Privatizzazione Banca d'Italia -INTERESSANTE osservazione

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Forumer storico
La dittatura finanziaria totalitaria prossima ventura.

Pubblicato 8 dicembre 2013 - 19.27 - Da Claudio Messora



Comincia così, con un regalo da 420 milioni di euro annui ai banchieri e una proposta che, se accettata, ci condannerà ad essere più simili alla Grecia e molto meno alla Francia, alla Germania e all’Inghilterra, la reale dittatura finanziaria totalitaria che, più della democrazia o più di qualsiasi presa del potere attraverso le armi, caratterizza i tempi che ci apprestiamo a vivere e a lasciare in eredità ai nostri figli. Se non avremo la forza di combattere.
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Un articolo di Piero Valerio per Byoblu.com da leggere a piccoli sorsi, soffermandosi sulla comprensione del significato e soprattutto della portata di ogni parola, perché se non facciamo neppure lo sforzo di capire, prendendoci tutto il tempo che ci serve, allora che sia fatto di noi ciò che si vuole, e “più non dimandiamo“.

1. LA BANCA D’ITALIA
In quanto aderente al sistema SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) della BCE, Banca d’Italia è un’autorità monetaria completamente autonoma ed indipendente dal governo, perché in base ai trattati europei e al suo statuto non può finanziare direttamente lo Stato italiano tramite scoperti di conto di tesoreria, acquisto diretto di titoli del debito pubblico o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia. Inoltre, nessun politico o ministro italiano può influire sulle scelte di politica monetaria della Banca d’Italia o può chiedere conto e ragione, in parlamento o in altre sedi, dell’operato del Consiglio superiore o del governatore dell’istituto. La situazione opposta, invece, è incredibilmente ammessa, come conferma la lettera inviata il 5 agosto del 2011 da Trichet e Draghi al governo Berlusconi. L’unico obiettivo di Banca d’Italia, in linea con quello della BCE, è il mantenimento di un tasso annuo di inflazione prossimo al 2%, mentre l’istituto non si assume alcuna responsabilità né per quanto riguarda la disoccupazione né la crescita economica in generale, lasciando che siano il governo e il parlamento con la sola leva fiscale e tributaria a doversi fare carico della soluzione di questi problemi. Tranne l’elezione del governatore, che avviene su esplicita proposta e indicazione del Consiglio superiore della banca centrale (articolo 17 dello Statuto), i politici non hanno alcuna influenza nelle attività strettamente tecniche o istituzionali di Bankitalia.
Laproprietà della banca centrale è al 95% privata, anche se l’istituto viene ipocritamente definito di diritto pubblico, perché si è appropriato giuridicamente di un’attività regolamentata per legge: l’emissione della moneta (sotto forma di banconote e riserve bancarie). Siccome noi siamo obbligati per legge dal corso forzoso ad accettare l’euro come moneta di stato, la Banca d’Italia, che ha l’esclusivo privilegio di emettere le banconote e le riserve elettroniche in euro, malgrado la sua proprietà e funzione privatistica ha acquisito negli anni una chiara posizione dominante nell’assolvimento di un diritto pubblico. I banchieri privati si sono gradualmente, con il tacito consenso o l’approvazione unanime di tutti i politici, impossessati di un istituto giuridico pubblico, la moneta, cercando di ricavarne nel corso del tempo un maggiore profitto privato. E visto che un’istituzione o è pubblica (nel senso che non è orientata ai profitti ma a garantire un diritto della cittadinanza) o è privata (nel senso che antepone il raggiungimento del profitto al benessere dei cittadini), Bankitalia da questo punto di vista è un ente assolutamente privato, perché antepone il profitto dei suoi azionisti banchieri (inflazione bassa, dividendi, prestiti agevolati agli amici della cricca) a quello dei cittadini (occupazione, bassa tassazione, regolarità del credito a famiglie e imprese). Tuttavia, questo esproprio di fatto della funzione monetaria un tempo subordinata al governo democratico, fino ad oggi veniva quantomeno ricompensato versando gran parte degli utili di gestione alle casse dello Stato (e per come viene gestita oggi una banca centrale, gli utili sono sempre assicurati, mentre è praticamente impossibile avere delle perdite). Da oggi invece, tramite la scandalosa proposta di trasformare Banca d’Italia in una public company, anche gran parte di questi utili verranno veicolati verso gli azionisti bancari privati.

