Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

gERARDO COCO
Negli ultimi vent’anni ci sono state diverse crisi:
quella asiatica (1997), quella del Rublo (1998), quella Argentina (1992-2002); quella tecnologica (2000-2002); quella dei mutui (2008-2009) e quella dell’Euro (2010); La loro caratteristica è stata di coinvolgere una particolare categoria di attività finanziarie o singole valute. Dopo l’ultima crisi, le banche centrali pur non risolvendo nulla sono riuscite, di riffa o di raffa, a mantenere la fiducia nel sistema. Ma il risultato è che oggi siamo seduti sulla più grande bolla del debito mai creata: quella dei bond emessi dai governi per finanziare una spesa sociale insostenibile che li ha ridotti in bancarotta. Il guaio è che questi stessi bond sono utilizzati per collateralizzare l’emissione di qualsiasi attività finanziaria per cui lo scoppio della prossima bolla le colpirà tutte indistintamente.
Ricordiamo come funziona il sistema. I governi emettono titoli sovrani o bond che banche, istituzioni finanziare, fondi pensioni, assicurativi acquistano e inseriscono nei bilanci come senior assets o strumenti privi di rischio in quanto emessi dai governi. Il sistema bancario emette prestiti, mutui, carte di credito e qualsiasi altro strumento sulla base di questi bond e dunque il denaro “viene in esistenza” come debito garantito da tali strumenti di debito. La ricchezza finanziaria dipende dalla performance degli emittenti che fallendo la manderebbero in fumo. Impossibile prescindere dal rischio delle controparti: investitori e risparmiatori non possono fare a meno di collocare il proprio capitale in attività finanziarie che non siano allo stesso tempo passività di altri e poiché, oggi, sono tutti a rischio, lo è pure la ricchezza finanziaria.
Perché la bolla scoppierà? Per due motivi.
Il primo è che le economie, depresse, non producono reddito per ripagare il debito.
Il secondo è che un quarto dei bond emessi e che collateralizzano il sistema finanziario, hanno un interesse nominale negativo mentre i tre quarti danno rendimenti prossimi allo zero.

Ma se l’obiettivo esplicito delle banche centrali è di svalutare e di abbassare sempre di più i tassi di interesse, chi sono gli sprovveduti che investono in bond denominati in valute programmate per perdere valore e ritrovarsi nell’attivo di bilancio strumenti finanziari che invece di rendere producono perdite e non coprono il passivo? Eppure questa è la situazione: il sistema è insolvente per definizione.
I bond sono considerati alla stregua di liquidità ma quest’ultima vale molto di più. Basta pensare cosa, ad esempio, accadrebbe se i governi europei ristrutturassero il loro debito. I bond diventerebbero illiquidi. Se nella maggioranza dei paesi dell’euro, invece di rendere l’1.5% riflettessero lo stato reale delle loro finanze dovrebbero rendere tra il 7% e 10%, il che comporterebbe la loro svalutazione tra il 40% /50%. La conseguenza sarebbe il collasso del bilancio del sistema bancario incluso quello della banca centrale. Con quale denaro potrebbe essere ricapitalizzata se il sistema è illiquido per definizione?
Se oggi una frazione di depositanti, chiudesse il conto bancario e ritirasse i risparmi, paralizzerebbe il sistema bancario. Non esiste nel sistema sufficiente contante fisico per soddisfare le richieste. La maggior parte del contante esiste solo al di fuori del sistema bancario: il denaro nei conti correnti e di risparmio è solo una posta contabile nei database. La ricchezza finanziaria esistente è quasi tutta digitale e può essere annullata o congelata all’istante con un colpo di mouse. La realtà è questa: i governi sono insolventi, le banche illiquide. Che faranno le banche centrali? Daranno loro sempre più corda per impiccarsi. Fuor di metafora, inonderanno il sistema di liquidità e spingendo gli interessi sempre più in area negativa distruggeranno le valute. Di conseguenza distruggeranno il debito e quindi anche tutta la ricchezza finanziaria che si basa sul debito. Sarà il default globale valutario.
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Ora qual è la differenza tra una crisi di credito e una crisi valutaria? Nella prima il valore della liquidità aumenta rispetto alle attività reali. Nella seconda è la liquidità che perde valore rispetto alle attività reali ma la conseguenza è il crollo dei governi e delle banche centrali.
Quando questo accadrà? Le catastrofi finanziare, come quelle naturali, non sono eventi ma processi. Questa catastrofe è già in atto, sotto i nostri occhi e i vari flash crash, ossia gli episodi di estrema volatilità e di liquidità ridotta a partire dall’anno scorso, ne sono il sintomo. Ad esempio, la bolla dei mutui prese più di dieci anni per manifestarsi e poi scoppiare ma si trattava solo di una categoria di asset. Nella prossima crisi tutti gli asset, come già osservato, saranno coinvolti e il loro valore si accorderà a quello delle passività completamente svalutate delle controparti. Questa volta nessuna ingegneria o trucco contabile potrà evitarlo. Siamo al punto di svolta del trend e diversamente dai mercati, i trend non si possono manipolare.
Quale sarà l’evento catalizzatore? E’ probabile che si manifesti nel sistema bancario che ha un capitale netto negativo (non esiste liquidità per ripagare i depositi ai clienti). Ciò che accadde per la Lehman Brothers nel 2008 potrebbe ripetersi in grande. La Deutsche Bank ha in bilancio $75 trilioni di derivati, oltre 20 volte il pil tedesco. Basterebbe lo 00,1% di insolvenza per cancellare tutto il capitale della banca e il 10% per distruggere il sistema finanziario mondiale. Quanto varrebbero le valute dopo un crash bancario globale?
Ma l’epicentro dello spostamento tettonico che porterà a una riconfigurazione dell’economia potrebbe verificarsi altrove. Cosa accadrebbe ad esempio, se i dollari che stanno in cima alla catena alimentare finanziaria non venissero più accettati in pagamento del petrolio? Che fine farebbero i treasury bond che sono l’asse portante del sistema finanziario?
Un lunedì ci si sveglierà e si apprenderà dai media della chiusura dei mercati per 24 o 48 ore. Le attività finanziarie saranno congelate. Impossibili trasferimenti, transazioni, ritiri ecc. Una Cipro globale, ma più grave. In quello spazio di tempo il valore di tutta la ricchezza finanziaria sarà ridimensionato. E se alla riapertura dei mercati non lo sarà, ci saranno altre chiusure fino a quando alle riaperture la domanda non sarà in equilibrio con l’offerta di “prezzi veri”. La ricchezza digitale nei server bancari sarà annullata: in pratica il valore del portafogli di investimento tenderà ad azzerarsi mentre il prezzo delle attività reali a aumentare vertiginosamente. Per un certo periodo il credito non sarà erogato, bloccando la distribuzione dei prodotti di prima necessità. Dal default globale emergerà un nuovo sistema monetario e la transizione sarà dolorosa, in alcuni paesi più che in altri.
Chi pensa che tale visione sia estrema non conosce la storia economica e ignora le istruzioni che ci ha tramandato per salvarsi in tali circostanze. Si ricordi quanto detto all’inizio: la ricchezza finanziaria del creditore è la passività del debitore: è arrivato il tempo di disfarsene investendo il ricavato in attività reali, in particolare in ciò che ha retto il mondo per millenni e che non rappresenta la passività di nessuno: l’oro e l’argento.
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Vedere quello che hai davanti al naso richiede una lotta costante”. (George Orwell;)
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Occupazione silenziosa con le AM-Lire, altro che sovranità!

