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???????? giornalai ? setta massonica ? mafia finanziaria ? boh


"Il Russiagate? Per ora sono solo cazzate". A rivelarlo è John Bonifield, producer della Cnn, poche ore dopo la bufera mediatica che si è abbattuta sull'emittente che ha ammesso l'infondatezza dell'articolo sui presunti legami con il Cremlino di Anthony Scaramucci, membro italo-americano del team di transizione dell'amministrazione Trump.


"Il Russiagate serve soltanto a drogare gli ascolti", ammette Bonifield a Project veritas, il sito di controinformazione conservatore diretto da John O'Keefe.
L'intervista, ovviamente, è rubata
. E il producer della Cnn dice candidamente che è tutta una montatura. Bullshit, appunto.

Alla Cnn sono già iniziate a saltare le prime teste.
Non appena è venuto fuori che lo scoop sui legami tra Scaramucci e i russi altro non sia che una fake news,
l'autore del servizio Thomas Frank (già candidato al premio Pulitzer),
Eric Lichtblau (ex giornalista del New York Times e premio Pulitzer nel 2006) e
Lex Haris, capo del nuovo team investigativo della Cnn di Atlanta, hanno lasciato l'emittente.

Ma la figuraccia non finisce qui. Come riporta Dagospia, Project veritas ha pubblicato una lunga intervista (rubata)
a Bonifield in cui parla dell'ordine impartito dai vertici della Cnn a tutti i giornalisti di trovare materiale contro Donald Trump
"a qualunque costo" e, soprattutto, "senza preoccuparsi di prendere cose false con cose vere".
Un ordine di batteria, insomma. "Avete fatto un ottimo lavoro coprendo gli accordi sul clima... -
avrebbe detto il ceo della Cnn durante una riunione di staff - ora però torniamo alla Russia". Il motivo?
"Così aumentano gli ascolti...", ammette lo stesso Bonifield.

Il pezzo della Cnn, che si è rivelato una bufala, citava una fonte anonima secondo cui
la commissione Intelligence del Senato stava indagando sui rapporti di Scaramucci con un fondo di investimento russo legato a una banca controllata dal Cremlino.
Il pezzo pare non sia stato controllato dallo staff legale e dal team di fact checking dell'emittente prima della pubblicazione aggirando,
quindi, le procedure standard per la verifica dei fatti.

Secondo quanto rivelato dallo stesso Bonifield al sito Project veritas, l'unico interesse dell'emittente amnericano è di andare contro Trump:
pompare il Russiaget per delegittimarlo agli occhi dell'opinione pubblica.
"Potrebbero essere cazzate. Anzi - ammette non sapendo di essere registrato - al momento si tratta in gran parte di cazzate.
Non abbiamo alcuna grande prova (sul Russiagate, ndr)".
E ancora: "Penso che il presidente (Trump, ndr) abbia ragione quando dice che è in corso una caccia alle streghe contro di lui".
 
Il rank degli atenei italiani si scala anche a colpi di … tette.
Almeno così pensano le studentesse dello storico Politecnico di Milano tornate a postare su Spotted,
la pagina Facebook ufficiale degli studenti del PoliMi, quella dove di solito qualche timido ingegnere che si è invaghito a lezione di una bella alunna
cerca disperatamente di sapere come si chiama, una serie di istantanee con magliette sollevate fino a mostrare un quarto di seno.
Le scritte? Hashtag semplici che altro non sono che pegni d’amore verso il proprio ateneo.

Il 20 giugno 2017 è tornato a fare capolino il petto semiscoperto di una bella fanciulla con un pennarello posizionato con maestria sotto un seno.
La scritta: “Quando devi portarti la penna in giro ma non hai voglia di usare l’astuccio”.
Tempo qualche ora e arriva la seconda foto, identica alla prima, ma chiaramente con seni e penna differenti (qui viene retto magistralmente un pennarello del Politecnico).
Ancora mezza giornata e la sfida si arricchisce di un’altra foto di una ragazza che allarga la nudità fin sotto l’ombelico e questa volta il seno trattiene una card del PoliMi.
A margine dei commenti degli utenti, a dire il vero tutti molto composti da veri universitari di prestigio, ecco apparire la lunga sequela di hashtag di sfida: #unimi #unicatt #bocconi #bicocca.

