MI PIACE IL MARE D'INVERNO. LUI CI METTE LE ONDE, IO CI METTO I PENSIERI.

DANY1969

Forumer storico
(Fabrizio Caramagna).
Buona settimana a tutti :)
Oggi torno alle foto di mio fratello... ma rimango in tema :d:
Qualche anno fa ha girato la Sardegna in bici :).
Le foto di oggi: Spiaggia La Pelosa (Stintino), Castelsardo, l'Orso di Palau :)
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Stato e Chiesa discutono sull’orario in cui sarà opportuno celebrare la nascita di Cristo,
il prossimo 24 dicembre, in conformità con gli obblighi di legge che limitano la circolazione delle persone a causa del Covid.

Per alcuni potrà sembrare un gesto di alto senso civico adattare in momenti particolarmente critici
anche i comportamenti religiosi alle esigenze della gestione dell’ordine pubblico.

E, per questo motivo, si sarebbe propensi a conferire medaglie al merito alle gerarchie ecclesiastiche
per la disponibilità dimostrata nell’attenersi al dettato della legge civile.

Tuttavia, la disinvoltura con la quale la Chiesa di Roma rinuncia a uno dei capisaldi del proprio impianto liturgico, sconcerta.

E alimenta cupi sospetti.

Celebrare la Natività a mezzanotte non è per spingere le persone appesantite dai postumi del cenone
a fare due passi “digestivi” dall’abitazione alla chiesa più vicina.

L’aver collocato l’evento fondante della cristianità in quel giorno e a quell’ora ha un valore simbolico di eccezionale potenza: innesca una ierofania.

Con essa si è partecipi e destinatari della manifestazione del sacro, attualizzato in un tempo che non è, né potrebbe essere, quello storico.


Col tempo sacro le lancette dell’orologio tornano indietro riportando al presente l’evento meta-storico accaduto illo tempore.


Nel calendario giuliano la mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre corrisponde al solstizio d’inverno.


Per alcuni storici delle religioni il combaciare dei momenti è la prova del fatto che la dogmatica cristiana
si sia sovrapposta ai culti preesistenti inglobandone alcuni miti radicati nell’essenza profonda del politeismo del mondo pagano.

Nella tradizione del simbolismo polare precristiano il solstizio d’inverno rappresenta il passaggio dalle tenebre alla luce.

Il suo significato si connette al simbolismo del ciclo continuo di morte-rinascita,
immagine speculare della perenne lotta tra il Bene e il Male, tema centrale in tutte le cosmogonie.

Dal 25 dicembre la luce, per effetto del moto evolutivo solare nell’astronomia geocentrica,
ricomincia a sopravanzare l’oscurità dando luogo a una rigenerazione della vita.


Il fenomeno si riverbera sulla dialettica Uomo-Natura sotto forma di una palingenesi.

Nelle religioni tradizionali è frequente ritrovare la simbologia della caverna, rappresentazione dell’utero materno,
luogo oscuro nel quale comincia il processo di rigenerazione che conduce alla nuova vita
e dove la materia corporea si fonde con la sostanza sottile dell’anima immortale.

Ma la caverna è, nella mitologia, anche il luogo ultimo di sepoltura nel quale, all’opposto, i destini di corpo e anima si dividono.

Tra i due momenti non vi è opposizione visto che, nella concezione tradizionale, nascita e morte sono fenomeni concatenati e sequenziali.

D’altro canto, come afferma René Guénon maestro di studi iniziatici,
morte e nascita non sono in fondo che le due facce di uno stesso cambiamento di stato,
e che si ritiene che il passaggio di stato a un altro si debba sempre effettuare nell’oscurità
”.


Come per il simbolismo del chicco di grano nei misteri eleusini, la Natività trasmette all’uomo del presente il portato archetipico di una palingenesi.

L’avvento provvidenziale del Messia, per la religione cristiana, è il simbolo del fattore salvifico dell’incarnazione di Dio nell’uomo.

Il simbolo, quindi, anche per la religione cristiana, non si limita a stimolare pulsioni meta-razionali
ma rivela risposte a domande che l’uomo si pone sull’approdo ultraterreno del proprio destino.

Per Mircea Eliade, storico delle religioni, il simbolo è di per sé un’esperienza totalizzante perché
quale che sia il suo contesto, rivela sempre l’unità fondamentale di parecchie zone del reale”.

Per queste ragioni la celebrazione della mezzanotte conferisce senso alla narrazione mitica di una teofania (manifestazione sensibile della divinità).


