OCCORRE AVERE UN PO Di CAOS IN SE PER PARTORIRE UNA STELLA DANZANTE.... (1 Viewer)

DRIVE

Massaio di Voghera
sera a tutti ... leggete un po ...

c'è chi sta peggio della grecia e di tutta l'europa ... solo che chi sta peggio di tutta europa si chiama usa ... ma fino a quando chiamarsi usa mette al riparo ?
fino a quando i tassi possono rimanere a zero ?

Treasury Redeems A Gargantuan $643 Billion In Treasuries In April | zero hedge)

che noia Pilu...tromba un po' di piu' :D


l'aggregato dell'area dell'euro debito / PIL è salito dal 66,0% nel 2.007-78,7% nel 2009, un aumento sbalorditivo. Se questo tasso annuo di crescita continua, l'area euro il debito / PIL è passato uno zoom del 100% in due anni, un livello in che molti pensano che comincia a esercitare pressione significativa sui bilanci fiscali e spesa.
 

PILU

STATE SERENI
che noia Pilu...tromba un po' di piu' :D


l'aggregato dell'area dell'euro debito / PIL è salito dal 66,0% nel 2.007-78,7% nel 2009, un aumento sbalorditivo. Se questo tasso annuo di crescita continua, l'area euro il debito / PIL è passato uno zoom del 100% in due anni, un livello in che molti pensano che comincia a esercitare pressione significativa sui bilanci fiscali e spesa.

e tu sempre a trombare pensi ?:lol::lol::D:D

a me qs idea piace tanto assai leggi un po e dimme che ne pensi ..

WOLFSTEP®: Infanzia finanziaria.

p.s. quello che ho postato prima era riferito agli usa non all'euro ...
 

PILU

STATE SERENI
e ripeto sono sempre più convinto che la situazione usa è peggiore dell'area euro e che i big usa cercano di fare fuori l'euro perchè hanno bisogno di non aver concorrenti nel finanziare il loro debito ..

drive la finisci di trombare ? :)

l 5 maggio l’amministrazione comunale di un’importante città dell’Occidente resterà senza più soldi in cassa. Non si tratta di Atene, ma di Los Angeles. A Colorado Springs, già da qualche tempo donazioni private sono indispensabili per tenere aperti i parchi. Nel Maryland molti lavoratori pubblici saranno a breve messi in congedo per il secondo anno consecutivo. Sono tre esempi di un unico problema: l’insostenibilità del debito pubblico Usa.

Il debito del governo degli Stati Uniti è attualmente di circa 13.000 miliardi di dollari. Ancora più grave il fatto che il deficit di bilancio annuale del 2009 è stato di 1.400 miliardi di dollari (pari all’11,2% del prodotto interno lordo), superiore anche a quello che si ebbe nel 1942, in piena seconda guerra mondiale. È in rosso sia il bilancio federale, che quello degli Stati dell’Unione (180 miliardi il loro deficit di bilancio 2010) e di moltissime municipalità. Vanno poi aggiunti i debiti delle agenzie pubbliche di mutui immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac (5.000 miliardi) e soprattutto la necessità di finanziare nei prossimi anni prestazioni pensionistiche e sanitarie per qualcosa come 41.000 miliardi di dollari.



In ambito pensionistico, la crisi ha creato una vera e propria voragine. Basti pensare che i soli 3 fondi pensione dei dipendenti pubblici della California (che riguardano 2 milioni e mezzo di persone in tutto) hanno riportato tra il giugno 2008 e il giugno 2009 perdite per poco meno di 110 miliardi di dollari. Secondo una ricerca appena pubblicata dalla Stanford University lo squilibrio tra il patrimonio di questi 3 fondi e le prestazioni da erogare ammonta a 500 miliardi di dollari. I buoni del Tesoro emessi dagli Usa (i T-Bond) sono passati da 3.410 miliardi di dollari del 2000 a 7.545 miliardi nel 2009. Quest’anno sono previsti almeno altri 2.000 miliardi di nuove emissioni. A queste cifre vanno aggiunte le emissioni statali e municipali. Le sole obbligazioni municipali in essere lo scorso anno ammontavano a 2.800 miliardi di dollari. E va notato che queste obbligazioni rappresentano un ulteriore aggravio per il bilancio federale, che finanzia un terzo degli interessi pagati dalle municipalità agli obbligazionisti. A questi ritmi, entro dieci anni il governo federale degli Stati Uniti dovrà emettere 750 miliardi di obbligazioni all’anno soltanto per ripagare gli interessi sui titoli di Stato già in circolazione.

