giuseppe.d'orta
Forumer storico
Le sanzioni che sono state proposte dalla Consob il 17 Dicembre hanno finalmente messo un punto fermo su una questione MyWay-4You: i prodotti, in quanto tali, implicano violazioni alla normativa di settore.
E’ comprensibile il silenzio imbarazzato del Gruppo Monte dei Paschi di Siena, mentre si può definire "assordante" il silenzio delle associazioni di consumatori che hanno partecipato ai famosi "tavoli di conciliazione" che l’Aduc ha sempre criticato.
Da queste associazioni non si è letto uno straccio di comunicato stampa, un articolo pubblicato sui siti internet, una comunicazione ai risparmiatori coinvolti che si sono a loro rivolti...
Ma come? La massima autorità di vigilanza del settore emette la più cospicua sanzione mai proposta contro un intermediario finanziario e la notizia passa sotto silenzio (il loro) cosi’?
Che dire? Stendiamo un velo pietoso...ed analizziamo più analiticamente il contenuto del decreto che accoglie le sanzioni consob.
Le violazioni accertate
La Consob ha in primo luogo accertato la violazione del principio cardine del Testo Unico della Finanza (D.Lgs 58/98, d’ora in poi semplicemente “TUF”).
Si legge nel decreto: VISTO che la Consob, valutate le deduzioni presentate non idonee a giustificare le specifiche condotte poste in essere, ha ritenuto accertate le seguenti violazioni a carico degli esponenti aziendali:
1. art. 21, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 58 del 1998, per non essersi, l’intermediario, comportato con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;
prof. Filippo Sartori (docente di diritto dell’intermediazione finanziaria all’Università di Trento) sia al dott. Fabrizio Tedeschi (ex Responsabile della Divisione Intermediari della Consob -la stessa che ha proposto le sanzioni di cui stiamo parlando). Leggendo i due pareri si potrà meglio comprendere perché la progettazione di questi piani finanziari implichi, anche sul piano generale, la violazione di questi principi (per chi fosse interessato ad approfondire: Parere del prof. Sartori - http://www.investire.aduc.it/php/mostra.php?id=62924 e Parere del dott. Tedeschi - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=84614)
2. art. 21, comma 1, lettera d) del d.Igs. n. 58 del 1998 e art. 56 del regolamento CONSOB n. 11522/1998 (adottato si sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 58 del 1998 ), per non essersi, l’intermediario, dotato di procure idonee a garantire l’efficiente, ordinata e corretta prestazione del servizio;
3. articolo 21, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 58 del 1998, per non essersi, l’intermediario, dotato di risorse, anche di controllo interno, idonee alla efficiente prestazione dei servizi di investimento;
In questo caso di tratta di violazioni non direttamente connesse ai piani finanziari, ma più genericamente alla struttura organizzativa. Ma passiamo alle violazioni più strettamente connesse ai piani prodotti.
4. art, 26, comma 1, lett. e) del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non avere acquisito, l’intermediario, una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi, nonché dei prodotti diversi dai servizi d’investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata ai tipo di prestazione da fornire;
E’ molto interessante fare alcune considerazioni su questa specifica violazione accertata dalla Consob. In pratica la Consob, dalla prestazione fornita attraverso questi prodotti finanziari, ha evinto che l’intermediario non conosceva adeguatamente gli strumenti finanziari, i servizi d’investimento nonché i prodotti, propri o di terzi.
Detto in altre parole, i piani finanziari non erano adeguate alle finalità dichiarate: se l’intermediario fosse stato più diligente (ovvero avesse acquisito la necessaria conoscenza) avrebbe, in pratica, dovuto progettare un diverso piano.
E’ evidente a chiunque che l’intermediario non ha progettato questi prodotti nel modo in cui l’ha fatto per "carenza di conoscenza", ma per una specifica volontà di voler privilegiare se stessi a danno dei propri clienti. Ma il fatto che la Consob abbia invece voluto proporre l’interpretazione piu’ benevola (mancanza di diligenza, in luogo del dolo) non cambia il discorso sulla valutazione del prodotto: il prodotto non è adeguato rispetto al tipo di prestazione che sostiene di fornire.
