MI PIACE IL MARE D'INVERNO. LUI CI METTE LE ONDE, IO CI METTO I PENSIERI.

Report presenterà nella puntata del 7 dicembre un documento
che mostrerà le responsabilità (disattese) di Ranieri Guerra,
ora vicedirettore Oms, nell’aggiornamento del piano antipandemico italiano



Novità nel caso del mancato aggiornamento del piano anti pandemico italiano.


Nelle mani di Report, che da diversi mesi denuncia le mancanze dell’Italia nella risposta alla pandemia,
è finito un documento che dimostrerebbe che Ranieri Guerra, vice direttore dell’Oms
e ex direttore del ministero della Salute, era consapevole nel 2017 della necessità di aggiornare il piano pandemico.


Eppure l’aggiornamento non c’è stato.

Perché?

E di chi è la responsabilità?


Andiamo per gradi.


In un documento firmato dalla Direzione direzione generale della prevenzione sanitaria,
diretto nel 2017 da Ranieri Guerra, che Report mostrerà nella puntata del 7 dicembre,
si scrive della necessità che l’Italia abbia (e aggiorni) il piano pandemico.


“L’influenza pandemica non è una minaccia teorica, è piuttosto una minaccia ricorrente.
Ciclicamente, infatti, le pandemie influenzali compaiono e portano malattia e morte.
Per tale motivo, ogni qual volta emerge un nuovo virus influenzale, nel mondo si genera un elevato livello di attenzione.
Non è possibile prevedere quando si verificherà la prossima pandemia, o la gravità e l’impatto della malattia”, recita il documento,
“è possibile, però, adottare tutte le misure tese a contenere la diffusione del virus
e limitare al massimo le probabilità di contagio all’uomo ogni volta che un nuovo virus influenzale emerge e inizia a diffondersi fra gli animali”,

si legge nel documento quando alla testa del ministero della Salute era Beatrice Lorenzin (ex Ncd, ora Pd).


Con questo documento Report è in grado di dimostrare che a fine 2017 Guerra confermava la mancanza di un piano pandemico aggiornato. “L’influenza pandemica non è una minaccia teorica(…) È necessario predisporre un nuovo piano nazionale”
Report lunedì in onda alle 21.20 @RaiTre pic.twitter.com/dNBKgdb1VC
— Report (@reportrai3) December 6, 2020


Nello stesso documento del 2017, a firma di Ranieri Guerra, nelle righe finali si evince che l’Italia è chiamata,
dopo le nuove indicazioni Oms (del 2014) ad aggiornare il piano pandemico.



“Nel 2007 è entrato in vigore il Regolamento Sanitario Internazionale (RSI 2005),
che fornisce agli Stati Membri gli strumenti per affrontare qualsiasi evento che possa rappresentare un rischio per la salute pubblica.

Nel 2014 l’Oms ha aggiornato Ie sui linee guida per consentire ai Paesi di essere più preparati per la prossima pandemia”, si legge nel documento.


“Alla luce di questi sviluppi, si è posta quindi la necessità di predisporre un nuovo piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale.
Il gruppo di lavoro per la realizzazione del documento è costituito da rappresentanti dell’Istituto Superiore di sanità,
Società scientifiche, Università, Enti di ricerca e IRCSS. Sarà coordinato da questa Direzione Generale, salvo diverso avviso”.


Eppure quel piano pandemico aggiornato non è mai stato redatto.

E l’Italia assolveva all’obbligo di averne uno con la riconferma di un piano redatto nel 2006,
come denuncia il rapporto “Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell’Italia al Covid”,
redatto da 10 ricercatori Oms guidati da Francesco Zambon (che ora rischia il licenziamento),
pubblicato sul sito dell’Organizzazione il 13 maggio e ritirato in meno di 24 ore.


“L’Oms ha stilato il report sulla risposta ‘caotica’ dell’Italia a Covid”, titola il Financial Times, che aggiunge:
“La valutazione secondo cui Roma era “impreparata” è stata rimossa dal sito web poche ore dopo la pubblicazione”.


Insomma quella necessità di cui si legge nel documento della Direzione direzione generale
della prevenzione sanitaria non sembra mai essere stata presa sul serio.
Né negli anni in cui il direttore incaricato era Ranieri Guerrà, né prima.


“Nel mio ruolo di direttore del centro collaboratore Oms per la Travel Medicine,
carica che ho ricoperto dal 1988 al 2008 (5 mandati quadriennali) ho partecipato a vari incontri al Ministero
finalizzati alla predisposizione delle basi di un piano pandemico, ma in ognuna delle circostanze avevo notato
come la cosa non fosse presa troppo seriamente dagli stessi funzionari del Ministero”, scrive oggi Walter Pasini,
Direttore Centro di Travel medicine and global health e già direttore Centro collaboratore Oms per la Travel medicine, su La Verità.


