Indici Italia maronna

http://canali.libero.it/affaritaliani/vignetta1603.html
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CONTI PUBBLICI: FT; ITALIA COME ARGENTINA SU STRADA ROVINA

(ANSA) - ROMA, 17 mar - "L'Italia segue l'Argentina sulla strada della rovina". A scriverlo è il Financial Times, secondo il quale lo stesso "Mario Draghi implicitamente ammette questa somiglianza quando afferma che l'Italia deve migliorare la propria performance produttiva se vuole avere qualche speranza di invertire il trend di relativo declino" intrapreso dal Paese.

Secondo quanto afferma il quotidiano economico, "in assenza di riforme reali, lo scenario più probabile per l'Italia è quello di un prolungato periodo di stagnazione economica, se non di recessione, con un aumento del debito pubblico. Queste spingerà le agenzie di rating ad abbassare ulteriormente l'outlook italiano e costringerà la Banca Centrale Europea a tirare fuori dai guai l'Italia".

"L'Italia commetterebbe un grave errore se postponesse riforme del mercato anche dolorose e se facesse affidamento sull'indulgenza della Bce", aggiunge il quotidiano paragonando questo errore a quello commesso dall'Argentina che si è sempre affidata "alla benevolenza del Fondo Monetario Internazionale per misurare la debolezza della propria economia".

"Come nel caso dell'Argentina - prosegue il Ft -, l'unica strada da seguire per l'Italia è quella di riguadagnare competitività attraverso riforme strutturali, e soprattutto quella del mercato del lavoro". Il quotidiano osserva infine che "come l'Argentina negli anni '90, le finanze pubbliche italiane sono veramente in disordine: con un debito pubblico che eccede il 105% del pil, l'Italia è il paese più indebitato fra i grandi d'Europa. E con deficit superiore al 4%, sta chiaramente violando i criteri di Maastricht. Ad aggravare la situazione c'é anche la perdita di competitività a livello internazionale".

"Un'ironia del dramma economico italiano e della sua politica è che molti degli attuali detentori di titoli di stato una volta possedevano bond argentini - scrive il quotidiano - Come il nuovo governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha ammonito che l'economia si è arenata e come il premier Silvio Berlusconi dice che l'euro è stato un disastro per l'Italia a
poco meno di un mese dalle elezioni, uno dovrebbe domandarsi quando i detentori di titoli di debito italiano si renderanno conto di trovarsi in un film già visto".(ANSA).
 
Bankitalia ammonisce: sale il debito e l'industria ristagna!

News, Dati, Eventi finanziari - di Argema 17 Mar 2006



Per la prima volta da 10 anni il debito pubblico torna a crescere, per la prima volta da 10 anni l’occupazione cala; l’industria è ferma; la ripresa economica che si annuncia è fiacca «rispetto agli stessi grandi Paesi dell’area dell’euro, pure attardati nel confronto internazionale».

In Banca d’Italia ce l’avevano messa tutta per evitare che il loro Bollettino economico semestrale desse spunto a forzature politiche; ma questi e non altri sono i dati. L’analisi che ne discende è cruda. Soprattutto evitare confronti tra i quinquenni, è stata la parola d’ordine: tra il 1996-2000 del centro-sinistra e il 2001-2005 del centro-destra. Il testo del primo Bollettino dell’era Draghi è più breve, più asciutto, di quelli che si pubblicavano sotto Antonio Fazio; il giudizio sulla manovra economica per l’anno in corso è ridotto al minimo, al contrario di quanto volle Fazio nella campagna elettorale per le politiche del 2001.

Impossibile nascondere però che «lo sviluppo economico del Paese nell’ultimo decennio ha rallentato fino ad arrestarsi». Un numero tutto nuovo è quello sul debito pubblico, che la Banca d’Italia ha ricalcolato sui nuovi dati Istat: 106,4% del prodotto lordo, 2,6 punti in più rispetto all’anno precedente, con una inversione di tendenza dopo 10 anni di risanamento. Solo grazie alla tendenza discendente del debito l’Italia era stata ammessa nell’euro. Nel bilancio delle amministrazioni pubbliche il saldo positivo al netto degli interessi sul debito, ridotto ad appena +0,5% del prodotto lordo, annulla i progressi di quasi un quindicennio; riporta alla situazione degli anni prima di Tangentopoli.