5. art. 28 del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art, 6, comma 2, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non avere, l’intermediario, effettuato o consigliato operazioni se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulla implicazione della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento;
6. art. 29 del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non essersi, l’intermediario, astenuto dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate alla clientela per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione;
Queste sono le più classiche delle violazioni commesse dalle Banche in sede di vendita di un prodotto/strumento finanziario. E’ chiaro che queste violazioni non si riferiscono al prodotto in quanto tale, quanto alla fase di collocamento. L’accertamento della violazione dell’art. 28, però, ci dice una cosa molto importante in relazione al testo del contratto (quindi valida per tutti i contratti). La Consob non ha ritenuto che la lettura del contratto sia sufficiente a ricevere tutte le necessarie informazioni per scegliere consapevolmente di investire in questi piani finanziari. In causa, quindi, se il giudice riterrà di sposare l’interpretazione della Consob, la Banca dovrà fornire la prova positiva di aver fornito le necessarie informazioni nello specifico caso. Non sarà sufficiente dire (come dicono) che la semplice lettura del testo del contratto era sufficiente.
7. art. 32 del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non avere, l’intermediario, eseguito in conto proprio o in conto terzi le negoziazioni alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni stesse;
Qui torniamo all’accertamento delle violazioni legate alla natura stessa del prodotto e non solo alla sua fase di vendita. Una delle cose più scandalose di questo prodotto, infatti, è legata alla vendita dell’obbligazione. Nei MyWay e 4You a 30 anni, per ogni 100 euro di capitale finanziato, circa 60 venivano investiti in una obbligazione emessa in contropartita diretta e spesso emessa dallo stesso gruppo bancario. Il problema è che la banca vendeva a 60 euro un’obbligazione che in realtà ne valeva, se fosse stata scambiata sui mercati regolamentati, circa 40. Venti euro, ogni 100 finanziati, se li mettevano in tasca loro! E’ chiaro che questo viola, come accertato dalla Consob, il reg. Consob 11522/98 nell’art. 32. Siccome i prezzi di vendita dell’obbligazione erano uguali per tutti i piani finanziari venduti nella stessa tranche, l’accertamento di questa violazione da parte della Consob è qualcosa connaturato alla progettazione stessa del prodotto.
In sintesi, dalla lettura complessiva delle violazioni accertate dalla Consob si può affermare che i prodotti sono stati progettati male (perché implicano la violazione dell’art. 26 c.1 lett e), commercializzati peggio (violazione artt. 28 e 29) ed hanno permesso alla banca di realizzare in ingiustificato profitto (violazione art. 32). Il tutto in un contesto di carenza organizzativa della Banca (violazione art. 21 c. 1 let d).
Cosa cambia per i risparmiatori coinvolti
In primo luogo è necessario precisare che la pubblicazione delle sanzioni amministrative non ha una ripercussione automatica sul risarcimento ai risparmiatori coinvolti.
Purtroppo la Consob, al momento, non ha il potere di costringere l’intermediario a risarcire i clienti ed i soldi delle multe (sebbene sia la più grande multa inflitta, 3,3 milioni di euro, si tratta pur sempre di spiccioli, rispetto al danno provocato dalla Banca) non vanno neppure ai risparmiatori.
Per tentare il recupero del danno subito dai risparmiatori con la sottoscrizioni di questi prodotti capestro, purtroppo, sarà necessario comunque adire le vie legali.
E’ qui che entrano in gioco queste sanzioni. E’ fortemente probabile che il Giudice chiamato a giudicare il caso specifico consideri che la massima Autorità del settore, la stessa che ha emanato le norme che Egli è tenuto ad applicare, ha accertato la violazione delle stesse norme la cui violazione è contestata dal risparmiatore nel caso specifico.
Naturalmente la difesa della Banca dirà che le sanzioni non c’entrano nulla con il caso specifico. Che si tratta di violazioni amministrative che non hanno nessun effetto civilistico, ecc. Ciò nonostante, considerata anche la difesa delle banca fatta fino ad oggi (prima delle sanzioni) riteniamo che sarà molto più difficile per loro dimostrare, ad esempio, di aver dato una corretta informazione.
