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Il Nord-est è in crisi o in declino ? Il declino presuppone una fine senza possibilità, almeno nel breve o medio periodo, di riprendersi. Un Impero declina. La crisi invece è un momento di riflessione ma è riconducibile all'anticamera del declino se non si reagisce. Il Nord-est, per fortuna di tutti, è ora solo in crisi e sta reagendo. Sicuramente non sarà facile, per la ormai matura locomotiva italiana, ripetere i fasti di un tempo e forse, speriamo, non avrà più un sua esclusività nel trascinamento del paese, nel senso che continuano a mancare ancora vaste aree rappresentate da un mezzogiorno che va dalle eccellenze della STMicroelectronics, alle "favelas" di realtà come lo Zen. Aree che vorremmo affiancassero quelle più mature come il NE stesso. Crisi dunque del NE, che viene riassunta nello slogan "incertezza e trasformazione" da Daniele Marini della Fondazione Nord-est sul rapporto 2004. Una crisi che sta modificando e facendo evolvere il NE, in qualcosa di diverso da quello che era il modello che conoscevamo. La crisi, come tutte le crisi, comporta una variazione dei propri atteggiamenti verso le cose. Rispetto a ieri, ovvero il periodo anni '70-80, quando il NE iniziava a porre basi più solide per il successivo impetuoso sviluppo, individuo almeno due sostanziali differenze: una geopolitica, l'altra sociale ed antropologica.
La globalizzazione - Ho parlato di differenze geopolitiche e riconduco il tutto al concetto di globalizzazione, in quanto rispetto agli anni 70-80, è evidente che è cambiato lo scenario. Sono caduti i regimi dell'est e questo ha portato a degli sconvolgimenti di non poco conto. L'Europa dell'est si apre definitivamente come mercato. L'interscambio di persone e cose diviene più fluido e più libero, non essendoci più la cortina di ferro. Questo crea anche alcuni problemi: la delocalizzazione e l'immigrazione. Nel caso della delocalizzazione, essa era in una prima fase più rivolta alla ricerca dell'abbattimento dei costi, come il rapporto 2004 della Fondazione NE, spiega bene. Nella seconda fase, essa invece diviene più elemento della trasformazione, la "trasformazione carsica" come la definisce sempre Marini. Il NE quindi, non è più soddisfatto a rimanere nel suo ambito territoriale ma nemmeno si delocalizza in toto. Piuttosto si allunga, lasciando ferme le sue radici, trovandosi ora al "centro". Con l'allargamento ad est infatti, il NE passa dall'essere area di confine, con i paesi del blocco sovietico, all'essere appunto area centrale, crocevia europeo e non solo, visto il confine anche con il mediterraneo, la strada cioè che ci unisce al sud del mondo. Questo si intuisce anche senza vedere una cartina geografica. Tale posizione è strategicamente importante e non vedo quindi la logica di staccarsi completamente dal territorio, diverso a mio parere è il dover spostare la propria produzione ad est come in Cina, vista con amore e timore, dalla classe imprenditoriale. Il fattore Cina, entra di prepotenza ora sullo scenario anche se pur sempre in ritardo, come tutte le cose italiane, nel senso che le produzioni in Cina dell'Italia, vedono quest'ultima nella sempre desolante posizione dell'ultima arrivata. Bene fa Ciampi ad organizzare viaggi, male fa il nostro premier a non essere protagonista di questa fase, un assenza colpevole e ingiustificata per chi governando, dovrebbe preoccuparsi di un disegno complessivo che guarda al futuro. Si dice che il cancelliere tedesco, ad esempio, sia ormai un pendolare tra Cina e Germania. Queste cose servono a gettare le basi del futuro, un futuro in cui si cerca di essere appunto protagonisti attivi. Noi ci affidiamo al nostro anziano presidente, assente è il governo quindi ? Non è un fattore di secondaria importanza. Lo vedremo quando tratteremo l'aspetto sociale e antropologico, a cui faremo riferimento per definire anche i cambiamenti di mentalità. Mi trattengo ancora a parlare degli aspetti geopolitici e concludo. Si parla di una classe imprenditoriale inquieta, internazionalizzata ed innovatrice. I primi due aspetti ci interessano qui ora, nel paragrafo sulla geopolitica. I cambiamenti repentini su accennati (Est e Cina come attori cui confrontarsi), sono stati stimolatori di cambiamento, a sua volta, di scelte e strategie. Come in tutte le situazioni che ti costringono a modificare le proprie abitudini, quando anche in un certo senso ti mettono con le spalle al muro (pena il declino), è inevitabile attraversare la fase dell'inquietudine, l'importante è non chiudersi a riccio. C'è quella parte del Nord in genere, che mette la testa nella sabbia ma è minoritaria. Anche rispetto all'immigrazione si dovrebbe avere un atteggiamento più sereno. Intanto non ci sarà la temuta invasione, semplicemente perchè da un punto di vista demografico, anche ad Est devono fare i conti con la natalità in calo e con l'esigenza quindi della loro crescita. Il fattore novità, è proprio quello che i paesi dell'Est stessi si stanno proiettando nel loro sviluppo, non sono e potranno sempre meno essere, una mera fonte di mano d'opera a buon mercato che viene in Italia in cerca di fortuna. Novità questa o scoperta dell'acqua calda ? I cambiamenti veloci attuali quindi, spingono le imprese a mettersi in discussione e a trovare nuove soluzioni, nuovi sbocchi. Anche qui però, rimando alla questione dei cambiamenti sociali, in quanto rientrante nel cambiamento di mentalità.
