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Mediobanca, Bollorè esce dal patto di sindacato. Aprendo le danze anche sul futuro delle Generali

L'istituto guidato da Alberto Nagel diventerà contendibile sul mercato. E lo sarà anche il corposo pacchetto di azioni del Leone (13,46%) custodito dall'istituto di Piazzetta Cuccia. La decisione rende più facile anche l'uscita di scena di Unicredit

di Fiorina Capozzi | 27 settembre 2018
Mediobanca, Bollorè esce dal patto di sindacato. Aprendo le danze anche sul futuro delle Generali - Il Fatto Quotidiano

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Ma perché, a distanza di vent’anni dall’ingresso nel patto, Bolloré ha deciso di rompere proprio ora l’alleanza con gli altri soci di Mediobanca?
Secondo quanto riferisce una nota della cassaforte della famiglia bretone, la Financière du Perguet, “la scelta è collegata al crescente impegno finanziario del gruppo Bolloré in Vivendi (la cui quota di possesso è cresciuta in 12 mesi dal 20,6% al 26,2%)”, si legge nel documento in cui si esprime fiducia al management di Mediobanca e soddisfazione per i risultati finora raggiunti
. E poi si precisa che l’obiettivo dell’operazione è “utilizzare con maggiore flessibilità gli asset”, cioè essere liberi di vendere una partecipazione che vale circa 700 milioni senza i vincoli del patto fra i soci.
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Pur avendo espresso l’intenzione di mantenere in portafoglio la quota di Mediobanca al di fuori del patto, da gennaio Bolloré avrà quindi facoltà di cedere in toto o in parte il pacchetto di azioni di Piazzetta Cuccia per incassare denaro utile a compensare la disfatta in una campagna d’Italia che lo vede ancora oggi incastrato nel capitale di Telecom e di Mediaset.
Intanto è certo che la decisione di Bolloré rende più facile anche l’uscita di scena di Unicredit dal capitale di Mediobanca. Ad agosto, del resto, il numero uno di piazza Gae Aulenti, Jean-Pierre Mustier aveva espresso l’intenzione di vendere la quota di Piazzetta Cuccia che politicamente è un ostacolo alle eventuali nozze di Unicredit con un altro istituto di credito. Difficilmente infatti il governo italiano potrebbe accettare il passaggio della partecipazione di controllo delle Generali, posseduto da Mediobanca, in mani straniere come effetto collaterale delle nozze di Unicredit con un’altra banca.

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grafico di mediobanca
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Unicredit, addio a Mediobanca: venduto l'8,4% per quasi 800 milioni
Operazione chiusa con successo per 785 milioni di euro, risultanti dalla vendita di circa 74,5 milioni di azioni ordinarie di Piazzetta Cuccia a un prezzo di 10,53 euro per azione
06 Novembre 2019

MILANO - Unicredit dà l'addio definitivo a Mediobanca. Approfittando del rialzo di Borsa delle ultime settimane, trainato dall'ingresso nel capitale dell'imprenditore milanese Leonardo Del Vecchio, il gruppo Unicredit ha chiuso con successo la vendita, attraverso un accelerated bookbuilding, dell'8,4% di Mediobanca. Il corrispettivo dell'operazione ammonta a circa 785 milioni di euro, risultanti dalla vendita di circa 74,5 milioni di azioni ordinarie di Piazzetta Cuccia ad un prezzo di 10,53 euro per azione. Lo sconto è del 2,3% circa rispetto all'ultimo prezzo di chiusura pre-annuncio. L'impatto sul Cet1 è neutrale. L'operazione sarà contabilizzata nel quarto trimestre.

La decisione, si legge in una nota dell'istituto guidato dal manager francese Jean Pierre Mustier, è "in linea con la strategia di cessione degli asset non strategici'. Spiegando l'operazione, Unicredit sottolinea di "essere impegnata nel sostengno dell'economia reale dei suoi diversi mercati" e che "i ricavati della vendita 'saranno reinvestiti nello sviluppo delle attivita' dei propri clientì".

Tecnicamente, la vendita dell'8,4% delle quote avverrà attraverso un "accelerated bookbuilding": in pratica, le azioni vengono offerte sul mercato a investitori istituzionali incrociando le offerte ricevute. Ha il vantaggio di collocare quote importanti di capitale in tempi brevi: il "book" solitamente viene chiuso al massimo in un paio di giorni.

