Parmalat (PLT) PARMALAT

sundance ha scritto:
Ho acquistato parmalat in collocamento.
E' l'ennesima beffa ai danni dei piccoli azionisti ?

Cosa intendi per collocamento? La prima quotazione?

Se e' cosi', tieni presente che, ad oggi, Parmalat e' virtualmente l'insieme di due business:
- una grossa azienda alimentare, di dimensioni medie, con un discreta redditivita' e prospettive di crescita medie (le banche d'affari la valorizzano fra 1/1,1 e 1,4/1,6 euro ad azione)
- una potenziale fonte di denaro, SE le azioni giudiziarie complessive saranno favorevoli (questa parte viene quotata intorno a 0,5/1 euro per azione, stimando tale la presumibile quota per azione che sara' rimborsata)

Da questo deriva che la seconda quota, fortemente a rischio, connota il titolo come 'molto volatile' perche' influenzabile da decisioni esogene non controllabili (decisioni giurdiche e politiche, evoluzione di trattative, manovre azionarie, ecc.): per esempio, questa settimana il titolo e' entrato in crisi perche' si e' rafforzata l'ipotesi che le azioni revocatorie siano inammissibili.

Quello che e' sicuro e' che il titolo e' all'attenzione di molti, per svariati motivi, e il periodo di incertezza non e' finito.

Hai fatto bene? come sempre, dipende e stavolta dipende dallo stato delle tue coronarie e dalla tua propensione al rischio.

Spero di averti dato una sia pur vaga risposta e buona giornata.
 
Si ho acquistato in prima quotazione a 3 €/ azione.
Ti ringrazio per la risposta molto esauriente e centrata.
Da quello che dici deduco però che, dopo tutto, è stata un'ulteriore beffa poichè la quotazione iniziale è stata eccessiva. Per quanto ne so, tuttavia, le azioni giudiziarie non daranno grandi soddisfazioni per svariati motivi.
Speriamo, come dici tu, che venga esterntato il potenziale di "fare soldi" dell'azienda. Le coronarie sono apposto e l'investimento era stato preventivato ovviamente "ad alto rischio".
 
Parmalat/ Rinvio a giudizio per Geronzi e Arpe
Martedí 28.02.2006 21:21
Parmalat/ Enrico Bondi nell'aula del processo a carico di Calisto Tanzi: "E' fuori dubbio che le banche sapevano" del crac finanziario (Segue...)
La procura di Parma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il presidente di Capitalia Cesare Geronzi, per l'a.d. Matteo Arpe e per altri sei manager ed ex manager del gruppo bancario romano con le ipotesi di reato di concorso in bancarotta e, per alcuni, di usura, nell'ambito di un filone d'inchiesta sul crack di Parmalat.

Si tratterebbe del capitolo d'inchiesta relativo alle vicende Parmatour e Ciappazzi, nell'ambito del quale Geronzi, è stato interdetto per due mesi dal suo incarico alla guida della banca dal gip di Parma lo scorso 22 febbraio.

http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/parmalatgeronzirinviatoagiudizio.html

questi giudici sono davvero comunisti
 
tontolina ha scritto:
Parmalat/ Rinvio a giudizio per Geronzi e Arpe
Martedí 28.02.2006 21:21
Parmalat/ Enrico Bondi nell'aula del processo a carico di Calisto Tanzi: "E' fuori dubbio che le banche sapevano" del crac finanziario (Segue...)
La procura di Parma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il presidente di Capitalia Cesare Geronzi, per l'a.d. Matteo Arpe e per altri sei manager ed ex manager del gruppo bancario romano con le ipotesi di reato di concorso in bancarotta e, per alcuni, di usura, nell'ambito di un filone d'inchiesta sul crack di Parmalat.

