PER CAPIRE CHI VI COMANDA, BASTA SCOPRIRE CHI NON VI E' PERMESSO CRITICARE

Un discorso interessante dell’Arcivescovo, Mons. Viganò,
che presenta la sua visione sul Great Reset, cioè l’operazione che,
ammantata da manovra salvifica e di ricostruzione economica,
viene in realtà a porre dei limiti forti alla libertà umana, quasi ponendo l’uomo in catene.


Il video è lungo vi preavviso, e va ben oltre i soliti filmati di 10 – 12 minuti che pubblichiamo,
però, se avrete pazienza di seguirlo, lo troverete interessante.


Si parla dell’applicazione della stessa strategia utilizzata da Stalin contro i kulaki,
causando una carestia artificiale che a sua volta ha fatto lo sporco lavoro
di far morire di fame le persone, tra l’altro impedendo il loro spostamento in un lockdown ante litteram.



Del resto, se ci pensate, tutto ‘insieme mal posto di “Green Deal”
non è altro che un sistema per creare una forzata carenza energetica,
una crisi che porterà ad una profondissima crisi economica.


Mons. Viganò è un diplomatico vaticano che ha ricoperto importanti cariche,
non è una figura secondaria, e vale la pena di ascoltarla.

Del resto Youtube lo ha bannato,
per cui abbiamo dovuto utilizzare la piattaforma libertaria Odysee per il suo video.


 
Contro le regole dei social.

La politica viola un punto del regolamento e viene bannata da Instagram.

«Sono basita. Ieri ho semplicemente pubblicato un video su Instagram,
intonando un paio di strofe della "Leggenda del Piave",

in risposta a Bella Ciao e dicendo nel video di preferirla a Bella Ciao.

La canzone del Piave, poi, è patrimonio di tutti gli italiani, non è divisiva,
l'ho imparata a scuola e l'ho impressa nella memoria.

Bene, il mio profilo è stato bloccato, sono stata bannata dal social network».

Lo dice all'Adnkronos Rachele Mussolini, denunciando il blocco del suo profilo Instagram
dopo la pubblicazione di video in cui intona una strofa della "Leggenda del Piave".

«Non posso più pubblicare nulla ora su Instagram, eppure il mio video non aveva nulla di eversivo, anzi.
Non ho nemmeno citato la strofa 'non passa lo stranierò, ma mi sono fermata prima.
E il video mi è stato anche cancellato. Poi mi è arrivato un messaggio con scritto
che il contenuto era stato rimosso perché violava gli standard. Su Facebook mi aspetto lo stesso trattamento».

«Siamo arrivati al punto che anche la "Leggenda del Piave" viene bannata,
dimostrazione questo del clima di non pacificazione che c'è.

Non mi sono mai espressa con volgarità e parolacce,
sono sempre stata moderata nell'esprimere le mie opinioni.

Per aver detto di preferire quella canzone a Bella Ciao sono stata sospesa da Instagram, una cosa molto grave.

Soprattutto in un social network dove ormai si vede di tutto,
ragazzine minorenni in pose osé e foto al limite della censura...»
 
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Ahahahahahahah


Kamala Harris ha deciso di recarsi in Guatemala e incontrare il presidente Alejandro Giammattei.

Il viaggio non è stato per nulla un successo, infarcito di contestazioni e di gaffe clamorose.


Iniziamo con le gaffe:

il 6 giugno, anniversario del D-Day, giorno di celebrazione patriottica negli USA,
Kamala Harris, invece che spendere due parole sui fatti del 1944,
ha avuto la splendida idea di fornire alla stampa dei biscotti glassati con la propria faccia.


bisc-kamala-1.jpg




La stampa non ha gustato i biscotti, accusando la Vicepresidente di mancanza di rispetto e di avere un ego abnorme:


As a former Military Aide during the Clinton administration, I never even imagined this level of narcissism. And, all on YOUR tax dollars America!
Democrats, even you can’t be cool with this.@KamalaHarris
— Buzz Patterson (@BuzzPatterson) June 7, 2021





Il peggio però doveva ancora venire.

Arrivata il Guatemala è stata attccata dai manifestanti, con striscioni “Kamala torna a casa” e “Trump ha vinto”


Kamala Harris Greeted In Guatemala With ‘Go Home’ and ‘Trump Won’ Messages via @Floridianpress
Kamala Harris Greeted In Guatemala With 'Go Home' and 'Trump Won' Messages · The Floridian #Flpol
— Javier Manjarres (@JavManjarres) June 6, 2021




Gli 800 milioni di aiuti sono stati considerati una sorta di “Tangente” per tentare di comprare i guatemaltechi


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Inoltre l’incontro con Giammattei è stato contraddittorio.

