Noi vogliamo sapere tutto

FORSE la legge garantisce solo i delinquenti?

La legge è uguale per gli altri

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La magistratura serve a far rispettare le leggi.

Nessuno è al di sopra della legge.

La legge è uguale per tutti.

Ci credete ancora?

O vi sentite leggermente presi per i fondelli dopo il decreto legge ad Rivam per riaprire l'ILVA, e quindi far morire i tarantini di tumore, che smentisce una disposizione contraria della Procura?

Vi sentite tutelati come cittadini a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che dispone la distruzione dei dialoghi tra l'indagato Mancino per la trattativa Stato-mafia e Napolitano?

A cosa serve la magistratura se può essere smentita da un Clini o da un Passera qualunque?

La magistratura, per definizione, dovrebbe essere soggetta soltanto alla legge, in caso contrario si supera il confine tra democrazia e dittatura.

Se il governo per decreto può annullare una sentenza vuol dire che il confine è stato superato.

Se un presidente della Repubblica, che per ruolo dovrebbe essere l'uomo più trasparente del Paese, si rifiuta di rendere pubblici i suoi dialoghi con un indagato (che da lui cercava aiuto) delegittima sé stesso e la carica che ricopre.

Passo dopo passo, l'Italia sta diventando un'immensa marmellata, una maionese impazzita dove l'arbitrio è legge e la legge un accessorio.
L’Italia è 72esima su 174 nel mondo, insieme a Montenegro e Tunisia, per la corruzione nel settore pubblico e politico.

Ha perso tre posti nella strombazzata età dell'oro (bancario), nell'anno di Rigor Montis, nella classifica mondiale di Transparency: "Corruzione, opacità, scarsi livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e valutazione non comportano “solamente” una mancanza di moralità ed eticità nella governance del Paese, ma hanno un impatto negativo devastante sull’economia e la credibilità dell’intero sistema Paese". Questo risultato deriva dalla continua ingerenza della politica nei confronti della magistratura, dei partiti che da vent'anni vogliono migliorare la macchina della giustizia per non farsi giustiziare. Vent'anni di leggi bipartisan per rallentare e impedire il funzionamento dei tribunali.
Ora, però, si sono fatti più arditi, hanno capito che si può osare di più. Dal vecchio iter di leggi ammazza sentenze da discutere in Commissione e in Parlamento, si è passati al più immediato e comodo decreto legge e i magistrati sono rimossi o costretti al confino in Guatemala.
http://www.beppegrillo.it/
 
Trattativa Stato-mafia, Procura Palermo chiede rinvio a giudizio per 11

giovedì 10 gennaio 2013 17:14

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PALERMO (Reuters) - La Procura di Palermo ha chiuso oggi la requisitoria nel procedimento per la cosiddetta trattativa Stato-mafia, chiedendo il rinvio a giudizio per 11 dei 12 imputati.
Lo riferiscono fonti giudiziarie.
Imputati sono i boss corleonesi Totò Riina e suo cognato Leoluca Bagarella, il pentito Giovanni Brusca e Antonino Cinà. Tre i politici compaiono l'ex ministro Calogero Mannino, il senatore Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino (quest'ultimo accusato di falsa testimonianza).
Richiesto il rinvio a giudizio anche per i generali dell'Arma Mario Mori e Antonio Subranni e per l'ex colonnello Giuseppe De Donno.
La posizione del boss Bernardo Provenzano, il cui nome compariva nel gruppo originario di imputati e che è gravemente malato, è stata invece stralciata, e sarà definita dal gup a fine gennaio.
L'accusa - rappresentata in aula dal pm Nino Di Matteo - ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo, Vito, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata.
Nell'udienza odierna, svoltasi nell'aula bunker del carcere Ucciardone a Palermo, Mancino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato ma il Gup Piergiorgio Morosini si è riservato di decidere.

I reati contestati sono: attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra. Sul sito Reuters.com altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia


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Totò dice che ci sono implicati i Servizi segreti

deposizione di riina ascoltate BENE cosa dice - YouTube

NUOVA ACCUSA-MACIGNO PER NICK MANCINO: “MENTI’ PER OCCULTARE LA TRATTATIVA STATO-MAFIA”

Altro che stralcio! Dalla Procura di Palermo una nuova contestazione per l’ex ministro dell’Interno


- La falsa testimonianza riguarda anche l’esistenza della “trattativa”