Si tratterebbe del capitolo d'inchiesta relativo alle vicende Parmatour e Ciappazzi, nell'ambito del quale Geronzi, è stato interdetto per due mesi dal suo incarico alla guida della banca dal gip di Parma lo scorso 22 febbraio.

http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/parmalatgeronzirinviatoagiudizio.html

questi giudici sono davvero comunisti
non capisco perchè non abbiano inserito pure il reato di USURA
 
CAPIALIA è IN "BUONA" COMPAGNIA
http://www.panorama.it/economia/investire/articolo/ix1-A020001035083

Ecco chi piangerà sul latte versato


di Francesca Folda e Angelo Pergolini
28/2/2006





Enrico Bondi, ex commissario straordinario e ora amministratore delegato del gruppo Parmalat
Nove mesi di azzardi, operazioni in derivati ad alto rischio e 380 milioni di euro bruciati dalla Parmalat già in agonia. Con l'aiuto, interessato, di otto grandi banche d'affari. Perché la Capitalia di Geronzi non è la sola banca nel mirino dei pm. E di Bondi.



Dopo le accuse da parte della procura di Parma, e soprattutto l'interdizione disposta dal giudice, fra Cesare Geronzi, presidente della Capitalia, da un lato, e la magistratura che indaga sul crac del gruppo Tanzi, dall'altro, è ormai guerra aperta. In realtà, quello che sta covando a Collecchio è una sorta di tsunami giudiziario pronto a investire, dopo la Capitalia, alcune fra le più blasonate banche italiane e soprattutto internazionali.
Enrico Bondi, ex commissario della Parmalat e ora amministratore delegato del gruppo di Collecchio, sta ancora valutando tutte le carte che ha in mano. Ma, secondo quanto risulta a Panorama, sarebbe fortemente orientato a scatenare, nei prossimi giorni, la «madre di tutte le battaglie» contro un imponente schieramento di istituti di credito. Poiché li ritiene responsabili del reato forse più infamante, di sicuro il più costoso in termini di immagine e reputazione, di cui possano macchiarsi una banca e un banchiere: l'usura.

A essere nel mirino del manager che ha salvato l'azienda fondata, e affondata, da Calisto Tanzi sono sette grandissime banche internazionali: Merrill Lynch, Morgan Stanley, Ubs, Jp Morgan, Citibank, Deutsche Bank e Csfb. In compagnia di un solo istituto italiano, l'Ubm, banca d'affari del gruppo Unicredito. Fra il gennaio e il novembre 2003 avrebbero fatto da sponda alla tesoreria della Parmalat in una girandola di operazioni basate sulla compravendita di derivati strutturati, cioè di strumenti finanziari ad altissimo rischio. Operazioni che consentirono alle banche di incassare milioni di commissioni, e che aprirono un'ulteriore voragine nelle disastrate casse della Parmalat spingendo l'azienda alla bancarotta. Ecco la storia.

All'inizio del 2003 la situazione finanziaria di Collecchio è drammatica. Il debito (il conto delle imprese di Tanzi & company sarà, alla fine, superiore ai 14 miliardi di euro) appare fuori controllo. La redditività industriale è modesta (circa il 2 per cento del fatturato contro una media del settore di circa il 10 per cento), nemmeno sufficiente a pagare i soli interessi. E la pacchia dei bond (l'emissione continua di obbligazioni che convogliava nelle casse sempre a secco di Collecchio un fiume di denaro) è ormai terminata. Mentre «quasi tutte le banche» ricorda Tanzi in un interrogatorio, proprio allora «cominciano a chiedere il rientro dalle esposizioni».

Da destra: Callisto Tanzi con i suoi legali Filippo Sgubbi e Giampiero Biancolella durante un'udienza del Processo Parmalat

Le email che in quelle settimane si scambiano Fausto Tonna, artefice numero uno della «finanza creativa» di Collecchio, e il tesoriere del gruppo, Franco Trauzzi, testimoniano un clima di disperazione. Non c'è un soldo per rimborsare le obbligazioni che vengono a scadenza. Collocare nuove emissioni sembra impossibile. Quanto alle banche, fino a quel momento così generose, ad aprire ancora i cordoni della borsa non ci pensano nemmeno. Il rischio è quello del default. Immediato. Come uscire dall'angolo? Trauzzi tenta una mossa: decide di ricorrere ai derivati strutturati. In pratica, trasforma la tesoreria della Parmalat in una sorta di casinò. Con l'appoggio delle banche d'affari, più che felici di imporre commissioni e prezzi superlativi, non in linea con il mercato.