Non c’è nemmeno da illudersi che conti dello Stato in deficit rianimino produzione e occupazione, avverte la Banca d’Italia, nel dopo-Fazio tornata in armonia dottrinaria con la Banca centrale europea. Senza risanamento della finanza pubblica non si riuscirà a «trarre l’economia italiana dal ristagno»; anzi «i due obiettivi sono complementari». Da qui in poi saranno «necessari interventi capaci di incidere in maniera permanente sui comportamenti di spesa degli enti pubblici» si legge nel capitolo sulle prospettive, l’unico che Mario Draghi abbia voluto rivedere di persona.

Non c’è da entusiasmarsi per la crescita «di poco superiore all’1%» verso cui l’economia italiana si avvia quest’anno, dopo il «ristagno» del 2005. Gli attuali «segnali di ripresa congiunturale non delineano ancora un superamento del divario di crescita» di cui l’Italia soffre; e nei primi mesi dell’anno la produzione industriale appare ancora stazionaria. Non esistono ricette-miracolo, «occorrono azioni di lunga lena volte a modificare incisivamente la struttura produttiva e l’ambiente regolamentare e di mercato in cui essa opera».

La nostra crisi è soprattutto industriale. Un grafico impressionante disegnato dagli economisti del Servizio studi mostra che nei settori industriali esportatori (quelli che realizzano all’estero più del 40% del fatturato) dal 2000 ad oggi la produzione è diminuita dell’8%, e l’utilizzo degli impianti scende giù verso livelli pericolosi per i posti di lavoro; i settori che non esportano sono stati toccati molto meno, e stanno anzi ritornando al livello del 2000. Il saldo mercantile dei nostri conti con l’estero, per anni in ampio attivo, è ormai quasi a zero. Non è colpa di qualcun altro: né dei nuovi Paesi che emergono, né di altri fattori internazionali. A fermare lo sviluppo italiano «sono stati i nodi strutturali che riducono la capacità del nostro sistema produttivo di trarre beneficio dalle opportunità insite dei nuovi assetti del commercio internazionale e dalle tecnologie innovative affermatesi nel mondo».

Un confronto significativo è con la Germania, che pure ha attraversato lunghi anni di bassa crescita ma dove tra ristrutturazioni delle imprese e sacrifici condivisi dai lavoratori la produttività è salita (nell’industria in senso stretto +4,4% l’anno scorso, contro - 0,7% da noi). Nel cuore della nostra industria, la metalmeccanica, la Banca d’Italia valuta però positivamente il rinnovo del contratto, perché gli aumenti salariali sono «in linea con l’inflazione» e la flessibilità cresce.


Argema

http://www.investireoggi.it/io/canali/Notizie/index.php?pag_id=38&p_id=383253

e la compagnia di berluskao continua a negare la verità
come un comune delinquente nega, nega, nega sempre, anche l'evidenza!

che frequentassero troppi avvocati penalisti?
i penalisti sono noti per la loro logica affine a cliente...
 
UE: FISCALITA'; EURODEPUTATI PSE, BUGIE DI BERLUSCONI E FINI
(ANSA) - BRUXELLES, 17 MAR
- Dopo il ministro Gianfranco Fini, "anche il novello meridionalista Lombardo, accasato nella Lega
Nord, insiste nel sostenere, mentendo agli italiani, che il governo ha ottenuto dall'Ue la cosiddetta fiscalità di vantaggio, un provvedimento molto importante per lo sviluppo del Mezzogiorno". Lo sostengono, in una dichiarazione congiunta, i deputati europei del gruppo socialista (Pse), Nicola Zingaretti, Gianni Pitella e Claudio Fava.

