NON CI E' DATO DI SCEGLIERE LA CORNICE DEL NOSTRO DESTINO. PERO' SIAMO NOI A IMMETTERE IL CONTENUTO

Commenti in rete a cuore aperto :

Il movimento di 5s è nato sul Britannia. Se non si capisce questo non si comprende tutto il resto.

E' servito per contrastare (e sminuire) il vecchio movimento di protesta italiano che era coinfluito nella Lega delle origini di Miglio.
Poi Miglio morì e le Lega si perse e di fece prendere per il sedere dai comunisti e dal PDR (che erano e sono tutti maxxoni i più alti in grado).

Ma è servito anche per veicolare i due termini cari ai maxxoni: "libertà" e "globalizzazione" attraverso il mito
poi controllato dai magistrati del "giustizialismo" ed il finto proposito di fare giustizia dei "corrotti"
e l'occultato intento di eliminare le tradizioni italiche "non al passo con i tempi" come il cattolicesimo ed i valori della famiglia (orrore per loro),
della proprietà privata e del libero pensiero (eliminandole utilizzando espendienti ingannevoli come il concetto di "privacy", "controllo delle fake news" "body scanner" ecc....).

L'altro e fondamentale mezzo utilizzato dai maxxoni è stata la corruzione della classe politica
e dei cardinali cattolici per distruggere la Chiesa di Roma che loro hanno in odio (opportunamente celato).

Ed il risultato si vede ora nei politici che si vendono al miglior offerente (come la Cina e la UE di Merkel e Macron) e la Chiesa che crolla.

Poi non stupiamoci di scelte fatte come il MES, quando sarebbe stato chiaro anche ad un bambino il dovere di un autentico politico con le palle e con valori al seguito.

Siamo stati presi per il cxxo tutti quanti. (il movimento di Grillo e Casaleggio è stato preparato e pianificato molto tempo prima, proprio per far fronte alla ribellione del popolo).

E così si spiana la strada per le religione unica mondiale che supporterà il prossimo sistema tirannico ma definitivo di controllo totale di tutti gli essere umani del pianeta.

Questo è il nostro destino se 7 miliardi di persone non ne diventino prima consapevole.

Sappiate che quasi tutti i politici hanno esclusivamente interesse ad entrare nella casta (destra e sinistra, vecchi e nuovi, sono tutti uguali)
per poter divenire (così somari ci credono) "protetti" ed "esclusi" dal prossimo uragano politico-militare che si sta delineando all'orizzonte.

Che ci crediate o no, questa è l'amara e cruda verità.
Poi siete liberi di crederci o incaxxarvi con me, tanto nulla cambia la verità del passato e del presente in atto.

Fino al 2011 potevamo uscirne ancora abbastanza bene perchè, anche se avevamo già perso all'epoca più di 400 marchi italiani
svenduti ai cinesi, tedeschi, inglesi, coreani e francesi, avevamo il più solido sistema bancario europeo
(il che è tutto dire, lasciamo stare l'usura e la falsificazione dei bilanci bancari fatta a loro esclusivo vantaggio che regnano ancora sovrani anche in Italia)
che ovviamente faceva gola nonchè invidia a Germania e Francia, usato per coprire le loro nefandezze con la Grecia
(vendita di prodotti bellici e non , come "ricatto" dei loro politici corrotti compiacenti per entrare in europa) con il resto dei paesi periferici europei tra cui l'Italia.

Ma i politici italiani TUTTI completamente d'accordo (tra cui escluderei solo Tremonti che sembra quantomeno che ci abbia provato
litigando con Berlusconi prima del tradimento-ricatto, al pari della Grecia).

Era prevedibile che in questa maledetta" seconda repubblica" dopo l' esaurimento del gatekeeper1 ( berlusconi)
e del gatekeeper2 ( grillo) il sistema mettesse in campo il gatekeeper3 .

Per questo la macchina c'è l' organizzazione anche , un ferreo e ben disciplinato sistema merdiato pure, ma che cosa manca ?

Manca il " catalizzatore" "l'uomo nuovo" "il demiurgo" , una figura necessaria e creata alla bisogna per tempo.
Occorre infatti un lavoro di anni per creare " il mito" necessario da vendere agli sciocchi ,
se improvvisi sotto l' urgenza della necessità poi poggi solo su figure "gretine" come ci ha ben mostrato il "caposardina" subito intervistato in gran pompa sulla 7.

C'è già ma lo tengono opportunamente celato.
Verrà reso manifesto al momento opportuno, al termine della prossima fase.
Sarà presentato, così è scritto nelle "tavole maxxoniche", come "salvatore" del mondo.
E molti ci crederanno pure, salvo saperlo prima ed esserne consapevoli del bluff. Ma poi si rivelerà per quello che è.

Chiunque sia (vedi Macron che era un perfetto signor nessuno, ma immagine costruita ad arte da mentori stile Attali e figure varie di sottofondo)
sarà telecomandato a distanza e farà bene i suoi compitini agevolato dalla rete costruita in anni in tutti i livelli e settori della nostra vita politica, giurisprudenziale, economica e sociale.

Non a caso la Lega e 5S non hanno compiuto ALCUN "spoil-system" non appena insediati.
Chiediti perchè? Nessuno, proprio nessun cambiamento organizzativo, nessun avvicendamento dei funzionari di rilievo nei posti-chiave.

Perchè? La risposta è semplice. Mantenimento dello "status-quo".

La prima regola della maxxoneria è "mentire" e la seconda "dissimulare sempre anche contro l'evidenza".

Il risultati sono lì alla nostra portata e non riusciamo a comprenderne il motivo.

Ora si sta avvicendando chi, dissimulando, vuole solo cogliere l'amarezza e la voglia di cambiamento degli italiani. Ma sono solo "adescatori".
La musica non cambierà perchè le persona che si spacciano per "sovranisti" e "studiosi indipendenti" di ieri, sono della stessa pasta.

Stanno solo dissimulando le loro vere intenzioni: protezione dalla e nella casta e potere.

Savona ha abbandonato per questo motivo (oltre che essere stato silurato come Ministro dell'economia).
Ha scoperto la "strategia della finzione" come la definiva Ida Magli.
E lui dall'alto della sua personalità non ha accettato, dimostrando, confermando e preservando tutto il suo valore.

Guarda chi si sta scandalizzando oggi del MES.

Sono gli stessi che volevano l'Italexit e la moneta sovrana ieri.....ed oggi non ne parlano più.

Sulla Magistratura come sai bene sono assolutamente d'accordo.

Lo Spoil System non si chiama così in Italia perchè è un termine giuridico americano, ma esiste con la legge 145/2002.

Quello esiziale per i nuovi politici che si insediano si può applicare benissimo entro i primi 6 mesi.

La legge n. 145/2002 prevede all'articolo 6 che "le nomine degli organi di vertice e dei componenti dei consigli di amministrazione
o degli organi equiparati degli enti pubblici, delle società controllate o partecipate dallo Stato, delle agenzie o di altri organismi comunque denominati,
conferite dal Governo o dai Ministri nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura,
computata con decorrenza dalla data della prima riunione delle Camere, o nel mese antecedente lo scioglimento anticipato di entrambe le Camere,
possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate entro sei mesi dal voto sulla fiducia al Governo".