Scritto da Redazione: Occupazione silenziosa con le AM-Lire, altro che sovranità

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Riguardo il concetto di “sovranità monetaria” regna molta confusione, cerchiamo insieme di fare chiarezza.

Il vocabolario dell’enciclopedia Treccani al termine “sovrano” ci restituisce la seguente definizione:

p.2a. “Riferito a un potere o un’autorità, che non ha altro potere o autorità da cui dipenda nell’ordinamento politico-giuridico di cui fa parte; quindi: stato s., nazione s., popolo s., che ha la sovranità”.

Sovrano dunque “che sta sopra”, che non è soggetto ad altrui poteri, ossia autonomo, indipendente.

La sovranità monetaria è il mezzo attraverso il quale una nazione dirige la propria politica monetaria. Dato lo strumento occorre stabilire CHI adoperi tale strumento ed è doveroso sottolineare la vitale importanza che la sovranità monetaria riveste per un paese.

La moneta non è “solo” lo strumento attraverso il quale dare vivacità economica al paese ma, altresì, un potente mezzo di controllo politico.

  • “Il debito è asservimento” (David Graeber).
  • “Un paese che non si indebita fa rabbia agli usurai” (Ezra Pound)
  • “Datemi il controllo della moneta di una nazione e me ne infischio di chi fa le leggi (Rotschild)
  • Ci sono due modi per conquistare e sottomettere una nazione e il suo popolo. Uno è con la spada, l’altro è controllando il suo debito. (John Adams-Presidente Usa)
Va da sé, dunque, che un popolo che gode di sovranità monetaria conserva la libertà di non indebitarsi.

C’è qui da chiedersi se è vero, che prima del 1981 il popolo italiano godeva di questa libertà.

Per rispondere a tale quesito vogliamo ricordare per sommi capi quanto accadde nella notte tra il 9 e il 10 Luglio 1943 nel nostro paese.



Forse non tutti conoscono la storia delle AM-lire, la moneta d’occupazione americana. Stampate in un primo momento negli Stati Uniti d’America e poi anche in Italia, presentava vari tagli da 1 lira fino a 500 e 1000 lire[1].

Questa cartamoneta giunse inizialmente nel nostro Paese seguendo le truppe americane entrate nel territorio italiano con lo sbarco in Sicilia.

L’AMGOT, l’Allied Military Government of Occupied Territories (Governo militare alleato dei territori occupati), fu lo strumento con cui le forze alleate occuparono i territori e l’amministrazione di Austria, Germania, Giappone, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Francia[2] e l’Italia, con le AM-lire, fu il primo Paese dove tale strumento venne utilizzato per sostituire la circolazione monetaria della Lira italiana, abolendone il corso forzoso, con la moneta d’occupazione distribuita dalle truppe alleate.

Fu così che un vero e proprio fiume di denaro invase il meridione senza alcun controllo né argine, portando in queste terre un indiscriminato aumento dei prezzi.

La conseguenza fu un duplice esproprio subito dai cittadini italiani, i quali vennero depredati del potere d’acquisto delle lire italiane e chiamati a farsi carico del debito scaturente dalla nuova valuta.

Pare che la prima “tiratura” fosse pari a circa 143 miliardi di AM-lire. La situazione era aggravata dalla fissazione di un cambio pari a 100 lire per dollaro americano e 400 lire per ogni sterlina inglese.

Ciò conferiva ai militari statunitensi un formidabile potere d’acquisto maturato a discapito della popolazione civile, la quale veniva risucchiata in un vortice di disperata miseria.

Ci racconta il Malaparte nel suo romanzo “La pelle” come, al domani dello sbarco alleato nella zona di Napoli, imperversassero tragiche condizioni di vita che spingevano giovani donne a vendere il proprio corpo ai militari americani per un dollaro.

Da questo turpe mercimonio, non erano esclusi neppure gli innocenti. Si stima che nel 1944 l’aumento del costo della vita giunse fino al 344,47%[3]. Per fare un esempio tra il 1945-1950 con un intero stipendio si potevano acquistare solo 15 kg di zucchero. Questa fu la ragione principale per la quale si ebbe un parziale ritorno al baratto e alla borsa nera.

Pare che con questa valuta gli americani acquistarono diversi possedimenti nella nostra penisola, tra cui la sede dell’ambasciata americana a Roma.

La storia della moneta d’occupazione americana terminò il 30 giugno 1950, quando con il D.M. 18.2.1950 venne ritirata dalla circolazione, terminandone il corso legale e addebitandone nel contempo il prezzo ai cittadini della neonata Repubblica.

E sì, perché le AM-lire non venivano attribuite al popolo da liberare come mezzo convenzionale, ovvero libere da debito, ma venivano addebitate in cambio di titoli di Stato italiani, come sancito dalla LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598

Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, concernente l’autorizzazione al Ministro per il tesoro a stipulare con la Banca d’Italia una convenzione per la esecuzione dell’Accordo monetario, in data 24 gennaio 1946, fra il Governo italiano ed il Governo Alleato”[4]

Qualcuno potrebbe obiettare che godevamo di sovranità monetaria in base all’assunto: “quando la banca d’emissione è pubblica, l’acquisto dei titoli di stato è una partita di giro, un debito verso sé stessi”.

Confutare questo assurdo è semplice:

Quando la banca è pubblica che motivo ha lo Stato di emettere titoli di debito per farli acquistare a sé stesso, quando potrebbe emettere moneta direttamente?

Se il debito è finto, perché pagarci gli interessi?

Se vi sono degli interessi allora quel debito non è assolutamente fittizio.

Non fatevi incantare da chi parla di DEBITO SOVRANO.

Il debito è un concetto astratto, esso non può essere sovrano rispetto a un popolo.

L’ Art.1 della Costituzione è la prima cosa che ricorda: “la sovranità appartiene al popolo”.

Il debito è uno strumento di asservimento, sempre!

Inoltre non è affatto vero che debitore e creditore sono la stessa persona perché debitore è lo Stato, creditore è la banca centrale e nessuna delle due “entità” è una persona.

E comunque i due soggetti erano ben distinti e separati già prima del 1981.

Ovvero, per capirci: tanto lo Stato quanto la banca sono enti astratti di imputazione giuridica”, ove gli interessi del popolo NONvengono rappresentati.

L’astrazione giuridica è l’artifizio usato per evitare che il mantra del debito cada come un castello di sabbia.

Inoltre, se corrispondesse a verità l’assunto secondo il quale il nostro paese godeva di “Piena sovranità monetaria” almeno fino al 1981, l’emendamento discusso in assemblea costituente il 24 Ottobre del 1947 sarebbe stato approvato[5].

Esso infatti prevedeva “L’autorizzazione del parlamento a battere moneta”.

A quel punto avremmo pututo dire che gli Artt. 1, 47 e 117 della Costituzione sarebbero stati applicati e rispettati.

Perché, come soleva ricordare il Prof Giacinto Auriti, il contenuto della norma giuridica è duplice.

Essa prevede l’interesse giuridico da tutelare e il bene giuridico da tutelare. Se manca uno di questi contenuti la norma resta, come in effetti ora è, lettera morta.

Nel nostro caso se prevedi un diritto in astratto senza approntare gli strumenti che lo realizzino, è chiaro che l’impianto normativo diventa uno specchietto per allodole.

