L'UNICA COSTANTE NELL'UNIVERSO E' IL CAMBIAMENTO

Alcuni passaggi teorizzati da Sigmund Freud in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io
ci forniscono un formidabile strumento per analizzare alcuni meccanismi mentali che hanno condotto alla paralisi il Paese,
nell’insensato tentativo di eradicare del tutto un virus a bassa letalità
.

Scrive il padre della psicanalisi, prendendo spunto da alcune riflessioni di Gustave Le Bon:

“Osservazioni attente sembrano provare che l’individuo immerso per qualche tempo nel mezzo di una massa cada in uno stato particolare,

assai simile allo stato di fascinazione dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore.

La personalità cosciente è svanita, la volontà e il discernimento aboliti.

Sentimenti e pensieri vengono orientati nella direzione voluta dall’ipnotizzatore”.


Secondo Freud, l’effetto che la suggestione di massa determina sul singolo è tale da offuscare ogni capacità critica,
inducendolo a “orientare i sentimenti e le idee a senso unico,
con la tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite da altri.
Egli non è più se stesso, ma un automa, incapace di essere guidato dalla propria volontà”.



Ora, mi sembra evidente che nella presunta ipnosi di massa che stiamo subendo da oltre un anno,
come sempre accade in analoghe situazioni, alcune parole,
ripetute come in modo martellante da politici di governo, virologi ed esponenti dell’informazione, risultano del tutto funzionali.

Parole in gran parte desunte dal quotidiano bollettino di guerra che scandisce questa infinita emergenza sanitaria.

Covid,
morti,
terapie intensive,
ricoveri,
contagi,
tamponi,
mascherine,
assembramenti,
distanziamento,
vaccino e
lockdown
sono solo alcuni dei termini che evocano la fine dell’umanità nella testa dei più,
facendo loro accettare e seguire con diligenza le norme più insensate.


Si tratta di milioni individui che, proprio a causa del sovrastante clima di continuo allarme,
hanno dato corpo ad una enorme massa emotiva la quale, avendo abolito ogni capacità critica,
si comporta come un gregge terrorizzato dai lupi.


In tal senso, a beneficio di chi possiede ancora un barlume di razionalità,
ritengo che l’unico antidoto contro questa colossale suggestione di massa
sia possibile trovarlo nella attenta lettura dei dati relativi alla pandemia in atto.


Ebbene, in tema di morti e di mortalità generale, il 2020 ha registrato un aumento importante, il 15,6 per cento, ma non catastrofico.

Un aumento, occorre sottolineare, che solo in parte è stato attribuito al Covid-19,
dal momento che tante altre gravi patologie sono state trascurate
nel caos di una epidemia descritta come la peste bubbonica.

Quest’anno però, malgrado le centinaia di decessi, che ogni giorno vengono divulgati attraverso il citato bollettino,
la stessa mortalità generale risulta, almeno nei mesi di gennaio e febbraio, assolutamente in linea con quella del quinquennio 2015/2019.


Addirittura nel 2017 si registrarono nello stesso bimestre 134.917 decessi contro i 126.866 del 2021.

Dunque è probabile che per molti dei poveretti che ci lasciano,
risultati positivi al Sars-Cors-2, la causa primaria del decesso vada ricercata altrove.



A conferma di ciò mi sembra illuminante la risposta che l’ex capo del Comitato tecnico/scientifico, Agostino Miozzo,
dette tempo fa su Rai Tre a Lucia Annunziata, la quale chiedeva lumi circa il record di morti registrato in Italia:

Noi siamo rigorosi nel denunciare tutti coloro che muoiono con il Covid

e li categorizziamo morti da Covid, per Covid
.”


Ergo, dal momento che il virus si è oramai diffuso in ogni angolo d’Italia,
tant’è che l’Oms stima il numero effettivo dei contagiati fino a 20 volte superiore a quello ufficiale,
il numero dei decessi attribuiti giornalmente al Covid-19 appare sempre meno attendibile.


Un simile ragionamento dovrebbe valere per chi rischia sul serio di finire in terapia intensiva o peggio,
ovvero gli anziani e i portatori di gravi e gravissime patologie.


Infatti, al 30 marzo 2021 risultano 106.789 pazienti deceduti Sars-Cov-2 positivi.