Cambiare l’orario, come se si trattasse dell’apertura e chiusura di un esercizio commerciale,

destruttura la fede, privando di valore il suo mezzo di trasmissione: il simbolismo.



Come non vedere il rischio che si cela dietro una scelta apparentemente dettata dal buon senso?

La risposta la si può leggere nello splendido articolo di Renato Cristin, dal titolo B. & B.: i due protagonisti della “Economy of Francesco.


La Chiesa di Jorge Bergoglio si è spinta sulla strada di una nuova dottrina sociale,

portatrice di un messaggio evangelico pauperista letto in chiave proto-comunista per un cattolicesimo,

che, come nota Cristin, è pienamente socialista e non più sociale.


Ma ciò non basta a spiegarne la degenerazione valoriale, che invece parte da lontano: dall’affermarsi del relativismo.


Non solo etico ma anche teologico.

Presumibilmente da quando, come scriveva l’allora cardinale Joseph Ratzinger in Fede, Verità Tolleranza, edito nel 2003:

Il relativismo in certo qual modo è diventato la vera religione dell’uomo moderno”.

Il fatto che il simbolo Gesù Cristo sia considerato uno tra i tanti salvatori e liberatori in circolazione
scaturisce dal presupposto fondamentale del pluralismo unitivo,
enunciato dal teologo Paul Francis Knitter in Nessun altro nome?, edito nel 1991, secondo cui

tutte le religioni sono o possono essere ugualmente valide.
Ciò significa che i loro fondatori, i personaggi religiosi che stanno dietro ad esse sono o possono essere ugualmente validi

(la citazione è nel testo di Joseph Ratzinger e Marcello Pera, Senza Radici, edito nel 2004).


Ora, se il messaggio del Cristo, veicolato attraverso l’interpretazione dei codici della ritualità liturgico-simbolica,
è stato elemento costitutivo della matrice identitaria dell’uomo occidentale,

la sua decostruzione punta a una nuova identità, anti-tradizionale,

prodotta da una miscela ideologica di terzomondismo, marxismo,

socialismo utopistico ottocentesco che, come scrive Cristin, non è

“meno statalista (di quello del modello sovietico ndr) ma strutturalmente sgangherato

e ideologicamente modificato con l’inserimento di istanze indigeniste

che agglutinano cristianesimo e sciamanesimo, tribalismo e marxismo”.



Ecco, dunque, cosa si muove dietro quell’apparentemente innocuo cambio di orario.

Sarebbe un affare dei soli fedeli cristiani se non fosse per il suo impatto
sulla definizione dell’identità dell’Occidente che riguarda tutti noi: credenti, pagani, agnostici, atei.


Combattere contro i sabotatori della tradizione è impresa ardua quando a muovere i fili

di una nuova “teologia della restituzione” d’ispirazione marxista

provvede chi occupa il trono più alto sopravvissuto, in Occidente, alla distruzione dell’antico ordine.



L’auspicio, per la salvezza del nostro comune destino di occidentali, è che vi sia da qualche parte un prelato,
un monsignore, un parroco, un frate ordinato sacerdote disposto a celebrare la Natività con la messa di mezzanotte.

Anche in assenza dei fedeli o collegandosi con essi mediante le moderne tecnologie.

Forse non tutti i mali vengono per nuocere.


Salvare la ritualità allegorica del Natale seve a ricordarci chi siamo, da dove veniamo e dove andremo.


Duemila anni di civiltà non meritano di essere buttati via come carta straccia,

cancellati come una storia di cui ci si debba vergognare,

abiurati come un peccato da cui bisogna emendarsi,

vissuti come una formalità che possa essere derogata per opportunità.


Contro i relativismi ci sono gli assoluti.


Non sarebbe male se cominciassimo col chiarire a noi stessi su quale versante della storia s’intenda stare.
 
Iniziamo con lo spoiler: il pauperismo che ci interessa è un concetto ripreso dall'ideale di povertà di certe comunità cristiane,
una povertà che è valore, che apre porte morali e spirituali.

Ma quando leggiamo in un articolo o sentiamo in video qualcuno che parlando di politica parla di pauperismo,
dobbiamo pensare che sta considerando in modo critico un atteggiamento che (consapevolmente o no)
vede la povertà e la vita povera con favore, e la ricchezza con ostilità o scetticismo.

E lo fa per ragioni sociali di ridistribuzione, ecologiche ed economiche d'impatto ambientale, assiologiche
(cioè di valore, nel senso di valore morale che trova nella ricchezza solo vanità).

Chi parla di pauperismo tendenzialmente lo fa per affermare che queste idee sono esagerate, retoriche, sconvenienti, se non funeste.