"Lombardo, che è parlamentare europeo, dovrebbe sapere come stanno le cose e cioé che la fiscalità di vantaggio non c'é. Invece va in tv e ringrazia Silvio Berlusconi per aver ottenuto il tanto auspicato regime fiscale differenziato per le regioni del sud. Tutto falso. Ringrazia di cosa, l'on. Lombardo?", chiedono i tre eurodeputati i quali poi ricordano che l'unico atto politico in questa materia è un voto del Parlamento europeo nell'ambito di una risoluzione, dal valore esclusivamente consultivo, sugli aiuti di Stato.
"Cosa c'entrano Berlusconi o il governo italiano? Proprio un fico secco. Purtroppo, non c'é ancora uno straccio di decisione, e nemmeno di discussione, in seno al Consiglio europeo, ove Berlusconi avrebbe potuto e dovuto porre la richiesta", rilevano i rappresentanti dei Ds, secondo i quali "quelle di Berlusconi, Fini e Lombardo sono bugie elettorali pronunciate ai danni delle imprese e dei cittadini del Mezzogiorno".
La battaglia sulla fiscalità di vantaggio "si presenta lunga e difficile", sostengono Zingaretti, Fava e Pittella. "Solo grazie al Parlamento europeo e agli eurodeputati italiani si è aperta una breccia. Ma non basta: occorrono altri sforzi e altre tenaci iniziative. E ci sarà bisogno di un nuovo governo onesto che non si limiti alla propaganda in casa, ma faccia soprattutto il suo dovere a Bruxelles". (ANSA).
 
tontolina ha scritto:
UE: FISCALITA'; EURODEPUTATI PSE, BUGIE DI BERLUSCONI E FINI (ANSA).

Reddito/ Per l'Eurispes, Italia più povera della media europea
Sabato 18.03.2006 10:00
Italia più povera della media europea. In Italia, 2 milioni e 674mila famiglie vivono in condizioni di povertà relativa (dato al 2004). Ad affermarlo i dati Eurospes, secondo cui il 19% della popolazione italiana vive guadagnando meno del 60% del reddito medio del Paese. Una percentuale preoccupante se si pensa che la media europea è del 16%.

Il nostro Paese insieme a Portogallo e Spagna registra, quindi, un tasso di rischio povertà elevatissimo, inferiore solo a quello di Irlanda, Grecia, e Slovacchia (21%). Il confronto con l'anno precedente mostra un incremento della povertà relativa dello 0,9% (dal 10,8% del 2003 all'11,7% del 2004), in valori assoluti si contano circa 300mila famiglie povere in più, oltre 700mila persone. Ed è possibile stimare che circa 2.500 nuclei familiari sono a rischio povertà, l'11% delle famiglie totali, ben 8 milioni di persone.

A livello europeo sono 2,6 milioni le famiglie in povertà relativa. "Lo spettro della povertà non fa sconti a nessuno: colpisce i giovani precari che passano da un lavoro all'altro e coloro che finora erano considerati privilegiati: cioè, il cosiddetto ceto medio".
 
Beluskino si è scatenato! Sta facendo una marea di PROMESSE
....... come al solito da marinaio?

http://canali.libero.it/affaritalia...arrivaaconvegnoconfidustriaavicenza.html?pg=1

Ieri ha attaccato tutti i giornali che non sono di proprietà di Finivest asserendo che non c'è libertà di stampa perchè sono contro di lui
pure il Messaggero di proprietà del suocero ell'ON CASINI è diventato comunista

e tra gli imprenditori ex-amici c'è lo scarpolino Della Valle

:sad: :sad: :sad:

pertanto trovo necessario segnalare un articolo dove si evidenziano solo i conti del governo berlusKINO e il linguaggio è diretto
asp. che lo cerco
 
Marzo: sono normali, oppure sono tutti scimuniti?

I maggiori giornali finanziari del pianeta danno l'Italia per spacciata. Dopo "The Economist" che ha dedicato all'Italia un intero inserto dal titolo "Addio Dolce Vita", anche il Financial Times ha così titolato Italy follows Argentina down the same road to ruin .

Come durante il fascismo, la verità su ciò che sta succedendo in Italia, si sa dai giornali stranieri; infatti Berlusconi, come Mussolini, definisce "comunista" la stampa estera (anche The Wall street journal? Ed il Financial times? E The Economist? E tutti gli altri giornali capisaldi del capitalismo mondiale?). Mussolini, per la verità, li definiva lacché delle plutocrazie occidentali.

Entrambi, hanno raccontato agli italiani la stessa favoletta (siamo forti, ricchi e potenti) che, nel caso di zio Benito, diventò ridicola non appena si cominciò a fare sul serio: dal primo giorno di guerra, le forze armate italiane inanellarono la più lunga ed ingloriosa serie di sconfitte militari della storia dell'umanità.

Gli italiani ci credevano a quelle stronzate del Duce (ricordate le otto milioni di baionette e la storia dell'Impero che ritornava sui colli fatali di Roma?), esattamente come oggi credono alle stronzate di Napoleone Berlusconi. E ciò dimostra, oltre ogni ragionevole dubbio, che "questo è un popolo di coglioni" (la citazione è di Gianni Brera, quel grandissimo giornalista che definì "abatino" Gianni Rivera).