La Parmalat, del resto, con l'acqua alla gola non può che pagare senza fiatare. Per nove mesi le operazioni, che sono in sintesi vendite di opzioni, cioè pure scommesse sull'andamento di tassi e valute senza una adeguata copertura del rischio, procedono a valanga. In questo modo, Collecchio riesce a rastrellare 160 milioni. Ma infila anche una serie di operazioni dall'esito disastroso: al momento del crollo le perdite «da derivati» risulteranno superiori ai 380 milioni.
Per il sostegno dato alla Parmalat in questa attività finanziaria Bondi pensa che a carico degli istituti di credito coinvolti si possa ipotizzare il reato di usura. E se anche la procura fosse dello stesso parere, lo scontro Parmalat-banche (su cui si accendono i riflettori al tribunale di Milano il 1° marzo, quando comincerà l'udienza preliminare contro Ubs, Citibank, Deutsche Bank, Morgan Stanley oltre alla Nextra, accusate di aggiotaggio) si farebbe incandescente. Diventando rovente come quello che contrappone l'azienda di Collecchio e i magistrati di Parma alla Capitalia di Geronzi.

Per una intricata storia imperniata sull'acquisizione di un'azienda decotta di acque minerali, la Ciapazzi, e di finanziamenti bruciati nella fornace Parmatour, il presidente della banca romana era già stato accusato di usura. La procura di Parma ha deciso di aggiungere un nuovo provvedimento a suo carico: l'interdizione dalle cariche societarie.
La decisione è stata presa sulla base di una relazione della Guardia di finanza di Bologna che analizza dieci anni di rapporti d'affari fra la banca romana e il gruppo di Collecchio, e motivata con il pericolo di «reiterazione del reato» e di «inquinamento delle prove». Mossa, quella della magistratura, del tutto inaspettata, alla quale Geronzi ha reagito con veemenza: impugnerà un provvedimento per il quale si è detto «indignato». Ma il banchiere sembra dover mettere comunque in conto, visti i tempi procedurali, almeno un mese di inattività forzata.
 
sundance ha scritto:
Ho acquistato parmalat in collocamento.
E' l'ennesima beffa ai danni dei piccoli azionisti ?
complimenti :rolleyes: :rolleyes:
azzzzo non ti è bastato il primo fallimento che hanno fatto?????? :( :( :(
 
tontolina ha scritto:
CAPIALIA è IN "BUONA" COMPAGNIA
http://www.panorama.it/economia/investire/articolo/ix1-A020001035083

Ecco chi piangerà sul latte versato
QUANTI BRUTUS PER CESARE - CRAC PARMALAT, LADY FERRUZZI INGUAIA GERONZI – DAGLI ATTI DEI GIUDICI BOLOGNESI: SE VUOLE LA PROROGA DEL FINANZIAMENTO DEVE MANIFESTARE IL PROPRIO INTERESSE PER LE ACQUE MINERALI CIAPPAZZI…

http://213.215.144.81/public_html/articolo_index_23324.html

Gianluca Paolucci per La Stampa


Per la difesa di Cesare Geronzi nel crack Parmalat è una tegola pesante. Un boomerang, dato che lo stesso presidente di Capitalia ne aveva parlato anche nella sua audizione in Senato nel febbraio del 2004, quando il caso di Collecchio era esploso da poco in tutto il suo clamore. Arriva da una signora elegante, brillante imprenditrice, dal nome famoso e dagli incarichi di rilievo: Cristina Busi Ferruzzi. Siamo nei primi mesi del 2004, Parmalat è già «saltata», Enrico Bondi è già il commissario straordinario del gruppo e le dimensioni della grande truffa iniziano ad emergere in tutta la loro interezza.
La compravendita delle acque minerali Ciappazzi è già saltata fuori come uno degli snodi cruciali del rapporto tra Calisto Tanzi e il sistema bancario. O meglio, con una banca: Banca di Roma, poi Capitalia. E con il suo presidente Cesare Geronzi.