In tale legge dirigenti e funzionari di livello decadono entro 90gg dal giuramento del Governo, salvo conferma, puntualmente avvenute.

Ma ci sono altri regolamenti e norme che permettono l'avvicendamento dei funzionari di governo e del parlamento.
Come vedi hanno toppato alla grande.
 
Molti di noi sono consapevoli del fatto che la durissima crisi economica che affligge l’Italia da troppi anni
è causata prima di tutto dall’insieme di regole assurde e insensate a cui l’Italia si è sottoposta aderendo ai vari trattati europei,
fra le quali la moneta unica con la libera circolazione dei capitali, l’austerità di bilancio, la concorrenza fiscale sleale da parte di alcuni paesi europei,
i troppi favori al sistema bancario (in particolare franco-tedesco) a danno dell’economia reale italiana.

Tutto questo, naturalmente, unito alla perenne incompetenza (o mancanza di coraggio, o di onestà) dei nostri politici, che non ci facciamo mancare da qualche decennio.

Purtroppo questa consapevolezza non riguarda la maggioranza dell’opinione pubblica, in quanto l’informazione mainstream
è molto attenta nel non spiegare agli italiani quali sono le vere cause della crisi economica.

La consapevolezza non riguarda neppure la maggior parte dei nostri politici, i quali si informano anch’essi, rigorosamente,
tramite l’informazione mainstream
, superficiale e che non spiega nulla sulle cause dei problemi economici dell’Italia.

In realtà fra le cause della crisi economica ve ne sono altre che resterebbero anche se l’Italia uscisse dall’euro.

La questione fondamentale, infatti, non è solo ritornare ad avere una moneta sovrana, ma è anche porre fine alle politiche di austerità,
ai continui ricatti da parte del sistema bancario-finanziario, fare in modo che lo Stato possa disporre degli strumenti finanziari a rilanciare l’economia del paese.

Il fatto che il 95% del denaro che utilizziamo è generato tramite l’emissione di credito da parte delle banche private,
generando nel contempo un debito superiore (a a causa degli interessi) al credito generato, è un’altra delle cause della crisi economica.

E’ infatti noto agli esperti di economica che tutte le crisi economiche non sono mai state innnescate dal debito pubblico, ma sempre dal debito privato.

E l’attuale sistema bancario italiano è è sempre di più di proprietà di grandi società finanziarie internazionali e sotto il controllo della BCE.

Il ripristino di una piena sovranità monetaria in Italia, quindi, è solo uno degli elementi che compongono la soluzione ai problemi economici del paese, di certo non l’unico, anche se certamente necessario.

Se dobbiamo salire in cima alla montagna, che rappresenta la ritrovata prosperità economica dell’Italia, dobbiamo scegliere accuratamente il percorso sa seguire.

Ci sono strade più facili o più difficili da seguire per arrivare alla stessa meta.
E’ possibile seguire un percorso con minori asperità o un percorso con maggiori difficoltà, in cui il rischio di cadere e di fallire è molto più elevato.
Inoltre dobbiamo essere sicuri che la strada seguita ci porti veramente in cima alla montagna, perché, se non stiamo attenti,
potrebbe solo portarci un po’ più in là, ma senza arrivare in cima ovvero senza portare l’Italia alla sospirata ripresa economica.

Ad esempio a poco ci serverebbe ristabilire la sovranità monetaria, se dovessimo poi continuare ad attuare le politiche di austerità
e se l’andamento della nostra economia continuasse a dipendere dalle decisioni delle lobbies finanziarie internazionali.

Uscendo fuor di metafora, la proposta di seguire il percorso “uscire dall’euro” è irto di difficoltà e potrebbe non essere sufficiente a risolvere tutti i nostri problemi.
Iniziamo a guardare con obiettività alle difficoltà.

1) La maggior parte degli italiani non è consapevole dei danni derivanti dalla moneta unica, è convinta che la permanenza dell’euro sia cosa positiva e teme il ritorno alla lira.

2) Tutti i mezzi di informazione, o quasi, da 30 anni a questa parte sono favorevoli alla moneta unica.
E nessuno di quelli favorevoli all’uscita dall’euro ha il potere di modificare la loro linea di (dis)informazione.


3) Buona parte dei poteri forti europei è contrario all’uscita dell’Italia dall’euro, sia perché perderebbero la “vacca da mungere”,
sia perché se l’Italia uscisse dall’euro, certamente l’euro tracollerebbe in modo disordinato, tirando giù la finanza europea e mondiale.


4) Nel caso in cui una maggioranza politica decidesse di uscire dall’euro, convertendo in lire tutto ciò che oggi è in euro
(come avvenne quando passammo dalla lira all’euro nel 2002), le pressioni politiche, finanziarie, economiche e mediatiche contro la maggioranza politica sarebbero enormi.
Sarebbe necessaria una maggioranza politica parlamentare di almeno il 65-70%, in modo da reggere alle inevitabili defezioni di alcuni parlamentari in quel contesto.

5) Nel caso in cui l’uscita dall’euro riuscisse, le conseguenze sulle stabilità dell’euro sarebbero fatali, in quanto l’Italia è la terza economia dell’Eurozona.
E’ impossibile prevedere quali sarebbero le reazioni dei vari governi coinvolti, ma è molto probabile che sarebbero scoordinate,
il che causerà gravissimi danni al sistema finanziario mondiale, innescando una crisi economica senza precedenti.

In questa evenienza anche l’Italia, pur forte della propria nuova moneta sovrana, ne subirebbe le conseguenze, con gravi danni all’economia del paese.

Immaginiamo quali potrebbero essere le conseguenze sulla maggioranza politica, “rea” di avere scatenato tutto questo.
Sarebbe spazzata via e ritornerebbero al potere coloro che, per decenni, hanno supportato e sostenuto l’euro
e tutte le riforme in favore della finanza internazionale, a spese delle imprese e dei cittadini italiani.

Non ci sarebbe nemmeno il tempo di far fruttare la sovranità monetaria, in quanto la nuova lira verrebbe utilizzata
per reintrodurre le solite politiche di austerità e le solite “riforme” in favore delle banche, per cui l’effetto ottenuto sarebbe l’opposto a quello sperato.

Se l’uscita dall’euro voleva essere lo strumento per riportare il benessere economico in Italia, meta certamente condivisibile,
la scelta di un percorso troppo rischioso potrebbe portare al fallimento, con risultati catastrofici.

La realtà è che l’Italia ha bisogno di una qualche forma di sovranità monetaria che consenta al governo di aumentare gli investimenti pubblici e di ridurre l’insostenibile pressione fiscale.
Le famose politiche keynesiane.
L’uscita secca dall’euro non è l’unica strada da seguire, ce ne sono delle altre, meno irte di pericoli e più facili da percorrere.

Il percorso alternativo deve prima di tutto tenere conto della questione del sostegno dell’opinione pubblica.

Se l’obiettivo proposto è la “sovranità monetaria”, la gente non comprende neppure di cosa stiamo parlando.

Si tratta di un concetto inafferrabile da chi da 30 anni si informa solo guardando la television
e.

