luogo del ritrovamento ha comunicato che entrambi sono morti. Per la conferma ufficiale occorre che i corpi siano trasportati a valle con l'elicottero, appena decollato da Courmayeur.
 
altra notizia degna di questo thread :rolleyes:

Rubo' 26 gamberoni, 24 mesi di carcere
Cagliaritano condannato a 2 anni e 2 mesi
17 novembre, 16:59

(ANSA) - CAGLIARI, 17 NOV - Un mese di carcere per ogni gamberone rubato: 2 anni e 2 mesi di reclusione. E' la condanna inflitta oggi dal Gup del Tribunale di Cagliari, Giampaolo Casula, a un cagliaritano di 41 anni, Franco Masala, arrestato il 13 marzo scorso con l'accusa di rapina impropria. Aveva rubato una confezione con oltre 20 gamberoni surgelati in un supermercato di viale La Playa, infilandoseli sotto il giubbotto; aveva anche minacciato le guardie giurate con un coltellino quando era stato scoperto all'uscita.

poi la giustizia è uguale x tutti?? :-? o dipende quanto spendi x l'avvocato :wall::wall::-o

sono incazzato perche' 26 gamberoni si rubano x fame...:cool: la solita storia la giustizia è forte coi deboli e inesistente coi forti :wall::wall:
 
ecco gli italiani che risorgono :V:V

serieta', competenza, gran classe e numeri :up:

Fiducia a Monti in Senato con 281 si'
Presenti 307 senatori, 306 votanti maggioranza richiesta era 154
17 novembre, 21:30

(ANSA) - ROMA, 17 NOV - Il governo del premier Mario Monti ha ottenuto la fiducia questa sera in Senato con 281 voti a favore. Contrari 25. I senatori presenti erano 307, 306 i votanti. La maggioranza richiesta era di 154. I voti contrari sono quelli di tutti i senatori della Lega Nord.

mai nessun esecutivo ha avuto mai questi numeri nella storia del senato :-o

a mali estremi , estremi rimedi :up:
 

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