- Malore per Totò Riina in teleconferenza


- Respinte molte richieste di costituzione di parte civile…

Riccardo Arena per La Stampa

Nicola Mancino avrebbe mentito per occultare l'esistenza della trattativa Statomafia: la sua posizione è dunque strettamente e intimamente connessa a quella degli altri imputati e l'ipotesi dello stralcio della posizione dal processo, chiesto dallo stesso ex ministro dell'Interno, si allontana.
La Procura di Palermo, dopo una schermaglia con i legali dell'imputato, specifica la nuova contestazione («Ma è solo una precisazione», chiosano i pm) nei confronti dell'ex presidente del Senato, accusato a Palermo di falsa testimonianza, reato che ora gli viene addebitato non solo «per assicurare l'impunità agli altri esponenti delle istituzioni» coinvolti nello stesso dibattimento, ma anche per non far venire fuori gli accordi inconfessabili che avrebbero portato lo Stato a cedere a Cosa nostra, a revocare il carcere duro e a concedere o promettere altri benefici ai boss, in cambio della cessazione delle stragi.
Mancino, ieri assente alla seconda udienza del processo, non ha potuto assistere né alla nuova contestazione (che ora dovrà essergli notificata, e da qui un rinvio "lungo", al 27 giugno) né all'autentica decimazione delle parti civili, decisa dalla seconda sezione della Corte d'assise, presieduta da Alfredo Montalto. Fuori dal processo, ma solo per ieri, sia Massimo Ciancimino, in carcere per evasione fiscale e associazione per delinquere, e Totò Riina, vittima di un malore che ha costretto il boss a lasciare la postazione in videoconferenza dal carcere milanese di Opera.
Mentre le parti civili che rimarranno fuori, per tutto il giudizio, sono 21: in alcuni casi si tratta di associazioni costituite dopo i fatti oggetto del processo (è la situazione delle "Agende rosse", ispirate dal diario sparito di Paolo Borsellino), in altri casi perché da quei fatti non hanno subito un danno emergente e dimostrabile. Salvatore Borsellino, che presiede le Agende rosse, aveva chiesto di partecipare al processo anche personalmente, come fratello del giudice ucciso in via D'Amelio: è rimasto fuori in entrambi i casi, si è detto amareggiato ma ha assicurato che il suo impegno proseguirà come sempre.
Lo stesso pool coordinato dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e composto dai pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, non si era detto favorevole a Borsellino, colpito dalla strage in cui fu ucciso il fratello, perché non c'è un legame diretto con la trattativa.
La Procura "vede" cioè il rischio concreto di un possibile spostamento del processo a Caltanissetta o a Firenze (cosa che le difese cercheranno di far valere alla prossima udienza) ed ecco perché non è del tutto scontenta dell'esclusione di Comune e Provincia di Firenze e della Regione Toscana, danneggiate dalla strage di via de' Georgofili, e dei Comuni di Capaci (teatro della strage Falcone) e di Campofelice di Roccella, dove fu deciso l'attentato, poi fallito, dello stadio Olimpico.
Fuori anche Rifondazione comunista, ammessa invece dal Gup Piergiorgio Morosini all'udienza preliminare, altre associazioni e i familiari di Salvo Lima, ucciso nel 1992. Ammessi invece l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, "persona offesa" dal reato di calunnia, attribuito a Ciancimino, la Presidenza del consiglio dei ministri e altre associazioni, tra cui Libera, il Centro Pio La Torre e i familiari delle vittime di via de' Georgofili.
 
Trattativa, gli smemorati di Stato



Di Claudio Forleo | 07.07.2013 19:40 CEST
Nella storia dell'ultima trattativa fra Stato e mafia entra di diritto un capitolo che potremmo chiamare gli 'smemorati di Stato': cosiddetti 'uomini delle Istituzioni' che hanno scelto per anni la via del silenzio, o peggio ancora del 'non ricordo', in merito al periodo 1992-1994. Tutti personaggi di primissimo piano, anche a distanza di un ventennio dai fatti.



SMEMORATO PER ANTONOMASIA: CHI E' NICOLA MANCINO
Le versioni e il ruolo di Nicola Mancino meriterebbero la stesura di un libro. Indicato dal pentito Giovanni Brusca come il "destinatario del papello" di Riina e "referente istituzionale" della trattativa, facava parte della sinistra Dc. In Parlamento dal 1976, uomo capace di 'tessere rapporti' anche con esponenti politici di altri schieramenti, si avvicina ai 'miglioristi' del Pci, capitanati dal futuro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sarà proprio all'inquilino del Colle e al suo entourage del Quirinale che Mancino si rivolge quando ha la certezza di essere finito nel mirino delle indagini sulla trattativa condotte dalla Procura di Palermo (ne parleremo nel prossimo articolo).

