Lo scontro è tra i filocinesi pro Colao e filoamericani pro Draghi

tontolina

Forumer storico
Ricordiamo sempre che la CINA è comunista e che ha come obiettivo quello di produrre per tutto l'Occidende riservando alle nostre nazioni la possibilità di ospitarli durante le loro vacanze
ho citato il dott.Forchielli

Lo scontro è tra i filocinesi pro Colao e filoamericani pro Draghi
Per sostituire Giuseppe Conte, sarebbe in atto uno scontro politico sotterraneo tra alcuni poteri forti favorevoli al manager ex Vodafone Vittorio Colao, contro altri poteri non meno forti, che puntano su Mario Draghi. I primi decisamente filocinesi, i secondi filoamericani
di Tino Oldani
Lo scontro è tra i filocinesi pro Colao e filoamericani pro Draghi - ItaliaOggi.it
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La tesi è questa: per sostituire Giuseppe Conte, considerato visibilmente inadatto per la ricostruzione dell'economia italiana dopo il Covid-19, sarebbe in atto uno scontro politico sotterraneo tra alcuni poteri forti favorevoli al manager ex Vodafone Vittorio Colao, contro altri poteri non meno forti, che puntano su Mario Draghi.
I primi decisamente filocinesi, i secondi filoamericani.
I primi guidati da esponenti del Pd come Romano Prodi, Paolo Gentiloni, Enrico Letta e dal banchiere cattolico Giovanni Bazoli, i quali hanno convinto il capo dello Stato, Sergio Mattarella, a imporre Colao come superconsulente di Palazzo Chigi, nella speranza di farne poi l'inquilino numero uno.
I secondi, forti più a Washington che a Roma poiché ispirati direttamente dall'amministrazione di Donald Trump in chiave anti-comunista, sono ora in una posizione minoritaria (in parlamento, ma non nei sondaggi), quali la Lega di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, Forza Italia di Silvio Berlusconi, ma pronti a giocare Draghi come carta vincente, insieme a settori del mondo imprenditoriale, finanziario e del lavoro autonomo.

L'autore di questa tesi è il lobbista Luigi Bisignani, «l'uomo che sussurra ai potenti», che l'ha lanciata nella sua nota domenicale su Il Tempo, diretto da Franco Bechis. A ruota, il sito Atlanticoquotidiano.it, da sempre filo-Usa, l'ha fatta propria e ampliata, aggiungendo non pochi dettagli interessanti sui due schieramenti, che si vanno via via consolidando. Notazioni a cui vorrei, qui, aggiungere il fulmineo riposizionamento in chiave filoamericana di due testate giornalistiche, la Repubblica e La Stampa, dopo il blitz di John Elkann, che ne ha sostituito i direttori. Con risultati visibili proprio ieri sulle prime pagine dei due giornali, in chiave anticinese: «Pompeo accusa la Cina colpevole dell'epidemia», ha titolato Repubblica, che fino a pochi giorni prima difendeva il governo Conte in tutto e per tutto, compresa la sua linea filocinese. Mentre La Stampa ha lanciato in prima pagina l'intervista al ministro della Difesa Usa, Marc Esper, con un titolo che riassume in modo efficace la linea di Trump nei riguardi del nostro paese: «Cina e Russia usano il virus per condizionare l'Italia». Sempre meno autorevole il Corriere della sera, fermo nella difesa a oltranza del governo Conte.

Non è tutto. Volendo, e senza abusare della fantasia, si possono unire altri puntini per completare lo scenario. La Marina militare Usa ha appena affidato a una società del gruppo Fincantieri la costruzione della prima di dieci fregate per 800 milioni di dollari, con l'opzione per l'intera commessa di 5,5 miliardi di dollari. Una mossa volta a dimostrare la differenza tra la pochezza dei cosiddetti aiuti cinesi durante la pandemia (in realtà, forniture pagate dall'Italia centinaia di milioni) e la consistenza economica delle scelte strategiche dell'alleato americano, che guarda caso va a premiare una società, la Fincantieri, che ha sede a Trieste, porto scelto dalla nuova Via della seta cinese, cosa evidentemente poco gradita a Washington.

Nelle intenzioni Usa, sostiene il sito Atlantico, vi è poi «un asse da spezzare, quello tra Vaticano e Mattarella, che offre copertura all'influenza di Xi Jinping in Italia». E qui, proprio ieri, ecco la bomba su papa Francesco lanciata da un'anticipazione della biografia di Benedetto XVI, con questo titolo su Repubblica. «Il ritorno di Ratzinger: nozze gay e aborto segni dell'Anticristo» Un siluro al permissivismo dottrinario del pontefice in carica, assurto a icona della sinistra laica e filocinese in Italia.

