NON RINUNCIARE AD UN SOGNO SOLO PERCHE' PENSI TI CI VORRA' TROPPO TEMPO PER REALIZZARLO...

Abbiassiamo le braghe, abbassiamo anche le mutande....poi però non lamentiamoci.
Quel che mi fa specie, è questa deriva "religiosa islamista". Se fosse stato un cattoico ?
Siamo tornati ai tempi dell'oscurantismo.

Avevano sgozzato un capretto per strada, macellandolo secondo il rito islamico ma senza le autorizzazioni.
Per questo due rom erano stati condannati in primo grado per maltrattamento di animali.
Ora la Corte d’Appello di Genova ha ribaltato la sentenza: non c'è stata nessuna crudeltà perché era un rito religioso e questa pratica è ammessa per il rispetto del credo altrui.

"Una pratica come il sacrificio rituale musulmano, che è di per sé crudele se parametrata alla sofferenza inflitta, non può essere considerata illecita poiché esplicitamente ammessa per il rispetto dell'altrui libertà religiosa, e quindi non lesiva del comune sentimento di pietà", scrive il giudice nella sentenza secondo quanto riporta La Stampa.

"Il limite allo svolgimento di queste pratiche è quello della necessità, nel senso che la macellazione senza stordimento preventivo della vittima è consentita solo ed esclusivamente nel contesto d’un rito religioso, com'è avvenuto nella fattispecie", si legge ancora.
 
Epurazione in perfetto stile stalinista ahahahahah e poi il bomba dovrebbe governare con la maggioranza assoluta ?

Dentro Franco Mollica (Udc), fuori Piero Lacorazza (Pd)
Lacorazza era stato tra i promotori e tra i maggiori sostenitori del referendum anti trivelle dello scorso 17 aprile.

“Apprendo con grande rammarico che il primo atto della moratoria proposta ieri da Renzi è l’epurazione del presidente del consiglio regionale in Basilicata avvenuta per mano del neo renzianissimo presidente Marcello Pittella”, il commento di Roberto Speranza, capo della sinistra Pd – Lacorazza è stato tra i protagonisti della campagna referendaria sulle trivelle. Oggi con una scelta sconsiderata e priva di qualsiasi legittimazione formale si è deciso di epurarlo rompendo l’unità del Pd”.

Nel pomeriggio il capogruppo dei Dem nell’assemblea lucana, Roberto Cifarelli, ha “restituito il mandato al gruppo”.
Lo ha annunciato in un tweet lo stesso consigliere regionale, che è vicino alle posizioni di Lacorazza e di Speranza.
 
“Mentre fa nascere il Partito della Nazione-Regione, Pittella dà la sacra unzione al Pd lucano”, commentano i consiglieri regionali del M5S, Gianni Leggieri e Gianni Perrino – nello stile della peggiore partitocrazia da Prima Repubblica, Pittella e i renziani della prima e della seconda ora hanno eseguito alla lettera le direttive dettate direttamente da Renzi, decapitando Lacorazza, colpevole di essersi esposto personalmente per il ‘Sì’ al referendum contro le trivelle dello scorso 17 aprile: chi dissente dal ‘dux fiorentino’ (del Governo e del Pd) è destinato a soccombere”.
 
A me avevano detto che nei 5stelle non ci sono movimenti politici, non si è nè di destra nè di sinistra.
Se una di sinistra fa queste affermazioni, vuol dire che il loro candidato è proprio alla canna del gas

Botta e risposta serrato a L’Aria che Tira (La7) tra il leader de La Destra, Francesco Storace, e la giornalista de Il Corriere della Sera, Maria Teresa Meli, sulla vicenda relativa al candidato di Sinistra Italiana per il Campidoglio, Stefano Fassina, le cui liste per le elezioni amministrative sono state escluse dai servizi elettorali del Comune a causa di errori formali.
Secondo la firma del Corriere, circa il 2% degli elettori di Fassina voteranno Giachetti del Pd: “Quelli che vengono dal Pci, dai Ds, dal Pds non riescono a votare il grillino e quindi non votano certamente la Raggi del M5S. La Raggi poi è una palesemente di destra. E’ una a cui non fa campagna elettorale persino Il Fatto Quotidiano, che non si accorge del sindaco di Livorno. Il Fatto, insomma, non parla bene della Raggi, anzi è contro di lei, perché viene dallo studio Previti e da tutto un mondo della destra romana“.

“Ma quando mai? Ti stai inventando tutto” – insorge Storace – “Io un po’ la destra romana la conosco e la Raggi non l’ho mai vista, né l’ho mai trovata nello studio Previti. La Raggi non faceva politica”.

Il presidente de La Destra ha un nuovo battibecco con la Meli e adombra l’ipotesi che il caso Fassina non sia accaduto casualmente, ma nasconda una strategia precisa, e cioè quella di favorire Giachetti alle amministrative romane.