I maggiori giornali finanziari del mondo, ci raccontano che l'Italia oggi, è come l'Argentina ieri: stesso percorso verso il disastro e stessa probabile "tosatura" di tutti quei risparmiatori che detengono titoli di Stato.

In un passaggio dell'articolo si dice: "one has to wonder at what stage Italy's bondholders will get the feeling that they have been to this sad movie before" (uno si chiede a che punto i detentori di Bot italiani avranno la sensazione di vedere lo stesso triste film che hanno già visto con in Bonds argentini).

Avete capito? L'autore dell'articolo fa notare che, questo popolo di 57 milioni di furbi, dopo essersi fatto "inculare" dagli argentini (con i Tango bonds) si sta facendo "inculare" alla stessa maniera, dai Bot nazionali. E meno male che siamo 57 milioni di furbi ....!!??

E dire che i numeri sono pubblici e chiunque può consultarli e, quindi, tutti avrebbero la possibilità di rendersi conto "in proprio", di quanto grave sia la situazione, senza bisogno di farselo raccontare da altri.

Osservate la tabellina sotto: si riferisce alla contabilità nazionale dal 1990 al 2005.

Anni Totale uscite Totale uscite al netto interessi Interessi Totale entrate Saldo primario Indebitamento netto
1990 370.768 299.073 71.695 290.515 -8.558 -80.253
1991 413.114 324.816 88.298 326.040 1.224 -87.074
1992 443.790 344.764 99.026 360.220 15.456 -83.570
1993 465.232 359.908 105.324 382.161 22.253 -83.071
1994 464.062 366.342 97.720 384.695 18.353 -79.367
1995 490.719 384.334 106.385 420.636 36.302 -70.083
1996 519.618 406.668 112.950 449.873 43.205 -69.745
1997 520.597 424.493 96.104 492.878 68.385 -27.719
1998 528.747 442.736 86.011 498.550 55.814 -30.197
1999 536.105 461.367 74.738 516.980 55.613 -19.125
2000 543.200 467.867 75.333 534.400 66.533 -8.800
2001 595.234 515.664 79.570 556.493 40.829 -38.741
2002 605.983 533.436 72.547 571.520 38.084 -34.463
2003 640.195 570.920 69.275 598.440 27.520 -41.755
2004 654.852 586.418 68.434 611.200 24.782 -43.652
2005 693.579 621.724 71.856 628.800 7.076 -59.779

La vedete l'ultima colonna: é la differenza tra entrate ed uscite. Se a casa vostra spendete più di quanto guadagnate, prima o poi fallite, non è vero?

Vedete che dal 1991 al 1998, quella differenza si è andata riducendo? Significa che i governi di quegli anni stavano risolvendo quella situazione critica e, infatti, nel 2000 la differenza tra entrate ed uscite era minima, "quasi zero".

E' difficile da capire, italiani ed italiane?

Vedete poi cosa succede quando il governo Berlusconi arriva al "potere" (anno 2001)?

Si riprende con lo stesso andazzo della Prima Repubblica, quando i governi di Craxi, De Mita e compagnia cantante, conducevano il debito pubblico italiano al 120% del Pil; cioè alla bancarotta.

Questo governo Berlusconi, da quando ha messo le mani nell'economia italiana, ha gettato alle ortiche anni di risanamento ed ha cominciato a spendere più di quanto incassa, sicché, nel 2005, per la prima volta in dieci anni, il debito pubblico italiano ha ripreso a salire (era il 104.2% del Pil ed è salito al 106.4%).

Se Silvio Berlusconi avesse fatto la stessa cosa con i conti di Mediaset, quella sua azienda sarebbe già fallita!

Non è un'opinione, è matematica.

Osservate (soprattutto quelli che ancora credono alle favole per bambini scimuniti) le spese al netto degli interessi: li dentro ci sono (soprattutto) gli stipendi dei dipendenti pubblici. Vedete il gigantesco salto durante il governo Berlusconi?

Non le vedete? Bene, allora osservate la figura sotto, in essa le uscite al netto degli interessi (quindi, principalmente, gli stipendi dei dipendenti pubblici) sono rappresentate in percentuale del Pil (la ricchezza prodotta ogni anno in Italia).