Con questa montagna di debito pubblico, è dubbio che gli Stati Uniti possano beneficiare ancora a lungo del rating elevato attuale (tripla A). Lo ha dichiarato la stessa agenzia di rating Moody’s, ipotizzando che in un prossimo futuro gli Usa (al pari della Gran Bretagna) potrebbero subire un abbassamento del loro merito di credito. Qualche sinistro scricchiolio sul fronte degli acquirenti del debito Usa (per la metà collocato all’estero) si comincia già ad avvertire: a gennaio, per il terzo mese consecutivo, i cinesi hanno ridotto le loro posizioni in titoli di Stato Usa, e a marzo i gestori di Pimco, il più grande fondo obbligazionario del mondo, hanno escluso i T-Bonds dai loro nuovi acquisti. Gli analisti di Morgan Stanley non escludono che quest’anno la domanda di titoli di Stato americani possa risultare inferiore all’offerta per 600 miliardi di dollari, con un conseguente forte rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato americani (ossia degli interessi che gli Usa devono pagare a chi acquista questi titoli).

Sulla sostenibilità del debito pubblico incidono anche le prospettive dell’economia: che allo stato sono tutt’altro che brillanti, a dispetto di quanto si sente ripetere. La moderata crescita del pil degli ultimi trimestri è attribuibile per due terzi a programmi di stimolo governativi (in particolare agli incentivi per la rottamazione delle auto e ai sussidi per l’acquisto della prima casa): cioè è stata pagata con l’aumento del debito pubblico. Lo stesso vale per la crescita dell’occupazione a marzo, che ha benefici

ato di 48.000 posti di lavoro pubblici part-time creati per il censimento. In un contesto del genere la stessa crisi greca, che sinora ha indubbiamente avvantaggiato gli Stati Uniti (rafforzando il dollaro a scapito dell’euro), potrebbe rivelarsi micidiale in quanto potrebbe innescare una crisi più generale del debito sovrano. Un effetto-domino che colpisse il debito pubblico degli stati avrebbe conseguenze drammatiche ed imprevedibili, perché colpirebbe i prestatori di ultima istanza che hanno salvato il sistema finanziario internazionale dal collasso. Ma è uno scenario che non si può escludere: in fondo, come ha affermato recentemente l’analista Dylan Grice di Societé Générale, “i governi degli Stati più sviluppati sono insolventi secondo ogni ragionevole definizione”.

I numeri visti sopra ci dicono che in questo scenario gli Stati Uniti sarebbero un bersaglio più che plausibile. Per dirla con lo storico Niall Ferguson, oggi “il debito Usa è un riparo sicuro allo stesso modo in cui era considerato un porto sicuro Pearl Harbour nel 1941”.
 

PILU

STATE SERENI
Government-related entities backed 96.5% of all home loans during the first quarter, up from 90% in 2009, according to Inside Mortgage Finance.