Di questi 1.188 sotto i 50 anni (l’1,1 per cento)

e addirittura 282 con meno di 40 anni (lo 0,26 per cento),

in maggioranza affetti da gravi e gravissime patologie pregresse.


Adesso, tutto questo ci deve spingere verso la palude del negazionismo preconcetto
?

Niente affatto.

Da tali, semplici valutazioni dei numeri della pandemia,
che chiunque in possesso di un collegamento internet è in grado di estrapolare,
è possibile uscire dal vortice emozionale di una suggestione collettiva
che impedisce ai più di farsi una idea più equilibrata di questa brutta malattia.



Una idea la quale, se dovesse prendere piede, potrebbe spingere le autorità preposte
a prendere misure assai più ragionevoli, sul modello della Svezia e di altri Stati aperturisti.


Perché, e qui concludo, continuando a paralizzare il sistema con le attuali regole,

il Paese non riuscirà più ad estrarre le risorse necessarie per occuparsi di chi soffre

o soffrirà in futuro di altre serie malattie, anche peggiori del Covid-19.
 
Si allenta la pressione sul Sistema sanitario per il coronavirus.


La pressione sui reparti di terapia intensiva si sta allentando da giorni.


Adesso sono ricoverate in condizioni gravi per il coronavirus 3.151 persone in tutta Italia.

Quello della terapia intensiva è un punto critico: il virus causa polmoniti interstiziali
che possono compromettere il quadro clinico del paziente e i posti,
soprattutto in alcune regioni, scarseggiano da settimane.

Quello dei posti in terapia intensiva occupati da pazienti Covid19 è uno dei dati che viene comunicato tutti i giorni dalla Protezione civile.

Il suo andamento – va precisato – non ci dice molto sul trend della diffusione del virus
(incidono di più le capacità strutturali e organizzative delle singole regioni)
ma ci fa capire quanto un sistema sanitario regionale sia sotto stress.


Abbiamo raccolto le cifre di questa situazione: dai posti letto in terapia intensiva per regione,
agli aumenti di posti negli ultimi giorni nelle singole regioni fino al “tasso di occupazione” dei reparti di rianimazione da parte delle regioni.

Premessa: i posti letto in generale sono costantemente calati negli ultimi anni e hanno portato l’Italia sotto la media Ocse.


I posti letto disponibili in terapia intensiva in Lombardia sono arrivati a 1.320.

Erano 859 nel 2018 secondo i dati del Ministero della Salute,
ma sono stati aumentati di 741 unità dall’inizio dell’emergenza.

Adesso nelle terapie intensive lombarde ci sono 675 malati per Covid19.
 
Non Vi pare strano che nessuno ne parli e ne scriva ? Ahahahahah
Nessuna notizai dai giornalai .....

Ferrovie dello Stato Italiane è stato gettato in subbuglio in vista della scadenza il mese prossimo
del mandato del suo amministratore delegato, da un’indagine della Procura di Roma sui contratti tra FSI e Generali.


Le autorità giudiziarie di Roma stanno indagando sui contratti di assicurazione del gigante ferroviario,
dopo che gli informatori interni hanno sollevato il problema per un rimborso assicurativo di 1,59 milioni di euro
all’amministratore delegato della compagnia ferroviaria. Gianfranco Battisti per una malattia nel marzo 2014.



A quell’epoca Battisti era a capo della divisione treni ad alta velocità di FSI,
ricevendo questo denaro dopo otto mesi dalla denuncia di malattia
e quindi prima di diventare amministratore delegato nel 2018.

Il mandato di Battisti come amministratore delegato, insieme a quello del presidente Gianluigi Castelli
e cinque membri del consiglio, scadrà alla prossima assemblea generale di maggio.

Il governo del primo ministro Mario Draghi deve decidere se prolungare il mandato di gestione e consiglio
per altri tre anni o fissare nuove nomine.

FSI, che genera oltre il 2 per cento del PIL italiano, è destinato a essere uno dei maggiori beneficiari del piano di ripresa post Covid italiano finanziato dall’Unione Europea.


Generali Assicurazioni ha incassato oltre 812 milioni di euro da FSI tra il 2007 e il 2019, secondo i documenti di FSI.

In confronto, gli altri assicuratori hanno guadagnato complessivamente 34,7 milioni di euro dalla compagnia durante lo stesso periodo. Generali e FSI hanno rifiutato di commentare i dati.