Lo vedete adesso?

Subito dopo l'arrivo dei "campioni del liberismo" (oltre la linea rossa del grafico sopra) le spese dello stato italiano sono, letteralmente, esplose.

Dopo anni di contenimento, è arrivato il "guru" di Arcore con le sue ricette di liberismo alla Thatcher e, invece di fare ciò che predicava da anni (ridurre le spese dello stato), ha cominciato a spendere e spandere come suo compare Craxi (compare per essere stato suo testimone di nozze) e tutti quegli altri che hanno portato l'Italia alla bancarotta.

E mentre che "mago Silvio" compiva questo "sacco" delle casse dello stato, raccontava agli italiani quanto bravo e parsimonioso era stato il suo governo; e molti italiani ci hanno creduto, esattamente come credevano alle cazzate militariste di Mussolini.

Lo vedete adesso quante stronzate vi ha raccontato questa banda di governanti abili solo nel gioco delle tre carte? Siete o non siete convinti che, se Berlusconi avesse fatto le stesse cose con le casse di Mediaset, quella sua azienda avrebbe già portato i libri in tribunale?

E' così difficile da capire?

Adesso osservate ancora la tabellina sopra, nella colonna interessi: si tratta degli interessi sul debito pubblico che, in figura sotto sono raffigurati in rapporto al Pil (Prodotto interno lordo).



Cosa vi ha raccontato in questi anni il "mago" di Arcore?

Che l'Europa e l'euro sono state la rovina dell'Italia; come se volesse scaricare su Bruxelles le responsabilità della pessima situazione economica italiana.

Lo vedete cosa succede durante gli anni di Berlusconi?

Gli interessi sul debito pubblico calano drasticamente; e lo sapete perché?

Perché i mercati finanziari, confidando sul risanamento delle finanze italiane (a seguito dell'ingresso nell'euro), si sono accontentati di tassi di interesse più bassi.

Volete vedere cosa sarebbe successo senza l'ingresso nell'euro?

Più o meno quello che si vede in figura sotto (sono ancora i tassi di interesse in rapporto al Pil): gli interessi sarebbero scesi, ma sarebbero stati oltre due punti di Pil più alti di quanto sono, invece, stati.



Il risultato finale sui conti pubblici italiani sarebbe stato come in figura sotto: invece di un deficit pari al 4.2% del Pil (com'è stato nel 2005), avremmo avuto un deficit del 6.3% (tipo Repubblica delle banane).



Avete capito?

Il governo Berlusconi, grazie all'Europa ed all'euro, ha evitato un disastro immane delle finanze pubbliche: dovrebbero tutti recarsi, almeno una volta l'anno, in pellegrinaggio a Bruxelles per ringraziare quel santo patrono.

E, invece, il guru di Arcore, va raccontando ai suoi elettori (che, evidentemente, stentano a fare i conti anche col pallottoliere) che l'Europa è stata la più grande disgrazia che si poteva abbattere sul suo governo; esattamente come Mussolini che accusava l'Inghilterra (la perfida Albione) di qualsiasi problema economico italiano.

Così ci tocca sentirci "pigliati per il culo" da quelli del "Financial times" che, giustamente, si chiedono: "ma questi italiani sono davvero persone normali oppure sono un popolo di scimuniti?".

Io me lo chiedo spesso e, quasi sempre, propendo per la seconda ipotesi.


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per vedere i grafici...
http://www.borsari.it/Giaccheferru8.php
 
LA VERITA'
SULLE CIFRE
NON INTERESSA PIU'

di Antonio Polito
La gente è stufa. E se il governo vince o perde lo deciderà il «feelgood». Di fatto ogni italiano la sua idea se l’è fatta, se la sta facendo o se la farà, sulla base delle sue cifre personali, dei suoi guai personali, delle sue fortune personali.


http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=363866

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23 Marzo 2006 0:10 ROMA

Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Per presentare il suo libro a Roma, ho riletto il piccolo volume in cui Luca Ricolfi ha riversato un grande lavoro: una ricerca tra tutti i dati disponibili tesa ad accertare se il celebre contratto con gli italiani firmato da Silvio Berlusconi è stato rispettato o no. La rilettura mi ha provocato un sentimento di tenerezza per questo studioso mite, certosino, scandalosamente imparziale, ostinatamente proteso alla Verità.