vado a trombare ....:lol::D:D
 

ExOceT

Mod Piazza Affari
Il debito pubblico italiano

Il debito pubblico è esploso in pochi anni.è cominciato a salire dopo la traumatica crisi di metà anni Sessanta e, soprattutto, negli anni Settanta. Ma fino al 1981 avevamo comunque un debito pubblico inferiore al 60 per cento del prodotto interno lordo, la soglia posta come limite dei trattati europei, un livello invalicabile per la stragrande maggioranza dei paesi OCSE. I deficit di bilancio venivano monetizzati, finanziati con l'emissione di carta della Banca d'Italia. Questa era costretta a intervenire a "rubinetto": c'éra una disposizione del Comitato interministeriale per il credito e risparmio (il famoso CICR nuovamente assurto agli onori della cronaca durante la triste vicenda dell'inamovibile governatore Fazio) che la vincola ad "assicurare la copertura" delle tranche dei titoli di Stato in scadenza. Era come se ci fosse una linea di credito cui il Tesoro potesse liberamente attingere. Dato che si metteva più moneta in circolazione, i prezzi aumentavano più in fretta e anche questo serviva a ridurre il costo del debito: anno dopo anno un BOT da 100.000 lire serviva a comprare sempre meno e spesso gli interessi pagati sui titoli di stato risultavano inferiori all'inflazione. Ci rimetteva il creditore, spesso il piccolo risparmiatore, mentre il debitore veniva addirittura remunerato per avere acceso un prestito. Poi, sette anni dopo la vittoria del no al referendum sull'abrogazione della legge sul divorzio, si consumò un altro divorzio, di cui pochi si accorsero, ma che è molto importante per la storia del nostro debito pubblico: quello fra Banca d'Italia e Tesoro. Con l'asta dei BOT del luglio 1981, si chiudeva il rubinetto: la Banca d'Italia non era più tenuta a comprare titoli di Stato. Questa svolta avrebbe dovuto imporre maggiore disciplina nella gestione dei conti pubblici, spingere i governi a surplus di bilancio per assicurare il pagamento degli interessi sul debito. Invece la spesa corrente ha continuato a salire: sei punti percentuali in più in dodici anni al netto della spesa per interessi che, nel frattempo, si è quasi triplicata (passando dal 5 % al 13 % del prodotto interno lordo). L’unica spesa che è diminuita è stata quella rivolta al futuro, la spesa in conto capitale, passata dal 6.6 % a poco più del 4 %. Quindi il debito non è servito a sostenere lo sviluppo del Paese attraverso la creazione di infrastrutture e investimenti pubblici. Al contrario, è andato tutto in trasferimenti, pensioni, pubblico impiego e interessi sul debito pagati in misura sempre maggiore ad investitori stranieri. Purtroppo non è stato acceso un mutuo per comprare una casa, magari per i figli, ma un prestito al consumo dei genitori. E toccherà alle generazioni future pagarlo. In quegli anni c’era poca consapevolezza del problema nell’opinione pubblica. Se ne trattava poco sui media. Dal 1984 al 1989, proprio mentre il debito esplodeva, solo cinque volte l’espressione “debito pubblico” è apparsa sui titoli del Corriere della Sera. Oggi la si legge quasi tutti i giorni. Molti hanno appreso della montagna di debito che si era accumulata solo sull’orlo del baratro, nel 1992. Ma i protagonisti di questa accumulazione di debito, i capi di governo di quegli anni, sarebbero rimasti in pista ancora a lungo se non vi fosse stata Tangentopoli. E da allora il debito si è ridotto di poco, e quel poco grazie soprattutto alla riduzione dei tassi di interesse sui nostri titoli di Stato associata all’ingresso nell’euro. Nel 2006 la spesa pubblica è tornata a superare il 50 % del PIL. E se un anno le entrate vanno meglio, come nel 2007, si trova subito un modo per spendere questo “tesoretto”, anziché destinarlo a ridurre il debito, come farebbe ogni buon padre di famiglia che pensa all’avvenire dei figli.

Tratto da “Contro i giovani. Come l'Italia sta tradendo le nuove generazioni” di Tito Boeri e Vincenzo Galasso . Mondadori Editore pagine 92 e 93
 

unlui

Cymbius !
dotto' provi a mettere in un grafico di 200 anni la cultura in ascisse e lo stile di vita a seguito .

vedra' che siamo al minimo
 

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