E Pasini aggiunge: “Poi nessuno finora ha messo in evidenza le responsabilità cioè dei ministri della Sanità che sono succeduti dal 2006 ad oggi.

Nessuno o nessuna di loro è stato chiamato/a a rispondere per tale grave inadempienza”.



Ma se l’Italia non ha aggiornato e redatto il piano pandemico, l’Oms, invece è stata lungimirante.

E la pandemia (seppur influenzale) era stata prevista.

Come mai tanti errori, dunque, nella gestione del Covid-19?


Secondo Pasini, un ruolo lo ha avuto la Cina:

“Il motivo sta nel fatto che l’Oms almeno fin dal 2006, da quando cioè la cinese Margaret Chan ha assunto il ruolo (ricoperto fino al 2017) di direttore generale,
è un’agenzia in cui la Cina ha un’influenza preponderante.

Il direttore successivo, l’etiope Tedros Gebrayesus, è stato eletto grazie all’azione diplomatica della Cina e persegue una politica filocinese”.



Ed in effetti, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità non c’è mai stato un richiamo alla gestione della pandemia da parte di Pechino:

“L’Oms non ha mai criticato la Cina per i ritardi con cui ha comunicato quando, dove e come è iniziata l’epidemia da Covid-19”
e “molto ambigua è stata anche la posizione dell’Oms in merito all’origine del virus”, scrive Pasini su La Verità.


E il comportamento dell’Oms è stato decisamente poco criticato dagli Stati membri, Italia compresa:

“Viene da chiedersi infine perché la politica così spudoratamente filocinese non sia stata sufficientemente criticata dagli Stati membri”, si chiede Pasini.
 
La positività di Luciana Lamorgese,
il ministro dell'Interno che si è presentata in Consiglio dei Ministri mentre attendeva l'esito del tampone,
scatena ovvie polemiche (il CdM è stato interrotto proprio alla notizia della sua positività, facendo scattare l'isolamento per altri colleghi).

La ragione di queste polemiche le sintetizza, su Twitter, Annalisa Chirico.


"Non capisco - premette -: un comune cittadino, se con sintomi o a contatto con un positivo, deve isolarsi, fare tampone e attendere esito.

Un ministro della Repubblica invece si tampona e si presenta al Cdm?




Domanda semplice semplice per provocare un profondo imbarazzo nella Lamorgese.


Domanda che, supponiamo, resterà come spesso accade senza risposta.
 
Ahahahahaha capite con chi abbiamo a che fare ?

“Compra Il Tempo e conoscerai il risultato del tuo tampone. Servizio tamponi fulminei”,

è la battuta del direttore Franco Bechis, che nel pomeriggio di 7 dicembre ha anticipato la notizia della positività di Luciana Lamorgese.


Bruciate persino le agenzie di stampa che, prima della conferma ufficiale giunta dal Viminale,
hanno scoperto che la ministra ha contratto il coronavirus proprio grazie a Il Tempo.

Il quale tra l’altro sarebbe stato letto direttamente dalla Lamorgese, nel bel mezzo del Consiglio dei ministri:

secondo quanto appreso dall’Adkronos, la titolare del ministero dell’Interno avrebbe appreso di essere positiva
leggendo proprio il pezzo pubblicato sul sito del quotidiano diretto da Franco Bechis
.


La Lamorgese è asintomatica, ma la sua positività ha determinato la sospensione e il rinvio del Cdm a domani
e potrebbe aver ripercussioni sulla squadra di governo: a partire da Bonafede e Di Maio,
che si sono immediatamente posti in auto-isolamento, dato che sedevano ai lati della ministra.
 
“È l’ultima volta che mi vedrete sul piccolo schermo”.

Alberto Zangrillo lo ha annunciato a Peter Gomez nel corso de La Confessione, la trasmissione che andrà in onda su Nove.

Nel frattempo sono circolate diverse anticipazioni, compresa quella in cui il primario di anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano
ha svelato che questa è stata l’ultima ospitata in televisione che ha accettato di fare.

Sono molto più utile al fianco di un malato che non di fronte a una telecamera”, ha spiegato Zangrillo che poi ha aggiunto:

“Lascio questo posto, questo spazio ad altri che sono più bravi di me a comunicare.
Mi dimentico di tutti ma non mi voglio dimenticare dei miei malati”.


Inoltre nel corso della trasmissione Zangrillo ha chiarito che, nonostante sia famoso per essere il medico di Silvio Berlusconi,
in Forza Italia c’è chi lo osteggia apertamente:

“Ci sono alcuni cialtroni che, anche recentemente come ormai fanno da 20 anni,
hanno provato a mettere qualche chiodo sulla mia strada.
L’importante è che poi alla fine queste persone scompaiono e io non mi metto sul loro piano”.
 
Alberto Zangrillo è stato ospite di Peter Gomez a La Confessione.