Cambiamenti sociali e culturali - i primi artefici dello sviluppo erano in genere operai divenuti imprenditori con le rispettive famiglie nei famosi garage, mentre la fase attuale vede come soggetto della mutazione, prevalentemente i figli di questi, cioè le nuove generazione che vivono già la fase della ricchezza acquisita e quindi hanno, in prospettiva, l'obiettivo del mantenimento del progresso e del benessere raggiunti, quindi "consolidando" ma anche "sviluppando" ulteriormente; pena l'adagiarsi sulle posizioni raggiunte con tutti i rischi appunto, di non stimolarsi per superare questa crisi "da sviluppo raggiunto", ovvero rischiare un declino. Ma c'è qualcosa, innanzitutto, che distingue le nuove generazioni, così come una tendenza generale che investe la società. Appaiono sulla scena due nuovi elementi: la cultura e la conoscenza. Come tutte le società che si evolvono, si comprende l'importanza che la sfida del futuro si combatte con la conoscenza. Non basta più la "voglia del fare". La concorrenza di altre società, nel senso di altri paesi, è forte e per mantenerla occorre che le nuove generazioni abbiamo anche strumenti di conoscenza. L'investimento in cultura sta diventando importante. Questo aspetto però, si estende anche ad altri settori che vanno ad accrescere il complesso di quella che si chiama la qualità della vita. Istruzione quindi ma anche tempo libero, così come anche maggior rispetto per l'ambiente. Il NE cresciuto caoticamente, con grave danno per l'ambiente, dato che nella fase "vulcanica", non ci si poteva permettere il lusso di andare tanto per il sottile, viene sostituito da un NE con la mentalità più aperta verso le tematiche ambientali, dato che per necessità si fa virtù. Voglio dire che l'aspetto del deterioramento dell'ambiente è un aspetto non trascurabile. Tutti i giorni si fanno i conti con il degrado ambientale, mentre mi ha incuriosito una sottolineatura del Marini, ovvero che tale cambiamento culturale nasce anche dalla scomparsa della tolleranza che prima c'era, rispetto ai capanni industriali che sorgevano ovunque e caoticamente. Ancora un paio di aspetti mi preme sottolineare e concludo questo breve viaggio nel NE. Il primo è' la presa di coscienza che il "fai da te", inizia a non bastare. L'operaio che metteva su la produzione nello scantinato, era desideroso di emergere sugli altri. Ora che lo scantinato è sostituto dall'impresa che deve confrontarsi con il globale, serve essere uniti. Un idea che si fa ancora largo a fatica, tra gli imprenditori del NE ma che inizia a mettere radici. Dal "fai da te", cioè, stiamo passando al "fare sistema". Ecco allora che sorgono consorzi ed alleanze. Anche qui il cambiamento è profondo. Il cambiamento che però non sembra vedersi alla luce del sole, "carsico" come ho già detto. In effetti male sarebbe, se nei periodi più bui, non ci fossero sotto traccia grandi rivolgimenti e grandi idee in gestazione, i grandi cambiamenti che maturano. Il secondo aspetto, davvero sorprendente, è che l'antipolitica sembra messa in soffitta. Al contrario di quello che si pensi, il NE è in cerca di chi gli tenga la mano in questo percorso di rinnovamento e lamenta la carenza proprio di risposte politiche. E' ovvio questo, dato che nel periodo del fai da te, lo Stato appariva più come un intralcio, mentre ora, tutto ciò che poteva generare fastidio come lo Stato stesso ma anche l'immigrazione, si comprende siano elementi essenziali per riprendere la via della crescita. Attenzione però, ho detto Stato per dare l'idea di un istituzione forte, in realtà l'idea federalista rimane viva. Allora diciamo pure "Istituzioni" in generale. Si parla tanto di deregulation, il NE la deregulation se l'è creata da solo, altrimenti non sarebbe quello che oggi è. Tempo fa chiesi ad imprenditore del posto, cosa ne pensasse della questione tasse, mi disse scherzando nel suo dialetto trevigiano <<a noi servono innanzitutto gli strumenti ...>> Le tasse se lo sono già ridotte da soli e questo già si sapeva, d'altra parte non avrebbero potuto costruire lo sviluppo che conosciamo. Ma ora le cose sono diverse, la svalutazione e l'evasione facile, non sono più possibili e il NE sta in effetti maturando il suo cambiamento.