Un conto è avere delle persone che partecipano ad un convegno, in cui i vari Valerio Malvezzi, Antonio Maria Rinaldi, Vladimiro Giacchè, ecc.
che spiegano cosa è la sovranità monetaria e le ragioni tecniche per cui l’Italia ha bisogno della sovranità monetaria per uscire dalla crisi;
un altro conto è far passare questi concetti attraverso i filtri dell’informazione mainstream, l’unica a cui la maggior parte dei cittadini, dei politici e dei giornalisti ha di fatto accesso.

In secondo luogo è importante comprendere che disporre della sovranità monetaria non significa necessariamente convertire in lire tutto ciò che ora è in euro,
ma significa che lo Stato ha il potere di emettere una propria moneta, secondo le proprie regole di emissione e secondo le proprie regole di allocazione.

Disporre della sovranità monetaria non significa necessariamente avere la circolazione di un’unica moneta “sovrana” sul proprio territorio.
Ad esempio nulla vieta in Italia di fare pagamenti in dollari fra privati, così come è possibile fare pagamenti in sardex o in bitcoin.

La differenza fra l’euro, oggi moneta a corso legale, e le altre valute è che l’euro viene accettato come valuta per il pagamento delle tasse
e viene usato dallo Stato per il pagamento dei propri creditori (dipendenti, fornitori esterni, detentori dei titoli di stato).

Nulla vieta allo Stato di emettere altre forme di moneta e di usarle per i propri pagamenti.

Se quelli del sardex o del bitcoin lo possono fare, a maggior ragione lo può fare lo Stato.

Nulla vieta allo Stato di accettare per i pagamenti una nuova valuta si propria creazione, emessa parallelamente all’euro.

Per il momento lo Stato è solamente vincolato su ciò che riguarda i propri bilanci in euro, a causa dei trattati europei, non per quanto riguarda bilanci in altri tipi di valute.

Potrebbe quindi emettere una nuova valuta per finanziare la ripresa dell’economia interna,
continuando a rispettare i vincoli europei per quanto riguarda i bilanci in euro.

Oppure cessare di farlo, essendosi sottratto ai ricatti di quelli che oggi detengono il monopolio sulla moneta unica, che “unica” non sarà più.

Se la strada dell’uscita secca dall’euro è irta di difficoltà di ogni genere, l’emissione di una valuta parallela pubblica può avvenire con molte meno difficoltà.

Per quanto riguarda gli aspetti della comunicazione, dovendo necessariamente passare attraverso ai mass media gestiti da giornalisti
che vedono la sovranità monetaria come una “sparata nazionalista contro l’Europa”, presentare la nuova valuta sovrana “parallela”
come una moneta alternativa all’euro, renderebbe molto difficile la comunicazione.


Se, invece, la soluzione venisse definita non come una “moneta sovrana”, ma come uno “strumento finanziario innovativo per attuare la piena occupazione
oppure come “strumento per porre fine alla crisi economica“, ci sarebbero maggiori probabilità che i giornalisti e quindi i politici e la gente normale,
comprendano di cosa si tratta e che la proposta venga presa in considerazione nel dibattito pubblico.

Presentare la nuova moneta pubblica parallela sotto forma di compensazioni fiscali future,
un concetto che già esiste attualmente nei rapporti fra Fisco e contribuenti e che, quindi, non è una novità,
è probabilmente il modo migliore per minimizzare le resistenze da parte della stampa, dell’opinione pubblica e della classe politica.

Fra le proposte esistenti che vanno in questa direzione ci sono certamente quelle dei Certificati di Compensazione Fiscale,
quelle dell’associazione Moneta Positiva e le “stato note” proposte da Nino Galloni.

Anche i minibot di Claudio Borghi sarebbero una moneta parallela di stato, ma hanno il “difetto” di presentarsi con l’immagine di banconote alternative all’euro,
un grave errore di comunicazione che i mezzi di informazione non hanno perdonato.

Se la misura non porta rischi per gli investitori finanziari internazionali (rischi obiettivamente presenti in caso di uscita secca dall’euro dell’Italia),
ci possiamo evitare di farci inutilmente degli altri (potenti) nemici. Ovviamente resterebbero gli speculatori della “vacca da mungere”,
ma la maggior parte degli investitori finanziari vedrebbero certamente di buon occhio una ripresa economica dell’Italia
e non sarebbero certamente contrari alla proposta. E non si tratta di un dettaglio trascurabile.

La messa in atto di uno strumento finanziario innovativo per favorire la ripresa economica dell’Italia consentirebbe di stabilire un’alleanza temporanea
anche fra quelli convinti che l’Italia debba uscire dall’Unione Europea (Italexit) e quelli convinti che non sia bene uscire dall’Unione Europea, ma che sia necessario riformarla in profondità.

L’introduzione di una “moneta fiscale” parallela, infatti, considentirebbe da subito di far ripartire l’economia del paese,
il che sarebbe un bene per tutti, dando maggiore forza politica al governo per attuare il successivo passaggio politico di una eventuale uscita dall’Unione Europea
o, in alternativa, maggiore forza contrattuale per negoziare con gli alleati europei dei nuovi trattati europei che pongano fine alle politiche neoliberiste e che mettano al centro l’Europa sociale dei popoli.

Al di là della personale opinione di ciascuno, il fatto di poter realizzare questa alleanza consentirebbe di disporre molto più facilmente
della maggioranza politica necessaria ad introdurre la nuova moneta parallela pubblica e per far uscire l’Italia quanto prima dallla crisi economica.

Una volta ripristinata la sovranità monetaria, i problemi non sarebbero affatto finiti. Ovvero: non saremmo ancor arrivati in cima alla montagna.

Resterebbero, infatti, da risolvere ancora tutti i problemi legati al sistema bancario, che spesso genera debito privato fuori controllo,
con tutti i suoi legami con la finanza internazionale e con il mondo della speculazione.

Da dove iniziare?

Se l’Italia uscisse dall’euro semplicemente convertendo in lire tutto ciò che oggi è in euro,
ma continuando ad affidare alla Banca d’Italia l’emissione “a debito” della moneta e continuando ad avere il 95% del denaro circolante
creato dal sistema bancario privato mediante emissione di nuovo credito (e quindi di nuovo debito privato), continueremmo ad essere fortemente esposti alle “perturbazioni” della finanza internazionale.

Le proposte sopra citate di emissione di una nuova valuta parallela pubblica sotto forma di compensazioni fiscali
consentirebbero non solo di ripristinare la sovranità monetaria, ma anche di dare vita ad un nuovo circuito pubblico dei pagamenti indipendente da quello ella Banca d’Italia e delle banche private.

Ciascun contribuente dispone di un codice fiscale o di una partita IVA.
Questi codici non sono altro che il numero di conto corrente “unilaterale” che ciascun contribuente già possiede presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

La nuova moneta fiscale potrebbe semplicemente essere emessa dal MEF (dal nulla!) e accreditata sul Conto Corrente Fiscale del contribuente.