2. I PROFITTI DEI BANCHIERI PRIVATI
Ma vediamo nel dettaglio cosa si nasconde dietro questa incredibile truffa legalizzata, spulciando il documentoredatto da tre consulenti di Banca d’Italia (uno dei tre relatori è il famigerato ex-presidente del consiglio fantoccio della Grecia Lucas Papademos, governatore della banca centrale ellenica ai tempi dei trucchi di bilancio organizzati insieme a Goldman Sachs per fare rientrare il paese nei parametri di Maastricht: con un consulente così siamo in una botte di ferro!!!). Innanzitutto partiamo dall’assetto proprietario attuale, che è diviso in quote fittizie per un valore complessivo del capitale sociale simbolico di €156.000, di cui Banca Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali insieme detengono quasi il 60% del totale. Il fatto che si sia creata una tale concentrazione di capitale sociale in pochi grandi gruppi dipende dal processo di trasformazione e fusioni successive avvenute nel sistema bancario italiano a partire dai primi anni novanta.
In base alle rispettive quote e al valore nominale delle stesse, secondo quanto disposto dall’articolo 39 dello Statuto, i dividendi dovuti agli istituti finanziari e assicurativi privati ammonterebbero al 10% dell’intero capitale sociale, ovvero a soli €15.600. Tuttavia i banchieri sono già riusciti in passato ad inserire un comma all’articolo 40 dello Statuto, secondo cui oltre ai risibili dividendi figurativi di cui sopra, spettano agli azionisti privati altri dividendi aggiuntivi pari ai profitti degli investimenti del valore massimo del 4% delle riserve detenute nell’anno precedente (per il 2012 l’aliquota è stata piuttosto bassa, 0,5%, che tradotta in soldoni equivale a €70 milioni regalati alle banche). Il resto dell’utile netto (€2,5 miliardi nel 2012) viene invece ripartito fra accantonamenti a riserve statutarie (€1 miliardo) o girato direttamente al ministero del Tesoro (€1,5 miliardi). Considerando che l’utile lordo è stato di poco superiore a €7 miliardi e sottratta la quota versata in anticipo al fondo rischi generali, ciò significa che lo Stato incassa all’anno all’incirca altri €2 miliardi di tasse sugli utili. E in totale si tratta di €3,5 miliardientrati nelle casse dello Stato nel 2013. Una bella somma, che giustifica le enormi pressioni dei banchieri sul governo per accaparrarsi una fetta molto più grande del bottino. Dato il contesto istituzionale e politico favorevole (dall’inizio della crisi del 2011 i banchieri sono riusciti ad infiltrare nei governi tecnici Monti e Letta una quantità considerevole di propri dirigenti, affiliati e simpatizzanti) e la situazione di emergenza in cui versa l’Italia, era chiaro che fosse arrivato il momento di sferrare l’attacco decisivo.