Esempi: imposte patrimoniali o sulle pensioni più ricche possono essere tacciate di pauperismo
("È pauperismo, io le tasse sui redditi che hanno costituito quel patrimonio le ho già pagate" "È pauperismo, io quei contributi li ho versati")
perché fanno della ricchezza, se non una colpa, una responsabilità dai limiti ampi.

Altri esempi: opposizioni alle grandi opere, alla grande industria, possono essere tacciate di pauperismo
("È pauperismo, quest'opera renderà le comunicazioni più semplici e veloci" "È pauperismo, questa attività porterà molto lavoro e prosperità")
perché antepongono l'efficienza nella generazione di ricchezza alla terra, alla conservazione dell'ambiente, dei ritmi di vita ancestrali.

Ultimi esempi: la critica al giornalista che si schiera con gli ultimi avendo il Rolex al polso può essere tacciata di pauperismo
("È pauperismo, io lavoro, guadagno ma non per questo sono meno solidale, non devo disfarmi dei miei averi per solidarizzare con gli ultimi, anzi");

può essere tacciato di pauperismo l'attacco al politico di sinistra che acquista la grande villa in campagna
("È pauperismo, voglio vivere in un bel posto e ho modo di farlo, non si deve essere asceti per essere di sinistra").

Il pauperismo (derivato del latino pauper ‘povero', e modellato nella prima metà dell'Ottocento sul pauperism inglese e sul paupérisme francese)
ci sa subito di corrente ideologica per via di quel suffisso ‘-ismo'.

E in effetti, quello di corrente ideologica è il suo significato più gettonato:
c'è un retroterra concettuale unico, anche se oggi magari è diverso fra pauperismo politico e pauperismo religioso
(più probabilmente il primo si rifarà alla decrescita felice di Latouche, il secondo al seguire nudi il Cristo nudo di San Francesco).

Ma ‘-ismo' non è solo suffisso di movimenti: descrive anche delle condizioni.

Esempi: il daltonismo è quella condizione genetica per cui una persona ha una percezione alterata dei colori;

se dico che quel professore ha un grande magnetismo non intendo dire che segue con vigore la fede magnetica,
ma che figuratamente esercita una forza magnetica sugli allievi.

Così il pauperismo (ed è il primo significato che troviamo sui dizionari) può essere inteso come vero e proprio fenomeno economico e sociale,
una condizione di miseria che investe ampi strati di popolazione, in maniera affine a una depressione economica.

Si può parlare del pauperismo di una zona dopo la calamità naturale, del pauperismo che determina un tasso di disoccupazione altissimo.

Ma non è di questo che parla, di solito, chi parla di pauperismo in politica:
un governo pauperista non è un depressionista, ma un governo che antepone, bene o male, altri valori alla ricchezza e alla prosperità.

In teoria.
 
e' almeno 10 anni che mi chiedo chi voti ancora PD....ecco da quello che è successo in America...la risposta e' nessuno...ma....
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"Le libertà costituzionali possono essere compresse solo con una norma di rango costituzionale".


E il premier Giuseppe Conte invece le ha limitate con un atto amministrativo,
ovvero una norma di rango secondario, contro la quale esistono solo i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato:

"È comunque qualcosa di totalmente incostituzionale e cercheremo di portare la questione alla Consulta".


Comunque secondo il Censis la stragrande maggioranza degli italiani è favorevole alle restrizioni, e c'è chi le vorrebbe addirittura più rigide.
Il vicepresidente del Senato si è detto sicuro che gli italiani sono d'accordo con l'idea generale che si debba adottare una qualche misura di contenimento,
ma è pronto a scommettere che invece non "condividono nel merito queste ultime restrizioni".

Proprio in tal senso, il ministro Lamorgese ha annunciato l'impiego di 70mila unità di polizia nel periodo di Natale per incrementare i controlli contro la diffusione del Coronavirus.

Nel frattempo però i dati del Viminale certificano che nel 2020 sono sbarcati più immigrati che in entrambi gli anni precedenti:
"Quegli agenti, infatti, mi piacerebbe vederli schierati a difesa dei nostri confini, anziché a fare da recinto alle nostre case".


I verbali del Comitato tecnico-scientifico: "Che, quando va bene, vengono resi disponibili 45 giorni dopo. E nemmeno tutti".

La volontà è quella di capire sulla base di quali dati e pareri vengono prese certe decisioni per stravolgere la normale vita dei cittadini.

"E se non rispondono, le garantisco che anche su questo li porto in Corte costituzionale", ha avvertito.

In particolare si contesta che non tutte le carte vengano diffuse e che le altre escano dopo 45 giorni:

"Quindi, quando il Dpcm varato su quella base è già scaduto".