Nel 2019 due lettere anonime sono inviate a FSI e Generali
ed il governo italiano hanno messo in dubbio l’entità e la legittimità del pagamento di 1,59 milioni di euro
dall’assicuratore all’amministratore delegato Battisti.

Ne è derivato un audit interno, a seguito del quale i vertici di FSI hanno portato le denunce degli informatori all’autorità giudiziaria,
secondo il verbale di una riunione del collegio sindacale, datata 17 settembre 2019, visionata dal Financial Times.


Il chief risk officer di FSI Giovanni Conti, le cui responsabilità includevano la revisione dei contratti assicurativi
e delle gare d’appalto è stato licenziato a febbraio, dopo una serie complessa di problemi iniziata nel 2017.


Il fatto è che l’ammontare del rimborso assicurativo di Battisti è eccezionale anche per gli standard della compagnia ferroviaria.

Secondo i registri interni di FSI dal 1998 al 2018, è stato il doppio del secondo più grande pagamento mai assegnato da Generali a un dipendente FSI.

Il secondo più grande, del valore di € 850.000, è stato liquidato da Generali nel 2009.

Anche la tempistica non torna: in media i sinistri di grosse dimensioni sono liquidate dalla società assicurativa in 18 mesi,
mentre Battisti è stato liquidato solo in otto, insomma per lui si è avuto un occhio di riguardo.


Il premio è stato pagato perché la malattia avrebbe ridotto la capacità produttiva di Battisti e questo era il significato dell’assicurazione.



Certo 1,59 milioni è segno veramente di un grossa importanza del dirigente,
ma, nello stesso tempo, l’uscita di questo “Informatore interno” ha dei tempi un po’ sospetti.
 
1618938657040.png
 
Arriva arriva.....sempre più penso sia il caso di andarmene a vivere in cascina isolata.


Il governo comunista cinese ha lanciato una nuova app
che incoraggia i cittadini a denunciare i dissidenti per aver espresso “opinioni errate” su Internet.



La nuova piattaforma si rivolge a chiunque critichi il PCC al potere della dittatura,
contesti la versione ufficiale della storia del paese o si impegni in “disinformazione”.


Il nuovo sito web e l’app sono stati svelati con orgoglio dalla Cyberspace Administration of China (CAC) cinese,
con le autorità che chiedono agli utenti di svolgere un “ruolo attivo” nell’aiutare a identificare “persone maligne che distorcono i fatti e confondono” gli altri.


“Da un po ‘di tempo, alcune persone con secondi fini … hanno diffuso online false dichiarazioni storicamente nichiliste,
distorcendo, calunniando e negando maliziosamente la storia del partito, nazionale e militare nel tentativo di confondere il pensiero della gente”, si legge nell’annuncio.


“Ci auguriamo che la maggior parte degli utenti di Internet svolgerà un ruolo attivo nella supervisione della società … e segnalerà con entusiasmo informazioni dannose”.


Come osserva Didi Rankovic, “Non sorprende nemmeno perché precede il centesimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese (CPP),
quando i messaggi e le narrazioni dovranno essere mantenuti particolarmente” puliti “.


La Cina gestisce già un oneroso sistema di punteggio di credito sociale
che vieta alle persone di utilizzare i mezzi di trasporto o di svolgere altre attività sociali
se commettono infrazioni minori come attraversare la strada dove non si può o l’acquisto di troppo junk food.


Se pensate di essere al sicuro perchè siete all’estero, be ripensateci.

Una catena di ristoranti cinesi con sede nel Sichuan, Haidilao,
ha installato nel suo nuovo ristorante di Vancouver ben 60 monitor,
di cui almeno due per tavolo, per osservare e riprendere clienti e personale.

Il materiale viene poi inviato in Cina.

Il manager del ristornante ha confermato che questa installazione è stata richiesta dalla sede centrale.

Il volume di dati è tale che Huawei, che ha curato la creazione del sistema,
ha dovuto affittare un locale nelle vicinanze per i suoi tecnici.

Perchè un volume simile di intercettazioni?

Gli scopi sono solo commerciali?

Perchè i dati sono inviati in Cina?



Mi sa che mi faccio un panino a casa.
 
In una dichiarazione rilasciata lunedì dopo un briefing virtuale,
il Comitato di emergenza dell’OMS sugli standard sanitari internazionali
ha raccomandato ufficialmente ai governi di evitare di rendere obbligatori i passaporti per i vaccini,
una tendenza che sta già prendendo piede nel Regno Unito e nella UE.