Me lo sono immaginato chino sulle carte per mesi, costretto a scegliere a ogni passo la statistica giusta, a distinguere tra «spirito» e «lettera» della promessa, per accertare innanzitutto che cosa diceva davvero il contratto, perché ce n’è uno in formato light che Berlusconi tiene ancora affisso nel suo bagno di casa, ce n’è uno nella forma verbale che si ricava dalla registrazione della puntata di Porta a Porta in cui fu firmato, e ce n’è uno nel formato hard del programma elettorale vero e proprio.

E mentre leggevo tutti questi dati, i distinguo, le sottigliezze, mentre scoprivo cose che neanche sapevo sulle pensioni integrate al minimo o sull’andamento triennale dei delitti, intorno a me infuriava la campagna elettorale, in cui non ho ancora trovato nessuno che sia neanche lontanamente interessato a quelle cifre. Non certo i candidati.

Lo stile che stiamo adottando, soprattutto nei confronti televisivi dove i numeri volano, è il seguente: noi del centrosinistra scioriniamo tutti i dati negativi dell’economia del quinquennio (c’è solo l’imbarazzo della scelta); quelli del centrodestra ribattono dicendo che tutta Europa sta messa male e poi citano altri dati positivi di cui siamo generalmente ignari; al che noi del centrosinistra ribattiamo che basta chiedere alla gente che giudizio si è fatta della situazione perché le statistiche non sono tutto (soprattutto le statistiche degli avversari). E così via.


Qualche settimana fa, quando il libro di Ricolfi venne anticipato, si sviluppò invece un certo dibattito sui giornali. Destra e sinistra lo tirarono per la giacchetta, ma almeno si discuteva di numeri, e con una certa approssimazione alla realtà. Il che mi aveva fatto sperare in una campagna elettorale di stile anglosassone. Questa attitudine, al primo infuriare della battaglia (la Berlusconata a Vicenza), è completamente scomparsa. E, se volete la mia impressione, è scomparso anche l’interesse degli elettori per l’accertamento della verità.


La verità è che ogni italiano la sua idea se l’è fatta, se la sta facendo o se la farà, sulla base delle sue cifre personali, dei suoi guai personali,delle sue fortune personali. In inglese si chiama effetto «feelgood»: se c’è il governo vince, altrimenti perde. Al punto che proprio il grande lavoro di Ricolfi mi fa venire un dubbio sulla premessa di Ricolfi: che cioè il contratto sia un buon modo di aprire un dialogo oggettivo e riscontrabile con gli elettori. Se c’è ancora in giro chi può sostenere che è stato completamente attuato e chi può sostenere che è stato completamente disatteso, vuol dire che neanche il contratto riesce a introdurre la logica matematica nella battaglia politica.


«Il senso comune si muove nell’ambito di tutto ciò che è direttamente intuibile e non si lascia stordire dalle parole», scrive La Capria citato da Ricolfi. Il senso comune fece vincere Berlusconi, il senso comune lo farà perdere. Il contratto è un istituto del diritto privato, non pubblico.


PS: però un paio di dati ve li dò, non resisto. Per l’Istat nel 2005 la forza lavoro è diminuita di 118mila unità nel Mezzogiorno, gli occupati sono diminuiti di 38mila unità, e perfino quelli che cercano un lavoro sono diminuiti di 80mila unità. La Campania ha perso 52mila occupati, provocando da sola il saldo negativo del Sud.
 
MARONNAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

ECCO COME PRODI E BERLUSCONI VANNO K.O.
“Oggi” ha chiesto a Paolo Guzzanti e a Marco Travaglio le cinque domande “cattive” che nessuno oserebbe fare ai due. Per Romano: Gradoli, Nomisma, Mitrokhin, Sismi, Stampa. Per Silvio: tasse, Mafia, Previti, Mills, P2.


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23 Marzo 2006 1:28 NEW YORK (Dagospia)

Questa sezione e' tratta dal sito Dagospia di Roberto D'Agostino. Il contenuto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.



TRAVAGLIO: LE 5 DOMANDE LETALI PER BERLUSCONI

Da “Oggi”

Ed ecco le cinque domande “cattive” che stenderebbero il Cavaliere. Ce le suggerisce il giornalista Marco Travaglio, autore con Peter Gomez di “Le Mille balle blu (Bur).