E basterebbe il passaggio formale di rendere questi conti “multilaterali” per trasformarli in conti correnti bancari,
dando la possibilità di utilizzarli non solo per il pagamento delle tasse, ma anche per ricevere accrediti da parte del MEF e per effettuare pagamenti verso terzi.

Il risultato sarebbe la creazione di un circuito pubblico dei pagamenti, indipendente dalla Banca d’Italia, dalla BCE e dalle banche private.

Questo circuito consentirebbe di svolgere operazioni di finanza pubblica in modo assolutamente indipendente dalle pressioni dell’Unione Europea, della BCE, dei mercati finanziari.
 
Il tempo scorre veloce, e i giorni sul calendario segnati con il rosso sono due: il 12 e 13 dicembre prossimi.

In queste date si terrà un Consiglio europeo decisivo per capire se la riforma del Fondo salva-Stati
si schianterà contro un muro o sarà avvolta da una candida fumata bianca.

L’Italia resta in attesa di conoscere il proprio destino, ben consapevole quali saranno i rischi, enormi, del Mes versione 2.0

Il Meccanismo europeo di stabilità demolirebbe il già fragile sistema economico-finanziario italiano,
vessato da un enorme debito pubblico, il 70% del quale nelle mani delle banche.

Gli istituti hanno minacciato di non acquistare più titoli di Stato nel caso in cui la riforma dovesse passare,
perché temono gli effetti della possibile ed eventuale ristrutturazione del debito nascosta nelle pieghe della riforma.

Viste le clausole, l’Italia non potrebbe attingere al salvagente del Mes proprio a causa del suo altissimo debito,
eccessivo e sotto monitoraggio dell’Ue; eppure gli istituti temono comunque un terremoto.

“I problemi diventeranno tutti nostri, e già ne abbiamo a sufficienza. Questo è un problema delle istituzioni della Repubblica e noi ne facciamo parte.
Chiedete agli esponenti del governo perché non ci hanno consultati. I titoli di Stato italiani? Non li compreremo più,
non abbiamo un vincolo di portafoglio che ci costringe a comprarne una certa quantità”.

Banche a parte, un’altra conseguenza deleteria arriverebbe dalla fuga in massa degli investitori stranieri,
che si ritroverebbero a fare a gara nel vendere i titoli di Stato italiani, portando il nostro Paese a un passo dal baratro.

Da qualunque prospettiva lo si guardi, il dibattito attorno al Mes contiene un tema ancor più rilevante, riguardante le radici della stessa Unione europea.

Senza alcuna unità politica non può esistere nessuna unità monetaria.

La dimostrazione è oggi sotto gli occhi di tutti, con le regole Ue scritte da una ristretta oligarchia,
molto più attenta a tutelare i propri interessi che non a favorire la vita ai cittadini della comunità.

Nessuno ha tenuto in considerazione fattori fondamentali, che dovrebbero sorreggere qualsiasi comunità sociale e politica
: una lingua comune, certo, ma anche storia e territorio. L’Unione Europea, almeno l’attuale costruzione,
non prende in considerazione niente di tutto ciò, e lo si è visto, per l’ennesima volta, con la riforma del Mes.
Un trattato che punta a erodere altra sovranità nazionale ai singoli Paesi.


In altre parole, la democrazia liberale non ha niente a che spartire con questa Ue, tenuta insieme soltanto da una moneta unica, l’euro.

Manca il cosiddetto comune sentire, perché ogni relazione sovranazionale si basa solo e soltanto su tecnocratici meccanismi di stabilità e trattati finanziari.

I vertici di Bruxelles dovrebbero rendersi conto che i membri del club sono ormai stanchi di rispettare regole sempre più pressanti e per altro a danno dei propri cittadini.

L’unica soluzione è un radicale cambio di registro dall’alto, che dovrebbe prevedere meno accordi a vantaggio di banche e istituti finanziari
e un maggiore riconoscimento della comune radice giudaico cristiana.

Tornando al Mes, il Fondo salva-Stati altro altro non è che un trattato internazionale mascherato da veicolo finanziario, e rispecchia appieno lo spirito nocivo dell’Ue.

Indipendentemente da come vada a finire la questione relativa al Meccanismo europeo di stabilità,
Bruxelles farebbe meglio a prendere appunti per evitare di commettere in futuro altri errori simili.
 
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Siamo tornati a "quel chel vusa pusè la vaca l'è sua". Ci aggiriamo in un mondo di ignoranti ed incompetenti.
La frana che è scesa sul viadotto è - nè più nè meno - che il distacco di una parte di terra da una collina.
Dove non ci sono abitazioni. Dove non ci sono culture. E' un distacco puro e semplice, dovuto all'acqua
che filtra nel terreno e lentamente ERODE. Tutto qui. Semplice. Terra terra.

Ma gli ignoranti e gli incompetenti dominano .........

Ieri un giudice di Genova ha riportato la Liguria, ed il Nord Italia, agli anni 30.

Per “Gravi ammaloramenti” a due cavalcavia e necessità di verifiche, a seguito della scoperta delle false certificazioni dei tecnici di Spea-Autostrade per l’Italia,
un giudice, il procuratore capo Franco Cozzi, ha detto stop: si chiude da A26 Savona – Gravellona Toce.

La A6 Savona Torino è chiusa per il crollo di un cavalcavia,

l’autostrada dei Fiori per il crollo de Ponte Morando.

Oggi la Liguria è tornata agli anni ’30, quando Sua Maestà inaugurò la “Camionale” , che esiste ancora sotto il nome A7.

Quindi l’ incredibile evoluzione del mercato, la privatizzazione di Società Autostrade voluta da Prodi, è stata in grado di riportare l’Italia all’anteguerra.

Un articolo di Olindo Cervi aveva già analizzato gli effetti sulle autostrade della privatizzazione sia come aumento degli utili sia come taglio nelle manutenzioni.
Un’analisi ferrea e spietata della distruzione delle infrastrutture italiane.

La cosa divertente è che, nonostante i crolli, le chiusure delle autostrade, gli arresti, le indagini, i morti non è cambiato assolutamente nulla.

Autostrade per l’Italia è ancora il maggiore concessionario italiano, le tariffe sono esose come sempre,
ed i risultati mostrano come non si sia fatta nessuna seria opera di manutenzione o miglioramento.

A parole Di Maio ha cancellato le concessioni, ma in pratica queste sono ancora lì, più forti e potenti che prima.

Il risultato è che se volte andare con un TIR da La Spezia a Nizza, per esempio,
dovete per un tratto passare dentro la città di Genova, esattamente come negli anni trenta.

Questi sono i grandi progressi portati dalle privatizzazioni. Gioiamone tutti, e Viva il Re….
 
Buongiorno a tutti,

oggi ci siamo scaricati i bilanci 2016 e 2017 di Autostrade Per l’Italia e abbiamo fatto alcune considerazioni analizzando i numeri che sono riportati sui documenti denominati “relazione finanziaria annuale”.

Qui ci siamo limitati ad una prima sommaria analisi dei dati per non fare un articolo troppo lungo da annoiare i lettori.
Faremo successivi approfondimenti su tutto il gruppo Autostrade/Atlantia così da poter fornire un quadro di tale gruppo che gestisce in concessione gran parte delle nostre autostrade.