Già perché lo stesso tormentone social era avvenuto sempre tra gli atenei milanesi a colpi di foto quasi osè a gennaio 2017.
Con l’Hashtag #Escile, ovvero mostra le tue tette, vagamente ispirati alla bella Virginie Caprice che sul seno (coperto)
amava scrivere i risultati di diversi match sportivi, ecco battersi a colpi di scatti fotografici dapprima una studentessa Bocconi contro una del Politecnico,
poi via via anche le colleghe più restie della Statale, della Cattolica (è buffo davvero vedere una foto con due prosperosi seni e sopra scritto “ICATT” e un cuoricino), e della Bicocca.

Una febbre da esposizione social che ha coinvolto perfino i maschietti che con un #Escilo hanno cominciato a postare foto di pancette e gambucce con in mezzo colorati boxer.

Il tutto senza sfiorare minimamente le regole etiche imposte da Zuckerberg. Che geni questi universitari.
 
Buongiorno a tutti:)
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Questo è lo schifo odierno.
Soldi a iosa per i clandestini.
Impossibilità di eliminare la fauna che devasta.
Cavilli burocratici che negano rimborsi a chi subisce e lavora....in silenzio.

«È un danno enorme, quello subito dagli agricoltori lariani, per colpa di una burocrazia insensibile ai bisogni di chi tutti i giorni manda avanti tra sacrifici enormi la propria azienda».

A parlare è il presidente della Coldiretti Como-Lecco, Fortunato Trezzi,
dopo la “bocciatura” dell’erogazione ad alcuni imprenditori agricoli del nostro territorio,
dei rimborsi per le devastazioni subite a causa dello sviluppo incontrollato dagli animali selvatici.

Regione Lombardia — spiega la Coldiretti lariana —, dopo aver ricevuto le segnalazioni da parte delle aziende, e fatto i propri controlli,
ha poi stanziato dei fondi per risarcire tutti gli imprenditori che hanno subito danni da animali selvatici.
Peccato che non sia andata proprio così — continua l’associazione agricoltori —, visto che sono stati bocciati i rimborsi per un cavillo burocratico.

«Alle aziende agricole — continua Trezzi — è stato chiesto di integrare la documentazione già presentata, con un’autocertificazione di dati già in possesso della Pubblica Amministrazione.
Ricordo male o la legge sulla semplificazione impedisce ad un ente di chiedere una documentazione già in suo possesso?
Tra l’altro, quanto richiesto non è neppure necessario, visto che, a nostro parere, non si tratta di un aiuto di Stato bensì di un rimborso per danni.
È un cane che si morde la coda: un problema grave che rischia di mettere in ginocchio, se non far chiudere, aziende agricole che lottano ogni giorno
per essere efficienti e competitive sul mercato, e che per un paradosso burocratico si trovano a non ricevere quanto gli spetta per legge;
che, peraltro, non copre neanche lontanamente le spese di ripristino del danno».

Gli agricoltori lariani — continua Coldiretti — operano tutti i giorni combattendo i danni da fauna selvatica,
che nelle provincie di Como e Lecco ammontano a circa un milione di euro negli ultimi 13 anni.
A testimoniarlo, Emilio Curioni, allevatore 52enne di Barni: «I cinghiali e i mufloni hanno completamente “arato” il mio campo, che costituisce l’unico cibo per i miei bovini.
Sono stanco di combattere tutti i giorni con gli incartamenti e alla fine non ricevere in cambio nulla.
È una vergogna, noi agricoltori non riusciamo più a lavorare per colpa degli animali selvatici e di una burocrazia killer».

A fargli eco, anche Marco Fontanella, 53 anni, allevatore di Cermenate:
«Altro che sovvenzioni, riceviamo solo parole. Io ho avuto un campo seminato a soia di 6 ettari circa, che coltivo per nutrire i miei animali,
completamente devastato da un’invasione di piccioni, e non riceverò alcun indennizzo.
Ora mi chiedo: questi soldi stanziati, dove sono finiti, visto che non me li danno?».
 
Una coppia di coniugi napoletani, lui di 51 anni e lei di 37, è stata protagonista di un clamoroso episodio la notte di domenica 26 giugno.

Dopo una serata trascorsa insieme ai rispettivi genitori e suoceri, l'uomo è uscito di casa fingendo di avere un impegno improrogabile con alcuni amici.
E proprio a casa di uno di loro avrebbe trascorso la notte, secondo quanto raccontato alla moglie.

In realtà la sua intenzione era ben diversa: andare a prostitute in piazza Garibaldi, come era sua abitudine fare da qualche tempo.
Peccato che per un imprevisto l'uomo abbia cambiato destinazione, trovando niente meno che la moglie.