L'INCONTRO CON BORSELLINO: LE SMENTITE E L'AMMISSIONE DEL 2012
E' il 28 giugno 1992 quando diventa Ministro dell'Interno in sostituzione di Vincenzo Scotti. Tre giorni più tardi, il 1°luglio 1992, Paolo Borsellino annota sulla sua agenda un appuntamento istituzionale con il neo-ministro.
Per anni Mancino ha negato di aver mai incontrato il magistrato. Ancora il 25 luglio 2009 (all'epoca è vice-presidente del Csm guidato da Napolitano), in una intervista al Corriere della Sera dichiara: "Quel colloquio non c'è stato. Ricordo la chiamata di Parisi dal telefono interno: 'Avrebbe qualcosa in contrario se Borselli­no venisse a salutarla?'. Naturalmente ri­sposi che poteva farmi solo piacere, ma poi non è venuto. Aggiungo di non poter escludere che sia stato tra le de­cine o centinaia di persone a cui ho stretto la mano nei corridoi e nell'ufficio del Viminale, zeppo di gente, di cui sinceramente non ho un preciso ricordo".
Mancino sostiene di non ricordare se in uno dei periodi più bui della Repubblica, appena nominato ministro, ha incontrato Paolo Borsellino: il magistrato più famoso d'Italia, già indicato pochi giorni dopo la strage di Capaci come possibile 'sostituto' di Falcone per la nuova Procura Nazionale Antimafia, e che verrà ucciso 18 giorni dopo quell'incontro che "non c'è stato".
La versione fa acqua e nel gennaio 2012 Mancino fa marcia indietro a modo suo: "Non lo escludo, non lo escludo, nel mio linguaggio vuol dire lo ammetto". Lo fa deponendo durante un'udienza del processo per favoreggiamento a Cosa Nostra a carico di Mario Mori: Mancino ha dunque incontrato al Viminale Paolo Borsellino il 1°luglio 1992 dopo una "telefonata interna" del capo della Polizia Vincenzo Parisi.


1°LUGLIO 1992, C'E' ANCHE CONTRADA
Perchè è così importante quell'incontro? Perchè sono passati pochi giorni dal momento in cui Borsellino è venuto a conoscenza dei contatti fra il Ros e Vito Ciancimino. Ma anche perchè quel 1°luglio 1992, prima di essere convocato al Viminale, stava interrogando il pentito Gaspare Mutolo , il quale gli stava confermando quanto Tommaso Buscetta aveva iniziato a raccontare quasi dieci anni prima su Bruno Contrada: il numero 3 del Sisde è colluso con Cosa Nostra (verrà condannato a dieci anni di reclusione).
Quel 1°luglio 1992, mentre Borsellino aspetta di essere ricevuto da Mancino, incontra proprio Bruno Contrada: l'agente dei servizi fa un riferimento esplicito alla collaborazione del pentito Mutolo. Lo ha dichiarato Gioacchino Natoli, oggi presidente del Tribunale di Marsala e già pm del processo Andreotti, nella testimonianza raccolta lo scorso anno dallo Speciale Tg1 andato in onda il 15 luglio 2012. Natoli ricorda che la sera del 1°luglio 1992 lo chiama un Borsellino molto agitato: "Come ha fatto Contrada a sapere della collaborazione e dell'interrogatorio di Mutolo?".
Il nome di Contrada 'rimbalza' nella storia dell'ultima trattativa Stato-mafia già in merito al fallito attentato dell'Addaura a Giovanni Falcone (leggi).




L'ACCUSA DI FALSA TESTIMONIANZA





http://it.ibtimes.com/articles/5234...lante-grasso-martelli-ayala.htm#ixzz2YNzXYHFe
 
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La ricostruzione dei giornalisti del Fatto, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, mette i brividi: Borsellino è stato ucciso perché stava indagando, formalmente, sulla trattativa Stato-Mafia. La conferma arriva dal ritrovamento di un fascicolo assegnato a Borsellino in data 8 luglio 1992 (11 giorni prima di essere ucciso…) in cui viene fuori l’ufficialità dell’indagine e i nomi delle persone coinvolte. Nomi pesanti. Nomi di capimafia. Nomi di politici. Nomi di esponenti dei servizi segreti. - See more at: Borsellino ucciso perché indagava sulla trattativa, trovato il fascicolo. E spuntano nomi ?pesanti?.
Borsellino è stato ucciso perchè indagava sulla trattativa Stato-mafia
Trovato il fascicolo

E spuntano "nomi pesanti"
Borsellino ucciso perché indagava sulla trattativa, trovato il fascicolo. E spuntano nomi ?pesanti?.
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Borsellino ucciso perché indagava sulla trattativa, trovato il fascicolo. E spuntano nomi “pesanti”.