In particolare, il comitato ha consigliato ai governi di

“non richiedere la prova della vaccinazione come condizione di ingresso,
date le prove limitate (sebbene crescenti) circa l’efficacia dei vaccini nel ridurre la trasmissione
e la persistente disuguaglianza nella distribuzione globale dei vaccini.
Gli Stati parte dell’Organizzazione sono fortemente incoraggiati riconoscere il potenziale per requisiti di prova della vaccinazione
per approfondire le disuguaglianze e promuovere la libertà di movimento differenziale “.


Per giustificare questa posizione, l’OMS ha citato sia dati limitati sull’efficacia del vaccino nel ridurre la trasmissione,

sia le profonde disuguaglianze nella disponibilità di cui si lamenta da tempo l’OMS.


Per inciso, il Comitato ha anche esortato i governi a fare tutto il possibile per sostenere Covax,
il programma sponsorizzato dall’OMS e progettato da Bill Gates per vaccinare le popolazioni di oltre 130 paesi.

Tuttavia, il programma non è riuscito a stanziare un numero sufficiente di vaccini e molte nazioni più povere
– oltre alle 92 ufficialmente ammissibili agli aiuti tramite Covax – non hanno idea dove procurarsi i vaccini in questione.


Intanto da un lato la UE vuole far partire i “Green certificates”, che non sono altro che certificati vaccinali,
o di guarigione o test, per i controlli nei movimenti fra stati, e l’Italia pensa al “Pass vaccinale” perfino per i movimenti fra le regioni.


Che cosa faranno ora di fronte all’ennesimo, nuovo, monito della OMS di cui, in teoria, fanno parte?
 
Siamo agli sgoccioli prima della sentenza sul caso Derek Chauvin, accusato di aver ucciso George Floyd.

La Guardia Nazionale prende posizione in tutta Minneapolis prima del verdetto,
e Facebook prende posizione annunciando una pesante moderazione, leggasi censura,
per rimuovere i post che promuovono disordini civili o violenza a Minneapolis, secondo Bloomberg.


Il gigante dei social media rimuoverà i post che celebrano o lodano la morte di George Floyd.

Sarà molto interessante vedere, cosa di cui dubitiamo, se toglierà anche i post utilizzati per coordinare le proteste ,
molte delle quali diventeranno proteste violente.

L’azienda considera Derek Chauvin un personaggio pubblico e

George Floyd un “personaggio pubblico involontario”,

per cui puoi a priori insultare il primo, ma non puoi dire nulla sul secondo.



Facebook consentirà agli utenti di discutere del processo e degli avvocati,
ma rimuoverà i contenuti che violano le loro politiche su “incitamento all’odio, bullismo, violenza grafica e incitamento”.

Non si sa se rimuoveranno clip del deputato Maxine Waters che incitavano una folla
prima che i membri della Guardia Nazionale fossero rimasti feriti in una sparatoria del fine settimana.


Tutte le pagine, i gruppi, gli eventi e gli account Instagram che violano le loro politiche verranno rimossi
dai team di moderatori che monitoreranno gli eventi per determinare se le posizioni sono considerate ad alto rischio.


Lunedì, i giurati ascolteranno le discussioni conclusive prima di iniziare a deliberare sul fatto che Chauvin,
un ex ufficiale di polizia bianco, abbia causato la morte di George Floyd dopo averlo trattenuto a terra
inginocchiandosi su di lui per circa nove minuti il 25 maggio 2020.

Floyd, un sospetto nero di 46 anni, che aveva un’enorme quantità di farmaci nel suo sistema,
malattie cardiache avanzate e COVID-19 al momento della sua morte.


La polizia è stata originariamente chiamata sulla scena dopo che Floyd avrebbe usato denaro contraffatto per pagare le sigarette.

Gli avvocati di Chauvin hanno affermato che ha seguito correttamente la formazione ricevuta durante i suoi 19 anni con il dipartimento di polizia di Minneapolis.


Come nota la Reuters, “i pubblici ministeri hanno detto alla giuria che stanno valutando la colpevolezza di un solo uomo,
ma il loro verdetto sarà comunque ampiamente visto come una resa dei conti nel modo in cui gli Stati Uniti controllano i neri”.