Nel finale, la giornalista del Corriere ha un vis-à-vis concitato con il sindacalista Giorgio Cremaschi, per il quale un vero elettore di sinistra non deve votare il Pd.
Voterebbe per la funivia a Roma, no? Complimenti“, osserva Meli, con un riferimento caustico a Virginia Raggi.
E Cremaschi ribatte citando il referendum sulla riforma costituzionale, scatenando una vivace polemica con la giornalista
 
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Se non fosse una cosa seria, ci si potrebbe limitare a una risata e a una battuta: “Al ministero dell’Economia danno i numeri”.
Ma la cosa è seria, visto che i numeri in questione sono quelli che anno dopo anno sono finiti sotto la voce dismissioni immobiliari del Def, ovvero il Documento di economia e finanza che è il principale documento di programmazione sul bilancio dello Stato.
Qui ogni volta un focus è dedicato proprio alla vendita degli immobili pubblici, uno degli strumenti individuati dal governo per fare cassa e contribuire così alla riduzione del debito pubblico.

Prendiamo per esempio il Def del 2016, approvato l’8 aprile dal consiglio dei ministri e a fine mese dal parlamento: qui, a pagina 27 della sezione ‘Analisi e tendenze della finanza pubblica’, è scritto nero su bianco che grazie alla vendita degli immobili dei vari enti della pubblica amministrazione sono entrati in cassa 1.687 milioni di euro nel 2013, 1.215 nel 2014 e 946 nel 2015.
 
Peccato che questi dati siano ben diversi da quelli riportati dal governo nel Def degli anni precedenti e nella relativa Nota di aggiornamento, ovvero il documento approvato ogni settembre per tarare le previsioni del Def in base anche alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea.
Numeri ballerini, quelli delle dismissioni immobiliari, come mostra la seguente tabella, dove su sfondo verde sono indicati i dati a consuntivo di volta in volta dati per assodati e su sfondo bianco i previsionali per il futuro.
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Gli effetti del confronto sono curiosi.
Qual è il valore degli immobili venduti nel 2013 dalla pubblica amministrazione?
Nel 2014 il ministero ha dichiarato cessioni per 980 milioni, poi nel 2015 gli ha fatto fare un bel balzo a 1.418 milioni, per farle salire ancora ai 1.687 milioni comunicati lo scorso aprile.
Le dismissioni del 2014 invece sono finite sulle montagne russe: nel Def del 2015 sono 948 milioni, ma qualche mese dopo nella nota di aggiornamento valgono addirittura 1.701 milioni, per poi tornare giù a 1.215 milioni nell’ultimo Def.
 
Se il grado di consapevolezza su quanto si è fatto e su quanto si sta facendo è questo, viene da chiedersi come il ministro Pier Carlo Padoan possa pianificare le politiche per i prossimi anni.
E infatti anche le previsioni per il futuro finiscono sull’altalena, come è successo l’anno scorso per le dismissioni del 2015.

Oggi il ministero le valuta a consuntivo in 946 milioni, sottolineando a pagina 49 della sezione ‘Programma nazionale di riforma’ la preponderanza delle vendite “di immobili di proprietà degli enti territoriali, che hanno contribuito in maniera significativa a superare l’obiettivo previsto di 500 milioni.

Solo che un anno fa l’obiettivo era di 1.000 milioni, prima che il governo lo dimezzasse lo scorso settembre, vuoi per la crisi del mercato immobiliare, vuoi per l’andamento delle vendite nei primi nove mesi dell’anno.

Andamento che non doveva sembrare dei più rosei se lo scorso novembre in un convegno in Bocconi Bruno Mangiatordi, a capo della direzione del ministero dell’Economia che gestisce il patrimonio dello Stato, parlava di risultati delle dismissioni inferiori alle attese.
E se a fine dicembre si è resa necessaria la solita operazione straordinaria di cessioni di immobili a Cassa depositi e prestiti, la società a maggioranza pubblica controllata proprio dal Tesoro e con in pancia i risparmi postali degli italiani.
Con tali premesse il risultato di 946 milioni è stato una sorpresa. Anche negli uffici dello stesso ministero.
 
Per la Boschi chi vota NO al referendum sulle riforme costituzionali è come Casapound. Quindi, come 56 costituzionalisti, 11 presidenti emeriti della Consulta, tutta la sinistra del Pd e i partigiani dell’Anpi. Certo che per dei neonazisti sfondare tra quelli dell’Anpi è un bel colpo. E stavolta senza rastrellamenti. Però, cara Boschi, un conto è votare come Casapound, un conto è votare con Verdini. Cioè, se io tutte le sere vado a letto presto come un prete, non è lo stesso che andare a letto presto tutte le sere con un prete
 

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