Per favore, ditemi che è una bufala del web

Ticinonline
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non e' una bufala del web, e' un patetico argomento antigrillino da campagna elettorale che occuperebbe la vetta della mia personale classifica degli escrementi elettorli prodotti dalla stampa pdpdiellina negli ultimi giorni, se non fosse stato prontamente surclassato dalla clamorosa notizia, pubblicata dal Corsera in prima pagina, di Di Battista che parcheggia sul marciapiede. E si badi che non sono grillina nemmeno per sbaglio.
Fosse per me le mense scolastiche le abolirei di brutto e le sostituirei con la schiscetta preparata a casa. Punto. Cosi' la si fa finita almeno in questo campo con la spazzatura da manuale di psicologia da bancone dell' Ipercoop. Ho sul muro del salotto una foto della scuola elementare di mio padre, classe 1936. C'erano bambini ben vestiti con grembiulino e fiocco al collo, bambini cosi' cosi' e bambini vestiti col maglioncino passato attraverso tre fratelli piu' grandi e ridotto a un blocco di feltro. Mio padre era uno di questi. All'epoca le differenze sociali si evidenziavano, per esempio, dal fatto che i bimbi benestanti la maestra li rimproverava dolcemente mentre quelli poveri li prendeva a sganassoni. Mio padre e' venuto su allegro, energico e ambizioso, e nella sua classe, dove ce n'erano di piu' poveri di lui (e all'epoca povero voleva dire morto di fame, letteralmente) nessuno e' finito suicida, delinquente o ricoverato in un reparto psichiatrico. I bambini possono tranquillamente sopravvivere senza il dolce a tavola. Quello che fa loro male e' vivere in una societa' in cui succhiano attraverso il latte materno il dogma che la poverta' e' vergogna, che si e' quello che si ha e si puo' comprare. Proteggere i bambini dalla realta' si puo', forse, ma di certo non si possono proteggere gli adulti, e scaricare degli invertebrati illusi che viviamo in un mondo di uguali, in cui la diseguaglianza e' combattuta e in cui tutti hanno le stesse opportunita' e lo stesso trattamento, in un mondo in cui niente di tutto cio' e' vero, completamente indifesi e impreparati, significa fare il loro male, non il loro bene. Chi si scandalizza delle differenze di menu' in mensa un giorno potrebbe dover spiegare ad un diciottenne pieno di illusioni che all'universita' non ci puo' andare, che non puo' farsi la vacanza all'estero con gli amici, che per il futuro che lo aspetta i posti migliori sono gia' presi.
Forse sarebbe il caso di abituarlo da piccolo a vedere le cose in una prospettiva un po' diversa, una prospettiva in cui anche se gli altri bimbi ti prendono in giro perche' ti porti la merendina da casa tu non per questo vali di meno...
 
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Sono anche parole condivisibili. Se non ché siamo nel 2014 e i nostri bambini di oggi sono bambini del nostro tempo e non del 1936 e che, per quanto uno si sforzi, in famiglia, di allattarli a latte, valori e quant'altro, oggigiorno, la loro "educazione" in senso amplissimo, passa anche attraverso ambiti sociali diversi e variegatissimi e attraverso la TV.

E poi parlare di pranzo portato da casa, oggi, è anche quella una cosa irrealizzabile: la società, le famiglie, le persone, sono tutte diverse da 50 anni fa (e, oserei dire, per alcuni versi, per fortuna).
E, credimi, anche se si potesse fare, sorgerebbero confronti, differenze ecc ecc anche con il pranzo portato da casa.

Sul futuro dei bambini di oggi, qui, in questo paese, sono pessimista peggio di te.

La scuola pubblica per me è sacrosanta e deve essere inclusiva, mai e poi mai esclusiva. Si sopravvive senza dolce a tavola? Concordo! Allora leviamolo da tutti i menu. Evidenziare le differenze sociali, perché? Perché fare preferenze?
:help:

Nell'altra IV della scuola di mia figlia, c'è un bambino straniero (tra i tanti) All'inizio dell'anno si è formato, in tutto l'IC un coro comprensivo di ragazzi dei tre anni delle medie del Comprensorio e delle IV e V elementari sempre del Comprensorio.
Inizialmente era a pagamento: 60 euro il primo mese, 45 i successivi.
Questo bambino non si è iscritto.
Dopo 3 mesi, si è trovato uno "sponsor" e il tutto è diventato gratis.
E lui è arrivato.
E in men che non si dica, si è fatto notare per un talento straordinario. Han cantato nel teatro più grande di BS, a Milano, han vinto una competizione provinciale e lui sempre con le parti da solista, in IV. Uno dei più piccoli.
Il padre non parla la nostra lingua, non ha l'auto. Non ha niente.

La scuola ha fatto il suo dovere e ha dato anche al bambino in questione la possibilità di accedere a qualcosa nella quale non solo è bravissimo, ma è il più bravo. Sta valorizzando un talento, sta dicendo a questo bambino: "Tu puoi, come gli altri". Io lo so che poi il futuro suo (e di quasi tutti gli altri) sarà grigissimo, ma occorre togliergli il sogno di poter avere accesso a tutto il mondo che ha davanti fin da piccolo solo perché ha meno denaro di altri?

Non conta il dolce a mensa, o il coro a pagamento. Conta l'idea di scuola pubblica che vogliamo avere.
La mia, l'ho detto, è di INCLUSIONE.
 
E poi faccio mia, una frase di Rodari:
"Vale la pena che un bambino impari piangendo quel che può imparare ridendo?"
 

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