Il presidente del Guatemala ha più volte affermato che è stato “L’effetto attrazione” di Biden,
che ha fatto una campagna elettorale parlando di accettazione e di libera entrata.


Ora Kamala Harris ha detto ai guatemaltechi:

“Non venite negli USA, statevene a casa vostra”.


Praticamente ha rispetuto le parole dette da Donald Trump



NEW – Kamala Harris to Guatemala migrants: "Do not come!"pic.twitter.com/3H66RwM6ih
— Disclose.tv (@disclosetv) June 7, 2021







Naturalmente quando questo lo diceva Trump era un atteggiamento “Razzista”.

Ora , dato che questa cosa la dice Kamala Harris allora è giustificabile e non razzista.



So Kamala is racist now, or nah? https://t.co/UzAp8mwMeA
— Dave Rubin (@RubinReport) June 7, 2021







L’ennesimo caso d’ipocrisia per una Vicepresidente che, senza aver preso voti, pensa si poter fare la presidente.
 
L’accordo del G7 sulla proposta Biden ha raccolto i peana dei mass media,
tutti pronti a lodare la responsabilità dei paesi occidentali
pronti a mettersi d’accordo per colpire quei cattivoni delle multinazionali che evadono le tasse.

Peccato che l’aliquota concordata sia ridicola e che, soprattutto,
siano state lasciati dei “Buchi” che permetteranno ai più furbi, o ai più favoriti, di non pagare tasse.


Come abbiamo appreso durante il fine settimana tramite un comunicato dei ministri del G-7,
un pilastro dell’accordo prevedeva che la tassa si applicasse su
“profitti superiori a un margine del 10% per le imprese multinazionali più grandi e redditizie“,
cioè se il margine di contribuzione del prodotto supera il 10%.

Praticamente se il margine di profitto superi il 10% del fatturato.

Fatta la legge, trovato l’inganno.

Amazon, grazie all’attività di e-commerce a basso margine,
non soddisfa tecnicamente quel limite, come ha sottolineato il
Guardian.
Citando uno stuolo di esperti che hanno avvertito che Amazon
potrebbe essere esclusa dal nuovo regime fiscale se questa norma non venisse modificata.




Amazon è una delle più grandi aziende al mondo, con un valore di mercato di 1,6 trilioni di dollari
(1,1 trilioni di sterline) e un fatturato di 386 miliardi di dollari nel 2020.

Una filiale lussemburghese ha pagato l’imposta sulle società zero nel 2020
sui ricavi delle vendite provenienti da tutta Europa di 44 miliardi di euro ( £ 38 miliardi),
rendendo Amazon un obiettivo importante per i politici che si battono per modifiche al sistema fiscale globale.

Tuttavia, il suo margine di profitto nel 2020 è stato solo del 6,3%.

Gestisce la propria attività di vendita al dettaglio online con margini di profitto molto bassi,
in parte perché reinveste pesantemente e in parte per guadagnare quote di mercato.



Ovviamente, con i Democratici al posto di guida, è difficile immaginare che Bernie Sanders
o Elizabeth Warren permettano ad Amazon, un obiettivo comune dei loro attacchi populisti,
di sfuggire alla più grande revisione internazionale delle tasse sulle società in 100 anni.

Come Richard Murphy, visiting professor di contabilità presso la scuola di gestione della Sheffield University,
ha sostenuto al Guardian, la soglia di profitto del 10% era “inappropriata” a causa dei diversi modelli di business per le diverse aziende.

Ha aggiunto che gli attuali approcci alla segnalazione dei profitti in ciascun paese sono stati “facilmente ingannati”.

“Questo potrebbe rivelarsi una falsa speranza a meno che non ottengano i dettagli giusti”, ha detto.


Bloomberg nel pomeriggio ha affermato che Amazon sarà sottoposta alla nuova imposta,
anche se questo significherebbe una modifica delle norme generali sinora concordate
e che, evidentemente, erano state studiate male, molto male.


Probabilmente le avranno scritte con l’aiuto di un avvocato… pagato da Amazon.
 
Un totalitarismo morbido, con caratteristiche sia ideologiche sia mediatico-giudiziarie,
sta emergendo in Occidente dalla presunta “gentilezza
e dal presunto “liberalismo” della ideologia del politicamente corretto.

Lo documentano alcuni recenti fatti avvenuti in Europa.

