Chiaro che Sala lo tema. E che lo tema anche Renzi perché, al di là della corsa a sindaco di Milano, il centrodestra proprio sul suo nome proposto a sorpresa da Silvio Berlusconi ha miracolosamente ritrovato quell'unità che altrove è un miraggio.
E di qui, almeno sembra, il centrodestra ha intenzione di ripartire ricostruendo la grande coalizione per dare l'assalto, e ormai mancano meno di due anni, al regno di Matteo Renzi.
Il putto fiorentino che nell'impossibilità di eludere all'infinito, come probabilmente riterrebbe giusto, il voto dei cittadini trasformando il suo governo in una monarchia (a suo parere illuminata), prima o poi dovrà pur consentire al Paese di prender matita e scheda elettorale per dirgli che cosa pensi di lui.
Per il momento potranno farlo i milanesi, visto che Sala è proprio l'uomo su cui Renzi ha puntato tutte le sue fiches.
Certo, lo ha fatto quando la sua strada di Sala sembrava in discesa.
Prima che il suo pupillo venisse scoperto a convocare nella sede istituzionale dell'Expo il suo comitato elettorale.
O che si scoprisse che il terreno dichiarato in Liguria era invece una sontuosa villa, perdipiù affidata all'archistar Michele De Lucchi beneficiata da cospicui appalti Expo affidati senza gara.
E che nella dichiarazione giurata per la legge sulla trasparenza, lo stesso Sala avesse dimenticato di dichiarare un'altra casa a Pontresina, con vista su Sankt Moritz.
Senza che la procura di Milano, nonostante l'esposto presentato dal vice presidente del consiglio comunale Riccardo De Corato, abbia ancora sentito l'urgenza di aprire almeno un fascicolo per indagare sulla vicenda.
Una sfilza di «incidenti» che non sarebbero stati perdonati a nessun altro. Ma si sa, nell'Italia dell'era Renzi le cose vanno un po' così.