La ragione per cui chi detiene il potere politico di una nazione emette titoli di debito, obbligando il popolo a pagarne gli interessi, è solo una: il dominio, l’imperio sul popolo.

Semplicemente prima del 1981 il popolo italiano veniva chiamato a “sacrificare” una parte del valore da lui prodotto a una classe dirigente nazionale mentre ora è destinato a servire l’alta finanza internazionale che ha un appetito illimitato e, pertanto, una portata devastante.

Che sia una classe dirigente o un paese straniero, il debito è l’artifizio attraverso il quale arricchirsi dei valori che il popolo produce.

Per rafforzare la nostra tesi con una fonte ufficiale è sufficiente leggere quanto riportato sul sito bancaditalia.it, dove si legge:

L’accordo del 24 gennaio 1946 tra il Governo italiano e quello Alleato riconobbe alla Banca d’Italia la facoltà di emettere le Am-lire”, facoltà che risulta essere solo un’alternativa acciocché queste venissero prodotte negli USA[6].

Infatti, il decreto legislativo 12 dicembre 1946, n. 441, firmato dal capo provvisorio dello Stato De Nicola, sancisce all’Art.1:

Al fine di dare piena esecuzione all’Accordo monetario intervenuto tra il Governo Italiano e il Governo Alleato per l’unificazione, sotto l’autorità del Governo Italiano, della circolazione della Banca d’Italia e della moneta di occupazione alleata (AM-lire), il Ministro per il tesoro è autorizzato a stipulare con la Banca stessa, riconosciuta come l’autorità b emittente di detta moneta di occupazione, una convenzione per regolare i rapporti nascenti dalla detta unificazione, e dalla somministrazione, da parte della Banca d’Italia, alle Forze armate alleate, di biglietti propri e di crediti in lire e ciò a far tempo dal 1° febbraio 1946.”[7]

È qui evidente il rapporto di sudditanza, altro che sovranità.

Nella stessa pagina del sito bancaditalia.it si riporta il “caso Staderini”, tipografia privata incaricata di stampare cartamoneta, menzionando la mancata emissione dei biglietti da 500 e 1.000 lire tipo 1944, commissionata dalla Banca d’Italia quando Luigi Einaudi ne era governatore.

L’episodio è avvenuto in seguito all’arresto di due dipendenti dello stabilimento Staderini di Roma accusati di aver falsificato la produzione di moneta[8], che in quel periodo era a tutti gli effetti moneta di occupazione.

La vicenda ci ricorda la commedia italiana che riportava spaccati di vita italiana dell’epoca, con pellicole come “La banda degli onesti” e “la saggezza dei governatori delle banche centrali”.

Tutto ciò ci rammenta quanto soleva dire il Prof. Giacinto Auriti:

A noi non interessa che l’emissione avvenga da parte di un’organizzazione pubblica o privata, a noi interessa di chi sia la Proprietà della moneta”.

Cioè interessa che la produzione di moneta non avvenga contro debito e che la moneta non sia della tipografia ( pubblica o privata) ma del popolo

Di recente l’on. Paolo Ferrero, Ministro della solidarietà sociale del Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 all’8 maggio 2008, segretario di Rifondazione Comunista dal 27 luglio 2008, ha dichiarato:

“Per questo noi proponiamo che la Banca Centrale sia pubblica e presti i soldi agli Stati“.

Prestiti, ovvero debito, debito e ancora debito, le provano tutte.

Ora tentano di confondere la gente paragonando goffamente e surrettiziamente la proprietà popolare della moneta con l’helicopter money di Milton Friedman.

Ma occorre tenere a mente che tra proprietà e possesso la differenza è sostanziale.

Ciò che davvero libererebbe i popoli dal martirio del debito è una corretta emissione monetaria.

Occorre cioè tenere distinto momento dell’emissione da quello della circolazione.

La moneta nasce come simbolo di costo nullo e assume valore SOLO quando inizia a circolare, inglobando potere d’acquisto.

Per questo motivo non ci stancheremo di chiedere la fine del capitalismo, partendo dalla radice del male.

Occorre cioè che ogni popolo sia riconosciuto proprietario della sua moneta e riacquisti la dovuta dignità.



Scritto da: Redazione – Scuola Studi Giuridici e Monetari “Giacinto Auriti”

(citare la fonte in caso di diffusione )

note

[1] Emissioni Banca D’Italia,

Banca d'Italia - Emissioni, 05/2016.

[2] Les billets de banque de l’Amgot,

Le Mémorial de Caen, un musée pour la paix, 05/2016.

[3] Inflazione. Costo della vita nel corso di 140 anni, INFLAZIONE ULTIMI 140 ANNI, 05/2016.

[4] LEGGE 28 dicembre 1952, n. 3598,

Gazzetta Ufficiale, 05/2016.

[5] Sara Lapico, Scuola di studi giuridici e monetari Giacinto Auriti, La Costituente rifiutò di inserire la Sovranità Monetaria,

La Costituente rifiutò di inserire la Sovranità Monetaria, 05/2016.

[6] Emissioni Banca D’Italia, op.cit., nota [1].

[7] DECRETO LEGISLATIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO 12 dicembre 1946, n. 441,

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1946/12/23/046U0441, 05/2016.

[8] Gianni Graziosi, Mille lire al mese, http://www.panorama-numismatico.com/wp-content/uploads/mille-lire.pdf, 05/2016.

Vedere quello che hai davanti al naso richiede una lotta costante”. (George Orwell;)
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economici.itil mondo visto da un'altra angolazione

attualita' ottobre 28, 2016 posted by Mitt Dolcino
La crisi del Sole24Ore? È poco letto. Leggete la partigianeria pro Clinton di M. Platero e capirete perché

I nostri grandi giornali sono praticamente tutti in crisi: il Corriere della Sera è passato a Cairo, il grande tagliatore di costi, Repubblica ed il Secolo XIX si sono fuse con La Stampa; in ultimo Il Sole 24 Ore sembra abbia addirittura taroccato i conti per anni.

Perché succede questo? Due motivi, il primo e che l’Italia è già stata praticamente spennata, non ha alcun futuro se non di tasse altissime e di povertà diffusa e dunque la gente che comanda il vapore che se ne fa dei giornali? Quando c’erano le grandi aziende italiane da depredare, da vendere agli stranieri facendo da collaborazionista interno (Telecom, Montedison etc, verificate quale sia la costante italiana in cotante svendite) i giornali erano importanti, oggi invece…. Infatti, ad esempio gli Elkann vendono i loro media italiani. Ed il Sole 24 Ore invece non vende (copie di giornali) per lo stesso motivo sopra, l’erosione della base industriale italiana a cui la testata della Confindustria storicamente si rivolgeva, un’economia che si sta rapidamente deindustrializzando – grazie all’euro, ndr – non ha bisogno di giornali economici di grande tiratura.


Alla fine possiamo dire che aver avallato il sacco d’Italia si ritorce contro gli stessi giornalisti sussidiati che, come moderni cagnolini da riporto [ad esempio avallando acriticamente l’euro e l’annessa austerità, memento il Fate Presto del direttore Roberto Napoletano], hanno orientato le masse negando l’evidenza di un sistematico furto perpetrato ai danni della cittadinanza da parte di chi i media li deteneva. E magari, come nel caso del gruppo Fiat, sono anche stati i principali attori della svendita post Tangentopoli (la beffa è che oggi la stessa famiglia torinese ottiene anche di pagare le tasse sull’estero pur mantenendo in Italia l’operatività a basso margine, fosse per me bisognerebbe vincolare il logo Made in Italy in funzione di dove l’intera filiera paga le tasse per almeno il 60% dell’utile di gruppo, ndr).