Il Procuratore generale della Finlandia, il 30 aprile scorso,
ha aperto un procedimento penale contro il vescovo di una chiesa evangelica luterana, Juhana Pohjola,
per “incitamento all’odio” perché in un libretto aveva scritto tra l’altro
che nella dottrina cristiana “il matrimonio è inteso solo tra un uomo e una donna”.


Per lo stesso libretto, intitolato “Maschio e femmina (Dio) li creò”
sarà processata anche l’ex leader della Democrazia Cristiana finlandese, signora Paivi Rasanen,
medico, membro del Parlamento ed ex ministro dell’Interno finlandese tra il 2011 e il 2014.

In particolare la parlamentare democristiana finlandese viene accusata di “agitazione di odio etnico
per avere sostenuto che le pratiche omosessuali non possono che essere definite un “peccato”
dalle chiese cristiane perché “altrimenti verrebbe veno la necessità di un Salvatore”.


A Parigi nei giorni scorsi sul Boulevard de Ménilmontant,
trecento fedeli cattolici riunitisi per onorare la memoria di una decina di “martiri”
(tra cui l’allora arcivescovo di Parigi, Georges Darboy) fucilati dai comunardi della Comune parigina del 1870,
sono stati attaccati e malmenati al grido di “morte ai fascisti” da numerosi “antifa”.

Così vengono chiamati quei giovani fanatici francesi che, in omaggio all’ideologia del politicamente corretto,
vedono il fascismo quasi dappertutto e in particolare nei conservatori, nei tradizionalisti e persino in una innocua cerimonia religiosa.

Uno dei fedeli feriti, colpito alla testa dagli “antifa”, è stato ricoverato.

Gli altri si sono dovuti rifugiare nella vicina chiesa di Notre-Dame de la Croix
fino a quando la polizia non li ha messi in salvo.


“Fascismo degli antifascisti politicamente corretti” hanno commentato alcuni giornali di destra.


In Belgio quattro membri dell’organizzazione fiamminga tradizionalista moderata “Voorpost
sono stati condannati nei giorni scorsi a sei mesi di carcere per aver esposto uno striscione con la scritta “Stop all’islamizzazione”.

Quello striscione è stato ritenuto da un tribunale “incitamento all’odio”
perché mirante a “convincere che in futuro l’Islam dominerà le Fiandre”, come si legge nella sentenza.

“Dire Stop all’islamizzazione sarebbe un delitto?”, si è chiesto polemicamente il quotidiano belga Le Vif.


Il 3 giugno scorso, a Parigi, è cominciato il processo sul “caso Mila”,
la liceale diciottenne rea di aver “offeso l’Islam”, da lei definita sui social “una religione di odio”.

La ragazza ha ricevuto per questo ben 100mila minacce di morte in un anno e mezzo:
quasi 200 minacce al giorno ad opera di quei gruppi misti di musulmani salafiti
di origine mediorientale e di francesi “antirazzisti”, “anticolonialisti” e “antifa”.

Mila è sotto scorta dal febbraio 2020 e ha dovuto cambiare due istituti
prima di rassegnarsi a rinunciare alla scuola e a vivere chiusa in casa, per motivi di sicurezza.

I gruppi “anti-razzisti” francesi combattono soprattutto la presunta “islamofobia”.

Sono molte decine gli intellettuali francesi che vivono reclusi e protetti dalla polizia
perché sono accusati di “islamofobia” da aggressivi gruppi composti da salafiti di origine mediorientale
e dai loro alleati francesi di sinistra “anti-razzisti”.

Per questo in Francia pochi osano pronunciare giudizi critici sulla religione musulmana.


Il mese scorso il cappellano del Trinity College di Cambridge, Bernard Randall,
è stato licenziato per le sue critiche alla teoria del gender e al programma Lgbtqi introdotto nella sua scuola.


All’Università di Cambridge la nota femminista nera, lesbica ed ebrea, Linda Bellos,
si è vista ritirare l’invito dall’Ateneo per l’opposizione di attivisti transgender che non le perdonano le sue posizioni antitrans.

Essere donna, nera, ebrea, lesbica e femminista non basta più ad evitare l’ostracismo delle lobby Lgbtqi.

Ora bisogna anche essere assolutamente accondiscendenti verso i trans.

Lo conferma l’annullamento del corso da parte della stessa Università di Cambridge
al filosofo canadese Jordan Peterson, anche lui perché “reo” di “transfobia”.


Si tratta solo di alcuni dei più recenti episodi europei che mostrano il volto intollerante e tendenzialmente totalitario del politicamente corretto.


Alcune opinioni in Occidente stanno ridiventando anatema e reato.

Negli Usa sono già centinaia le sue vittime.

