PER OGNi PROBLEMA COMPLESSO,C'E'SEMPRE UNA SOLUZIONE SEMPLICE!!! (1 Viewer)

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olly®

DIO E'DONNA!!!
....certo che i pacifisiti vanno in cerca di cOLLYoni cazzzo....e prorpio nel posto più pericoloso del pianeta....:wall::wall::wall:
 

FrankBanfi

Nettuno
Ricordo che a partire da oggi sarà chiuso il mercato trading after-hours in vista della festività del 2 giugno prossimo. :-o
 

PILU

STATE SERENI
giorno a tutti ... come va ? todo bien ? mentre qualcuno ha il coraggio di chiedersi se BP può sopravivere al casino che sta combinando ... pochi o nessuno si stanno relamente chiedendo cosa succederà nel nostro povero mondo se le cose non verranno risolte realmente ... intanto ...

mi sa che il pesce diventerà merce rara nei prossimi anni ... chi lo vorrà mangiare .. dovrà accontentarsi di mangiarselo .. magari con un contorno incluso di petrolio ...:wall::wall::wall:


Emergenza in Louisiana

Un «cappuccio» per fermare il petrolio

In mare 2,2 milioni di litri al giorno: tutti i nuovi piani contro la strage di animali

Emergenza in Louisiana
Un «cappuccio» per fermare il petrolio
In mare 2,2 milioni di litri al giorno: tutti i nuovi piani contro la strage di animali
WASHINGTON - È andato tutto storto. Sin dall’inizio. Sedici ore dopo l’esplosione del 22 aprile sul grande pozzo nel Golfo del Messico le autorità della Louisiana ricevono una telefonata. A chiamarli Carlos Moreno, un impiegato della Bp che li rassicura: non c’è alcun pericolo per le coste. Una delle tante bugie che hanno segnato l’Armageddon petrolifera, una battaglia affrontata dalla compagnia inglese con molta improvvisazione. Strano per una realtà — quella americana — dove fin dal liceo ti insegnano che serve un piano B. Invece si è scoperto che la Bp non aveva neppure quello A. Non solo. I sondaggi condotti dopo le prime settimane mostravano una grande fiducia nella tecnologia. Sì, è un disastro — dicevano gli intervistati — ma poi arriva la cavalleria. Invece la cavalleria deve ancora lanciare la carica decisiva. Al punto che lo stesso presidente Obama ha ammesso, usando un’altra classica espressione, che non c’è la «pallottola d’argento» per fermare la marea nera.
Falliti i primi due tentativi gli strateghi della Bp — si fa per dire — hanno considerato altre 4 ipotesi. Temporanee e tutte da verificare. In queste ore è scattato il piano C che prevede l’uso di una cappa più piccola che possa poi convogliare il greggio in superficie. Ma, come tutti avvertono, non è sicuro che funzioni. E serviranno comunque molti giorni per capirlo. Intanto il greggio continua a uscire alla «velocità» di 2,2 milioni di litri al giorno. Ripetendo alla noia che l’incidente è «senza precedenti» e dunque servono alternative, i tecnici hanno in mente un piano D: taglieranno la pipeline danneggiata, quindi cercheranno di applicare un «sigillo» collegato a un tubo per trasferire il petrolio su navi in attesa. Se dovesse fallire si passa al piano E: l’inserimento di una seconda «valvola» che blocchi la fuoriuscita. Un esperimento, quest’ultimo, che ha però sollevato i dubbi di qualche esperto. Intanto una seconda squadra è pronta alla preparazione di un pozzo di emergenza. È il piano F. La costruzione è iniziata il 2 maggio, quindi è stata sospesa per permettere l’inserimento – poi andato male – della cappa. Ora riprenderà la costruzione ma serviranno settimane prima che il pozzo sia completato.
Grande confusione anche sul contenimento in superficie della marea nera. Le autorità della Louisiana hanno chiesto la realizzazione di barriere di sabbia per proteggere le paludi, ma di nuovo si sono levate voci contrarie. Ci vuole troppo tempo e saranno pronte quando ormai la macchia nera avrà invaso la costa. Perplessità sull’isola artificiale, la cui costruzione è stata autorizzata pochi giorni fa, che dovrebbe fare da scudo. Poi timori — seri — per i solventi. Ne hanno già versati 3,3 milioni di litri: a giudizio degli ecologisti possono avere un impatto negativo. Tolgono il greggio, ma contaminano a loro volta. E nella disperata ricerca su cosa fare si è guardato anche a chi ha sperimentato scenari analoghi. I russi, ad esempio, hanno suggerito il ricorso alle atomiche sostenendo di averlo fatto negli anni Settanta. Un rimedio improponibile, ma che comunque ha destato attenzione. Nella commissione di cinque saggi recatisi nella zona del disastro c’era anche Richard Garwin, uno scienziato protagonista delle ricerche che hanno dato agli Usa la bomba all’idrogeno. Altri hanno esaminato quanto fatto dai messicani nel 1979 al largo di Playa del Carmen dopo l’inabissamento di una piattaforma. Lì sono riusciti a «domare» il greggio con i robot dopo dieci mesi di lavoro, ma avevano il vantaggio di operare a profondità ridotte – 52 metri – e non a quota meno 1.500. In queste ore drammatiche l’emergenza tecnica si lega a quella ambientale ed economica. I primi bollettini parlano del decesso accertato nelle prime cinque settimane di 300 uccelli marini, 200 tartarughe e 19 delfini. Ma è un bilancio al ribasso. E con l’arrivo della stagione degli uragani il greggio sarà trasportato molto all’interno con ulteriori ferite sull’ecosistema.

In tanti guardano al presente e futuro con gli occhi della disperazione. Le 27 mila persone della Louisiana legate all’industria ittica temono il tracollo. Un settore che risponde al 40% della domanda sul mercato americano per quanto riguarda ostriche, granchi, gamberi. Gli effetti già si avvertono in questo fine settimana lungo. Oggi è il Memorial Day. Le pescherie del Maryland, a pochi chilometri da Washington, hanno già aumentato i prezzi. Un piccolo segnale di quanto siano lunghi gli effetti dell’onda nera. Basta un dato: i quattro settori economici della regione – pesca, turismo, energia e navigazione – hanno prodotto ogni anno 234 miliardi di dollari. Difficile dire se potranno farlo anche in futuro.
 

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