3. LA TRUFFA LEGALIZZATA
La proposta dei banchieri è la rivalutazione del capitale sociale, ricalcolato in base ai flussi di reddito che esso genera, il quale si collocherebbe in un intervallo compreso fra i €5 e €7,5 miliardi. Questi soldi verrebbero spostati contabilmente dalle riserve di Banca d’Italia, prendendo a pretesto il fatto che le banche per 14 anni di fila non hanno sfruttato fino in fondo le potenzialità dell’articolo 40, utilizzando sempre un valore di riserve investite inferiore al 4%. Come dire, non solo lo Stato ha fatto annualmente un regalo alle banche (i 70 milioni di euro di cui sopra), ma adesso i banchieri pretendono pure di farci pesare la colpa che il gentile omaggio non fosse all’altezza delle loro aspettative. Inoltre verrebbe fissato un limite del 5% alle quote possedute da ogni singolo azionista e a coloro che, adesso o in futuro, dovessero ritrovarsi con quote in eccesso, verrebbe concesso un periodo di tempo prestabilito per sbarazzarsene, vendendole ad “investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo” (definizione generica che significa tutto e niente, ma che alla fine si ridurrebbe a privilegiare i ben noti colossi finanziari mondiali “too big to fail”, tipo Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Barclays, Deutsche Bank e così via).
In pratica si verrebbe a creare un vero e proprio mercato internazionale delle quote di Banca d’Italia, difficile se non impossibile da gestire e monitorare (se Goldman Sachs acquisisce o scala un altro azionista, chi si deve prendere la briga di obbligarla a cedere le sue quote in eccesso?), a cui potrebbero accedere soltanto gli istituti finanziari abilitati ed autorizzati (come avviene oggi con il consorzio degli “specialisti” in acquisto di titoli di stato). In nessun altro contesto internazionale, in cui la banca centrale è in tutto o in parte controllata dai privati, esiste un mercato regolamentato delle quote di partecipazione al capitale di una banca centrale, dato che queste ultime rappresentano ovunque una semplice certificazione azionaria fittizia che non può essere trasferita, venduta, prestata, acquistata. L’Italia sarebbe all’avanguardia in questo settore, visto che il progetto in questione prevede chiaramente che le quote siano “facilmente trasferibili e in grado di attrarre potenziali acquirenti”.
La smania di incentivare l’arrivo di capitali esteri ha contagiato pure uno dei settori in cui la presenza straniera non è affatto necessaria (gli stranieri sanno per caso “stampare” le banconote meglio di noi? O azionare i computers dei funzionari della banca centrale in maniera innovativa?) e creerebbe invece dei paradossi difficilmente risolvibili senza innescare infiniti intoppi diplomatici ed istituzionali: cosa succederebbe se un giorno Banca d’Italia diventasse interamente di proprietà straniera? Potrebbero istituti finanziari esteri pretendere tutto l’oro e il patrimonio accumulato da Banca d’Italia in passato, grazie soprattutto ai privilegi di gestione concessi dallo Stato italiano?

Il patrimonio di Banca d’Italia è pubblico o privato?

Non sono stati gli italiani e il loro ligio rispetto della lex monetae di Stato a garantire a Banca d’Italia di incrementare nel tempo le sue proprietà e ricchezze?
Un ginepraio inestricabile, che giustifica il fatto che nei paesi più civili ed evoluti del mondo la proprietà della banca centrale è interamente pubblica e anche nei casi di proprietà privata, nessuno ha mai osato tanto quanto gli italiani oggi in termini di privatizzazione e apertura ai mercati esteri.

4. COME FUNZIONA?
Se la ridefinizione dell’assetto proprietario di Bankitalia venisse attuata in tempi brevi, consentirebbe al governo e ai banchieri di raggiungere tre importanti obiettivi in un colpo solo:
il governo incasserebbe una tassauna tantum sulle plusvalenze della rivalutazione pari a circa €1,5 miliardi, utile a coprire il mancato gettito per il 2013 dell’IMU sulla seconda casa;
migliorerebbe la situazione patrimoniale dei disastrati istituti bancari italiani in vista degli stress test che la BCE condurrà per tutto il 2014;
i banchieri avrebbero annualmente maggiori dividendi complessivi, che finirebbero alle banche private azioniste (italiane e straniere).
Analizzando tuttavia un punto alla volta questo programma, ci si accorge ben presto che ogni passaggio equivale ad un guadagno certo per i banchieri e ad una perdita netta per noi cittadini.
a) la tassa una tantum
Lo Stato incasserà subito €1,5 miliardi, da utilizzare soltanto per un anno a copertura di un mancato gettito, privandosi però per tutti gli anni futuri di un sicuro introito derivante dalle tasse e dalla redistribuzione degli utili di Banca d’Italia. E’ lo stesso tipo di errore che si commette quando si vogliono utilizzare i proventi delle privatizzazioni (un asset strategico in conto capitale che produce rendimenti certi) per abbattere magari debiti di medio e breve periodo (che invece, in una logica di contabilità spicciola, dovrebbero essere ridotti utilizzando le entrate in conto corrente). In questo modo, una volta abbattuto tutto o parte di quel debito, lo Stato si ritroverebbe senza unasset, senza un rendimento certo, e senza essere neppure riuscito ad estirpare la vera causa da cui si originava quel buco di bilancio, che qualora dovesse riaprirsi avrebbe ora minori possibilità di essere rimarginato. Perché non solo lo Stato avrà un patrimonio minore a garanzia di quel nuovo debito ma anche meno entrate nel suo conto economico per equilibrare le uscite e le eventuali perdite di esercizio. In un paese normale, la necessità di reperire €1,5 miliardi tramite Banca d’Italia si sarebbe risolta in un’altra maniera, molto più immediata e indolore per le tasche dei cittadini: la rinazionalizzazione a costo zero dell’istituto, la rivalutazione del capitale sociale a €7 miliardi e l’incasso delle tasse sulle plusvalenze direttamente da Banca d’Italia. Inoltre, ogni volta che si fanno questo tipo di operazioni avventate, bisognerebbe quantomeno fare un confronto fra i rendimenti attivi dell’asset che si vuole privatizzare (che possono essere anche figurativi, come i mancati costi di affitto di un edificio pubblico) e gli interessi passivi del debito che si vuole ridurre. Se i primi sono superiori ai secondi, la privatizzazione non ha alcun senso, perché conviene pagare gli interessi passivi e incassare annualmente la quota marginale di profitto. Cosa che sta puntualmente accadendo con il fallimentare e scandaloso piano di privatizzazioni del governo Letta chiamato beffardamente “Destinazione Italia”, che toglierà allo Stato asset strategici, rendimenti certi dell’ordine del 7%, per ripagare una parte minima del montante di debito (circa €12 miliardi), da cui scaturiscono mediamente interessi passivi del 4%. Ogni anno quindi lo Stato perderà il 3% di quei €12 miliardi, ovvero €360 milioni, che dovrà recuperare mettendo altre tasse o facendo altri tagli ingiustificati alla spesa pubblica sociale.