Ma c’è di più: i giornalisti dei media mainstream stanno mistificando la realtà nei loro racconti come non si vedeva dal fascismo. E nemmeno per tornaconto nazionale, oggi su tutti si stagliano gli interessi delle elites globali a danno del 99,9% della popolazione. In Italia in particolare arriviamo al parossismo: visto che di lavoro ce n’è poco e di pagato bene ancora meno ecco che i giornalisti pur di mantenere il posto di lavoro si piegano alle più tragiche mistificazioni della realtà.
Ad esempio l’articolo di oggi di Mario Platero sul Sole 24 Ore, “Fedelissimi Trump, se vince Hillary faremo la rivoluzione“, un’abile interpretazione indirizzata di un fenomeno gravissimo in atto in USA.



Si parte dalle elezioni USA, dure e difficili come non mai. Si indica come terreno di scontro il secondo emendamento costituzionale, quello che per gli amici USA di Platero (non a caso si cita il super-clintoniano NY Times) permette di detenere e portare armi. Si specifica che la gente intervistata da Platero & friends è arrabbiata perché Hillary vuole togliere il privilegio delle armi agli americani. Voi direte, seguendo il filo conduttore il logico finale sarebbe che la gente “calda” vuole ribellarsi ad una futura elezione di Hillary per evitare l’abolizione di detto emendamento, come di fatto implicato nell’articolo. Ed invece no, Platero conclude che “Oggi questo stesso articolo [il secondo emendamento] viene usato per fomentare una rivoluzione contro i risultati elettorali, se non saranno graditi, e dunque contro la democrazia”. Ossia il problema non è più che la gente è incazzata per il fatto di essere spogliata del privilegio delle armi, invece bisogna togliere le armi per evitare di mettere in discussione la democrazia USA – e la vittoria di H. Clinton – con le proteste ossia anche avallando purghe interne, vedasi il finale dell’articolo del Sole 24 Ore. Senza magari citare il fatto che migliaia di persone nell’Indiana votano (democratico?) anche da morti o le mail di podestà, l’ex dominus del partito democratico, che fanno affiorare la possibilità di brogli elettivi.



O il fatto che wikileaks abbia indicato come un artifizio interno agli USA l’hackeraggio suppostamente russo ai database dei Dem USA, in realtà sarebbero stati gli americani stessi ed ora si utilizza la scusa moscovita per indebolire Trump. O Mr Creamer che si sostiene abbia contribuito a far vincere con l’inganno Obama in passato, memento il video del 47% contro Romney, andatevi a cercare la storia su google.
No, in democrazia tutto questo si tace, come tacciamo il fatto che Trump avrà la maggioranza dei voti statunitensi come numero (lo confessa anche l’arcinemico George Soros), quando si parla di democrazia…



La cosa più tragica è che in calce all’articolo citato Platero si augura addirittura che si possa risolvere l’intolleranza post vittoria clintoniana dei seguaci di Trump evitando “spargimento di sangue”…. ossia sdoganando come possibile un evento catastrofico la inimmaginabile fino ad ora per gli USA+il resto del mondo, leggasi una simil rivoluzione USA sedata nel sangue (non è una balla, leggetevi l’articolo).

Non aggiungo altro.



Per noi italiani il problema è invece vedere l’ennesimo giornalista avallare con il suo racconto partigiano posizioni che possono essere in contrasto con gli interessi nazionali, vedremo, chi fece cadere un nostro governo eletto nel 2011 vedeva H. Clinton al comando. Come nella svendita di fine millennio post Tangentopoli, oggi siamo con le pezze sul sedere in forza di cotanto avallo di un qualcosa che andava chiamato col proprio nome, uno scempio per gli interessi italici (parlo della svendita a prezzi di realizzo del patrimonio industriale italiano prima dell’entrata nell’Euro, probabilmente non si voleva far entrare l’Italia nella moneta unica con una posizione troppo forte).
Sappiate che domami staremo anche peggio e mutuando Platero potremmo anche aggiungere, “sperando” che si possano evitare spargimenti di sangue…

Si sappia che, tentando di difendere quello che una volta si chiamava democrazia, io fossi americano non avrei alcun dubbio a preferire Donald J. Trump. Sarei certamente curioso di vedere cosa succederebbe a detti giornalisti di parte se vincesse The Donald…

Mitt Dolcino
 
Blatero Platero?
puàh!!!

un giornale servo che fa bilanci falsi...

resistere resistere resistere

grande mt

:up:
 
HAARP, perché la predizione dei terremoti va occultata
ottobre 29, 2016 Lascia un commento