Scritto da Il Fatto Quotidiano |
Pubblicato Domenica, 14 Luglio 2013 07:05



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La ricostruzione dei giornalisti del Fatto, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, mette i brividi: Borsellino è stato ucciso perché stava indagando, formalmente, sulla trattativa Stato-Mafia. La conferma arriva dal ritrovamento di un fascicolo assegnato a Borsellino in data 8 luglio 1992 (11 giorni prima di essere ucciso…) in cui viene fuori l’ufficialità dell’indagine e i nomi delle persone coinvolte. Nomi pesanti. Nomi di capimafia. Nomi di politici. Nomi di esponenti dei servizi segreti.





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Imposimato conferma: “Moro fu ucciso per volere di Andreotti e Cossiga, responsabili della stragi Da Piazza Fontana a Via D’Amelio” - See more at: My World: Imposimato conferma: ?Moro fu ucciso per volere di Andreotti e Cossiga, responsabili della stragi Da Piazza Fontana a Via D?Amelio?

Imposimato conferma: “Moro fu ucciso per volere di Andreotti e Cossiga, responsabili della stragi Da Piazza Fontana a Via D’Amelio”





Ferdinando Imposimato torna a parlare del caso del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro e lo fa puntando il dito contro quelli che allora erano i vertici dello stato e della Democrazia Cristiana: Giulio Andreotti e Francesco Cossiga.
L’ex giudice istruttore della vicenda dice: “L’uccisione di Moro è avvenuta per mano delle Brigate Rosse, ma anche e soprattutto per il volere di Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e del sottosegretario Nicola Lettieri”. Poi ha aggiunto: “Se non mi fossero stati nascosti alcuni documenti li avrei incriminati per concorso in associazione per il fatto. I servizi segreti avevano scoperto dove le Br lo nascondevano, così come i carabinieri. Il generale Dalla Chiesa avrebbe voluto intervenire con i suoi uomini e la Polizia per liberarlo in tutta sicurezza, ma due giorni prima dell’uccisione ricevettero l’ordine di abbandonare il luogo attiguo a quello della prigionia”.
“Quei politici – ha detto Imposimato – sono responsabili anche delle stragi: da Piazza Fontana a quelle di Via D’Amelio. Lo specchietto per le allodole si chiama Gladio. A Falcone e Borsellino rimprovero soltanto di non aver detto quanto sapevano, perché avevano capito e intuito tutto, tacendo per rispetto delle istituzioni. Per ucciderli Cosa Nostra ha eseguito il volere della Falange Armata, una frangia dei servizi segreti”.
Ferdinando Imposimato appena un mese fa ha presentato un esposto alla Procura di Roma, affermando che le forze dell’ordine sapevano dove si trovava la prigione di Aldo Moro. Per questo i magistrati hanno aperto un fascicolo per valutare se esistano i presupposti per riaprire il caso Moro.

Nel testo di Imposimato ci sono le rivelazioni di 4 appartenenti a forze dell’ordine e armate secondo cui il covo Br di via Montalcini fu monitorato per settimane. Ma non è tutto: recentemente la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine relativo alle dichiarazioni di due artificieri, che hanno raccontato come il ritrovamento della Renault 4 contenente il cadavere di Moro sia avvenuto alle 11, e come sul posto fosse stato presente fin da subito Francesco Cossiga.
Fonte: articolotre.com

http://themyworld2.blogspot.it/2013...-moro-fu-ucciso-per.html#sthash.SDKjCYSE.dpuf
 
TRATTATIVA STATO-MAFIA, E’ L’ORA DELLA VERITA’ (Antonio Ingroia)
..."E certamente non può non disorientare che perfino un uomo politico come Giorgio Napolitano, che da Capo dello Stato dovrebbe essere presidio costituzionale di equilibrio e garanzia per tutti, sia entrato a piedi uniti nella polemica politica sulla giustizia proprio alla vigilia di un processo assai contestato dalla politica come il processo di Palermo sulla “trattativa Stato-mafia”. E che lo abbia fatto prendendo parte contro la magistratura, e riproducendo la deleteria distinzione, più volte usata da Berlusconi, fra magistrati politicizzati e magistrati che hanno invece il senso del limite e della misura. Mentre ciò che occorre oggi è difendere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura ancora sotto attacco a Milano come a Roma, come a Palermo."
 

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