La banca, che domani annuncerà anche i conti dei 9 mesi, aveva - dall'arrivo di Mustier - sempre definito Mediobanca una partecipazione finanziaria. Per l'operazione Unicredit si avvale di BofA Securities, Morgan Stanley e UniCredit Corporate& Investment Banking in qualita' di Joint Bookrunners e ha richiesto di procedere ad un collocamento diversificato agli investitori, impegnandosi a non interferire con l'allocazione delle azioni.


Il futuro di Mediobanca e l’anomalia italiana
di ALESSANDRO PENATI
 
Ascesa e declino di Mediobanca, dopo l’uscita di Unicredit
UniCredit ha deciso di vendere le azioni che aveva in portafoglio sin dalla notte dei tempi, ma la vera notizia non è questa. Per capire quali elementi hanno portato all’attuale situazione di Piazzetta Cuccia occorre tornare indietro di quasi un secolo
Ascesa e declino di Mediobanca, dopo l’uscita di Unicredit - Linkiesta.it

UniCredit ha deciso di vendere le azioni di Mediobanca, che ha in portafoglio fin dalla notte dei tempi. Il controvalore è inferiore ma non troppo al miliardo di euro. UniCredit continua così a vendere le proprie partecipazioni insieme a un corposo aumento del capitale varato un paio di anni fa.
La notizia “vera” non è però questa, ma un’altra.

Si torni indietro nel tempo. Venti e passa anni fa non sarebbe stato nemmeno concepibile che una delle tre Banche di Interesse Nazionale - Credito Italiano, Banca di Roma, Banca Commerciale - potesse vendere la quota di azioni che deteneva in Mediobanca. La quale ultima non era azionista delle tre banche, che, al contrario, erano le sue azioniste, ma queste, le controllanti, non avrebbero osato muoversi in maniera indipendente.
Come mai le cose andavano in questo modo?
Torniamo agli anni Trenta (nientemeno).
Le banche dette “miste” - gli istituti che oltre al credito ordinario, erogavano anche quello a più lungo termine, ed, infine, avevano partecipazioni azionarie nelle imprese che erano loro clienti – ebbero un gran ruolo nel forzare l'industrializzazione dell'Europa Continentale nel XIX e gli inizi del XX secolo. Gli investimenti reali erano forzati ben oltre il livello che sarebbe stato possibile con il solo autofinanziamento e con i conferimenti di capitale dei soci.
Se una banca eroga ad un'impresa un credito a lungo termine che finanzia raccogliendo depositi a breve termine, ossia se ha dei crediti a scadenza lunga a fronte di impegni che sono richiamabili all'istante (i depositi a vista), può accadere che si trovi mal messa se i crediti a lunga scadenza non sono “di qualità”. Se i crediti non sono di qualità, e la banca è pure azionista del debitore, può accadere che essa sia tentata dall'intervenire sottoscrivendo degli aumenti del capitale. Ma se la banca non ha una copertura patrimoniale sufficiente di suo, si espone ancora di più. Dopo la Grande Guerra e durante la Grande Depressione questi problemi esplosero. Le imprese industriali andavano male e le banche erano esposte troppo. Fu così che in Italia le banche miste furono salvate.


Nel 1946 è il turno di Mediobanca, la quale è, a ben guardare, la frantumazione virtuosa della banca mista

Nel 1933 nacque l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) che comprò sia le banche sia le imprese di cui le banche erano azioniste. L'idea era che, dopo il salvataggio, tutto sarebbe ritornato nel settore privato. L'idea iniziale era perciò quella di uno statalismo pro tempore. Invece, arriva la Seconda Guerra, la privatizzazione è rimandata sine die, con l'economia che è di nuovo messa malissimo.

Nel 1946 è il turno di Mediobanca, la quale è, a ben guardare, la frantumazione virtuosa della banca mista. Intanto, i crediti a scadenza lunga non sono più finanziati con depositi a vista, ma con i depositi a risparmio, oppure con obbligazioni, quindi si ha un credito a fronte di un debito di durata equivalente. Poi si possono collocare le azioni e le obbligazioni delle imprese clienti, per rafforzarle finanziariamente. Infine, si possono avere degli investimenti diretti in azioni, ma rigorosamente contenuti in rapporto al capitale di rischio.
Facendo così, non si hanno i difetti della banca mista, ma si hanno i vantaggi: gli investimenti reali possono essere forzati oltre l'autofinanziamento delle imprese ed i conferimenti dei soci. Quando si diceva con espressione pop che in Italia c'erano “i capitalisti senza capitali”, si intendeva questo.
Mediobanca nasce avendo come soci le Banche di Interesse Nazionale finite nell'IRI,
le quali, oltre al capitale di rischio, mettono a disposizione di Mediobanca la loro rete di agenzie per la raccolta dei libretti a risparmio e delle obbligazioni. Mediobanca nasce perciò snella, perché non ha bisogno di una rete commerciale per la propria raccolta. E resta snella anche in sede del collocamento delle azioni e delle obbligazioni delle imprese, perché queste sono assorbite di nuovo dalle agenzie delle banche.