Abbiamo cercato di usare un linguaggio il meno tecnico possibile in modo che l’articolo possa essere fruibile anche da non addetti ai lavori.

I numeri sono stati analizzati con gli indici di bilancio più importanti normalmente usati da qualsiasi analista.

Sono stati analizzati il conto economico, lo stato patrimoniale e il rendiconto finanziario in modo da vedere alcuni indici di bilancio
importanti per la valutazione di Autostrade come eventuale investimento di un piccolo risparmiatore.

La prima analisi affrontata è la cosiddetta Analisi Per Margini.

Tale analisi ha lo scopo di mettere in evidenza gli aspetti statici della struttura aziendale.

I MARGINI che sono costruiti sullo STATO PATRIMONIALE sono:

Margine di struttura (MS) e Margine di tesoreria (MT).

MARGINE DI STRUTTURA (MS)

MS = (PATRIMONIO NETTO – ATTIVO NON CORRENTE)

Il margine di struttura è rappresentato dalla differenza fra il patrimonio netto (calcolato secondo i criteri finanziari
e quindi al netto dei crediti verso i soci per versamenti ancora dovuti, delle azioni proprie in portafoglio e degli utili per i quali si è deliberata la distribuzione)
e l’attivo a medio/lungo termine (valore netto dell’attivo immobilizzato secondo il criterio di liquidità).

La logica di questo margine risiede nel fatto che una situazione ideale sul piano del rapporto fra Impieghi (Passivo di stato patrimoniale)
e Fonti (Attivo di Stato Patrimoniale) si ha quando l’attivo immobilizzato è “coperto” da fonti durevoli rappresentate dai mezzi propri non destinati alla distribuzione.

Il margine di struttura indica la capacità dei mezzi propri di coprire il fabbisogno durevole rappresentato dalle attività a medio/lungo termine.

Se il margine è positivo significa che il capitale proprio copre tutto il fabbisogno durevole; se negativo significa che parte del fabbisogno è coperta da debiti.

La negatività del margine è in ogni caso considerata fisiologica se la differenza è coperta da debiti consolidati a medio/lungo termine.

Vediamo i dati di Autostrade per l’Italia.

Notiamo un Margine di struttura fortemente già negativo nel 2016 e non coperto dai debiti a medio/lungo termine.

Notiamo anche che tra i debiti a medio/lungo termine sono presenti “Derivati con fair-value negativo” per 429.144.426.
Non è stato possibile analizzare questi contratti, ma ben sappiamo che trattandosi di contratti derivati, le incognite possono essere moltissime.

Quindi possiamo dire che Autostrade Per L’Italia non passa l’esame del primo indice.

Andiamo quindi a vedere il secondo indice, il cosiddetto MARGINE DI TESORERIA che è calcolato dalla seguente formula :

MT = (LIQUIDITÀ DIFFERITE +LIQUIDITÀ IMMEDIATE) – PASSIVITÀ a BREVE

Il margine di tesoreria è calcolato sottraendo alle attività liquide immediate (già in forma liquida) e differite (destinate a tornare in forma liquida a breve termine)
le passività a breve (debiti esigibili entro il successivo periodo amministrativo, tra cui anche: quote a breve dei debiti di finanziamento a medio e lungo termine, quote dei fondi costi futuri e di altri fondi.

Il margine di tesoreria dovrebbe essere sempre positivo.

Se il margine è negativo significa che l’impresa si trova in zona di tensione finanziaria a breve termine perché,
di fronte ad una richiesta di rimborso immediato di tutti i debiti a breve termine, non avrebbe i mezzi finanziari necessari per farvi fronte.

Vediamo nella seguente tabellina i dati di Autostrade per L’Italia :

Vediamo che il Margine di Tesoreria positivo nel 2016 diventa fortemente negativo nel 2017. Gli analisti direbbero che si riscontra una tensione finanziaria molto forte.

Non esprimiamo giudizi in merito e continuiamo con la nostra analisi. Un altro indice importantissimo è il Capitale Circolante Netto o CCN.

Viene calcolato con la seguente formula :

CCN= ATTIVITA’ CORRENTI-PASSIVITÀ CORRENTI

Il capitale circolante netto è dato dalla differenza fra le attività a breve (disponibilità, liquide differite e liquidità immediate) e le passività a breve.

In termini di copertura finanziaria e di relazione strutturale il capitale circolante netto corrisponde alla differenza tra fonti durevoli e consolidate
(patrimonio netto e passività a medio.lungo termine) ed impieghi durevoli rappresentati dalle attività a medio/lungo termine.

Il capitale circolante netto finanziario deve essere per forza fortemente positivo perchè se il margine è negativo
significa che impieghi durevoli sono finanziati da passività a breve termine con riflessi preoccupanti sulla solvibilità.

Nella tabellina successiva sono riportati i dati di Autostrade Per L’Italia.

Notiamo che nel 2016 era positivo per oltre 1,5 mld di euro, mentre nel 2017 diventa fortemente negativo
e gli analisti quindi denuncerebbero forti preoccupazioni riguardo la solvibilità aziendale.

Veniamo ora ad analizzare un altro indicatore: la POSIZIONE FINANZIARIA NETTA

La posizione finanziaria netta (PFN) è data dalla somma di disponibilità monetarie e attività finanziarie cui vengono sottratti i debiti finanziari.

PFN=DISPONIBILITA’ LIQUIDE+ATTIVITA’ FINANZIARIE-PASSIVITA’ FINANZIARIE.

I dati per Autostrade sono i seguenti :

Il segno algebrico finale della PFN esprime un giudizio sul livello complessivo dell’indebitamento nei termini seguenti:

  • se il segno è positivo indica una eccedenza delle disponibilità liquide e delle disponibilità finanziare rispetto all’indebitamento;

  • se negativo indica una insufficienza delle disponibilità liquide e delle disponibilità finanziarie a coprire l’indebitamento finanziario, ovvero l’esposizione netta dell’impresa nei confronti dei finanziatori.
Sembra che in questo caso i finanziatori non abbiano grandi garanzie che la loro esposizione possa venire coperta visto che i dati sono negativi per quasi 10mld di euro.

Per maggiore completezza calcoliamo anche la POSIZIONE FINANZIARIA NETTA A BREVE.

I due indicatori si differenziano solo per l’orizzonte temporale di riferimento.

La posizione finanziaria netta a breve è costituita dalla somma di disponibilità monetarie e attività finanziarie a a breve a cui devono essere sottratti i soli debiti finanziari a breve termine.

Quindi abbiamo :

PFN(A breve)=DISPONIBILITA’ LIQUIDE+ATTIVITA’ FINANZIARIE A BREVE-PASSIVITA’ FINANZIARIE A BREVE.

Ecco i dati

Dalla tabella possiamo notare che la posizione finanziaria netta a breve rimane in terreno positivo,
ma è in preoccupante peggioramento rispetto all’anno precedente e questo dovrebbe sollevare notevoli preoccupazioni per i finanziatori della azienda.

Usando questi indicatori appena calcolati e rapportandoli ad altri parametri come il fatturato e l’EBITDA si possono ottenere indicazioni interessanti riguardo la capacità di restituzione del debito.

