La multa resta, ma va ricalcolata. Anzi, ridotta. Dai 29 milioni di euro stabiliti dall’Antitrust si dovrà passare a una sanzione da riconteggiare. Perché l’abuso di posizione dominante, anche secondo il Tar del Lazio, c’è stato, ma il danno provocato dalla strategia di Moby e Tirrenia non è stato così grave com’era stato prospettato nella prima condanna. La guerra dei mari tra i colossi italiani del trasporto marittimo finisce un’altra volta al centro di una sentenza. Questa volta è il Tribunale amministrativo a giudicare quella che secondo alcune aziende di trasporto era una vera e propria guerra a colpi di prezzi. Ad architettarla, secondo l’Autorità garante per la concorrenza e anche secondo il Tar, era stata la compagnia di navigazione che gestiva quasi in esclusiva i collegamenti verso la Sardegna.
Il piano, stando alle contestazioni, era quello di ostacolare l’ingresso in quel mercato di due concorrenti come Grimaldi (con la quale il gruppo Onorato ha in corso un braccio di ferro che via avanti da tempo) e Grandi Navi Veloci che a partire dal 2015 hanno tentato di ritagliarsi una parte degli affari quotidiani per il viavai delle merci. Per i collegamenti tra la Sardegna e i porti delle penisola, il gruppo di Vincenzo Onorato (proprietario sia di Moby che di Tirrenia) può contare su una sovvenzione pubblica di circa 70 milioni di euro l’anno per assicurare la cosiddetta “continuità territoriale”.
Nel provvedimento dell’Antitrust si parla di sconti per chi avesse scelto di imbarcare i propri camion sui traghetti Moby/Tirrenia, di tariffe punitive per chi invece sceglieva le compagnie concorrenti. Si parla di “fedeli” e di “traditori” e anche di “boicottaggio diretto e indiretto” per vincere quella che era diventata una vera e propria battaglia navale. Con conseguenze anche per i consumatori, che si sono ritrovati a subire le conseguenze dell’aumento dei prezzi.
La Stampa