Il nuovo database americano, “Cancelled People”, ha elencato i nomi di circa 200 personalità
(solo quelle ben note e di primo piano) del mondo culturale, universitario o giornalistico americano e anglosassone
che negli ultimi 5 anni sono state sottoposte a gogna mediatica e cancellate dallo spazio pubblico.
 
Il politicamente corretto si presenta in apparenza come un’innocua etichetta linguistica,
una semantica dell’eufemismo iper-rispettosa delle minoranze svantaggiate, magari un po’ eccessiva,
un po’ puritana e talvolta ridicola, ma mirante ad un ingentilimento del linguaggio.

Esso promette, come in una “Lourdes linguistica”, di superare, con un linguaggio più rispettoso,
le discriminazioni e le degradazioni ai danni degli individui appartenenti a minoranze svantaggiate e denigrate.

In apparenza il politicamente corretto nasce da una sete interiore di giustizia,
da una pulsione a difendere le vittime dell’oppressione,
da un anelito liberale e progressivo verso una società più giusta e gentile.


Ma i fatti contraddicono questi apparenti obbiettivi edificanti

e mostrano che dalle iniziali buone intenzioni di ingentilimento del linguaggio

e della società nasce un nuovo totalitarismo
.


Non c’è oggi in Occidente alcun gulag,
alcuna polizia segreta,
ma stiamo assistendo alla nascita, in nuove forme, di un totalitarismo,
arbitro del linguaggio e del pensiero,
con persecuzioni sia mediatiche,
sia giudiziarie,
che mette nel mirino soprattutto i difensori della tradizione,
della cultura occidentale e, a volte, del semplice buon senso.


La civiltà occidentale è considerata dalla nuova ideologia come intrinsecamente colpevole,
reproba e anzi geneticamente razzista, sessista, omo-transfobica.

E i suoi difensori vengono accusati pretestuosamente

di omo-transfobia solo perché difendono la famiglia naturale
e la rilevanza del sesso biologico nel definire l’identità di genere;

di razzismo solo perché si oppongono alle ideologie esse sì razziste, anti-occidentali e anti-bianche;

vengono tacciati di colonialismo e schiavismo perché si rifiutano di avallare

le ricostruzioni storiche fantasiose e paranoidi degli “antirazzisti”;

vengono accusati di identitarismo eurocentrico

o di “tradizionalismo di stampo fascista” sol che affermino le radici cristiane o nazionali della propria identità.



Il risultato è che chi vuole preservare la sua vita sociale,
deve allinearsi e mettere a tacere il suo eventuale dissenso al cospetto di un potere immateriale, ma non meno totalitario:

quello del Partito degli intellettuali illuminati (Pii) antirazzisti, anti-omofobi e antifascisti.


Questo neo-totalitarismo si manifesta, soprattutto, nel mondo accademico e nei media,
ma anche nelle istituzioni statali e in particolare in quelle giudiziarie quando,
come in Finlandia ed in altri Paesi occidentali, si approvano leggi ideologiche e liberticide
che criminalizzano le opinioni contrarie al politicamente corretto.

Esso tende a diffondersi persino nelle imprese private intimidite dall’aggressività (e dalle lobby politicamente corrette).
 
Il neo-totalitarismo italiano


L’Italia ha avuto finora manifestazioni sporadiche e specifiche, ma non meno preoccupanti,
di questo nuovo “totalitarismo”.

Il neo-totalitarismo politicamente corretto in Italia si è in pratica focalizzato sulla dialettica fascismo-antifascismo
oltre che sull’attacco laicista alla tradizione cattolica e ha avuto caratteristiche mediatico- giudiziarie.


Ricordiamo solo i principali episodi :


La più rilevante manifestazione del neo-totalitarismo nelle Università e nei media italiani
è stata la lunga persecuzione subita dallo storico Renzo De Felice, accusato per decenni dagli storici di sinistra
di volere “riabilitare il fascismo” e di “revisionismo storico” solo perché aveva,
nei suoi studi e nella sua monumentale biografia di Benito Mussolini,
osato presentare come un regime illiberale e non democratico che aveva goduto, nonostante tutto,
del consenso della gran parte degli italiani e come un “fenomeno storico” del tutto concluso ed irripetibile.


Alle critiche, alle accuse e alle richieste di alcuni storici di sinistra che gli fosse addirittura revocata la cattedra,
si aggiunsero le contestazioni e le minacce di alcuni gruppi politici studenteschi della sinistra radicale,
uno dei quali, Lotta Continua, minacciò persino di impedirgli fisicamente di tenere le sue lezioni universitarie,
proprio come avveniva nel periodo fascista ai danni di accademici antifascisti.