La capacità dell’impresa di restituire il debito dipende anche dalla sua capacità di generare flussi di cassa che possano rimborsare i suoi finanziatori.
Tali flussi dipendono dai ricavi (i pedaggi che paghiamo) e in parte anche dalla gestione caratteristica.
Facendo così riferimento al Fatturato e all’EBITDA possiamo ottenere:

PFN/Fatturato Esprime la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalle vendite
PFN/EBITDA Esprime la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalla gestione caratteristica.

Per entrambi gli indicatori, quanto minore è il rapporto, tanto più velocemente l’’impresa rientra dall’esposizione finanziaria.

Vediamo i numeri dell’azienda:



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Vediamo che i tre indicatori hanno andamento diversi ma a questo c’è una spiegazione.

Vediamo che il primo indicatore PFN/FATTURATO è in peggioramento.
Quindi la capacità della società di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalle vendite è in leggera diminuzione nonostante l’aumento di ricavi da pedaggi.

Il secondo indicatore è in leggero miglioramento, ma il terzo è in deciso peggioramento.

Quindi l’azienda migliora leggermente la capacità di coprire il debito mediante i flussi derivanti dalla gestione caratteristica.
Il risultato dovrebbe in teoria essere molto migliore in quanto l’azienda ha ricavi da pedaggi certi e in aumento sistematico.

Ricordiamo che Autostrade opera in regime di monopolio e i ricavi possono essere definiti certi e a rischio 0.

Il Terzo indicatore è in preoccupante peggioramento, in quanto il patrimonio netto dell’azienda è calato da 3.605.113.569 dell’esercizio 2016 a 1.986.808.214 dell’esercizio 2017.
Questo ci porta a dire che l’azienda aumenta la propria dipendenza da capitale di terzi nonostante il continuo aumento dei ricavi da pedaggi
e dobbiamo dire che, secondo questi indicatori, la solidità aziendale è in deciso peggioramento rispetto agli esercizi precedenti.

Questo dovrebbe suscitare grande allarme da parte dei finanziatori e degli azionisti.

Dopo questi primi indicatori vediamo di fare una analisi per indici più approfondita che ci consenta di valutare l’assetto economico di Autostrade
nelle sue componenti finanziarie, patrimoniali, monetarie e reddituali).

Vengono costruiti rapporti e quozienti al fine di indagare sulla gestione aziendale nelle diverse dimensioni.
Si identificano come base i risultati ottenuti dalla lettura dei documenti presenti sul sito di Autostrade.

L’analisi per indici ha il vantaggio di trasformare i valori assoluti in valori relativi consentendo raffronti oltre che nel tempo anche nello spazio
(confronti interaziendali) o con parametri obiettivo (benchmark) che saranno oggetto del prossimo articolo.

Gli indici rappresentano un buon modo di analisi della gestione, ma la loro applicazione deve essere oggetto di ragionamento in base ai dati e agli andamenti di bilancio.
Tutto questo deve essere anche coerente con le finalità perseguite dalla analisi.

Autostrade non è una comune società, ma è una società che gestisce un bene di proprietà dello Stato, quindi un bene comune.
Quindi tale bene dovrebbe essere gestito non con criteri di solo profitto, ma anche con criteri di servizio per la collettività.


I paragrafi precedenti si possono qualificare come “sistema generale” mentre ora scenderemo nel dettaglio
e cercheremo di individuare i sotto-sistemi con cui indagare l’assetto economico globale dell’impresa.

Quindi individuiamo i sotto-sistemi di :

  1. Liquidità

  2. Solidità

  3. Redditività
Gli indici di liquidità sono collegati all’equilibrio finanziario e monetario nel breve periodo.
Una equilibrata liquidità produce flussi finanziari e monetari che consentano di fare fronte ai propri impegni.

Alcuni indici fondamentali, da valutarsi unitamente al Margine di tesoreria e al Capitale Circolante Netto che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti sono:

Liquidità primaria = (Liquidità immediate+Liquidità differite)/Passivo a breve.

Dati di Autostrade :

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Questo indice consente di valutare l’attitudine dell’azienda a soddisfare gli impegni di breve periodo attraverso le risorse già liquide o liquidabili.
Tutta la letteratura economica afferma che la condizione ottimale si realizza quando questo indice è pari o superiore ad 1.

Un indice inferiore ad 1, al contrario, segnala uno stato di insolvibilità e vediamo che anche in questo caso la situazione di Autostrade può risultare preoccupante con il dimezzamento del valore dell’indice.

Liquidità secondaria = Attività Correnti(comprese scorte di magazzino e attivi per lavori in corso)/Passività Correnti

Dati di Autostrade:

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Questo indice consente di valutare quanto le risorse liquide comprese le scorte di magazzino e gli attivi per lavori in corso, permettano di fronteggiare gli impegni assunti a breve termine.

Facendo la differenza in valore assoluto tra numeratore e denominatore, nei paragrafi precedenti,
abbiamo calcolato il capitale circolante netto o CCN che abbiamo visto risultare negativo e fornire segnali preoccupanti.
Il dato del CCN viene sostanzialmente confermato dal dato di liquidità secondaria.
La condizione ottimale per l’azienda si realizza quando l’indice è compreso tra 1,5 e 2.

In altre parole, l’attivo a breve deve essere superiore al passivo a breve, mentre vediamo che in Autostrade questo è ben lontano dal realizzarsi.
Questa conbinazione fornita dal CCN negativo e dall’indice di liquidità inferiore a 1,5 dovrebbe essere inteso come un segnale preoccupante per finanziatori e risparmiatori.

Collegati a questi vi sono altri due indici che ci danno indicazione dei tempi medi di pagamento sia attivi che passivi.
Questi indici sono:

  1. Durata media dei crediti commerciali = Crediti commerciali / (Ricavi/365)
  1. Durata media dei debiti commerciali = Debiti commerciali / (Costi per beni e servizi (esclusi oneri di gestione)/365)
Con tali formule, vengono calcolati i tempi medi di incasso dei crediti e pagamento dei debiti commerciali.

Il primo indice dà indirizzo di quanto sia circa il periodo medio di riscossione dei crediti verso i clienti
mentre il secondo dà indirizzo circa il periodo medio di pagamento dei debiti verso fornitori.

Vediamo i numeri di Autostrade.

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In questo caso, la letteratura economica dice che una condizione soddisfacente si realizza quando i due indici sono simili
o quando i tempi medi di pagamento tendono ad essere superiori a quelli di incasso.

In questa gestione Autostrade è insuperabile.

Tempi di incasso velocissimi e tempi di pagamento biblici.

In questo caso i flussi finanziari sono assolutamente equilibrati e Autostrade migliora di anno in anno passando da 439 giorni nel 2016 a 536 nel 2017.

Per essere fornitori di Autostrade bisogna non avere fretta nell’essere pagati.
 
Nei paragrafi precedenti abbiamo calcolato l’indice base detto Margine Di Struttura dal quale derivano i cosiddetti indici di indebitamento e di solidità.