Gli avvocati del gruppo MPS si difendono, ad oggi, sostenendo che il cliente ha firmato con il contratto una serie di dichiarazioni che dimostrerebbero (secondo loro) che ha ricevuto tutte le necessarie informazioni e che il prodotto sarebbe (sempre secondo loro) adeguato. Sostengono, come si dice in "legalese", che sarebbe dimostrato per tabulas il rispetto degli artt. 28 e 29 del Reg. Consob 11522/98. In pratica ritengono che il contratto sia sufficiente a dimostrare anche la correttezza della fase di vendita (per non parlare delle assurde tesi sul rispetto della best execution…). Ebbene, l’esistenza delle sanzioni Consob che hanno accertato, nei casi analizzati, la violazione dell’art. 28 e 29 dimostra che il contratto, secondo la Consob (cioè l’Autorità del settore che ha fatto le regole che il giudice e’ chiamato ad applicare), non è affatto sufficiente a dimostrare il rispetto di queste norme.
L'insegnamento delle cause giunte fino ad oggi a sentenza
Il conto delle vittorie ottenute dal Gruppo MPS nelle aule dei tribunali, fino ad oggi, pende decisamente a favore della Banca. Questo dimostra come sia fondamentale che i professionisti che seguono questo genere di cause siano specializzati.
L’unica sentenza favorevole, nel merito del prodotto, che oggi conosciamo è quella del Tribunale di Firenze (che è anche l’unica giunta a sentenza seguita dai legali che collaborano con l’Aduc). Ci sono poi una serie di cause vinte dai risparmiatori per questioni particolari come assenza di alcune firme o comunque aspetti legati alla vicenda specifica.
Recentemente il Tribunale di Taranto (sentenza 1686/05) ha dichiarato nullo un MyWay per assenza della famosa clausola sul c.d. ius poenitendi (art. 30 c. 6 del D.Lgs 58/98 ). Questo ci rende molto felici perché l’Aduc per prima (ed a quanto ci risulta, unica) ha sollevato questo problema (si veda: il comunicato stampa del 17 Giugno 2003 - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=62862).
Problema formale si vuole, ma assolutamente concreto poiché la legge sanziona con la nullità esplicita l’omessa indicazione di questa facoltà.
Anche sul punto la Banca si difende in modo assurdo sostenendo che l’indicazione dello ius poenitendi sarebbe indicata nel prospetto informativo allegato al contratto, o meglio nel modulo di sottoscrizione (mai compilato e firmato da nessuno, perche’ la banca si faceva rilasciare un mandato a firmarla in nome e per conto del cliente) che sarebbe allegato al prospetto informativo il quale, a sua volta, sarebbe allegato al contratto. Per quanto assurda possa sembrare questa difesa, alcuni giudici l’hanno ritenuta valida (ad esempio il Tribunale di Pescara). Altri, come il giudice di Taranto, no. Ancora una volta questo dimostra come sia necessario padroneggiare bene la materia per seguire cause cosi’ complesse.
Il prospetto informativo è un documento precontrattuale pubblico che deve essere obbligatoriamente consegnato al cliente prima della sottoscrizione del fondo per espressa previsione normativa (Reg. Consob 11522 art 36 c. 1). E' di tutta evidenza che se la consegna del prospetto informativo fosse sufficiente a fornire l'informativa sullo ius poenintendi il legislatore non avrebbe affatto previsto la norma indicata dall'art. 30 c. 6 del TUF (che parla e non avrebbe certo previsto espressamente la grave sanzione della nullità relativa in caso di inadempienza.
In realtà al momento della sottoscrizione di quote di fondi comuni d’investimento, il promotore è obbligato, per legge, a rilasciare una attestazione dell’ordine ricevuto contenente "gli elementi essenziali dell'ordine e le eventuali istruzioni accessorie" (Reg. Consob 11522 art. 60). L’attestazione dell’ordine (che non e’ mai stata compiuta perche’ il modulo di sottoscrizione è stato compilato dalla Banca in nome e per conto del cliente) avrebbe dovuto contenere l’indicazione della facoltà di cui all’art. 30 c. 6 del TUF. Ancora una volta le sanzioni Consob vengono in aiuto dei risparmiatori perché la Consob ha accertato che è stato violato anche l’art. 60 del Reg. Consob 11522/98.