La dittatura finanziaria totalitaria prossima ventura. | Byoblu.com
 
Passaparola - La svendita della Banca d'Italia - Lucio di Gaetano

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"Le quote della Banca di Italia che dovevano passare allo Stato potranno essere vendute e potranno essere vendute a soggetti stranieri purché comunitari. [avevo letto Comunisti ... invece che Bildelberg]
Insomma, viviamo già oggi in un Paese che conta poco nel sistema europeo delle banche centrali, immaginate quanto potrà contare se la sua banca centrale sarà di proprietà degli stranieri!" Lucio Di Gaetano
Il Passaparola di Lucio di Gaetano, ex-dipendente Banca d'Italia

"Sono Lucio Di Gaetano, nella vita mi sono sempre occupato di banche, per cinque anni ho lavorato in Banca di Italia, per altri sette ho lavorato nel settore privato e ora faccio il consulente di azienda.
Sono qui per parlarvi della fregatura che il governo Letta, di nascosto, mentre si dichiarava la decadenza di Berlusconi ha fatto a danno di tutti gli italiani, attraverso il decreto sulla rivalutazione delle quote della banca di Italia, per avere 900 milioni di Euro senza sforare il tre per cento del deficit.
Ne regaleremo 450 all’anno agli azionisti della Banca di Italia, che come sapete sono privati.
Ma facciamo un passo indietro, perché la banca di Italia nella governance ha azionisti privati?

Perché c’è questa situazione da mondo di Oz dove un istituto di diritto pubblico è partecipato da banche private che sono detenute da fondazioni controllate dai partiti?
La Banca di Italia nasce nel 1893 ed è completamente detenuta da azionisti privati, all’epoca si usava così.
Nel '26 il governo fascista la pubblicizza e espropria i suoi azionisti. [az... dobbiamo ritornare tutti fascisti!]

Successivamente le quote del capitale della Banca di Italia vengono cedute alle banche, nel frattempo pubblicizzate a causa della crisi degli anni '30.

Nel '93, a seguito della crisi finanziaria il governo Amato concepisce un mostro giuridico, la privatizzazione delle banche italiane mediante l'attribuzione delle loro quote di controllo alle fondazioni nominate dai partiti.
Il grosso del capitale viene quotato in borsa e di conseguenza oggi ci troviamo nell’azionariato della Banca di Italia, banche che agiscono con logiche di soggetti privati.
Per fortuna il mostro in passato è stato in qualche modo limitato, perché? Perché la ripartizione degli utili prodotti dalla Banca di Italia è sempre stata riservata in minima parte ai suoi azionisti privati, non più dello 0,5 per cento delle riserve, che ammontano più o meno a 22 miliardi di Euro. Per cui anni buoni e anni cattivi non hanno consentito agli azionisti di prendere più di 50 - 70 milioni di Euro all’anno dal capitale della Banca di Italia, che non si è mosso dalla cifra originaria di 156 mila Euro con cui era stato valorizzato.
Nel 2005 il governo Berlusconi fa per miracolo una legge giusta e stabilisce che le quote nel capitale della Banca di Italia, detenute da soggetti non pubblici debbano passare entro tre anni allo Stato.
Sono passati otto anni e quella legge è rimasta inattuata.