Il tentativo di mettere il bavaglio totalitario a Renzo De Felice fallì anche perché alcuni politici della sinistra,
tra cui alcuni leader comunisti come Giorgio Amendola, difesero anche contro la protervia degli storici comunisti,
la serietà e la professionalità del lavoro di De Felice.


Nel gennaio del 2008 al Papa Benedetto XVI fu impedito di parlare all’Università La Sapienza di Roma
da circa 70 professori (prevalentemente fisici) laicisti di sinistra e da alcuni gruppi di studenti estremisti,
ovviamente “antifascisti” di sinistra solo perché nel 1990 l’allora cardinale Joseph Ratzinger aveva citato
(avvertendo di non volerla “usare in funzione apologetica”) la frase dell’epistemologo laico Paul Feyerabend secondo cui
la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo” in occasione del processo a quest’ultimo.


Il neo-totalitarismo in Italia si è manifestato finora soprattutto come “circo mediatico-giudiziario”
orchestrato da un’alleanza :

tra il Partito degli intellettuali illuminati (Pii) collegati al Partito Democratico (Pd),

con il Partito dei procuratori politicizzati (Ppp)

e con il Partito del giornalista collettivo (Pgc),

mostratosi prono ai voleri delle procure e delle forze di sinistra.



Il loro fuoco neo-totalitario si è concentrato soprattutto sui leader politici
che si opponevano all’egemonia catto-comunista nelle massime istituzioni politiche e culturali italiane.

Prima Bettino Craxi, poi Silvio Berlusconi (e infine anche, finora con minore successo, Matteo Salvini)
sono stati colpiti da una continua e martellante campagna mediatica,
che li additava alla pubblica esecrazione come inaffidabili e impresentabili “fascisti in pectore”.

Soprattutto Berlusconi, gratificato dell’epiteto di “caimano”, è stato vittima
di una serie di controverse inchieste giudiziarie (oltre 70), rivelatesi inconsistenti,
che lo indicavano come responsabile di vari reati.

Insieme ai grandi leader nazionali sono stati raggiunti dalla falce mediatico-giudiziaria
diversi uomini politici di rango medio e diversi cittadini comuni.


Questa specificità italiana è stata dovuta ad una eccessiva estroflessione del potere

di un nutrito gruppo di procuratori politicizzati, che hanno potuto invadere il terreno di tutti gli altri poteri

e organi dello Stato senza che alcuno di essi potesse controllarlo e bilanciarlo.



Il risultato?

La messa in discussione dello Stato di diritto e della democrazia liberale in Italia,
avvicinandola ad una democrazia giudiziaria illiberale.

Ancora oggi il potere del “Partito dei procuratori politicizzati” è un potere assoluto e incontrollato
che, specie se continuerà a godere di coperture politiche e mediatiche,
può essere la base di un totalitarismo politico-mediatico-giudiziario di cui già si sono visti i segni.


Il tema di fondo dominante nel neo-totalitarismo italiano è stato finora quello
della archeologica guerra culturale fascismo/antifascismo.

È una guerra anacronistica e strumentale, la cui continuazione artificiosa è servita in passato
a legittimare il Partito Comunista e l’Unione Sovietica come parte del mondo democratico,
in quanto parte attiva dell’antifascismo e dell’antinazismo degli anni Quaranta del Novecento.

Oggi continua ad essere utile per etichettare, delegittimare e tenere lontani dal Governo del Paese
i leader e le forze del centrodestra, stigmatizzati come “fascisti” e “razzisti”.


Vale ancor oggi quanto scrisse Leonardo Sciascia oltre 20 anni fa,
quando ancora non esisteva l’espressione politicamente corretto, ma ne esisteva la sostanza:

Il più bello esemplare di fascista in cui ci si possa oggi imbattere

è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dare del fascista a chi fascista non è
.


Oggi potremmo aggiungere anche a chi razzista e omofobo non è.


Se finora il neo-totalitarismo italiano ha avuto come tema principale l’antifascismo archeologico e di maniera,

l’eventuale approvazione del Ddl Zan offrirà nuove armi ideologiche e giudiziarie,

perché a quella tematica si aggiungeranno i reati di opinione relativi alla teoria del gender

che quel Ddl mira a fare divenire ideologia di Stato.



Oltre 20 anni fa Pier Paolo Pasolini profetizzò l’avvento di una “epoca in cui il nuovo potere

utilizzerà le parole libertarie per creare un nuovo potere omologato,

una nuova inquisizione e un nuovo conformismo. E i suoi chierici saranno chierici di sinistra”.




Forse ci siamo.
 

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