A parte questa divagazione sullo ius poenitendi la lezione che si trae da queste prime sentenze è che queste cause non sono affatto semplici. Far valere i propri diritti nelle aule dei tribunali non è mai semplice, ma tanto meno lo è in questo caso nel quale gli aspetti tecnico-finanziari e tecnico-giuridici sono assai complessi (sia per gli avvocati e tanto piu’ per i giudici che sono chiamati a giudicare su tutto e non possono avere la necessaria specializzazione). Per questo, a nostro giudizio, è indispensabile che i professionisti che seguono questo genere di cause siano assolutamente specializzati in modo da fornire ai giudici tutti gli elementi necessari per applicare correttamente la normativa che certamente e’ a favore dei risparmiatori.
Le sanzioni Consob sono certamente uno strumento molto importante, in questa direzione. La prima vittoria ottenuta dai legali che collaborano con l’Aduc è certamente un altro elemento importante.
I legali che collaborano con l’Aduc avevano avviato le prime cause agli inizi del 2004. Nella stragrande maggioranza dei casi le Banche del gruppo MPS hanno fatto proposte transattive stragiudiziali talmente favorevoli (restituzione di tutte le rate e delle spese) che quasi tutti i clienti le hanno accettate. Nel frattempo, invece, le altre cause (di cui ovviamente noi eravamo all’oscuro, anche se, ovviamente, immaginavamo l’esistenza) andavano avanti fino a quando sono arrivate le prime sentenze. La prima in assoluto è stata fatta dal Tribunale di Parma. Leggendo la sentenza si comprende chiaramente che il giudice ha creduto ai numeri, chiaramente sbagliati, presentati dalla Banca ai quali l’avvocato del risparmiatore (cosi’ si legge nella sentenza) non ha replicato (e quindi il Giudice li ha presi per buoni). In pratica il giudice ha ritenuto il 4You un prodotto a rischio medio basso, previdenziale, che non comporta nessun danno predeterminato.
Se fosse stata fatta una consulenza tecnica d’ufficio (come in altri casi relativi a cause seguite dagli avvocati che collaborano con l’Aduc), il consulente avrebbe potuto far capire al giudice che il prodotto implica invece una perdita certa.
Altre sentenze successive hanno seguito un po' le indicazioni del Tribunale di Parma.
Noi crediamo che le sanzioni Consob possano invertire, finalmente, questa tendenza.
E’ comprensibile il silenzio imbarazzato del Gruppo Monte dei Paschi di Siena, mentre si può definire "assordante" il silenzio delle associazioni di consumatori che hanno partecipato ai famosi "tavoli di conciliazione" che l’Aduc ha sempre criticato.
Da queste associazioni non si è letto uno straccio di comunicato stampa, un articolo pubblicato sui siti internet, una comunicazione ai risparmiatori coinvolti che si sono a loro rivolti...
Ma come? La massima autorità di vigilanza del settore emette la più cospicua sanzione mai proposta contro un intermediario finanziario e la notizia passa sotto silenzio (il loro) cosi’?
Che dire? Stendiamo un velo pietoso...ed analizziamo più analiticamente il contenuto del decreto che accoglie le sanzioni consob.
Le violazioni accertate
La Consob ha in primo luogo accertato la violazione del principio cardine del Testo Unico della Finanza (D.Lgs 58/98, d’ora in poi semplicemente “TUF”).
Si legge nel decreto: VISTO che la Consob, valutate le deduzioni presentate non idonee a giustificare le specifiche condotte poste in essere, ha ritenuto accertate le seguenti violazioni a carico degli esponenti aziendali:
1. art. 21, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 58 del 1998, per non essersi, l’intermediario, comportato con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;
prof. Filippo Sartori (docente di diritto dell’intermediazione finanziaria all’Università di Trento) sia al dott. Fabrizio Tedeschi (ex Responsabile della Divisione Intermediari della Consob -la stessa che ha proposto le sanzioni di cui stiamo parlando). Leggendo i due pareri si potrà meglio comprendere perché la progettazione di questi piani finanziari implichi, anche sul piano generale, la violazione di questi principi (per chi fosse interessato ad approfondire: Parere del prof. Sartori - http://www.investire.aduc.it/php/mostra.php?id=62924 e Parere del dott. Tedeschi - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=84614)
2. art. 21, comma 1, lettera d) del d.Igs. n. 58 del 1998 e art. 56 del regolamento CONSOB n. 11522/1998 (adottato si sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 58 del 1998 ), per non essersi, l’intermediario, dotato di procure idonee a garantire l’efficiente, ordinata e corretta prestazione del servizio;
3. articolo 21, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 58 del 1998, per non essersi, l’intermediario, dotato di risorse, anche di controllo interno, idonee alla efficiente prestazione dei servizi di investimento;
In questo caso di tratta di violazioni non direttamente connesse ai piani finanziari, ma più genericamente alla struttura organizzativa. Ma passiamo alle violazioni più strettamente connesse ai piani prodotti.