Alessandro Lattanzio, 29/10/2016
Per provocare un disastro nel posto giusto al momento giusto è necessario risolvere il problema del tempo di predizione, a lungo termine, del “punto di mira”. Perciò gli statunitensi crearono un modello digitale dettagliato dell’atmosfera terrestre e un supercomputer in grado di elaborare enormi quantità di informazioni. Ed ecco perchè non si dovrebbe ‘scientificamente’ prevedere il terremoto, s’intralcerebbe il monopolio che detengono il Pentagono e le sue agenzie ‘scientifiche’ su quest’arma.
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Un primo interesse dei militari nello studio della ionosfera per impieghi bellici, si ebbe nel 1958, quando gli Stati Uniti condussero la prima esplosione nucleare ad un’altezza di 70 chilometri, al limite della ionosfera, sull’atollo Johnson. Secondo il piano originale, l’impulso elettromagnetico dell’esplosione avrebbe bruciato i sistemi elettronici nel raggio di centinaia di chilometri, aprendo la via alla flotta di bombardieri B-52 con bombe all’idrogeno nella difesa aerea sovietica. Ciò non accadde, ma si notò un fenomeno interessante! Nell’arcipelago delle Samoa, 3500 km a sud del luogo dell’esplosione, apparve un’aurora luminosa! Un disturbo ionosferico che durò a lungo, a distanza di migliaia di chilometri! Le particelle cariche prodotte dall’esplosione nucleare, corsero lungo le linee magnetiche nell’emisfero opposto forando la ionosfera della Terra. L’esperimento fu ripetuto (tre esplosioni a un’altitudine di 480 km nel Sud Atlantico) e si scoprì che le esplosioni nucleari non sono violavano la ionosfera con anomalie radio per anni, ma influivano attivamente sui processi climatici della Terra. Da allora, gli scienziati iniziarono a studiare un’arma geofisica e climatica che permettesse di controllare il meteo sul campo di battaglia e sul territorio nemico. Così nacquero le armi geofisiche!
Le attuali armi geofisiche permetterebbero:
– La distruzione dello strato di ozono sopra specifiche superfici da “bruciare” con le radiazioni solari;
– Influire sulle risorse idriche (inondazioni, tsunami, tempeste, frane);
– Disastri atmosferici (tornado, tifoni, cicloni, acquazzoni) così come il clima generale in una particolare area (siccità, gelo, erosione).
– Terremoti e tsunami.
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Negli Stati Uniti, tale tipo di arma viene chiamata “HAARP”, o “Ricerca attiva dell’area aurorale del programma ‘Northern Light'”, frutto dell'”Iniziativa di Difesa Strategica” (SDI o Star Wars). Dopo l’11 settembre 2001, attorno l’HAARP furono installati sistemi di difesa aerea. L’installazione fu costruita congiuntamente da US Navy e US Air Force, ufficialmente per studiare la natura della ionosfera e lo sviluppo di sistemi di difesa aerea e missilistica. Tuttavia, molti ricercatori ritengono che in realtà il complesso agisca sui meccanismi naturali globali e locali, nei Paesi avversari degli Stati Uniti.
L’HAARP può:
– Causare aurore artificiali;
– Disturbare le stazioni radar oltre l’orizzonte che sorvegliano i lanci di missili balistici e addirittura eliminare il sistema di telecomunicazioni nemico in una particolare area del pianeta;
– Distruggere i missili intercontinentali surriscaldandone le componenti elettroniche;
– Controllare le condizioni meteo ionizzando l’alta atmosfera;
– Cambiare il comportamento umano trasmettendo radiazioni elettromagnetiche di una particolare gamma, stimolando nelle persone stati di confusione;
– Rilevare ai raggi X risorse minerarie, tunnel sotterranei o cavità naturali;
– Disattivare velivoli spaziali.
Ma quando si raggiunge un livello di potenza in uscita maggiore (ufficialmente gli Stati Uniti dichiarano che la potenza di trasmissione dell’HAARP sia “solo” 6,5 MW, come la prima centrale elettronucleare del mondo, quella di Obninsk. Ma in realtà la capacità sarebbe tra 65 e 650 MW, (e forse ancora di più), si ha la reale opportunità di influenzare l’atmosfera, fino a suscitare calamità naturali: potenti tempeste, terremoti, alluvioni ed uragani.
Ed alcuni esempi specifici di tale influenza:
– 1997-1998, l’uragano “El Niño” imperversò su molte città; il danno complessivo ammontò a 20 miliardi di dollari;
– 1999, terremoto in Turchia di magnitudo 7,6 che uccise 20mila persone;
– 2003, uragano “Isabel“, il più potente e mortale che causò diverse migliaia di vittime;
– 2004, al largo della costa orientale dell’isola indonesiana di Sumatra vi fu uno dei più forti e distruttivi terremoti nella storia moderna. Il maremoto causato dal terremoto di magnitudo 9, costò la vita a circa 300mila persone;
– 2005, il terremoto in Pakistan di magnitudo di 7,6 fu il più potente di tutte le osservazioni sismiche in Asia meridionale, uccise più di 100mila persone;
– 2008, l’improvviso risveglio del vulcano addormentato Caitya, in Cile, dopo secoli;
– aprile 2010, eruzione di un vulcano in Islanda che causò la sospensione dei voli aerei in Europa.
Terremoti in Giappone, come quello che causò l’incidente nella centrale nucleare di Fukushima nel 2011.
Per provocare un disastro nel posto giusto al momento giusto è necessario risolvere il problema del tempo di predizione, a lungo termine, del “punto di mira”. Perciò gli statunitensi crearono un modello digitale dettagliato dell’atmosfera terrestre e un supercomputer in grado di elaborare enormi quantità di informazioni.
Gli autori A. Sokolov e A. Burmakin si chiedono nel loro testo: La Russia può respingere l’attacco, o almeno rilevare e dimostrare l’aggressione geofisica?