Nicola S., 51enne della periferia orientale di Napoli, aveva la sua solita "strana" idea: voleva godere della compagnia di una delle prostitute che frequentano piazza Garibaldi, di cui era cliente abituale.
Ma per motivi ancora da chiarire si è spostato in via Gianturco, una strada bazzicata da molte squillo nigeriane e anche da qualche italiana.

Avvicinatosi al marciapiede al volante della sua macchina, ha abbassato il finestrino per contrattare una prestazione con una delle prostitute presenti.
E lì la sorpresa: mai si sarebbe aspettato di trovarsi davanti sua moglie (Clara T.), vestita con una striminzita minigonna, tacchi a spillo e l'immancabile borsetta.

Immediata la reazione dell'uomo, che è sceso dalla macchina e ha aggredito verbalmente la consorte.
Dopo un'accesissima discussione il marito è passato dal piano verbale a quello fisico, strattonando e malmenando la 37enne.
Immediato l'intervento della polizia, chiamata da alcuni passanti che non avevano avuto il coraggio di intervenire.

La vicenda, per quanto grave e per certi versi squallida, non ha mancato di suscitare l'ilarità dei conoscenti delle vittime.

In base agli elementi raccolti dai poliziotti, non era la prima volta che la donna andava in strada a vendere il suo corpo.
Colpa delle difficoltà economiche in cui versava la famiglia.
 
Eheheheh

Preso dal raptus della passione, un autista dell'azienda di trasporto pubblico di Como
ferma il bus di linea a lato della strada per appartarsi con una passeggera sui sedili posteriori.

Una scelta poco saggia che gli è costata una denuncia per interruzione di pubblico servizio e una multa per atti osceni in luogo pubblico.

L'episodio si è verificato nei giorni scorsi.
A scoprire la scena hot è stato un maresciallo dei carabinieri che ha notato l'autobus fermo
a lato della strada con le frecce accese, mentre rincasava dopo il turno di lavoro.

Il militare si è preoccupato, pensando a un guasto o a un malore del conducente.
Si è così avvicinato al mezzo, ha bussato ai finestrini del bus, l'autista si è alzato da uno dei sedili dei passeggeri rassicurandolo con un "Va tutto bene".

Ma la verità è venuta fuori poco dopo, quando si è alzata anche la donna rivelando il motivo della sosta improvvisata.
 
Ora le notizie serie

Se nel recente passato a Washington era la Clinton Foundation a godere delle maggiori donazioni da parte dei governi stranieri
e delle più importanti società del mondo finanziario e industriale – George Soros compreso – la sconfitta elettorale di Hillary Clinton
ha drasticamente cambiato le carte in tavola: a beneficiare maggiormente di questo riposizionamento è il senatore repubblicano John McCain e il suo McCain Institute.

È infatti il Presidente della Commissione dei Servizi Armati del Senato Usa, rivale e concorrente del presidente Donald Trump,
il nuovo beniamino di Soros e degli altri donatori liberal, un tempo devoti alla famiglia Clinton. A darne notizia è un’inchiesta del Daily Caller.

L’inaspettata sconfitta alle ultime elezioni presidenziali e i vari scandali legati alle e-mail hanno affossato i conti della Clinton Foundation:
poche settimane dopo l’esito delle elezioni, infatti, le donazioni da parte dei governi stranieri sono calate dell’87%
mentre quelle dal settore industriale e dalle società private sono diminuite del 37%.

Una notizia devastante per i Clinton, segno inequivocabile del declino della loro influenza politica.
 
Ufficialmente il, «McCain Institute for International Leadership» è un think tank con sede a Washington, che agisce in collaborazione con l’Arizone State University.

La sua mission è «promuovere la leadership basata sulla sicurezza, l’opportunità economica, la libertà e i diritti umani negli Stati Uniti e in tutto il mondo».

L’istituto è stato fondato nel 2012 e intitolato al senatore dell’Arizona John McCain, già candidato per il partito repubblicano alle elezioni del 2008.
La lista dei maggiori donatori, tuttavia, è incredibilmente simile a quella della Clinton Foundation
:
a investire sul think tank del senatore troviamo il magnate e presidente della Open Society Foundations George Soros,
Sir Evelyn e sua moglie Lynn Forester de Rothschild e la società di consulenza Teneo.
Quest’ultima è stata fondata da Doug Band, socio di lunga data della famiglia Clinton ed ex consigliere del presidente Bill Clinton.