© deepenings.it
La globalizzazione - Ho parlato di differenze geopolitiche e riconduco il tutto al concetto di globalizzazione, in quanto rispetto agli anni 70-80, è evidente che è cambiato lo scenario. Sono caduti i regimi dell'est e questo ha portato a degli sconvolgimenti di non poco conto. L'Europa dell'est si apre definitivamente come mercato. L'interscambio di persone e cose diviene più fluido e più libero, non essendoci più la cortina di ferro. Questo crea anche alcuni problemi: la delocalizzazione e l'immigrazione. Nel caso della delocalizzazione, essa era in una prima fase più rivolta alla ricerca dell'abbattimento dei costi, come il rapporto 2004 della Fondazione NE, spiega bene. Nella seconda fase, essa invece diviene più elemento della trasformazione, la "trasformazione carsica" come la definisce sempre Marini. Il NE quindi, non è più soddisfatto a rimanere nel suo ambito territoriale ma nemmeno si delocalizza in toto. Piuttosto si allunga, lasciando ferme le sue radici, trovandosi ora al "centro". Con l'allargamento ad est infatti, il NE passa dall'essere area di confine, con i paesi del blocco sovietico, all'essere appunto area centrale, crocevia europeo e non solo, visto il confine anche con il mediterraneo, la strada cioè che ci unisce al sud del mondo. Questo si intuisce anche senza vedere una cartina geografica. Tale posizione è strategicamente importante e non vedo quindi la logica di staccarsi completamente dal territorio, diverso a mio parere è il dover spostare la propria produzione ad est come in Cina, vista con amore e timore, dalla classe imprenditoriale. Il fattore Cina, entra di prepotenza ora sullo scenario anche se pur sempre in ritardo, come tutte le cose italiane, nel senso che le produzioni in Cina dell'Italia, vedono quest'ultima nella sempre desolante posizione dell'ultima arrivata. Bene fa Ciampi ad organizzare viaggi, male fa il nostro premier a non essere protagonista di questa fase, un assenza colpevole e ingiustificata per chi governando, dovrebbe preoccuparsi di un disegno complessivo che guarda al futuro. Si dice che il cancelliere tedesco, ad esempio, sia ormai un pendolare tra Cina e Germania. Queste cose servono a gettare le basi del futuro, un futuro in cui si cerca di essere appunto protagonisti attivi. Noi ci affidiamo al nostro anziano presidente, assente è il governo quindi ? Non è un fattore di secondaria importanza. Lo vedremo quando tratteremo l'aspetto sociale e antropologico, a cui faremo riferimento per definire anche i cambiamenti di mentalità. Mi trattengo ancora a parlare degli aspetti geopolitici e concludo. Si parla di una classe imprenditoriale inquieta, internazionalizzata ed innovatrice. I primi due aspetti ci interessano qui ora, nel paragrafo sulla geopolitica. I cambiamenti repentini su accennati (Est e Cina come attori cui confrontarsi), sono stati stimolatori di cambiamento, a sua volta, di scelte e strategie. Come in tutte le situazioni che ti costringono a modificare le proprie abitudini, quando anche in un certo senso ti mettono con le spalle al muro (pena il declino), è inevitabile attraversare la fase dell'inquietudine, l'importante è non chiudersi a riccio. C'è quella parte del Nord in genere, che mette la testa nella sabbia ma è minoritaria. Anche rispetto all'immigrazione si dovrebbe avere un atteggiamento più sereno. Intanto non ci sarà la temuta invasione, semplicemente perchè da un punto di vista demografico, anche ad Est devono fare i conti con la natalità in calo e con l'esigenza quindi della loro crescita. Il fattore novità, è proprio quello che i paesi dell'Est stessi si stanno proiettando nel loro sviluppo, non sono e potranno sempre meno essere, una mera fonte di mano d'opera a buon mercato che viene in Italia in cerca di fortuna. Novità questa o scoperta dell'acqua calda ? I cambiamenti veloci attuali quindi, spingono le imprese a mettersi in discussione e a trovare nuove soluzioni, nuovi sbocchi. Anche qui però, rimando alla questione dei cambiamenti sociali, in quanto rientrante nel cambiamento di mentalità.