Il 27 novembre notte tempo, mentre il Parlamento dichiara la decadenza di Berlusconi e tutti i cittadini sono distratti, Saccomanni fa una clamorosa marcia indietro, con un decreto legge stabilisce che la Banca di Italia non sarà più destinata a diventare un istituto di diritto pubblico detenuto dallo Stato, ma una public company, ovvero una società a azionariato diffuso con azionisti tutti privati.

Inoltre, il capitale della Banca di Italia passerà dagli attuali 156 mila Euro a 7,5 miliardi di Euro, con un forte vantaggio patrimoniale per tutti partecipanti, che saranno obbligati a pagare una imposta, per di più agevolata, del 12%, e avranno, poi, tutto il tempo per eseguire l’obbligo di vendita della quota eccedente il 5% eventualmente detenuta, con una fortissima plusvalenza.





E torniamo alla fregatura di cui parlavamo all’inizio, la cosa più importante è che fino a oggi la Banca di Italia non poteva distribuire un utile superiore al 10% dell’attuale capitale sociale, di 156 mila Euro, più una quota delle riserve, che per prassi non superava mai lo 0,5 per cento all’anno.
Nel progetto del governo Letta questo limite viene alzato al 6% del nuovo capitale sociale di 7,5 miliardi di Euro, vale a dire ben 450 milioni di utili distribuibili all’anno.
Non è cosa di poco conto, perché se i grandi banchieri possono brindare a champagne i cittadini non hanno proprio nulla da festeggiare! Quei 450 milioni, se non fossero dati ai banchieri privati andrebbero dritti nelle casse dello Stato. Come è stato fino a oggi.



Ma non finisce qui, anzi la fine è peggio dell’inizio, perché un’altra incredibile novità di questo magnifico progetto è che le quote della Banca di Italia che dovevano passare allo Stato potranno essere vendute e potranno essere vendute a soggetti stranieri purché comunitari.
Insomma, viviamo già oggi in un Paese che conta poco nel sistema europeo delle banche centrali, immaginate quanto potrà contare se la sua banca centrale sarà di proprietà degli stranieri!
Interessa? Passate parola.
Clicca qui per approfondire l'argomento della settimana testo di Lucio di Gaetano
Grazie a Piero Ricca per la collaborazione.
Blog di Beppe Grillo - Passaparola - La svendita della Banca d'Italia - Lucio di Gaetano
 
Passaparola - La svendita della Banca d'Italia - Lucio di Gaetano

Nel 2005 il governo Berlusconi fa per miracolo una legge giusta e stabilisce che le quote nel capitale della Banca di Italia, detenute da soggetti non pubblici debbano passare entro tre anni allo Stato.
Sono passati otto anni e quella legge è rimasta inattuata.

Il 27 novembre notte tempo, mentre il Parlamento dichiara la decadenza di Berlusconi e tutti i cittadini sono distratti, Saccomanni fa una clamorosa marcia indietro, con un decreto legge stabilisce che la Banca di Italia non sarà più destinata a diventare un istituto di diritto pubblico detenuto dallo Stato, ma una public company, ovvero una società a azionariato diffuso con azionisti tutti privati.







Ma non finisce qui, anzi la fine è peggio dell’inizio, perché un’altra incredibile novità di questo magnifico progetto è che le quote della Banca di Italia che dovevano passare allo Stato potranno essere vendute e potranno essere vendute a soggetti stranieri purché comunitari.

Grazie a Piero Ricca per la collaborazione.
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Saccomanni vuol vendere Bankitalia alla Merkel

Un decreto obbliga a cedere quote e apre a investitori esteri. E i tedeschi sono in pole position





Francesco Forte - Dom, 08/12/2013 - 18:22




commenta


Stiamo svendendo la Banca d'Italia alla Germania? Stiamo quindi svendendo a Berlino la nostra riserva aurea di 92 miliardi di euro e 66 miliardi di valute pregiate e la nostra quota del 18% nella Banca Centrale Europea, quella del 3,24% nel Fondo Monetario e il controllo sui 145 miliardi di euro di circolazione monetaria in Italia? Il drammatico interrogativo si pone leggendo nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 2013 n.