Il primario della rianimazione del San Raffaele di Milano è famoso anche per essere il medico di Silvio Berlusconi:
dall’inizio della pandemia lo è diventato ancora di più per alcune spiegazioni cliniche sul Covid che sono state fraintese, diventando molto controverse.

“Quest’estate all’interno di Forza Italia c’è chi se l’è presa con lei”, ha ricordato Gomez che poi ha aggiunto:
“L’hanno accusata di aver spinto il Cav a rendere meno forte il cordone di protezione attorno a lui,
visto che invitava tutti a essere più rilassati nei confronti del virus. Lei è odiato all’interno di Fi?”.


“Ma io sono odiato da un’infinità di persone. Ne sono consapevole e la cosa mi onora.
In Fi ci sono alcuni cialtroni che anche recentemente hanno cercato di mettere qualche chiodo sulla mia strada, ma lo fanno ormai da 20 anni.
Nomi? Basta leggere i giornali, no? L’importante è che poi alla fine queste persone scompaiono e io non mi metto sul loro piano”.
 
...azz occhio a dove mettete i piedi , ..... che scompariranno presto.

Silvio Berlusconi ha chiesto di votare contro il Mes, ma in Forza Italia i malumori non sono pochi
e c'è chi promette andrà contro il volere del leader.

È Andrea Cangini che teme un isolamento a livello europeo.

I rischi sono due:

"Il primo è che sembri un ripensamento rispetto al pressing sul governo di cui siamo protagonisti,
affinché richieda e utilizzi al più presto i 37 miliardi del Mes pandemico per modernizzare il nostro servizio sanitario.

Il secondo è essere associati a quelle forze politiche che nascondono dietro la critica al Mes il proprio sostanziale antieuropeismo,
finendo di conseguenza nel loro cono d'ombra".


Il riferimento a Matteo Salvini e Giorgia Meloni è più che esplicito.


"Faremmo uno sgarbo a Germania e Francia, esponendoci al rischio di rappresaglie sul Recovery Fund.
Determineremmo, stavolta davvero, quell'effetto 'stigma' da parte dei mercati finanziari teorizzato irrealisticamente dai contrari al Mes pandemico".


Da qui la promessa: Cangini in Aula il 9 dicembre voterà sì al Meccanismo europeo di stabilità, assumendosi le sue responsabilità.
 
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Il Movimento Cinque Stelle è contro il Mes di ieri, il Mes di oggi e il Mes di domani.

Ma giura che espellerà i reprobi che condividendo che il Mes sia stata e sia destinata a rimanere
la longa manus dell’usurpazione della sovranità democratica – diciamo:
il bazooka dell’Europa delle banche contro l’Europa dei popoli – non voteranno in Parlamento per benedirne la riforma.


Avremo così un’altra pagina spettacolare dello spaghetti stalinism pentastellato:

quella dell’espulsione per anti-deviazionismo, dell’eresia per imperturbabile ortodossia.

Non è del resto così raro nella storia delle vicende totalitarie – anche di quelle che virano al grottesco da commedia all’italiana –
di “compagni” sacrificati per essersi eccessivamente attardati rispetto alle svolte del partito e per essere rimasti fedeli, per stolidità,
opportunismo o convinzione alla verità.


Ma di questa vicenda l’aspetto più surreale, al di là dei contorsionismi pentastellati da curia terzo internazionalista,
è l’accoglienza che questa esecuzione da tribunale del popolo dei fedelissimi reprobi anti-Mes riscuote nelle lande democratiche,
salutata come una istituzionalizzazione europeista del M5S e come una prova di affidabilità di quel che rimane dell’ex partito di Rousseau,
diviso tra camarille di potere e di contropotere, e tra l’antipolitica di governo e quella di opposizione.

Tanto è bastato per decretare «inesorabile», come ha fatto Franceschini, la nuova alleanza progressista
con la fazione dell’ex famiglia grillina e per battezzare come «responsabile» la posizione di Crimi e Di Maio.


Perché? Per tatticismo? Per necessità? Per disperazione?


Per il Pd la resistenza grillina è il comprensibile e pirotecnico effetto della costernazione contro i crimini dell’Europa dell’austerità.

Non sarebbe, in sé, un male ma l’effetto di un male che sta a monte e che rimanda alle responsabilità europee, non alle deficienze e inefficienze italiane.


Visto che i dirigenti democratici sono mediamente persone avvedute e “studiate”,
guardano le intemperanze grilline con benevola e a volte irritata condiscendenza,
ma non riescono a persuadersi che la radice di questo impazzimento non stia davvero in Europa.


Insomma, se per il Pd e per le altre forze di maggioranza la “responsabilità” del M5S è di continuare a odiare il Mes,
ma di circoscrivere quest’odio al confine della nazione, senza farlo dilagare in Europa,
l’impressione è che anche le forze nominalmente europeiste abbiano un’idea decisamente rinunciataria del proprio europeismo.
 

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