Qualche giorno fa in audizione ha fatto una domanda a Giovanni Toti, in quanto vicepresidente della Conferenza delle Regioni,
dopo che in Sicilia il Tar ha dato torto al ricorrente che agiva in giudizio contro alcune misure del Dpcm, ma gli ha dato ragione su un punto

"intimando al Ministero della Sanità di trasmettere il contenuto dei verbali del Cts".

"Approfondirò, ma non mi risulta che il Ministero li abbia trasmessi", è stata la risposta del governatore della Liguria.

E se ciò fosse confermato, significherebbe che neanche una decisione del Tar basta per far tirare fuori le carte al governo giallorosso.

"Hanno qualcosa da nascondere? Se non vogliono pubblicare i documenti,
per lo meno rendano edotto il Parlamento. O c'è il segreto di Stato?".
 
Fa molto bene l’amico Nicola Porro, nelle sue seguitissime “zuppe”,
a sottolineare che la maggioranza degli italiani ritengono giuste le misure restrittive del Governo giallorosso.

A conferma di ciò, egli cita un sondaggio realizzato da Alessandra Ghisleri
– in cui quest’ultima, vestendo i panni della moralista, considera responsabili i cittadini che appoggiano tali misure –
secondo il quale il 66 per cento degli intervistati condividono l’impressionante sequela di divieti natalizi,
mentre un altro 15 per cento verrebbe addirittura rinchiuderci in casa, così come avvenuto nella primavera scorsa.

Tuttavia, il problema di fondo è che questa massa di sprovveduti, al netto delle tifoserie politiche dei partiti al potere,

le quali assumono le loro idee proprio per partito preso, sono stati oggetto di una colossale manipolazione collettiva.



Manipolazione che, considerando il nostro primato mondiale in fatto di analfabetismo funzionale,
potrebbe somigliare ad una sorta di gigantesca circonvenzione di incapace a danno di milioni di sprovveduti.


Ovviamente, tengo a precisare, una simile operazione non è stata assolutamente preparata a tavolino da un consorzio di complottisti.

Essa si è, al contrario, venuta spontaneamente realizzando quando, man mano che la pandemia del Sars-Cov-2 avanzava,
sulla linea catastrofista si è formata una crescente convergenza di interessi politici, giornalistici e professionali.

Da qui, dopo una primissima fase nella quale sembrava prevalere la ragionevolezza,
siamo gradualmente scivolati verso l’inferno di una comunicazione terrorizzante
che ha praticamente annichilito il senso critico della maggioranza degli italiani.


In estrema sintesi, tutto ciò ha indotto, senza che il concetto sia mai stato espresso esplicitamente in questi termini,

moltissimi individui a credere che il Covid-19 fosse una malattia mortale,

quando in realtà i dati ci dicono da tempo che essa uccide sostanzialmente le persone fragili con scarsa risposta immunitaria.

Tanto è vero che il 99,7 per cento degli infettati sopravvive.



Secondo il dizionario Treccani la malattia mortale è una patologia “che ha per lo più esito mortale”.


Ora, considerando che su circa 50mila decessi solo 585 persone avevano meno di 50 anni,

quasi tutti con 3 o 4 patologie gravi pregresse, davvero possiamo dire che il Covid-19 sia una malattia mortale?



Eppure, ciò pensano tanti, troppi italiani, fornendo un formidabile puntello politico
a chi ci ha tolto da quasi un anno le principali libertà costituzionali,
trasformando il Paese in un immenso gulag in occasione delle festività più importanti dell’anno.

Un immenso gulag irregimentato da una serie impressionante di restrizioni demenziali,
come quella di impedire a chi vive solo a poca distanza dai parenti di riunirsi a Natale,
dal momento che Giuseppe Conte e compagni hanno decretato l’inviolabilità dei confini comunali.


Non c’è nessuna ragione plausibile che possa giustificare questa ed altre, tanto stupide quanto agghiaccianti, compressioni delle libertà.


Nessuna ragione per impedire la Messa di mezzanotte;

nessuna ragione per consentire il pranzo nei ristoranti e non la cena;

nessuna ragione plausibile, infine, per distruggere, dopo aver imposto loro costosi e complicatissimi protocolli,
intere categorie produttive, operanti soprattutto nel turismo e nella ristorazione.


Milioni di disgraziati che passeranno un Natale d’inferno non per il Coronavirus,
bensì a causa di un sistema che in breve tempo, da una democrazia parlamentare,
si è tramutato in una insensata dittatura sanitaria.
 

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