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I sovietici lavoravano al contraltare dell’HAARP, il sistema radar di Krasnojarsk, distrutto da Gorbaciov e Shevardnadze su insistenza degli statunitensi. La stazione di Krasnojarsk sarebbe entrata nel sistema di Primo allarme contro un attacco missilistico balistico, agendo da radar, ma un radar dalle caratteristiche uniche, e dall’altro, aveva una potenza tale che poteva semplicemente bruciare le antenne dell’obiettivo, agendo da sistema di difesa aerea e antisatellite, distruggendo la minaccia all’istante. La Stazione radar oltre l’orizzonte Darjal-U aveva trasmettitore e ricevitore distanziati di 2 chilometri, per il rilevamento a lungo raggio dei missili balistici in orbita e oggetti spaziali provenienti da direzione sud, tra la Cina occidentale e l’Iran. L’Unione Sovietica aveva anche il suo programma “HAARP”, che portò alla realizzazione del “Sura“, nella Russia centrale, a 150 km da Nizhnij Novgorod. Apparteneva all’Istituto di Ricerca Scientifica di Radiofisica, uno dei principali istituti di ricerca scientifica dell’URSS. Oggi è abbandonato. Su una superficie di 9 ettari vi sono file di antenne di 20 metri, ora invase da arbusti. Nel centro del campo delle antenne vi era un enorme trasmettitore, con cui gli scienziati studiavano i processi acustici nell’atmosfera. Ai bordi del campo vi erano gli edifici per i trasmettitori radio, la cabina di trasformazione e il laboratorio. “Sura” fu attivato nel 1981. L’installazione assolutamente unica ottenne dei risultati molto interessanti sul comportamento della ionosfera, compreso l’effetto della generazione aperta delle radiazioni a bassa frequenza nella modulazione delle correnti ionosferiche, denominato dal direttore dell’impianto “effetto Getmantsev”. “Sura” fu finanziato in gran parte dai militari, ma dopo il crollo dell’Unione Sovietica non fu più finanziato. Nei primi anni ’80, quando “Sura” venne attivato, furono osservate in cielo delle anomalie interessanti. Molti lavoratori videro strani bagliori, globi rosso-incandescente immobili o sfrecciare ad alta velocità nel cielo, erano luminescenti formazioni di plasma. “Sura” lavorava circa 100 ore all’anno, ma l’istituto non ebbe più finanziamenti per operare. Gli statunitensi conducevano esperimenti con l’HAARP per 2000 ore all’anno, cioè 20 volte tanto, per una spesa stimata in circa 300 milioni di dollari all’anno. I russi ne spendevano 40 mila…
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L’HAARP (Programma di ricerca attiva aurorale ad alta frequenza), fu avviato nella primavera del 1997 ad Hakon, Alaska. La struttura è composta da antenne radar dalle radiazioni incoerenti, dal diametro di venti metri, radar laser, magnetometri, computer per l’elaborazione del segnale e controllare il campo delle antenne. Il complesso era affidato ai “Laboratori Philips”, situati nella base dell’US Air Force di Kirtland, New Mexico, subordinati alla divisione armi astrofisiche e geofisiche del Centro di tecnologia spaziale dell’US Air Force. Il complesso di ricerca ionosferico (HAARP) sarebbe stato costruito per studiare la natura della ionosfera e sviluppare sistemi di difesa aerei e missilistici. L’HAARP non è l’unico negli Stati Uniti, vi sono due stazioni, a Porto Rico (vicino all’Arecibo Observatory) e l’altro, noto come HIPAS, in Alaska, vicino Fairbanks. Entrambe le stazioni sono simili all’HAARP. In Europa vi sono altri due gruppi di ricerca sulla ionosfera, in Norvegia, il radar EISCAT, presso Tromso, e lo SPEAR (Radar di ricerca attiva per l’esplorazione del plasma spaziale), nelle Svalbard. Gli altri sono a Vasilsursk (“Sura“); a Zmiev, regione di Kharkov (Ucraina) “Uran-1“; a Dushanbe (Tagikistan), sistema radio “Horizon” (2 antenne rettangolari verticali), e a Jicamarca (Perù).
Lo scopo principale di tali sistemi è lo studio della ionosfera, e la maggior parte di essi può stimolare piccole zone localizzate della ionosfera. L’HAARP si differenzia da questi complessi per l’insolita combinazione di strumenti di ricerca che permette di controllare le radiazioni su varie bande. L’HAARP ha presumibilmente una potenza di 3600 kW (la capacità esatta non è nota), l’EISCAT di 1200 kW e lo SPEAR di 288 kW. A differenza delle stazioni radio, che hanno trasmettitori fino a 1000 kW e antenne omnidirezionali, il sistema HAARP utilizza antenne a scansione trasmittenti altamente direzionali, in grado di focalizzare tutta l’energia irradiata in una piccola area. L’HAARP nel linguaggio diplomatico degli USA suona così: “Il progetto è anche oggetto di numerose teorie cospirative, compresa l’affermazione che HAARP sia un’arma climatica o geofisica“. Cioè, non confermiamo né smentiamo queste informazioni!
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Il terremoto in Giappone fu causato dal sistema HAARP?
US Air Force e US Navy fornirono una immagine di ciò che causò il terremoto (magnitudo 9,0), in Giappone alle 05:46:23 UTC dell’11 marzo 2011.
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Questo spettro (coordinate, frequenza e tempo) mostra la frequenza della radiazione registrata dal magnetometro ad induzione di HAARP. Il dispositivo dell’Università di Tokyo, cattura le modifiche nella gamma di frequenza ultra-bassa (ULF – Ultra Low Frequency), da 0 a 5 Hz, del campo magnetico terrestre (magnetosfera). Se si osserva lo spettrogramma dell’HAARP, è possibile vedere il momento in cui il terremoto si verificò (linea rossa verticale), e ciò che accadde prima e dopo. Sullo spettrogramma, si può vedere la luce costante alla frequenza di 2,5 hertz, registrata dal magnetometro. La frequenza del segnale di 2,5 hertz è una testimonianza del fatto che il terremoto fu indotto. Generalmente il segnale viene registrato prima, durante e dopo un terremoto. L’11 marzo 2011 la frequenza del segnale, 2,5 Hz, venne registrata dalle 00:00 fino a circa le 10:00, per 10 ore. Si sa che il terremoto in Giappone durò solo pochi minuti, quindi perché il segnale, la “firma” del terremoto (alla frequenza di 2,5 Hz), fu registrato fino alle 10 del mattino dell’11 marzo 2011? Perché il sistema HAARP emise un segnale (irradiato) ad una frequenza di 2,5 Hz, causando il terremoto in Giappone e il conseguente tsunami.
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Questa immagine mostra i sismogrammi di “Jakutskgeofizika” dell’11 marzo 2011, attivo nel sud-ovest della Jakutia. Il prima sismogramma si ebbe 2 minuti prima che l’onda del terremoto in Giappone (a 3000 km di distanza) raggiungesse l’osservatorio. La frequenza delle onde registrate in modalità di produzione, 15-90 Hz, e la frequenza delle onde del terremoto (secondo sismogramma) di 2,5 Hz. L’intensità della prima onda era così alta che la rilevazione del segnale fu completamente soppressa.
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Fonti:
Фомы
Город Змиев и его тайны. Часть первая. Оружие Змея Горыныча