La solidità è la capacità di un’impresa di reggere il passare del tempo e può essere interpretata secondo due diverse accezioni:

  1. Le condizioni di equilibrio in modo di far fronte alle scadenze temporali di investimenti (struttura patrimoniale) e finanziamenti (struttura finanziaria);

  2. La dipendenza finanziaria da terzi, cioè l’equilibrio tra mezzi propri e mezzi di terzi sia a breve che a lungo termine.
I principali indici collegati al Margine di struttura sono:

  1. Indice di copertura delle immobilizzazioni=Mezzi propri/Attivo immobilizzato

  2. Rapporto di indebitamento (globale) = Mezzi propri/Mezzi di terzi
Il primo indice mette in relazione i mezzi propri con le attività durevoli e strumentali alla gestione caratteristica.

  • Se > 1 si ha una situazione solida
  • Se = 1 si ha una situazione di sostanziale equillibrio
  • Se < 1 si ha una situazione degna di ATTENZIONE
I valori < 1 sono tipici:

  • nei primi anni di attività e non è il caso di Autostrade
  • nelle fasi di notevole sviluppo e anche qui Autostrade ha grosse criticità sul rispetto del piano di investimenti statale come è ben visibile dai dati di bilancio.
Tale indice andrà interpretato comunque considerando:

  • la capacità di generare flussi di cassa e qui Autostrade non ha certo problemi in quanto incassa ben oltre 3 mld/anno di pedaggi.
  • l’onerosità dei mezzi di terzi che andremo ad analizzare in seguito e vedremo essere piuttosto elevata.
Vediamo che i dati di Autostrade, anche per questo indicatore, forniscono notevoli segnali di criticità.

Il capitale netto è insufficiente per la copertura delle immobilizzazioni.

Già nel 2016 la copertura era molto bassa e nel 2017 l’indice è dimezzato causa una supermaxi distribuzione di Dividendi e Riserve per quasi 2 miliardi di €.

Riteniamo una cosa piuttosto strana vedere una società che gestisce un bene pubblico fare una così elevata distribuzione di dividendi e riserve.
Tale operazione, come vedremo in seguito, presenta secondo noi notevoli criticità.

Qui la tabella con l’indice di copertura delle immobilizzazioni che vediamo essere quasi dimezzato e anche questa cosa dovrebbe suscitare grande allarme.

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Vediamo ora il Rapporto di Indebitamento Globale che è costituito dal rapporto fra Capitale proprio e Capitale di terzi.

L’indebitamento globale esprime il rapporto tra debiti complessivi e mezzi propri.

  • Se = 1 indica una situazione di equilibrio tra mezzi propri e mezzi di terzi.

  • Se <1 implica mezzi di terzi superiori ai mezzi propri quindi l’azienda presenta una prevalenza di debiti rispetto al capitale proprio.

  • Se > 1 implica Mezzi propri superiori ai mezzi di terzi.
Vediamo i dati di Autostrade che, essendo una società che gestisce un bene pubblico, dovrebbe, secondo il nostro parere, avere un rapporto di indebitamento molto più prudente.

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Da questo dato possiamo vedere che il grado di prudenza nella gestione di Autostrade è piuttosto basso e l’indice è in netto peggioramento rispetto al 2016.

Veniamo ora all’analisi con altri tipi di indici che sono gli Indici di Redditività.

Per redditività s’intende il rapporto tra reddito ed il capitale necessario per produrlo.
L’analisi della redditività verifica la coerenza tra i risultati economici del conto economico riclassificato rispetto alle risorse impiegate per ottenerli.

I principali indicatori della redditività sono:

ROE (Return on Equity) = Reddito Netto/Patrimonio Netto

Consente di apprezzare la remunerazione del capitale di rischio.

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Vediamo dai dati che la propensione a remunerare il capitale di rischio e il capitale proprio è nettamente aumentata durante l’esercizio 2017.
La redditività netta dei mezzi propri è in aumento esponenziale rispetto all’esercizio 2016.
La prima causa di questo è chiaramente la diminuzione del Patrimonio Netto che come vediamo dai dati di bilancio è diminuito in modo preoccupante causa la massiccia distribuzione di Capitale e Riserve.

ROI (Return on Investment) = Reddito Operativo/Capitale Investito

Analizza la redditività degli investimenti aziendali.
E’calcolato con il rapporto tra reddito operativo aziendale e totale delle attività(al netto dei fondi rettificativi): misura quanto hanno reso le attività nette impegnate nella gestione aziendale.

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Notiamo anche qui la netta impennata dei ROI causata dal calo delle attività.

Non calcoliamo l’indice di Redditività del Capitale Circolante Netto in quanto essendo il CCN diventato negativo nel 2017
il risultato sarà di redditività negativa che conferma quanto detto per gli indici precedenti.

L’indice ROS (return on Sales) è dato dal rapporto tra il reddito operativo della gestione caratteristica e di ricavi netti.
Misura la convenienza economica della vendite, o meglio l’efficienza della gestione reddituale.
La performance dei ricavi per pedaggi in rapporto al reddito operativo della gestione oseremmo dire che è “spaventosa” come possiamo vedere da questa tabella :

Nella definizione accademica, Il ROS evidenzia la capacità relativa di praticare prezzi di vendita maggiori rispetto ai costi sostenuti.

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In questo Autostrade dimostra grande capacità di riscuotere pedaggi a prezzi molto elevati e soprattutto in modo assolutamente privo di rischi.

Vediamo ora la parte di indici relativi al costo e alla gestione dell’indebitamento

Il costo medio delle risorse finanziarie è determinabile in approssimazione con il seguente rapporto detto indice ROD (Return On Debt) o Costo Del Capitale Di debito.

Tale indice è composto da Oneri Finanziari / Capitale a Debito.

In Autostrade abbiamo questo risultato :

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La performance per una azienda di questo tipo e caratura ci sembra decisamente bassa, perché il costo dell’indebitamento è decisamente alto dato il livello di tassi del 2017.

La letteratura economica comprende gli indici più disparati, noi abbiamo scelto quelli che normalmente sono più usati e più significativi.
Si può approfondire l’analisi con altri indici, ma riteniamo che quelli usati diano già un buon quadro della situazione della società Autostrade Per L’Italia.

Analizzando Stato Patrimoniale, Conto Economico e Rendiconto Finanziario che alleghiamo alla fine dell’articolo, risaltano particolarmente alcune voci :

  • Distribuzione di riserve da patrimonio netto per 1.101.311.641.

  • Dividendi Corrisposti per 764.471.183.
La società presenta molte criticità a livello di bilancio e non si capiscono tali prelevamenti di utili e di riserve.
Già nel 2016 si riscontravano alcune criticità a livello di analisi.
Tali criticità si sono enormemente amplificate nell’esercizio 2017 con l’operazione di distribuzione su utili e riserve.

  1. Non capiamo cosa ci sia dietro questa “strategia di svuotamento”.
  2. Approfondiremo, ma siamo portati a pensare che la capogruppo volesse dalle controllate liquidità per affrontare nuovi investimenti (Abertis e altri).
  3. Chiaramente Autostrade, causa i suoi ricavi da pedaggi è la gallina dalle uova d’oro.
Inoltre segnaliamo una ulteriore criticità sul bilancio :

L’Articolo 2426 5° comme Codice Civile recita testualmente :

“I costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale.
I costi di impianto e ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.
I costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile,
sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.
Fino a che l’ammortamento dei costi di impianto e ampliamento e di sviluppo non è completato possono essere distribuiti dividendi
solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.