(Cesare Geronzi con la moglie Giuliana-U.Pizzi)


Cristina Busi Ferruzzi è una imprenditrice a capo di un gruppo importante: moglie di Arturo Ferruzzi, cognata di Raul Gardini, la signora imbottiglia Coca Cola in Sicilia ed Albania e siede nel cda del gruppo editoriale L’Espresso. In quei primi mesi del 2004 si fa avanti per acquistare la Ciappazzi. E se c’è un acquirente, nel 2004, quando il crack Parmalat è un brutto affare che occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, non si può pensare che la Ciappazzi sia un’azienda decotta come si legge in quei giorni sui principali quotidiani. «A quanto mi risulta, il dottor Bondi avrebbe già ricevuto manifestazioni di interesse per l’acquisto dell’azienda Ciappazzi», dice così Geronzi alle commissioni riunite di finanze e industria di Camera e Senato. Ed quello che viene smentito, due anni più tardi, dalla Busi Ferruzzi in una informativa della guardia di finanza del 21 marzo 2006, citata dal tribunale del riesame di Bologna per negare la fine dell’interdizione dagli incarichi societari per Geronzi.

La signora Busi - detta «Lady Coca Cola» nei resoconti delle regate che organizza - racconta che sì, in effetti aveva manifesto il suo interesse «sincero» per la Ciappazzi nel 2004. Anche se in realtà voleva acquistare non la Ciappazzi, ma la Latte Sole spa e la Emmegi Agro Industriale srl, “le uniche ritenute realmente appetibili”. Non riesce a spiegare, dice il tribunale, perché manda la manifestazione d’interesse non solo al commissario straordinario Enrico Bondi, ma anche a Geronzi. Non spiega neppure perché nella comunicazione diretta a Geronzi, pochi minuti dopo quella quella inviata a Bondi, «ella faccia riferimento ad una “richiesta” da considerare favorevolmente». Poi, alla fine, ammette che mentre manifestava il proprio interessamento nei confronti della Ciappazzi, - e l’ordinanza sottolinea che all’interesse «non veniva dato alcun seguito concreto, né seguiva alcuna ancorché larvata trattativa» - Capitalia stava valutando se prorogare un finanziamento alle sue aziende, «per il quale la Busi Ferruzzi ebbe a intercedere presso Geronzi recandosi a Roma» il 5 maggio del 2004.

Le circostanze descritte, scrivono ancora i giudici bolognesi, «finiscono con l’avvalorare la convinzione che Cesare Geronzi fosse solito pretendere la soddisfazione di un interesse estraneo ogni qual volta si presentasse al suo cospetto un imprenditore bisognoso di finanziamenti, preferibilmente in condizioni tali da non poter contrastare efficacemente le sue pretese». Poi prosegue: «In attuazione di un modus operandi che egli ha adottato costantemente, evidenziandosi pertanto una notevole potenzialità diffusiva del pregiudizio correlato a siffatto modo di gestione della funzione creditizia».

Tradotto: prima viene detto a Tanzi che se vuole ancora il sostengo della banca deve comprare la Ciappazzi. Poi, quando emerge il caso delle acque minerali, viene detto alla Busi che se vuole la proroga del finanziamento deve manifestare il proprio interesse ancora per la Ciappazzi. Poi Geronzi va in Senato e dice che secondo quanto risulta a lui, ci sarebbero già dei soggetti interessati alla Ciappazzi.

Il documento nota anche un’altra circostanza di rilievo: l’atteggiamento di Banca di Roma nei confronti delle attività turistiche dei Tanzi muta radicalmente nel volgere di poco tempo: di estremo rigore fino al 1994, «improvvisamente, non mutando la situazione finanziaria di base, mutò invece il proprio atteggiamento nei confronti dell’imbarazzante cliente, iniziando a finanziarlo generosamente sulla sola base di anticipazioni sul conseguimento degli obiettivi di budget». Nello stesso periodo, notano ancora i giudici, Geronzi si insediava alla presidenza di Banca di Roma.

Le parole utilizzate dai giudici bolognesi sono pesanti in molti passaggi, come già evidenziato nei giorni scorsi da un quotidiano. La misura dell’interdizione viene definita «sproporzionata in difetto». L’indagato, «dalla non comune perseveranza nell’illecito dimostrata», viene paragonato a Calisto Tanzi per il ruolo avuto nel crack. E sussiste tuttora «un elevatissimo pericolo che ritorni a commettere delitti del medesimo tenore. Confortato anche «da recenti manifestazioni di solidarietà e di persistente stima e fiducia provenienti dal dal settore

Dagospia 30 Marzo 2006
MODUS OPERANDI MAFIOSO?
 

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