Passando in rassegna Colao e i suoi sostenitori, il sito Atlantico sottolinea che l'ex ceo di Vodafone è titolare di un fondo, General Atlantic, «che di atlantico ha solo il nome. Investe, infatti, massicciamente nel paese del Dragone e ha una decina di società cinesi in portafoglio che si occupano di piattaforme streaming e biomedicali». [vi è un palese conflitto di interessi]
Una passione per le tecnologie digitali, quella di Colao, condivisa da Davide Casaleggio, guru del M5s, «il primo partito filocinese in Italia, che il Deep State Usa ha deciso di polverizzare»
Ai sostenitori Pd della prima ora (Prodi, Gentiloni, Letta, Bazoli e Mattarella) si sono aggiunti Matteo Renzi «per la sua repulsione verso Trump», i banchieri Giuseppe Guzzetti (ex Fondazione Cariplo) e Massimo Tononi (ex Cassa depositi e prestiti), e i consulenti di McKinsey, da cui proviene lo stesso Colao.

Quanto a Draghi, scrive Atlantico, «è considerato da sempre per studi, vocazione e rapporti, l'italiano più vicino alle lobby di potere Usa, con Goldman Sachs in testa. Per lui si sta muovendo il Deep State american» proprio per contrastare l'influenza della Cina in Italia e metterne fuori gioco i supporters. La prima testa a cadere, in questo scenario, sarà quella di Giuseppi», colpevole di avere firmato il protocollo economico sulla nuova Via della seta. Ma la partita tra i pro Cina e i pro Usa non è affatto scontata. Anzi. Prudentemente, Bisignani rileva: «Colao è solo la contromossa di un gruppo di potere per cercare di rendere più difficile la corsa per Palazzo Chigi di Mario Draghi, dove peraltro quest'ultimo non pensa proprio di andare, puntando direttamente al Quirinale».
Se così fosse, la vera posta in gioco non è Palazzo Chigi, ma il Quirinale.



 
Colao e le ricette di Monti per il post-pandemia: “Mai lasciarsi sfuggire una crisi”
29 Aprile 2020, 18:10 39.9k Views

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Corriere della Sera un’intervista a Vittorio Colao, il super manager chiamato dal governo per dirigere la famigerata task force a cui è stato assegnato il compito di risollevare le sorti del nostro paese nella fase post-pandemica. Colao al momento si trova a Londra, e già verrebbe da dire che partiamo con il piede sbagliato. Lavora direttamente dalla capitale inglese “via video”, come dice lui. Anche per una questione di tempo: “Se fossi tornato avrei dovuto fare due settimane di quarantena, avrei perso tempo. Dobbiamo tutti imparare a lavorare in modo diverso”.
E già qui c’è un primo messaggio tra le righe. Ma non è questo il punto più importante dell’intervista
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Ci sono alcuni passaggi, infatti, che meritano di essere approfonditi. Colao a fine intervista afferma che “abbiamo l’opportunità di fare in ognuno di questi campi cose che avrebbero richiesto molto più tempo. Mai lasciarsi sfuggire una crisi”. Avete capito bene: “Mai lasciarsi sfuggire una crisi”. Chissà cosa ne pensano i milioni di italiani che sono ridotti alla fame mente il governo non fa riaprire il Paese ed è in ritardo marcio con i sussidi. Ma in questa frase c’è anche un altro aspetto: è il concetto che rimanda direttamente alle famose riforme per la prima volta evocate anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Di cosa si tratterebbe?

Si prospetta un’altra passata di cancellino sui diritti acquisiti e sulle condizioni di vita e di lavoro della popolazione. Le parole di Vittorio Colao – come sottolinea anche lantidplomatico.it – rimandano la mente, in maniera inevitabile, al governo Monti. L’ex presidente del Consiglio in occasione di un discorso tenuto alla Luiss ebbe a dichiarare: ‘Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata'”.

Non c’è bisogno di ricordare i guasti prodotti dal governo Monti all’Italia. Una ‘cura’ in stile Troika. Come per altro sembra dover riaccadere ancora con il Mes. La crisi post-pandemica dell’Italia, se questi sono i presupposti, rischia di essere peggiore della pandemia stessa.

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Tassa sui prelievi bancomat, l’idea geniale di Colao per rilanciare l’economia italiana
Lotta al contante senza quartiere. La task force voluta da Palazzo Chigi per gestire l'emergenza Coronavirus partorisce idee fortemente punitive contro i pagamenti cash.
di Giuseppe Timpone , pubblicato il 09 Giugno 2020 alle ore 15:35
 

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