Autostrade ha ;

  1. “Costi non ammortizzati” € 17.402.993.583

  2. “Patrimonio Netto” 1.986.808.214

  3. “Capitale Sociale” 622.027.000

  4. “Riserve” 1.364.781.214
Un base al 5° comma art. 2426 Codice Civile le Riserve (4) dovrebbero “coprire” i costi di impianto e ampliamento (1).

Siamo molto lontani dalla copertura e ciò significa che Autostrade non poteva distribuire dividendi.

A che titolo solo nel 2016 sono stati distribuiti ai soci dividendi per € 775.000.000 e nel 2017 per € 764.000.000
visto che in base alle norme del codice civile i dividendi non erano distribuibili ?
 
Il dato che più colpisce del settimo Rapporto sul Bilancio del sistema previdenziale italiano
curato da Itinerari Previdenziali riguarda la longevità dei nostri pensionati.

A fine 2018 risultavano in pagamento da oltre 38 anni più di 653mila trattamenti previdenziali.

Mentre erano circa 3,5 milioni le pensioni in pagamento da più di 26 anni.

Una su cinque è in pagamento da oltre 20 anni.

È il mondo dei tantissimi baby pensionati usciti con meno di vent’anni di contributi,
o degli oltre 500mila prepensionati del settore privato che hanno guadagnato l’assegno Inps
grazie alle tante crisi aziendali di fine secolo e prima che la raffica di riforme adottate dal 1992 in avanti
mettesse qualche freno al treno in corsa.

Ma chi è salito su quel treno ha compiuto un viaggio lunghissimo e continua a viaggiare, grazie a una longevità senza pari in Occidente.

Torna a crescere il rapporto tra lavoratori e pensionati
Se le pensioni matusalemme pesano come un macigno sulla tenuta del sistema,
due dati positivi registrati sempre a fine 2018 fanno invece un poco sperare.

Il primo: il numero dei pensionati è risultato il più basso degli ultimi 22 anni: 16.004.503,
mentre il numero dei lavoratori attivi regolari che pagano i contributi e le imposte è stato il più alto di sempre con 23.214.949,
superiore anche al record del 2008, ultimo anno positivo prima della grande crisi.

Secondo dato positivo: il fondamentale rapporto tra attivi e pensionati si porta a 1,435, il miglior risultato degli ultimi 22 anni.

Tutto bene quindi? Non proprio, visto che molti degli attivi hanno contratti precari, redditi bassi e carriere discontinue.
E, ciononostante, con i loro contributi finanziano pensioni in molti casi più ricche di quanto un sano equilibrio attuariale vorrebbe.


Al netto dell’assistenza il sistema tiene

Gli analisti di Itinerrai previdenziali vanno però oltre.

Se dal numero di 16.004.503 pensionati - scrivono -
si sottraggono i titolari di assegni e pensioni sociali, pensioni di guerra e percettori di prestazioni di invalidità e indennità di accompagnamento
per un totale di 3.723.945 pensionati totalmente o parzialmente assistiti e circa 280.000 delle 716.213 pensioni indennitarie, per un totale di 4 milioni,

il rapporto attivi pensionati vero, cioè pensionati previdenziali su lavoratori attivi che versano i contributi, passa da 1,435 a 1,94.

Un dato che autorizza a parlare di «tenuta del sistema».

Una misura per la sola spesa previdenziale

Dalla analisi di Itinerari sulla spesa pubblica e sulle entrate (“Sostenibilità della spesa per pensioni in un'ipotesi alternativa di sviluppo”),
redatto da Alberto Brambilla, Gianni Geroldi, Claudio Negro, Paolo Onofri e Alessandro Rosina, si arriva alla riconferma che la situazione resta critica,
soprattutto se si tiene conto anche dell’elevato livello del debito pubblico.

Ma i dati - spiega Brambila - vanno letti con attenzione.
Così come le stime condivise in Europa sul quadro demografico, l’andamento del mercato del lavoro, la produttività e gli altri fattori di crescita economica.


Un mercato del lavoro più ampio, unica garanzia

Il vecchio cavallo di battaglia di questa think thank resta quello della separazione della spesa assistenziale da quella previdenziale (progetto ora risfoderato dal Governo),
cui si aggiunge la storica proposta di attivare in Inps un’anagrafe dell’assistenza per razionalizzare l’erogazione di tutte le prestazioni sociali che si sono sommate
e sedimentate nella legislazione nel corso degli ultimi decenni
. Ma anche questo non basta.

Dice Brambilla che bisogna fare di più per rendere il mercato del lavoro ampio e forte, fondato su tassi di occupazione e di partecipazione femminile più vicini alle medie europee: 
«Le premesse per migliorare la situazione non mancano in verità, ma servono riforme concrete e mirate che rendano complessivamente più ottimistiche
le proiezioni sul Pil, permettendo così di gettare le basi per un rinnovato clima di fiducia e benessere».
 
Chiamate i gretini e compagnia cantante......

Gli Stati Uniti si preparano ad uno dei giorni del Ringraziamento più freddo degli ultimi anni,
con grandi tempeste che potrebbero mettere in difficoltà estrema 55 milioni di cittadini che,
proprio in questi giorni, si troveranno in viaggio per ricongiungersi tradizionalmente con le proprie famiglie.

Fine novembre è il momento in cui ci sono, “Stranamente” , tempeste di neve e di ghiaccio,
solo che quest’anno vengono a corrispondere con un minimo nell’attività solare che può far parte, come sottolinea la NASA, di un “Gran minimo”

Un “Gran Minimo” è un periodo in cui le macchie solari sono particolarmente assenti e può durare da pochi decenni sino a secoli.

Purtroppo la registrazione delle macchie solari in modo regolare avviene solo dal 1750,
quindi quella secondo la quale l’ultimo “Gran minimo” sia avvenuta esattamente in corrispondenza con la “Piccola era glaciale”
avvenuta a partire dal XIV secolo al XVIII secolo è solo una probabile eventualità, che comunque spiegherebbe il peculiare andamento climatico in quel periodo.

Però se accettiamo questa possibilità ci staremmo muovendo non verso un’era di calore, ma verso un’era di gelo,
ed il gelo , per la vita, è molto peggio del caldo: infatti la fotosintesi con il gelo cessa, decrescono le aree coltivabili a causa della maggiore aridità, e calano anche le produzioni agricole.


Quindi la domanda dovrebbe essere: quanto i cicli solari vengono ad influenzare il clima mondiale,
e quanto questo interagisca con ogni attività antropica, cioè generata dall’uomo. ?

Non vorremmo che, viste le pretese della Commissione di imporre direttive per il “Controllo del cambiamento climatico”,
questa emettesse una direttiva per imporre il numero medio di macchie solari ed un divieto perentorio per picchi o minimi nell’emissione delle radiazioni solari.

Gli ultimi che ci provarono furono gli Aztechi, e lo facevano con i sacrifici umani.
 

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