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Carpeoro: a colpire Palermo non sarà la mafia, ma l’Isis-P1

Scritto il 25/10/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi


Se smarrisci la tua missione, poi ti riduci a essere un mero strumento di potere. Fino a mettere in atto il terrorismo, oggi travestito da “fondamentalismo islamico”. Ma, al di là degli esecutori, gli organizzatori risiedono nell’intelligence. Che a sua volta risponde a personaggi del massimo potere, interamente massonico. E’ la tesi del recentissimo libro “Dalla massoneria al terrorismo”, nel quale Gianfranco Carpeoro – già gran maestro della loggia “Serenissima”, del rito scozzese, nonché studioso di Giordano Bruno e grande esperto di simbologia – affronta il tema cruciale dell’attualità di oggi: la politica di rigore dell’élite finanziaria, imposta anche “con le cattive”, cioè gli attentati, per rispondere a una logica di puro dominio e sottomissione di Stati e popoli. Charlie Hebdo, Batalclan, Bruxelles, Nizza. Le stesse “firme”, leggibili da chi conosce il linguaggio esoterico, consentono di risalire ai veri mandanti. Che, secondo Carpeoro, oggi colpiscono con crescente ferocia perché stanno iniziando ad avere paura di perdere il loro potere, da quando settori dell’élite – lo si vede negli Usa, con l’appoggio alla candidatura Sanders – si sono sfilati dal super-vertice globalizzatore, in preda al delirio di onnipotenza e ormai pronto a tutto: forse anche a colpire l’Italia, a Palermo.
Tempo fa, Carpeoro aveva avvertito del possibile pericolo per il nostro paese, legato a una data particolare, il 10 agosto: «Dovete sapere che Federico II ebbe un ruolo di protettore dell’Islam, visto che fu protagonista dell’unica crociata che finì con degli accordi riguardanti la restituzione pacifica di Gerusalemme ai cristiani», racconta Carpeoro a Marcus Mason, che l’ha intervistato per il blog “Lo Sciacallo”. L’imperatore-esoterista, però, subito dopo la pace per Gersusalemme avviò una persecuzione violentissima contro gli islamici siciliani, sterminandoli: «Questa persecuzione culminò il 10 agosto del 1222, quando catturò i capi, lo sceicco e i due figli, decapitandoli in piazza a Palermo». L’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” conferma i suoi timori: «Prima o poi, qualcosa combineranno». Lo dice la logica, se si interpreta in chiave simbolica il corredo di informazioni attorno agli attentati in Francia e in Belgio, a partire dal massacro di Nizza il 14 luglio, data “sacra” per la massoneria progressista, vero “bersaglio” (tra gli altri) degli organizzatori dell’attentato. Poi la strage del Bataclan attuata il 13 novembre, giorno in cui i Templari messi al bando nel 1308 riuscirono a lasciare Parigi riparando in Scozia, dove contribuirono a fondare la massoneria moderna. E il doppio attacco a Bruxelles contro aeroporto e metropolitana, come a sottolineare il motto “così in cielo, come in terra”.
Quanto a Charlie Hebdo, parla la cronaca: indagini “seppellite” dal governo Hollande con l’imposizione del segreto militare dopo la scoperta, da parte della magistratura, della strana triangolazione che collegava il commando “jihadista” ai servizi segreti parigini, attraverso il trafficante belga che fornì loro le armi. Meccanismo che Carpeoro, nel suo libro, chiama “sovragestione”: esponenti del massimo potere utilizzano settori dell’intelligence per reclutare, all’occorrenza, anche dei kamikaze, a volte completamente all’oscuro del piano, a differenza di quanto avviene nella mafia, dove almeno è possibile risalire ai mandanti, una volta catturati i killer. «E’ Cosa Nostra che ha copiato il metodo. Se uno si va a studiare come agiva Cosa Nostra, può notare che gli anelli superiori li conoscevano. La caratteristica di questo protocollo dell’intelligence, invece, è quella che gli anelli bassi non conoscono nemmeno l’esistenza degli anelli superiori. Questi bombaroli si fanno esplodere senza conoscere i vertici che dirigono questo tipo di operazioni. Molti sono convinti di agire come autonomi».
“Sovragestione” non è sempre sinonimo di terrorismo: si tratta di una modalità di potere che collega elementi in apparenza lontani. Come Enrico Cuccia, ad esempio, a torto ritenuto «portabandiera della finanza laica», quando invece era di fede templarista: «Mediobanca era organizzata in capitoli templari e il Consiglio d’amministrazione era composto da 13 membri», racconta Carpeoro allo “Sciacallo”. Il gran capo «presenziava alle riunioni secondo una ritualità templare. Io sono in possesso della lettera che Cuccia scrisse a Romiti quando quest’ultimo fu inquisito, e vi posso assicurare che è una lettera templare al 100%». Il suo braccio destro, Raffaele Mattioli, contribuì alla ricostruzione dell’abbazia di Chiaravalle, alle porte di Milano, e chiese di esservi sepolto, «unico laico in un cimitero di frati». Nella lapide «è sdraiato con le mani incrociate, vestito da templare, con tanto di squadra e compasso». Templari, come quelli a cui ammiccherebbero gli “architetti” della strage del Bataclan? Cristiani “eretici”, nella doppia veste di monaci e guerrieri – allora, certo. Ma oggi?
«La gente dà poco peso ai simboli e ai miti», premette Carpeoro nell’intervista. «Nel medioevo spesso venivano raffigurati dei draghi: ciò non significa che bisogna credere ai draghi, ma ai dinosauri sì. Questo significa che le leggende e i miti hanno le loro radici da un archetipo, e l’archetipo è una storia vera, reale. Il ricercatore saggio sa decifrare questi simboli fino a coglierne il vero significato, senza fermarsi a un’analisi superficiale». Il suo libro parte dalla spiegazione di questi simboli, dei riti, e poi si snoda indagando la parabola di potere del network massonico, di cui Carpeoro non fa più parte. «La massoneria e la Chiesa cattolica raggiungono insieme l’apogeo: l’apogeo della Chiesa viene raggiunto nel medioevo con la costruzione delle grandi cattedrali, tramite la manovalanza dei massoni». Poi, le due entità parallele si ritrovano su fronti opposti, perché «la Chiesa diventa potere: cessa di essere conoscenza e potere, abbracciando unicamente il secondo». Lo dimostra la stessa soppressione dell’ordine dei Templari. «D’altro canto, la massoneria comincia a mettere in discussione i dogmi, rendendo per questo fragile la costruzione della Chiesa cattolica, che in quegli anni si fondava sul dogma».
Quello che ai più sfugge spesso – ma ora, libri come quello di Carpeoro contribuiscono a recuperare il gap di informazione – è il nesso profondissimo che lega il vertice del massimo potere ai simulacri della simbologia esoterica medievale. Dinamiche sempre parallele, che coinvolgono sia il mondo massonico che quello cattolico, ad esempio attraverso l’Opus Dei. «Lo scontro nacque perché la massoneria decise di prendere le difese dello gnosticismo: da quel momento la Chiesa comincia a scomunicare. E la massoneria diventa anticlericale, sbagliando, nella stessa misura in cui la Chiesa si proclamava antimassonica». Poi, però, ci fu una storica saldatura, a cominciare dal livello finanziario, come dimostrano le vicende di Calvi, Sindona e Gelli – su quest’ultimo, Carpeoro si sofferma a lungo, rivelando il ruolo della P2 nei tentativi di golpe di Italia, “sovragestiti” da una struttura-ombra che l’autore chiama P1. Grande burattinaio, un super-massone come il politologo statunitense Michael Ledeen, prima legato a Craxi e poi al suo demolitore, Di Pietro (oggi, si dice, a Matteo Renzi ma anche al grillino Luigi Di Maio). Già ai tempi di Craxi, ricorda Carpeoro, la “sovragestione” affondò le mani nella strategia della tensione, fino al caso Moro, nel quale Ledeen fu direttamente coinvolto, introdotto al Viminale come super-consulente di Cossiga.
Terrorismo e mondo arabo, già allora. Nel mirino, Craxi: amico dei palestinesi (che cercò di finanziare, anche attraverso Gelli) e poi di Moro, che tentò di salvare. Tutto inutile, la “sovragestione” aveva deciso altrimenti: Bettino in esilio ad Hammamet, Moro ucciso. E oggi? L’Italia gode ancora di una «protezione speciale da parte dell’Islam», dice Carpeoro. C’è chi ricorda del Conto Protezione, istituito in Svizzera da Craxi per sostenere Arafat. «Perciò l’Italia ha un po’ di benemerenza nei confronti degli islamici. E’ vero che esiste la sovragestione, ma anche questa non può non tener conto che gli italiani non sono odiati dagli arabi. Non come i francesi». Certo, «abbiamo la macchia della Libia, ma è pur vero che è una macchia sbiadita, a differenza del colonialismo francese e di quello che hanno fatto poi gli americani: pensate che Sarkozy ha voluto la morte di Gheddafi perché erano soci e aveva paura che questi potesse parlare». Quindi, «escluso il Vaticano, dove l’Isis ha minacciato di colpire, a meno di clamorosi scenari politici, se l’Italia non parteciperà ai giochi francesi e americani difficilmente verrà colpita». Se invece gli strateghi della “sovragestione” sceglieranno di devastare il nostro paese, Carpeoro scommette che gli stragisti vorranno «invocare una motivazione strumentalmente forte, come i fatti di Palermo del 1222», il fatidico 10 agosto.
(Il libro: Gianfranco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Uno Editori, 189 pagine, 13 euro).
Se smarrisci la tua missione, poi ti riduci a essere un mero strumento di potere. Fino a mettere in atto il terrorismo, oggi travestito da “fondamentalismo islamico”. Ma, al di là degli esecutori, gli organizzatori risiedono nell’intelligence. Che a sua volta risponde a personaggi del massimo potere, interamente massonico. E’ la tesi del recentissimo libro “Dalla massoneria al terrorismo”, nel quale Gianfranco Carpeoro – già gran maestro della loggia “Serenissima”, del rito scozzese, nonché studioso di Giordano Bruno e grande esperto di simbologia – affronta il tema cruciale dell’attualità di oggi: la politica di rigore dell’élite finanziaria, imposta anche “con le cattive”, cioè gli attentati, per rispondere a una logica di puro dominio e sottomissione di Stati e popoli. Charlie Hebdo, Batalclan, Bruxelles, Nizza. Le stesse “firme”, leggibili da chi conosce il linguaggio esoterico, consentono di risalire ai veri mandanti. Che, secondo Carpeoro, oggi colpiscono con crescente ferocia perché stanno iniziando ad avere paura di perdere il loro potere, da quando settori dell’élite – lo si vede negli Usa, con l’appoggio alla candidatura Sanders – si sono sfilati dal super-vertice globalizzatore, in preda al delirio di onnipotenza e ormai pronto a tutto: forse anche a colpire l’Italia, a Palermo.

Tempo fa, Carpeoro aveva avvertito del possibile pericolo per il nostro paese, legato a una data particolare, il 10 agosto: «Dovete sapere che Federico II ebbe un ruolo di protettore dell’Islam, visto che fu protagonista dell’unica crociata che finì con degli accordi riguardanti la restituzione pacifica di Gerusalemme ai cristiani», racconta Carpeoro a Marcus Mason, che l’ha intervistato per il blog “Lo Sciacallo”. L’imperatore-esoterista, però, subito dopo la pace per Gersusalemme avviò una persecuzione violentissima contro gli islamici siciliani, sterminandoli: «Questa persecuzione culminò il 10 agosto del 1222, quando catturò i capi, lo sceicco e i due figli, decapitandoli in piazza a Palermo». L’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” conferma i suoi timori: «Prima o poi, qualcosa combineranno». Lo dice la logica, se si interpreta in chiave simbolica il corredo di informazioni attorno agli attentati in Francia e in Belgio, a partire dal massacro di Nizza il 14 luglio, data “sacra” per la massoneria progressista, vero “bersaglio” (tra gli altri) degli organizzatori dell’attentato. Poi la strage del Bataclan attuata il 13 novembre, giorno in cui i Templari messi al bando nel 1308 riuscirono a lasciare Parigi riparando in Scozia, dove contribuirono a fondare la massoneria moderna. E il doppio attacco a Bruxelles contro aeroporto e metropolitana, come a sottolineare il motto “così in cielo, come in terra”.