Durante la discussione del caso è risultato che Floyd soffrisse di cuore e che aveva ancora in corpo delle droghe sintetiche.

Se Chauvin fosse assolto assisteremmo a dei disordini su larga scala, ma non so se ne parleremo su FB.



Molto più probabilmente ne parleremo su telegram o su Minds
 
“Abbiamo 7.000 fusti di birra scaduti e altri 3.000 che scadranno a breve su cui abbiamo già pagato le accise.
I decreti non ci impongono la chiusura ma se bloccano ristoranti, hotel, impianti sciistici ed eventi restare aperti è inutile”:
è la dolorosa testimonianza di Marco Panero, responsabile commerciale della Panero Group.


L’azienda, fondata negli anni ’80 a Fossano (CN), si occupa di distribuzione di vini, birra, bibite e liquori in Piemonte e in Liguria.

Nel 2020 ha fatturato circa 6 milioni di euro, una riduzione del 40% rispetto all’anno prima:
l’azienda non è mai stata obbligata a chiudere dai vari DPCM
ma ha dovuto comunque confrontarsi con una domanda pressoché azzerata nel proprio settore di riferimento
(l’Ho.Re.Ca., che coinvolge ristoranti, strutture alberghiere ed eventi).


In Italia esistono centinaia di aziende nella stessa condizione della Panero Group,
con migliaia di dipendenti lasciati in cassa integrazione e spese che non possono essere rimandate.


Oltre al rimborso di mutui e finanziamenti su capannoni, macchinari e furgoni,
ai rivenditori viene imposto il pagamento immediato delle accise sugli alcolici:
una prassi accettabile in condizioni di normalità che diventa però vessatoria in un periodo di incertezza come questo.

L’acquisto di merci dai produttori avviene infatti seguendo una programmazione almeno semestrale
che non può essere sospesa o rimandata in base alle nuove – e spesso improvvise – disposizioni sulle chiusure delle attività.


Panero cita con rabbia il caso degli impianti sciistici, stoppati a febbraio
con un preavviso di poche ore rispetto alla data di riapertura considerata certa ormai da settimane:

“Avevamo concordato con le strutture ricettive di Bardonecchia, Ulzio, Limone Piemonte e altre località di montagna
l’arrivo dei nostri furgoni pieni di merce. Speranza ha poi annunciato a sorpresa il prolungamento delle chiusure:
a giugno torneremo a riprenderci interi bancali di invenduto, con costi elevati per la logistica completamente a carico nostro”.



Proprio la gestione dell’invenduto ha rappresentato nell’ultimo anno uno degli aspetti più complessi nell’attività dell’azienda.

Panero racconta di essere stato costretto a svendere migliaia di casse per non ritrovarsi con i magazzini pieni di prodotti prossimi alla scadenza:
se da un lato i clienti limitano gli approvvigionamenti, dall’altro lo smaltimento della merce scaduta richiede l’impiego di aziende specializzate
(non possono, insomma, mettersi semplicemente a svuotare i fusti e le bottiglie).

In alcuni casi – soprattutto nel primo lockdown – Panero è riuscito ad accordarsi con i produttori per effettuare dei resi ma,
come riconosce lo stesso imprenditore, “significa solo spostare il problema dal distributore al produttore”.

Questa situazione ha inoltre fatto emergere una gravissima lacuna normativa – e nel frattempo mai entrata nel dibattito parlamentare –
sul tema delle accise sugli alcolici: queste vengono pagate dai distributori al momento dell’acquisto dai produttori
(venendo anche conteggiate nel calcolo dell’IVA) ma ad oggi non esiste nessun meccanismo di rimborso o compensazione
se il prodotto diventa non più commercializzabile.

Dal punto di vista fiscale e giuridico le accise sono imposte dirette sui consumi, dunque,
venendo a mancare in questo momento storico la parte effettiva del “consumo”, dovrebbero diventare a tutti gli effetti inesigibili.

Questo però non accade e le aziende come la Panero Group sono obbligate a pagare
centinaia di migliaia di euro di tasse ingiuste per continuare a lavorare e non incorrere in sanzioni.


Ovviamente questa crisi ha anche pesanti ripercussioni sull’aspetto occupazionale:
la Panero Group ha circa trenta dipendenti che da più di un anno sono in cassa integrazione a rotazione.

