Europee, perché le città votano il Pd e la provincia la Lega
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Roberto Biorcio, docente di sociologia e ricerca sociale all’Università Bicocca di Milano, fa notare che il divario tra l’andamento di un partito può raggiungere sbalzi «anche di 10 punti percentuali» fra città e provincia. Vale anche per il Pd e la Lega, ma anche per il «terzo incomodo» uscito in frantumi dall’ultimo voto, i Cinque stelle. Le ragioni? Biorcio individua almeno due elementi, concatenati fra loro. «In primo luogo nei piccoli centri e nelle aree più periferiche abitano persone con più difficoltà economiche - dice - Mentre in qualche modo nei grandi centri abitano famiglie e persone dotate di maggiori risorse economiche. Quindi le prime hanno subito maggiormente la crisi e tendono a votare per forze di rottura contro il “sistema” e i partiti avvertiti come tradizionali». L’esempio si applica bene ad alcune zone geografiche, sopratutto nelle province del Sud Italia, dove il Movimento cinque stelle resta forte e la Lega veleggia ormai sul 20%. Ma suona già più straniante in zone dove i redditi medi viaggiano su valori superiori alla media nazionale. Perché nelle province del Nord-ovest, forte di un Pil pro capite stimato dall’
Istat a 35,4mila euro annui, la Lega si inerpica fino e oltre il 65%? In parte incidono le promesse di misure fiscali favorevoli, da sempre attraenti per il target di piccoli imprenditori, artigiani e liberi professionisti che ruota intorno alla Lega.
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