1 - Diversamente da quanto promesso nel Contratto con gli Italiani, le aliquote fiscali non sono state ridotte a 2 ma sono rimaste 4; le pensioni minime sono aumentate solo per un quarto degli aventi diritto, i reati non sono diminuiti ma aumentati; i nuovi cantieri non corrispondono al 40 ma al 20 percento del piano Grandi Opere; la disoccupazione non s’è dimez¬zata, è scesa solo dal 9,8 al 7,2 per cento. Nessuna delle cinque promes¬se è stata rispettata. Perché non mantiene neppure la sesta: non ricandidarsi?


2 - Il 26 novembre 2002 il tribunale di Palermo la interrogò sulla provenienza dei 250 milioni di euro (valore di oggi) entrati nelle sue holding dal 1975 al 1983 e sull'assunzione del boss mafioso Vittorio Mangano come fattore nella villa di Arcore dal 1974 al 1976. Lei si avvalse della facoltà di non rispondere. Ma uno che non risponde a domande del genere può candidarsi alla guida del governo?


3 - Oltre a Mangano, lei ha frequentato Flavio Carboni (imputato per l'omicidio Calvi), Dell'Utri (pregiudicato per frode fiscale, condannato in primo grado per mafia), Previti e Squillante (condannati in appello per corruzione), Craxi (condannato in Cassazione a 10 anni) e Fiorani (in carcere per associazione a delinquere). Come possiamo fidarci?



4 - A Londra il governo Blair è bersagliato da opposizioni, stampa e Tv perché il marito di una sua ministra, David Mills, consulente della Fininvest, è accusato di essere stato corrotto da lei con 600 mila dollari per testimoniare il falso a Milano. Crede che lei, accusato di aver corrotto Mills, potrebbe candidarsi a premier in Inghilterra?



5 - Lei si proclama cattolico, va a messa, fa la comunione e il suo portavoce Bondi scrive ai parroci che Forza Italia è il partito vicino alla Chiesa. Come concilia tutto ciò col fatto che è divorziato, ha due famiglie e nel 1978 si affiliato alla loggia massonica P2 con la tessera n. 1816?


GUZZANTI: CON QUESTE 5 DOMANDE PRODI VA K.O.

Da “Oggi”

Abbiamo chiesto al giornalista e senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti di formulare le cinque domande “cattive” che nessuno oserebbe fare a Prodi.


1 - Era considerato nell'Est e a Mosca negli anni '70 un promettente intellettuale di sinistra non comunista che meritava simpatia. Poi nel 1978 venne miracolosamente a conoscere l’indirizzo del commando delle Br che teneva prigioniero Aldo Moro e anziché precipitarsi al telefono mise su una seduta spiritica, con un piattino semovente che compose non solo il nome del paese di Gradoli, ma pure quelli delle vicine Bolsena e Viterbo. Poi non andò dalla polizia ma alla Dc buttò là l'informazione, che provocò una massiccia incursione al paese di Gradoli e la fuga immediata dei brigati¬sii da via Gradoli a Roma. Vuole finalmente spiegarci questa storiaccia?



2 - Nel 1991, mentre era in corso il golpe contro Gorbaciov, intervistato dal “Corriere” spiegava che Gorbaciov era un fallimento, che il capo dei golpisti Pavlov era suo amico e che stava agendo con coerenza, che attendeva le nuove direttive economiche mentre la sua Nomisma lavorava a Mosca con l'istituto Plehanov, sezione economica del Kgb. Come spiega quel suo imbarazzante tifo per un ritorno del comunismo?



3 - Da capo del governo nel 1996 e 1997 lasciò che il Sismi occultasse e mettesse sotto chiave tutte le informazioni sugli agenti sovietici in Italia fornite dal governo britannico sulla base delle informazioni portate da Vasilij Mitrokhin e oggi lei si trova deferito per questo al Tribunale dei ministri. Come spiega che la notizia sia stata occultata alla stampa?

4 – Premiò il direttore del Sismi che aveva agito ai suoi ordini promuovendolo al comando dell’Arma dei carabinieri, cosa mai più accaduta dai tempi di De Lorenzo, per non dare troppo potere informativo a un solo uomo. Il generale Siracusa fu riconfermato nel comando malgrado avesse superato i limiti d étà: non era mai successo. Perché tanta gratitudine?




5 – Perché per due volte ha spintonato giornalisti che le facevano domande sgradite, facendo cadere malamente una collega senza nemmeno scusarsi?

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http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=363890
 

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