4. art, 26, comma 1, lett. e) del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non avere acquisito, l’intermediario, una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi, nonché dei prodotti diversi dai servizi d’investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata ai tipo di prestazione da fornire;
E’ molto interessante fare alcune considerazioni su questa specifica violazione accertata dalla Consob. In pratica la Consob, dalla prestazione fornita attraverso questi prodotti finanziari, ha evinto che l’intermediario non conosceva adeguatamente gli strumenti finanziari, i servizi d’investimento nonché i prodotti, propri o di terzi.
Detto in altre parole, i piani finanziari non erano adeguate alle finalità dichiarate: se l’intermediario fosse stato più diligente (ovvero avesse acquisito la necessaria conoscenza) avrebbe, in pratica, dovuto progettare un diverso piano.
E’ evidente a chiunque che l’intermediario non ha progettato questi prodotti nel modo in cui l’ha fatto per "carenza di conoscenza", ma per una specifica volontà di voler privilegiare se stessi a danno dei propri clienti. Ma il fatto che la Consob abbia invece voluto proporre l’interpretazione piu’ benevola (mancanza di diligenza, in luogo del dolo) non cambia il discorso sulla valutazione del prodotto: il prodotto non è adeguato rispetto al tipo di prestazione che sostiene di fornire.
5. art. 28 del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art, 6, comma 2, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non avere, l’intermediario, effettuato o consigliato operazioni se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulla implicazione della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento;
6. art. 29 del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non essersi, l’intermediario, astenuto dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate alla clientela per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione;
Queste sono le più classiche delle violazioni commesse dalle Banche in sede di vendita di un prodotto/strumento finanziario. E’ chiaro che queste violazioni non si riferiscono al prodotto in quanto tale, quanto alla fase di collocamento. L’accertamento della violazione dell’art. 28, però, ci dice una cosa molto importante in relazione al testo del contratto (quindi valida per tutti i contratti). La Consob non ha ritenuto che la lettura del contratto sia sufficiente a ricevere tutte le necessarie informazioni per scegliere consapevolmente di investire in questi piani finanziari. In causa, quindi, se il giudice riterrà di sposare l’interpretazione della Consob, la Banca dovrà fornire la prova positiva di aver fornito le necessarie informazioni nello specifico caso. Non sarà sufficiente dire (come dicono) che la semplice lettura del testo del contratto era sufficiente.
7. art. 32 del regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche e integrazioni (adottato ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ), per non avere, l’intermediario, eseguito in conto proprio o in conto terzi le negoziazioni alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni stesse;
Qui torniamo all’accertamento delle violazioni legate alla natura stessa del prodotto e non solo alla sua fase di vendita. Una delle cose più scandalose di questo prodotto, infatti, è legata alla vendita dell’obbligazione. Nei MyWay e 4You a 30 anni, per ogni 100 euro di capitale finanziato, circa 60 venivano investiti in una obbligazione emessa in contropartita diretta e spesso emessa dallo stesso gruppo bancario. Il problema è che la banca vendeva a 60 euro un’obbligazione che in realtà ne valeva, se fosse stata scambiata sui mercati regolamentati, circa 40. Venti euro, ogni 100 finanziati, se li mettevano in tasca loro! E’ chiaro che questo viola, come accertato dalla Consob, il reg. Consob 11522/98 nell’art. 32. Siccome i prezzi di vendita dell’obbligazione erano uguali per tutti i piani finanziari venduti nella stessa tranche, l’accertamento di questa violazione da parte della Consob è qualcosa connaturato alla progettazione stessa del prodotto.