Saccomanni vuol vendere Bankitalia alla Merkel - IlGiornale.it
 
Caso Banca d’Italia: è meglio per Letta un uovo una tantum rispetto a una gallina ogni anno?

il vantaggio di breve periodo rischia di diventare una perdita nel lungo periodo”. Ma perché il Governo ha optato per questo strumento attraverso un decreto? Beh di certo non per favorire i suoi cittadini, ma “di sicuro per evitare che si dispieghino gli effetti negativi della legge n. 262 del 2005, mai attuata,


Caso Banca d?Italia: è meglio per Letta un uovo una tantum rispetto a una gallina ogni anno? | Rischio Calcolato
 
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A Enrico LETTA


Recupero sovranità Banca d'Italia.


<ol class="inline less-space petition-creator-badge">
Lanciata da
Bernardo Agus
Cagliari, Italy

</ol>




Importante per il recupero della sovranità monetaria dell'Italia.

Questa azione è importante per il rischio concreto di conversione in Legge del Decreto Legge 133 del 30 Novembre 2013 dove si chiede l'abrogazione del comma 10 dell'articolo 19 della Legge 262 del 28 Dicembre 2005.
Ove passasse questa conversione in Legge si abrogherebbe quell'articolo dove lo Stato italiano si impegnava entro il 2008 a recuperere il pieno possesso delle quote della Banca d'Italia che oggi sono al 95% in mano alle banche private.


A:
Enrico LETTA, presidente Consiglio
Laura BOLDRINI, presidente Camera
Pietro Grasso, Presidente Senato
Fabrizio SACCOMANNI, ministro ECONOMIA E FINANZE
Luigi CASERO, viceministro ECONOMIA E FINANZE
Stefano FASSINA, viceministro ECONOMIA E FINANZE
Pier Paolo BARETTA, sottosegretario ECONOMIA E FINANZE
Alberto GIORGETTI, sottosegretario ECONOMIA E FINANZE
Roberto SPERANZA, capogruppo Pd camera
Renato BRUNETTA, capogruppo Pdl camera
Roberta LOMBARDI, capogruppo M5S camera
Giancarlo GIORGETTI, capogruppo Lega camera
Lorenzo DELLAI, capogruppo Scelta Civica camera
Pino PISICCHIO, capogruppo Gruppo Misto camera
Luigi Zanda, capogruppo Pd senato
Renato SCHIFANI, capogruppo Pdl senato
Vito CRIMI, capogruppo M5S senato
Massimo BITONCI, capogruppo Lega senato
Mario MAURO, capogruppo Scelta Civica senato
Loredana DE PETRIS, capogruppo Gruppo Misto senato

Premesso che è passato in un silenzio assordante il fatto che la Banca d'Italia anziché rimanere un soggetto pubblico ha visto invece ridurre la partecipazione (ergo capacità decisionale) dello Stato fino a ridursi ad un ruolo di Cenerentola al 5,67%;
premesso che la Legge 262/05 determinava il rientro delle quote detenute dalle banche private allo Stato e che questa Legge dello Stato è tuttora inapplicata;
premesso che è del tutto evidente il fallimento delle politiche monetarie dei Popoli in mano a banchieri privati che con l'assurda pretesa del pareggio di bilancio e dunque volendo fare passare l'idea che uno Stato sovrano deve essere gestito come una società di capitali;
premesso che i governi di qualsivoglia composizione politica si sono sempre mostrati accondiscendenti ai voleri dei potentati bancari internazionali;
premesso che la perdita della sovranità monetaria, regalata ad un soggetto privato quale la BCE, determina di fatto che il governo italiano è un governo senza portafoglio e che i primi ministri assomigliano sempre più ad amministratori delegati di un gigantesco consorzio di banche private con sede a Francoforte (leggi BCE);
premesso che questa perduta sovranità monetaria è causa di milioni di posti di lavoro persi, decine di milioni di nuovi poveri e di una quantità quotidiana di suicidi,

tutto ciò premesso

si diffidano le Presidenze di Camera e Senato nonchè i Deputati e Senatori del Parlamento italiano a dare immediata attuazione al comma 10 dell'articolo 19 della Legge 262 del 28 Dicembre 2005 dove recita:
"Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici."
Inoltre si diffida a NON convertire in Legge il comma 4 dell'articolo 6 del decreto legge 133 del 30 Novembre 2013 che vuole l'abrogazione del comma 10 dell'articolo 19 della Legge 262 del 28 Dicembre 2005.

