Qualche giorno fa un tweet del presidente del Brasile ha fatto il giro del mondo in poche ore: Jair Bolsonaro annunciava, con tono trionfale degno di un «miles gloriosus», che avrebbe sostenuto il trasferimento di fondi dalle facoltà di filosofia e sociologia a quelle di «veterinaria, ingegneria e medicina», per favorire «un ritorno immediato per il contribuente». D’accordo con il suo ministro dell’Educazione, Abraham Weintraub, il politico-ex paracadutista aggiungeva, in un secondo messaggio, che «il ruolo del governo è quello di rispettare i soldi dei contribuenti» e di «insegnare a leggere, a scrivere, a fare conti» in vista di «un mestiere che genera rendita alla persona, benessere alla sua famiglia e che migliora, a sua volta, la società». Un’impressionante serie di banalità e di luoghi comuni enfatizzati che ormai, purtroppo, si diffondono (in silenzio) in vari Paesi del mondo. È tragico che proprio in Brasile (dove diversi presidenti sono stati incriminati e condannati per corruzione!) la ricetta per salvaguardare il denaro dei contribuenti sia quella di chiudere le facoltà «inutili» (perché non producono profitto).
Un farmaco che (oltre a creare studenti che si iscrivono nelle università con il solo obiettivo di guadagnare e non per nutrire una passione) finirà per rivelarsi, come la sua radice etimologica conferma, un veleno anziché un rimedio. La corruzione non si combatte abolendo gli studi umanistici e con l’illusione che il denaro possa essere l’unica bussola per orientare l’umanità. Il culto dei soldi e il disprezzo per i saperi considerati ingiustamente «inutili» (come la letteratura, la filosofia, l’arte, la musica, la ricerca scientifica di base) desertificano lo spirito e ogni forma di etica e di solidarietà umana. Favoriscono, invece, lo sviluppo di regimi in cui l’elogio della dittatura militare e delle armi, l’apologia della pena di morte, il disgusto per i gay, il disprezzo per i diritti delle donne, il razzismo e l’odio per lo straniero trovano un ideale terreno di coltura.
Corsera/Ordine