Cambiamenti sociali e culturali - i primi artefici dello sviluppo erano in genere operai divenuti imprenditori con le rispettive famiglie nei famosi garage, mentre la fase attuale vede come soggetto della mutazione, prevalentemente i figli di questi, cioè le nuove generazione che vivono già la fase della ricchezza acquisita e quindi hanno, in prospettiva, l'obiettivo del mantenimento del progresso e del benessere raggiunti, quindi "consolidando" ma anche "sviluppando" ulteriormente; pena l'adagiarsi sulle posizioni raggiunte con tutti i rischi appunto, di non stimolarsi per superare questa crisi "da sviluppo raggiunto", ovvero rischiare un declino. Ma c'è qualcosa, innanzitutto, che distingue le nuove generazioni, così come una tendenza generale che investe la società. Appaiono sulla scena due nuovi elementi: la cultura e la conoscenza. Come tutte le società che si evolvono, si comprende l'importanza che la sfida del futuro si combatte con la conoscenza. Non basta più la "voglia del fare". La concorrenza di altre società, nel senso di altri paesi, è forte e per mantenerla occorre che le nuove generazioni abbiamo anche strumenti di conoscenza. L'investimento in cultura sta diventando importante. Questo aspetto però, si estende anche ad altri settori che vanno ad accrescere il complesso di quella che si chiama la qualità della vita. Istruzione quindi ma anche tempo libero, così come anche maggior rispetto per l'ambiente. Il NE cresciuto caoticamente, con grave danno per l'ambiente, dato che nella fase "vulcanica", non ci si poteva permettere il lusso di andare tanto per il sottile, viene sostituito da un NE con la mentalità più aperta verso le tematiche ambientali, dato che per necessità si fa virtù. Voglio dire che l'aspetto del deterioramento dell'ambiente è un aspetto non trascurabile. Tutti i giorni si fanno i conti con il degrado ambientale, mentre mi ha incuriosito una sottolineatura del Marini, ovvero che tale cambiamento culturale nasce anche dalla scomparsa della tolleranza che prima c'era, rispetto ai capanni industriali che sorgevano ovunque e caoticamente. Ancora un paio di aspetti mi preme sottolineare e concludo questo breve viaggio nel NE. Il primo è' la presa di coscienza che il "fai da te", inizia a non bastare. L'operaio che metteva su la produzione nello scantinato, era desideroso di emergere sugli altri. Ora che lo scantinato è sostituto dall'impresa che deve confrontarsi con il globale, serve essere uniti. Un idea che si fa ancora largo a fatica, tra gli imprenditori del NE ma che inizia a mettere radici. Dal "fai da te", cioè, stiamo passando al "fare sistema". Ecco allora che sorgono consorzi ed alleanze. Anche qui il cambiamento è profondo. Il cambiamento che però non sembra vedersi alla luce del sole, "carsico" come ho già detto. In effetti male sarebbe, se nei periodi più bui, non ci fossero sotto traccia grandi rivolgimenti e grandi idee in gestazione, i grandi cambiamenti che maturano. Il secondo aspetto, davvero sorprendente, è che l'antipolitica sembra messa in soffitta. Al contrario di quello che si pensi, il NE è in cerca di chi gli tenga la mano in questo percorso di rinnovamento e lamenta la carenza proprio di risposte politiche. E' ovvio questo, dato che nel periodo del fai da te, lo Stato appariva più come un intralcio, mentre ora, tutto ciò che poteva generare fastidio come lo Stato stesso ma anche l'immigrazione, si comprende siano elementi essenziali per riprendere la via della crescita. Attenzione però, ho detto Stato per dare l'idea di un istituzione forte, in realtà l'idea federalista rimane viva. Allora diciamo pure "Istituzioni" in generale. Si parla tanto di deregulation, il NE la deregulation se l'è creata da solo, altrimenti non sarebbe quello che oggi è. Tempo fa chiesi ad imprenditore del posto, cosa ne pensasse della questione tasse, mi disse scherzando nel suo dialetto trevigiano <<a noi servono innanzitutto gli strumenti ...>> Le tasse se lo sono già ridotte da soli e questo già si sapeva, d'altra parte non avrebbero potuto costruire lo sviluppo che conosciamo. Ma ora le cose sono diverse, la svalutazione e l'evasione facile, non sono più possibili e il NE sta in effetti maturando il suo cambiamento.
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