In sintesi, dalla lettura complessiva delle violazioni accertate dalla Consob si può affermare che i prodotti sono stati progettati male (perché implicano la violazione dell’art. 26 c.1 lett e), commercializzati peggio (violazione artt. 28 e 29) ed hanno permesso alla banca di realizzare in ingiustificato profitto (violazione art. 32). Il tutto in un contesto di carenza organizzativa della Banca (violazione art. 21 c. 1 let d).
Cosa cambia per i risparmiatori coinvolti
In primo luogo è necessario precisare che la pubblicazione delle sanzioni amministrative non ha una ripercussione automatica sul risarcimento ai risparmiatori coinvolti.
Purtroppo la Consob, al momento, non ha il potere di costringere l’intermediario a risarcire i clienti ed i soldi delle multe (sebbene sia la più grande multa inflitta, 3,3 milioni di euro, si tratta pur sempre di spiccioli, rispetto al danno provocato dalla Banca) non vanno neppure ai risparmiatori.
Per tentare il recupero del danno subito dai risparmiatori con la sottoscrizioni di questi prodotti capestro, purtroppo, sarà necessario comunque adire le vie legali.
E’ qui che entrano in gioco queste sanzioni. E’ fortemente probabile che il Giudice chiamato a giudicare il caso specifico consideri che la massima Autorità del settore, la stessa che ha emanato le norme che Egli è tenuto ad applicare, ha accertato la violazione delle stesse norme la cui violazione è contestata dal risparmiatore nel caso specifico.
Naturalmente la difesa della Banca dirà che le sanzioni non c’entrano nulla con il caso specifico. Che si tratta di violazioni amministrative che non hanno nessun effetto civilistico, ecc. Ciò nonostante, considerata anche la difesa delle banca fatta fino ad oggi (prima delle sanzioni) riteniamo che sarà molto più difficile per loro dimostrare, ad esempio, di aver dato una corretta informazione.
Gli avvocati del gruppo MPS si difendono, ad oggi, sostenendo che il cliente ha firmato con il contratto una serie di dichiarazioni che dimostrerebbero (secondo loro) che ha ricevuto tutte le necessarie informazioni e che il prodotto sarebbe (sempre secondo loro) adeguato. Sostengono, come si dice in "legalese", che sarebbe dimostrato per tabulas il rispetto degli artt. 28 e 29 del Reg. Consob 11522/98. In pratica ritengono che il contratto sia sufficiente a dimostrare anche la correttezza della fase di vendita (per non parlare delle assurde tesi sul rispetto della best execution…). Ebbene, l’esistenza delle sanzioni Consob che hanno accertato, nei casi analizzati, la violazione dell’art. 28 e 29 dimostra che il contratto, secondo la Consob (cioè l’Autorità del settore che ha fatto le regole che il giudice e’ chiamato ad applicare), non è affatto sufficiente a dimostrare il rispetto di queste norme.
L'insegnamento delle cause giunte fino ad oggi a sentenza
Il conto delle vittorie ottenute dal Gruppo MPS nelle aule dei tribunali, fino ad oggi, pende decisamente a favore della Banca. Questo dimostra come sia fondamentale che i professionisti che seguono questo genere di cause siano specializzati.
L’unica sentenza favorevole, nel merito del prodotto, che oggi conosciamo è quella del Tribunale di Firenze (che è anche l’unica giunta a sentenza seguita dai legali che collaborano con l’Aduc). Ci sono poi una serie di cause vinte dai risparmiatori per questioni particolari come assenza di alcune firme o comunque aspetti legati alla vicenda specifica.
Recentemente il Tribunale di Taranto (sentenza 1686/05) ha dichiarato nullo un MyWay per assenza della famosa clausola sul c.d. ius poenitendi (art. 30 c. 6 del D.Lgs 58/98 ). Questo ci rende molto felici perché l’Aduc per prima (ed a quanto ci risulta, unica) ha sollevato questo problema (si veda: il comunicato stampa del 17 Giugno 2003 - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=62862).
Problema formale si vuole, ma assolutamente concreto poiché la legge sanziona con la nullità esplicita l’omessa indicazione di questa facoltà.