Quanto a Charlie Hebdo, parla la cronaca: indagini “seppellite” dal governo Hollande con l’imposizione del segreto militare dopo la scoperta, da parte della magistratura, della strana triangolazione che collegava il commando “jihadista” ai servizi segreti parigini, attraverso il trafficante belga che fornì loro le armi. Meccanismo che Carpeoro, nel suo libro, chiama “sovragestione”: esponenti del massimo potere utilizzano settori dell’intelligence per reclutare, all’occorrenza, anche dei kamikaze, a volte completamente all’oscuro del piano, a differenza di quanto avviene nella mafia, dove almeno è possibile risalire ai mandanti, una volta catturati i killer. «E’ Cosa Nostra che ha copiato il metodo. Se uno si va a studiare come agiva Cosa Nostra, può notare che gli anelli superiori li conoscevano. La caratteristica di questo protocollo dell’intelligence, invece, è quella che gli anelli bassi non conoscono nemmeno l’esistenza degli anelli superiori. Questi bombaroli si fanno esplodere senza conoscere i vertici che dirigono questo tipo di operazioni. Molti sono convinti di agire come autonomi».

“Sovragestione” non è sempre sinonimo di terrorismo: si tratta di una modalità di potere che collega elementi in apparenza lontani. Come Enrico Cuccia, ad esempio, a torto ritenuto «portabandiera della finanza laica», quando invece era di fede templarista: «Mediobanca era organizzata in capitoli templari e il Consiglio d’amministrazione era composto da 13 membri», racconta Carpeoro allo “Sciacallo”. Il gran capo «presenziava alle riunioni secondo una ritualità templare. Io sono in possesso della lettera che Cuccia scrisse a Romiti quando quest’ultimo fu inquisito, e vi posso assicurare che è una lettera templare al 100%». Il suo braccio destro, Raffaele Mattioli, contribuì alla ricostruzione dell’abbazia di Chiaravalle, alle porte di Milano, e chiese di esservi sepolto, «unico laico in un cimitero di frati». Nella lapide «è sdraiato con le mani incrociate, vestito da templare, con tanto di squadra e compasso». Templari, come quelli a cui ammiccherebbero gli “architetti” della strage del Bataclan? Cristiani “eretici”, nella doppia veste di monaci e guerrieri – allora, certo. Ma oggi?

«La gente dà poco peso ai simboli e ai miti», premette Carpeoro nell’intervista. «Nel medioevo spesso venivano raffigurati dei draghi: ciò non significa che bisogna credere ai draghi, ma ai dinosauri sì. Questo significa che le leggende e i miti hanno le loro radici da un archetipo, e l’archetipo è una storia vera, reale. Il ricercatore saggio sa decifrare questi simboli fino a coglierne il vero significato, senza fermarsi a un’analisi superficiale». Il suo libro parte dalla spiegazione di questi simboli, dei riti, e poi si snoda indagando la parabola di potere del network massonico, di cui Carpeoro non fa più parte. «La massoneria e la Chiesa cattolica raggiungono insieme l’apogeo: l’apogeo della Chiesa viene raggiunto nel medioevo con la costruzione delle grandi cattedrali, tramite la manovalanza dei massoni». Poi, le due entità parallele si ritrovano su fronti opposti, perché «la Chiesa diventa potere: cessa di essere conoscenza e potere, abbracciando unicamente il
 
Carpeoro: a colpire Palermo non sarà la mafia, ma l’Isis-P1
la stessa soppressione dell’ordine dei Templari. «D’altro canto, la massoneria comincia a mettere in discussione i dogmi, rendendo per questo fragile la costruzione della Chiesa cattolica, che in quegli anni si fondava sul dogma».

Quello che ai più sfugge spesso – ma ora, libri come quello di Carpeoro contribuiscono a recuperare il gap di informazione – è il nesso profondissimo che lega il vertice del massimo potere ai simulacri della simbologia esoterica medievale. Dinamiche sempre parallele, che coinvolgono sia il mondo massonico che quello cattolico, ad esempio attraverso l’Opus Dei. «Lo scontro nacque perché la massoneria decise di prendere le difese dello gnosticismo: da quel momento la Chiesa comincia a scomunicare. E la massoneria diventa anticlericale, sbagliando, nella stessa misura in cui la Chiesa si proclamava antimassonica». Poi, però, ci fu una storica saldatura, a cominciare dal livello finanziario, come dimostrano le vicende di Calvi, Sindona e Gelli – su quest’ultimo, Carpeoro si sofferma a lungo, rivelando il ruolo della P2 nei tentativi di golpe di Italia, “sovragestiti” da una struttura-ombra che l’autore chiama P1. Grande burattinaio, un super-massone come il politologo statunitense Michael Ledeen, prima legato a Craxi e poi al suo demolitore, Di Pietro (oggi, si dice, a Matteo Renzi ma anche al grillino Luigi Di Maio). Già ai tempi di Craxi, ricorda Carpeoro, la “sovragestione” affondò le mani nella strategia della tensione, fino al caso Moro, nel quale Ledeen fu direttamente coinvolto, introdotto al Viminale come super-consulente di Cossiga.

Terrorismo e mondo arabo, già allora. Nel mirino, Craxi: amico dei palestinesi (che cercò di finanziare, anche attraverso Gelli) e poi di Moro, che tentò di salvare. Tutto inutile, la “sovragestione” aveva deciso altrimenti: Bettino in esilio ad Hammamet, Moro ucciso. E oggi? L’Italia gode ancora di una «protezione speciale da parte dell’Islam», dice Carpeoro. C’è chi ricorda del Conto Protezione, istituito in Svizzera da Craxi per sostenere Arafat. «Perciò l’Italia ha un po’ di benemerenza nei confronti degli islamici. E’ vero che esiste la sovragestione, ma anche questa non può non tener conto che gli italiani non sono odiati dagli arabi. Non come i francesi». Certo, «abbiamo la macchia della Libia, ma è pur vero che è una macchia sbiadita, a differenza del colonialismo francese e di quello che hanno fatto poi gli americani: pensate che Sarkozy ha voluto la morte di Gheddafi perché erano soci e aveva paura che questi potesse parlare». Quindi, «escluso il Vaticano, dove l’Isis ha minacciato di colpire, a meno di clamorosi scenari politici, se l’Italia non parteciperà ai giochi francesi e americani difficilmente verrà colpita». Se invece gli strateghi della “sovragestione” sceglieranno di devastare il nostro paese, Carpeoro scommette che gli stragisti vorranno «invocare una motivazione strumentalmente forte, come i fatti di Palermo del 1222», il fatidico 10 agosto.

(Il libro: Gianfranco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Uno Editori, 189 pagine, 13 euro).


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faccio una rettifica al post dell autore....... craxi afferma che se ledeen era il traduttore tra lui e la casa biance,, qualcosa nei servizi segreti nn andava.....craxi diffidava di ledeen......mettiamo i puntini.....
 

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