Cordiali saluti,





firmate anche voi al petizione
http://www.change.org/it/petizioni/...um=email&utm_campaign=petition_message_notice
 
L’ORO DEPOSITATO PRESSO LA BANCA D’ITALIA ( oltre 2500 tonnellate) VALUTATO A 30 EURO AL GRAMMO, VALE OLTRE 75 MILIARDI DI EURO CHE VOGLIONO REGALARE AD ABRAMO BAZOLI, ALESSANDRO PROFUMO E A UNICREDIT ( che finirà in mani tedesche). CONTRO QUESTA ABERRANTE CRIMINALITA’ ECONOMICA SERVE UNA NUOVA NORIMBERGA. di MASSIMO MORIGI, ANTONIO de MARTINI e di quanti vorranno aderire



L?ORO DEPOSITATO PRESSO LA BANCA D?ITALIA ( oltre 2500 tonnellate) VALUTATO A 30 EURO AL GRAMMO, VALE OLTRE 75 MILIARDI DI EURO CHE VOGLIONO REGALARE AD ABRAMO BAZOLI, ALESSANDRO PROFUMO E A UNICREDIT ( che finirà in mani tedesche). CONTRO QUESTA ABE


Per spiegare la oscena realtà che si cela dietro il proposito di rivalutazione della quote della Banca d’Italia, che è stato bocciato dalla BCE, solo poche righe.
Tramite questo provvedimento squinternato verrebbe rivalutato il capitale sociale di Bankitalia finora gestito fiduciariamente al 95% dalle banche italiane ex pubbliche (valore attualmente segnato nei bilanci al prezzo di 156.000 euro).

Il decreto mira a tramutarlo da quota di partecipazione con valore simbolico a quota proprietaria ( da segnarsi a patrimonio) rapportata al valore reale della Banca d’Italia, valore reale rappresentato dai diritti di signoraggio e dalle sue riserve auree raccolte da sei generazioni di Italiani.
Questo significa, in pratica, che il popolo italiano ( NOI) non sarebbe più il possessore delle riserve auree della Banca d’Italia ma lo diverrebbero gli istituti di credito che “partecipano” al suddetto “aumento” di capitale : detto in altre parole, si tratta di un furto ai danni del popolo italiano per sostenere con una semplice scrittura contabile la tradizionale sottocapitalizzazione delle banche italiane.
Ma non siamo di fronte al solito esempio di malcostume della nostra vita pubblica.
Questo tentativo di furto dell’oro della banca d’Italia non è l’ennesimo scandalo politico ma, molto più semplicemente, il più grande crimine contro il nostro paese e il nostro popolo compiuto da quando ha raggiunto la sua unità; un crimine che per la sua gravità suona come il preannuncio della dissoluzione di ogni parvenza di legittimità democratica per l’attuale sistema politico oligarchico ed instaura, de facto, uno stato di eccezione (o meglio, lo conferma, perché la decisione della Consulta im merito all’incostituzionalità dell’attuale legge elettorale già deligittimava tutto il sistema politico uscito dalle ultime elezioni) e richiama l’esigenza di istituire un tribunale speciale tipo Norimberga per giudicare questi disegni criminosi. In attesa che la magistratura si muova con il suo riconosciuto senso dello Stato e leggendaria tempestività e che il dibattito politico riesca a produrre una decisione in merito alle coppie di fatto (o che scelga, à la carte, quale sia il migliore sistema elettorale) rimaniamo attivi e fiduciosi nella reazione degli italiani.
fate circolare questa notizia e mandate la vostra adesione a [email protected] per organizzare una manifestazione in occasione della prossima assemblea della Banca d’Italia che si terrà a fine maggio. Vogliono gli azionisti ? Ebbene, ci saremo.
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