Val
Torniamo alla LIRA
Non ascoltate tutte le balle che raccontano. E' grigia. Molto grigia.
L'economia americana non va male, la disoccupazione è bassa,
la fiducia dei consumatori è tornata a salire ai livelli precedenti la grande crisi del 2009;
ci sarebbero tutte le condizioni per un boom del retail.
E allora perché i grandi marchi falliscono e i centri commerciali chiudono?
Certo la crescita dell'e-commerce ha drenato risorse e consumatori dagli spazi fisici
alle piattaforme on-line come Amazon (ma anche AliBaba, Zalando e altre);
tuttavia l'e-commerce rappresenta solo il 9 per cento dell'intero mercato Usa,
quindi non giustifica questa «Apocalisse».
Certo, gli stili di vita sono cambiati e la nuove generazioni (che comunque hanno un potere di acquisto minore di quelle precedenti)
privilegiano il consumo delle esperienze a quello delle cose.
Ma la verità sembra essere un'altra: ciò che sta facendo crollare il commercio al dettaglio Usa
è il fatto che, negli anni passati, per affrontare la crisi recessiva,
i grandi marchi e molte catene distributive si sono «sovraccaricate di debiti»
a causa di spericolate operazioni finanziarie di leveraged buyout,
affidate a società di Private Equity che oggi sono i veri controllori del mercato.
Secondo uno studio Bloomberg, «questa bolla debitoria scoppierà nei prossimi anni con effetti spaventosi sull'economia americana».
Come conferma il giornalista economico David Dayen:
«Otto milioni di lavoratori americani potrebbero vedere il loro impiego evaporare,
non a causa della sostituzione tecnologica, ma di uno schema finanziario predatore»
che arricchirà la solita élite a scapito dell'economia reale.
L'ennesima riprova di come la finanza rapace è un pericolo per la libertà economica e per l'impresa.
L'economia americana non va male, la disoccupazione è bassa,
la fiducia dei consumatori è tornata a salire ai livelli precedenti la grande crisi del 2009;
ci sarebbero tutte le condizioni per un boom del retail.
E allora perché i grandi marchi falliscono e i centri commerciali chiudono?
Certo la crescita dell'e-commerce ha drenato risorse e consumatori dagli spazi fisici
alle piattaforme on-line come Amazon (ma anche AliBaba, Zalando e altre);
tuttavia l'e-commerce rappresenta solo il 9 per cento dell'intero mercato Usa,
quindi non giustifica questa «Apocalisse».
Certo, gli stili di vita sono cambiati e la nuove generazioni (che comunque hanno un potere di acquisto minore di quelle precedenti)
privilegiano il consumo delle esperienze a quello delle cose.
Ma la verità sembra essere un'altra: ciò che sta facendo crollare il commercio al dettaglio Usa
è il fatto che, negli anni passati, per affrontare la crisi recessiva,
i grandi marchi e molte catene distributive si sono «sovraccaricate di debiti»
a causa di spericolate operazioni finanziarie di leveraged buyout,
affidate a società di Private Equity che oggi sono i veri controllori del mercato.
Secondo uno studio Bloomberg, «questa bolla debitoria scoppierà nei prossimi anni con effetti spaventosi sull'economia americana».
Come conferma il giornalista economico David Dayen:
«Otto milioni di lavoratori americani potrebbero vedere il loro impiego evaporare,
non a causa della sostituzione tecnologica, ma di uno schema finanziario predatore»
che arricchirà la solita élite a scapito dell'economia reale.
L'ennesima riprova di come la finanza rapace è un pericolo per la libertà economica e per l'impresa.