Anche sul punto la Banca si difende in modo assurdo sostenendo che l’indicazione dello ius poenitendi sarebbe indicata nel prospetto informativo allegato al contratto, o meglio nel modulo di sottoscrizione (mai compilato e firmato da nessuno, perche’ la banca si faceva rilasciare un mandato a firmarla in nome e per conto del cliente) che sarebbe allegato al prospetto informativo il quale, a sua volta, sarebbe allegato al contratto. Per quanto assurda possa sembrare questa difesa, alcuni giudici l’hanno ritenuta valida (ad esempio il Tribunale di Pescara). Altri, come il giudice di Taranto, no. Ancora una volta questo dimostra come sia necessario padroneggiare bene la materia per seguire cause cosi’ complesse.
Il prospetto informativo è un documento precontrattuale pubblico che deve essere obbligatoriamente consegnato al cliente prima della sottoscrizione del fondo per espressa previsione normativa (Reg. Consob 11522 art 36 c. 1). E' di tutta evidenza che se la consegna del prospetto informativo fosse sufficiente a fornire l'informativa sullo ius poenintendi il legislatore non avrebbe affatto previsto la norma indicata dall'art. 30 c. 6 del TUF (che parla e non avrebbe certo previsto espressamente la grave sanzione della nullità relativa in caso di inadempienza.
In realtà al momento della sottoscrizione di quote di fondi comuni d’investimento, il promotore è obbligato, per legge, a rilasciare una attestazione dell’ordine ricevuto contenente "gli elementi essenziali dell'ordine e le eventuali istruzioni accessorie" (Reg. Consob 11522 art. 60). L’attestazione dell’ordine (che non e’ mai stata compiuta perche’ il modulo di sottoscrizione è stato compilato dalla Banca in nome e per conto del cliente) avrebbe dovuto contenere l’indicazione della facoltà di cui all’art. 30 c. 6 del TUF. Ancora una volta le sanzioni Consob vengono in aiuto dei risparmiatori perché la Consob ha accertato che è stato violato anche l’art. 60 del Reg. Consob 11522/98.
A parte questa divagazione sullo ius poenitendi la lezione che si trae da queste prime sentenze è che queste cause non sono affatto semplici. Far valere i propri diritti nelle aule dei tribunali non è mai semplice, ma tanto meno lo è in questo caso nel quale gli aspetti tecnico-finanziari e tecnico-giuridici sono assai complessi (sia per gli avvocati e tanto piu’ per i giudici che sono chiamati a giudicare su tutto e non possono avere la necessaria specializzazione). Per questo, a nostro giudizio, è indispensabile che i professionisti che seguono questo genere di cause siano assolutamente specializzati in modo da fornire ai giudici tutti gli elementi necessari per applicare correttamente la normativa che certamente e’ a favore dei risparmiatori.
Le sanzioni Consob sono certamente uno strumento molto importante, in questa direzione. La prima vittoria ottenuta dai legali che collaborano con l’Aduc è certamente un altro elemento importante.
I legali che collaborano con l’Aduc avevano avviato le prime cause agli inizi del 2004. Nella stragrande maggioranza dei casi le Banche del gruppo MPS hanno fatto proposte transattive stragiudiziali talmente favorevoli (restituzione di tutte le rate e delle spese) che quasi tutti i clienti le hanno accettate. Nel frattempo, invece, le altre cause (di cui ovviamente noi eravamo all’oscuro, anche se, ovviamente, immaginavamo l’esistenza) andavano avanti fino a quando sono arrivate le prime sentenze. La prima in assoluto è stata fatta dal Tribunale di Parma. Leggendo la sentenza si comprende chiaramente che il giudice ha creduto ai numeri, chiaramente sbagliati, presentati dalla Banca ai quali l’avvocato del risparmiatore (cosi’ si legge nella sentenza) non ha replicato (e quindi il Giudice li ha presi per buoni). In pratica il giudice ha ritenuto il 4You un prodotto a rischio medio basso, previdenziale, che non comporta nessun danno predeterminato.
Se fosse stata fatta una consulenza tecnica d’ufficio (come in altri casi relativi a cause seguite dagli avvocati che collaborano con l’Aduc), il consulente avrebbe potuto far capire al giudice che il prodotto implica invece una perdita certa.
Altre sentenze successive hanno seguito un po' le indicazioni del Tribunale di Parma.
Noi crediamo che le sanzioni Consob possano invertire, finalmente, questa tendenza.