I più colpiti sono i dieci dipendenti dell’area commerciale la cui busta paga viene calcolata solo sullo stipendio fisso
senza tenere conto di provvigioni e bonus: il loro stipendio netto in questi mesi è stato inferiore ai 500 euro,
una cifra assolutamente inaccettabile per sostenere famiglie in alcuni casi monoreddito.


Panero ha quindi concluso il confronto lanciando un appello a Gianluigi Paragone per portare le sue istanze in Parlamento:

“Il Senatore e Italexit sono gli unici attori politici che in questi mesi hanno dimostrato di avere a cuore le problematiche delle piccole e medie imprese.
Il nostro settore non vuole l’elemosina ma vuole poter tornare a lavorare in serenità, garantendo un futuro alle aziende e agli addetti.
Alcuni di noi sono già stati avvicinati da multinazionali straniere con proposte d’acquisto a dir poco irricevibili:
mentre il Governo perde tempo su questioni di poco conto, gli avvoltoi cercano di sfruttare le nostre difficoltà per impadronirsi del tessuto economico locale.
Oltre alla necessaria riapertura di ristoranti e locali che ci permetterebbe di riprendere con le vendite,
chiediamo al Governo di intervenire rapidamente sulla questione delle accise pagate sui prodotti scaduti: rimborsatele oppure scalatele dai prossimi acquisti.”
 
Sereni e festanti, i governanti: la rivoluzione dell’Amaro non ci sarà.


Il coprifuoco è una perversione autoritaria.
Il coprifuoco è un atto di brutale gratuità.
Il coprifuoco, alle attuali condizioni, è un’offesa all’intelligenza comune che, a differenza di altre restrizioni e riaperture, si perpetua in silenzio, meccanicamente, automaticamente.
Il coprifuoco, oggi, non ha più giustificazione.
Il coprifuoco NON va esteso alle 23.00, va estinto. Eliminato.


Non è la vita a essere un crimine,
impedire a una persona turbata, insonne per la chiusura della propria attività, disperata,
di mettere a letto i figli e andarsi a sfogare camminando nella notte è un crimine.



La movida, spesso, è negli occhi di chi guarda.


Se, come è stato dimostrato, all'aperto è estremamente difficile contagiarsi,
se il virus rallenta fortemente la sua corsa in estate,
se lo scorso anno, senza vaccini, né certezze sulle cure domiciliari, nel caos
e nella paura di una primissima ondata di una nuova malattia presa in pieno sui denti,
non c’era obbligo estivo di indossare la mascherina all’aperto e il coprifuoco NON esisteva,

perché mai dovremmo prolungarne l’esistenza?

Conosciamo la bestia, abbiamo una campagna vaccinale in corso, seppur flemmatica,
nutriamo certezze sulle cure domiciliari e, soprattutto, abbiamo notato vagamente
che l’infinito pandemico non si interrompe con i lockdown, né che il coprifuoco serva concretamente ad estirpare alcunché,
poiché non esiste certezza scientifica a dimostrarne i benefici e anzi possiamo prevedere la brutalità della sua pratica costante
nell’alimentare l’opprimente sindrome della capanna, il senso di isolamento, l’angoscia della sera.


Estendere il coprifuoco, significa arredare il ghetto.

Arredare il ghetto è un abominio, è la sconfitta, il tracollo definitivo della dignità.

Abituarsi alla limitazione e lì prosperare, come coli fecali, estendersi nella restrizione, è un ossimoro mortale.


Rischieremo, così, di confondere i muri delle nostre case per i confini del mondo,
i limiti territoriali per quelli del regno della democrazia,
i metri casalinghi della nostra detenzione per la più grande quantità di libertà possibile,
estinguendo, nella rinuncia, la percezione estensiva, nel corpo e nello spirito, di noi stessi,
riverenti a un senso di responsabilità perverso che non spetta solamente a noi.


Davvero si pensa che il coprifuoco serva a frenare la movida?

Dopo un anno di arresti domiciliari, umiliazioni, di devastazione psicologica ed economica,
viene da dubitare sulla pazza gioia degli italiani al bar, in discoteca o al mare di notte.

La rivoluzione dell’Amaro del Capo non avverrà.

La parola movida ne contiene un’altra pressoché estinta: vida, vita, quella che è stata resa a tratti un’eccezione, a tratti un crimine.


È lecito il dubbio rabbioso.

Quanto è rimasto di “sanitario” nell’indirizzare la gestione popolare di questa pandemia
e quanto, ormai, volge alla speculazione politica?