La frantumazione virtuosa della banca mista - ossia Mediobanca - ha avuto come protagonisti dei servitori dello stato che difendevano il perimetro dell'iniziativa privata

Dopo qualche anno Mediobanca diventa la protagonista della finanza italiana, si noti una finanza volta al finanziamento degli investimenti delle imprese. Con il tempo, cresce anche l'impegno come azionista. Siamo così giunti ai “noccioli duri”. Agli azionisti di riferimento, quando necessario, si alleava Mediobanca con quote proprie, allo scopo di dare stabilità e continuità.

Nel caso delle Generali, la storia era diversa. La sua potenza di fuoco (la dimensione del suo attivo) rispetto alle imprese italiane era tale che, in caso di bisogno, essa potevano prendere la partecipazione necessaria. Non era necessario che la prendesse, bastava la minaccia. Le Generali erano come la “Grande Berta”, era lì enorme e minacciosa anche se non sparava, da qui la sua importanza. Questo sistema è andato avanti fino agli anni Novanta. Ha tenuto in piedi quel che poteva, se si tiene conto della crisi che si manifesta in Italia a partire dagli anni Settanta.

Il sistema che ha dato vita a Mediobanca è stato diretto soprattutto da intellettuali del Meridione: Beneduce, Menichella, Mattioli, Tino, Maccanico, Cuccia. Costoro erano emersi durante Fascismo, ma non erano fascisti, e il loro lascito è durato fino a non troppo tempo fa. La frantumazione virtuosa della banca mista - ossia Mediobanca - ha avuto come protagonisti dei servitori dello stato che difendevano il perimetro dell'iniziativa privata.
Il sistema Mediobanca poco a poco si ridimensiona.
Ciò avviene a partire dagli anni Novanta, quando le banche di credito ordinario possono tornare ad agire come banche miste. A quel punto – quando azioniste - si trovano in conflitto con Mediobanca in sede di collocamento dei titoli azionari e obbligazionari di società terze. Inoltre, il sistema dei noccioli duri si è rivelato costoso, perché impegna del capitale per ragioni di sistema, ma il capitale impegnato può essere poco redditizio. Cade il quasi monopolio in sede di collocamento, così come cade il sistema dei noccioli duri per tenere coeso il sistema.

E siamo tornati all’oggi.
 
Mediobanca: Del Vecchio, quota è risultato mix indebitamento e mezzi propri
MILANO (MF-DJ)--L'imprenditore Leonardo Del Vecchio salito al 10,162% di
Mediobanca nella dichiarazione delle intenzioni resa a Consob spiega che
la partecipazione nell'istituto di Piazzetta Cuccia è stata acquisita in
parte attraverso indebitamento finanziario e in parte con mezzi propri.

"La complessiva partecipazione in Mediobanca è stata acquisita
impiegando in maggior parte indebitamento finanziario e in parte mezzi
propri. In particolare, il corrispettivo per l'acquisto della
partecipazione è stato finanziato per il 74,49% mediante risorse
rivenienti da una linea di credito revolving concessa - senza vincolo di
scopo - da Unicredit Luxembourg a favore di Delfin e altre società
controllate con contratto del 19 dicembre 2018, modificato il 7 novembre
2019; per il 23,04% mediante risorse rivenienti da una linea di
credito revolving concessa - senza vincolo di scopo - da Intesa Sanpaolo
Luxembourg a favore di Delfin con contratto del 19 dicembre 2018,
modificato il 23 dicembre 2019 (per maggiori dettagli su tali contratti,
è possibile fare riferimento al bilancio di Delfin); e per il 2,47%
mediante mezzi propri", ricorda l'imprenditore dell'occhialeria.

(END) Dow Jones Newswires
October 07, 2020 12:36 ET (16:36 GMT)
 

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