1 milione di dollari dall’Arabia Saudita
Non solo enti privati e presunti «filantropi» alla corte di McCain.
Oltre a loro, anche i governi che prima sostenevano con importanti donazioni la Clinton Foundation ora puntano tutto sul senatore dell’Arizona e sulla sua fondazione.
Tra questi c’è, per esempio, l’Arabia Saudita: dopo aver finanziato per il 20% la campagna elettorale di Hillary Clinton,
Riyad ha elargito una donazione da 1 milione di dollari in favore del McCain Institute che lo stesso senatore si è rifiutato di commentare.

I governi stranieri non sono autorizzati a finanziare direttamente i politici americani ma possono usare l’escamotage delle fondazioni
e degli enti no-profit per far arrivare a destinazione i fondi e sperare di influenzare la politica americana.

“Un conflitto d’interesse reale”

Negli Stati Uniti, tuttavia, non tutti apprezzano questo modus operandi adottato da alcuni esponenti politici come Hillary Clinton e John McCain.
Secondo Craig Holman di Public Citizen, ente no-profit che si occupa dei diritti dei consumatori e monitora le attività di lobbying, intervistato dal Daily Caller,
«si tratta di un conflitto d’interesse reale. Quello del McCain Institute è un modello simile a quello della Clinton Foundation,
in cui i governi e interessi stranieri donano un sacco di soldi nella speranza di acquisire influenza politica».

Con queste donazioni il peso politico e l’influenza esercitata da John McCain sono in crescita.
Per Trump, con il quale il senatore non ha mai avuto un buon rapporto, si tratta di una pessima notizia.
 
Non so. Sarà fanta politica la mia. Ma una riflessione me la porto dietro.

L'ho sempre scritto. L'Italia, gli Italiani, non sono il classico popolo bue europeo.
E' riconosciuto da tutti. Noi "abbiamo idee" "sappiamo inventare" e per questo
diamo fastidio. A chi ? A tanti.

Non entriamo nella politica nostrana. Lì di bue o finti bue ce ne sono tanti.
Ma nel settore economico.

Prima ci hanno tolto la sovranità monetaria, con la possibilità di svalutare e vendere sui mercati europei
anche contrastando il prodotto cinese ;

Poi - indirettamente - limitato nella nostra attività di acquisizione di partnership nel settore energetico
tipo caos Libia e cancellazione oleodotto ;

Poi hanno colpito il settore esportazione - specialmente i prodotti agricoli ed il settore mobili verso la Russia - mercato in crescita a doppia cifra ;

Ora ci inondano di migranti proprio nel periodo di maggior afflusso turistico, i primi barconi stanno entrando nei porti turistici,
le prime barchette sbarcano migranti, per lo più clandestini, sulle spiagge.

Aggiungiamo una persona residente a Roma che mi lascia perplesso su certe iniziative e penso che il giochino
sia ben oliato. Mi sa che presto qualcuno verrà a tirarci le orecchie e ci dirà che serve "un controllo esterno".

Ed allora il gioco sarà fatto.
 
Tutto il versante dell’inchiesta Consip che vede indagati da un lato il magistrato e Federica Sciarelli
e dall’altro gli investigatori del Noe è segnato da una costante:

il rischio che ogni passo sia riletto alla luce dei “sospetti di vicinanza” a Renzi.

Il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette potrebbe essere trattenuto dall’intervenire sui militari del Noe perché ogni provvedimento sarebbe letto come vendetta.

Al Csm temono che ogni scelta su Woodcock possa essere ricondotta al fatto che il vicepresidente Giovanni Legnini è esponente del Pd

e che dallo stesso partito viene Beppe Fanfani, presidente della prima commissione, a cui sono strati trasmessi gli atti ( secretati) della Procura di Roma relativi al pm.

Non a caso, Fanfani ha già fatto sapere che si asterrà dallo svolgere funzioni di correlatore sulla pratica aperta nei confronti di Woodcock.

Ora gli stessi timori di generare equivoci potrebbero indirizzare anche la scelta del nuovo procuratore di Napoli.
La partita è tra Giovanni Melillo e Federico Cafiero de Raho.
Sul secondo pesa, come “handicap”, il fatto di avere un figlio che nel capoluogo campano svolge la professione di avvocato.
Il primo, che sembrerebbe in vantaggio, è però stato capo di Gabinetto al ministero della Giustizia con Renzi premier.
 

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