A tratti pare che non sia il virus a disturbare noi, ma noi a disturbare il virus;
a tratti pare che tutto il complesso castello di fregnacce messo in atto per restringere,
non sia necessario per la nostra salute ma per evitare il fallimento di alcuni agli occhi della storia;
a tratti pare, e le parole del ministro Speranza sull’egemonia culturale della sinistra lo confermano,
che il coprifuoco non si elimini, né si modelli per non regalare un assist a Salvini
o che determinati atteggiamenti non vengano assunti per non confermare la crescita del gradimento delle destre.

Nel consenso si cresce, nel consenso si uccide.

Porteranno gli italiani alle urne.

Cinerarie.

Se così fosse, molti dovranno fuggire, nottetempo, senza farsi notare da nessuno.

8 settembre eterno.


Gli italiani non sono un popolo di rivoluzionari, raramente di rivoltosi.

La geniale sensibilità di alcuni grandi, da Prezzolini a Flaiano, testimonia che, se verrà tirata ancora la corda,
gli italiani attueranno ciò che gli riesce meglio: fare il cazzo che gli pare, ordinati, silenziosi, furbi. Sempre.

E lì scatterà la rivoluzione degli amari per davvero.

Dei c***i amari, specie di chi oggi si discolpa da tutto per l’incapacità di assumersi le proprie responsabilità.


A ogni livello, con ciò che possiamo, con ciò che riusciamo, non assecondiamo l’idiozia e rinnoviamo la protesta:
#NoestensioneSIestinzionedelcoprifuoco.

Prima che salti il coperchio e rimanga solo il fuoco.
 
Altra restrizione delle libertà personali, inviolabile per la Costituzione.
Mattarella.....dove sei ????????


Si chiama ufficialmente “certificazione verde” e sarà il pass per potersi spostare tra regioni di colore diverso.

Avrà una durata di sei mesi per i vaccinati ed i guariti
e di 48 ore per chi si sottoporrà a test antigenico o molecolare con esito negativo.

Chi lo falsifica rischia anche il carcere.

Il funzionamento della principale novità presente nella bozza del nuovo decreto
è regolamentato dall’articolo 10 del provvedimento che nelle prossime ore sarà discusso in Consiglio dei ministri.


La certificazione viene rilasciata già alla somministrazione della prima dose di vaccino. (MA LA PRIMA DOSE NON COPRE DAL VIRUS. FALSI.)

Sarà in formato cartaceo o digitale e sarà compilato dalla struttura presso la quale è stato effettuato il vaccino.

Nel documento, che confluirà poi nel fascicolo sanitario elettronico dell’interessato,
oltre ai dati anagrafici sarà riportato anche il numero di dosi somministrate rispetto al numero di dosi previste.

Per le persone guarite, il certificato sarà rilasciato dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero del paziente
o, per i non ricoverati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta.

Il pass, però, cessa di avere validità qualora l’interessato risulti successivamente di nuovo positivo al Covid.


Le certificazioni di guarigione rilasciate prima dell’entrata in vigore del decreto avranno una validità di sei mesi dalla data indicata sulla certificazione.

Chi ha completato il ciclo di vaccinazione prima dell’entrata in vigore del nuovo provvedimento
e non ha ricevuto alcuna certificazione, può farne espressa richiesta alla struttura sanitaria o alla Regione o la Provincia.

Chi si sottoporrà a test antigenico rapido o molecolare con esito negativo avrà una certificazione verde della durata di 48 ore
che sarà rilasciato dalla struttura stessa che ha effettuato il tampone:
strutture sanitarie pubbliche, private e accreditate, farmacie, medici di medicina generale o pediatri.

Il pass resterà in vigore fino all’attivazione della piattaforma europea,
nella quale saranno convogliati anche i certificati nazionali a quel punto
entrerà in vigore il cosiddetto Dgc-Digital Green Certificate, interoperabile a livello europeo.


Per chi falsifica il certificato c’è il rischio carcere:
il comma 2 dell’articolo 13 prevede infatti che per tutti i reati di falso che hanno ad oggetto la certificazione verde Covid-19,
le pene previste dagli articoli 476, 477, 479, 480, 481, 482, 489 del codice penale,
anche se relativi ai documenti informatici di cui all’articolo 491 bis, sono aumentate di un terzo.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto