Macroeconomia Quale Futuro per le banche?

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Ritieni, allora, che i 100 miliardi di euro indicati da Tremonti siano un obiettivo raggiungibile? Ovviamente il rientro non dalla sola Svizzera.
 
è presunzione..sparare una cifra qualsiasi

l`altra volta mi sono stupito di quanto poco rientro`

dipende anche dal mood politico dei prossimi mesi

basterebbe una dichiarazione di obama che blocca...chesso`

la copertura dei dollari di provenienza caraibi..ma è fantascienza...

quanti Treasury bonds gestiscono caraibi e ch??????????
 
Hai ragione :).
Staremo a vedere nei prossimi mesi, di positivo c'è che i politici ticinesi sono molto allarmati.
Reclamano contromisure.
 
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IL COMMENTO

UNA PARTITA DELICATA PER LA SVIZZERA

ALFONSO TUORIl Consiglio federale sarà chiamato nei prossimi giorni a prendere una decisione estremamente difficile sulla vertenza che oppone UBS alle autorità fiscali americane.


Si tratterà di valutare se privilegiare gli interessi della grande banca e le buone relazioni con gli Stati Uniti oppure il segreto bancario e la piazza finanziaria elvetica.

Come era prevedibile e come abbiamo già scritto, l’intero Paese è divenuto «ostaggio» di questa vertenza, in cui le autorità fiscali statunitensi chiedono ad UBS di ottenere i dati di 52 mila clienti americani sospettati di evasione fiscale.



Questo giudizio è confortato dai termini del compromesso ancora in discussione a Washington, che sono stati svelati dalla stampa domenicale. Secondo la NZZ am Sonntag, l’accordo prevederebbe la trasmissione a Washington dei dati di 5.000 clienti americani della banca.


Il domenicale della Neue Zürcher Zeitung specifica che questi dati verrebbero consegnati alle autorità americane solo dopo il prossimo 23 settembre, in modo da dare tempo di sfruttare il programma dell’Internal Revenue Service che promette condizioni di favore e soprattutto esclude incriminazioni penali per quei contribuenti americani che hanno evaso il fisco e che si autodenunceranno appunto entro il prossimo 23 settembre.


Questa soluzione permetterebbe, da un canto, a UBS di spingere i propri clienti a «confessare» l’evasione, evitando loro possibili guai penali e, dall’altra, di sostenere che sono stati trasmessi i dati solo dei clienti che volevano regolarizzare la loro posizione fiscale.


Questo «escamotage» equivarrebbe ad un’altra pesante sconfitta per il nostro Paese.


Infatti il Consiglio federale sta rinegoziando i trattati sulla doppia imposizione fiscale sulla base del principio che scambierà informazioni non solo in caso di frode fiscale, ma anche di evasione quando la richiesta di un Paese è sostenuta da fondati sospetti.


Berna esclude quindi che possano essere condotte le cosiddette «fishing expedition», ossia che un Paese straniero possa chiedere i dati bancari di un cittadino senza disporre di alcun sospetto concreto oppure possa chiedere i dati di tutti i propri cittadini che hanno un conto bancario in Svizzera o sono i beneficiari economici di società costituite in Svizzera.

Quest’ultimo caso costituisce l’essenza della richiesta delle autorità americane.


Quindi, piegarsi a questa pretesa vuol dire contravvenire a quanto il Consiglio federale aveva deciso lo scorso 13 marzo e soprattutto infliggere un colpo «mortale» al segreto bancario.
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Per questi motivi l’indispensabile consenso del Consiglio federale non è affatto scontato. E ciò traspare chiaramente dalle scarne dichiarazioni rese ieri da Eveline Widmer-Schlumpf, la quale ha detto che occorre verificare se i termini dell’intesa con le autorità americane non violino le leggi svizzere in materia di segreto bancario.


Dunque le dichiarazioni di soddisfazione espresse venerdì scorso sono apparse un po’ frettolose.



Ora il Consiglio federale, che con i propri esperti ha partecipato direttamente alle trattative e che ha trasformato la questione in un affare che riguarda il complesso delle relazioni tra i due Paesi, si trova in un vicolo cieco ed è chiamato a prendere una decisione che avrà notevoli conseguenze per il nostro Paese. $
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Infatti su un piatto della bilancia occorrerà mettere gli interessi della piazza finanziaria elvetica e di un segreto bancario già ridimensionato dopo la decisione dello scorso 13 marzo, che verrebbero pesantemente penalizzati da un accordo di questo genere.


Sull’altro piatto della bilancia occorrerà valutare le conseguenze di una condanna di UBS non solo sul futuro della banca, ma anche sui negoziati sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che oggi vengono condotti nell’ambito del G20 e sotto l’egida dell’OCSE.


Sebbene sia impossibile prevedere quale sarà l’esito di questa partita, si possono comunque fare alcune considerazioni. In primo luogo la Svizzera non può continuare ad essere «ostaggio» di UBS e delle sue disastrose avventure americane.


In questa sede si è sempre sostenuto che la Confederazione non poteva continuare ad identificare i propri interessi con quelli della maggiore banca svizzera. Ciò valeva e vale anche a livello economico.


L’istituto continua ad essere «malato»: domani presenterà i conti del secondo trimestre che si chiuderanno con una perdita di almeno un miliardo di franchi.


Ma ciò non sarà l’atto finale delle difficoltà di UBS, che dallo scoppio della crisi finanziaria ha già denunciato più di 50 miliardi di franchi di perdite, che ha trasferito alla Banca nazionale svizzera poco meno di 40 miliardi di titoli tossici e che ha già dovuto procedere a quattro aumenti di capitale per complessivi 42 miliardi.


Un istituto indipendente parigino, l’AlphaValue, ha calcolato che UBS ha bisogno di altri 13,9 miliardi di franchi per risanare il proprio bilancio e addirittura di 20 miliardi se la crisi finanziaria dovesse peggiorare.


Ma c’è di più.


Il danno di immagine di UBS è stato enorme e la banca continua a soffrire di un deflusso di capitali, come ha ammesso lo stesso Oswald Grübel, che dall’inizio dell’anno guida l’istituto. Il risultato finale della gestione di Marcel Ospel è di aver trasformato una formidabile macchina capace di macinare utili su utili in un istituto che realizza utili operativi insufficienti ad assorbire nuove eventuali perdite.

Quindi il futuro di UBS è comunque incerto indipendentemente dall’esito della vertenza giudiziaria negli Stati Uniti.
La seconda considerazione riguarda la posizione internazionale della Svizzera in un mondo che è profondamente cambiato a causa della crisi finanziaria.

Quest’ultima ha messo in rilievo la fragilità della nostra alleanza con Lussemburgo, Austria e Belgio tesa a difendere il segreto bancario.

La Svizzera deve ritrovare il suo posto nel consesso delle nazioni per difendere i propri interessi economici, che non sono solo quelli della piazza finanziaria.


In quest’ottica sarebbe opportuno, come sollecitano alcuni banchieri, sgombrare il campo da questa questione che avvelena i nostri rapporti con diversi Paesi, proponendo la formula adottata nel trattato sulla tassazione del risparmio firmato con l’Unione europea, in cui di fatto si statuisce che il segreto bancario serve a difendere la privacy e non a favorire l’evasione fiscale, e che a tale scopo la Svizzera riscuote le imposte che riversa ai Paesi interessati.

Occorre dunque un ripensamento strategico del nostro Paese, che è però reso molto difficile dai tempi stretti della vertenza americana di UBS.
 
corriere del ticino on line,oggi
IL COMMENTO

E ADESSO ASPETTIAMO I DETTAGLI

MARIO TETTAMANTIL’ autorità fiscale americana e UBS hanno trovato e siglato un accordo che pone fine al delicato contenzioso fiscale ed evita così alla grande banca svizzera di trovarsi in tribunale con l’accusa di aver aiutato clienti americani ad evadere il fisco statunitense.
In realtà, ma è giusto ricordarlo, l’accordo raggiunto ieri non è tra uno Stato e una banca privata. Come è stato dichiarato da UBS stessa in un comunicato in cui si ringrazia il Consiglio federale dell’aiuto prestato, ad accettare l’accordo da parte svizzera è stata la cordata UBS-Consiglio federale con, aggiungiamo noi, l’assistenza e la «benedizione» dell’Associazione svizzera dei banchieri. A questo proposito è molto significativo il comunicato del Dipartimento federale di giustizia in cui si afferma testualmente che «i dettagli sull’intesa saranno forniti solo dopo la firma da parte dei Governi svizzero e americano».
Viste le forze in campo, è inevitabile che l’accordo preveda, da parte svizzera, alcune dolorose concessioni. È pure molto probabile che le concessioni non siano di carattere pecuniario a carico di UBS (che ha già versato 780 milioni di dollari per placare gli animi del fisco americano) ma siano di carattere legale concernenti l’istituto del segreto bancario elvetico. A questo punto il compito più difficile spetterà ora al nostro esecutivo che dovrà probabilmente spiegare e giustificare quanto è stato sacrificato del nostro segreto bancario (se qualche cosa è stato sacrificato) per salvare la grande banca svizzera dalle ire del fisco americano. La questione non è di poco conto perché, come afferma Marco Bernasconi nella sua

opinione a pagina ...29 «Un’ulteriore lesione del segreto bancario svizzero potrebbe comportare nuovi pregiudizi per la piazza finanziaria del nostro Paese». Mai come in questa occasione il detto «la storia la fanno i dettagli» è di estrema attualità. E i dettagli dell’accordo non sono ancora stati svelati. Sul tavolo delle trattative sappiamo che il fisco americano voleva inizialmente i nomi di 52 mila clienti americani di UBS sospettati di aver trasferito i capitali in Svizzera allo scopo di non pagare le tasse negli Stati Uniti. Sappiamo pure che, molto probabilmente, il fisco americano dopo aver fatto i debiti ragionamenti e calcoli, su questo punto è disposto a scendere a più miti consigli. Negli ultimi giorni si è parlato insistentemente del fatto che il fisco statunitense potrebbe accontentarsi della trasmissione di dati di «soli» 5-10 mila dossier di clienti. Da parte svizzera sappiamo che UBS non potrebbe, a rigor di legge, fornire questi dati perché se lo facesse entrerebbe in rotta di collisione con le norme svizzere sul segreto bancario che permettono un’assistenza giudiziaria «caso per caso» e che garantiscono ad ogni singolo cliente della banca di ricorrere in giudizio presso il Tribunale federale per far valere le sue ragioni.. Le associazioni bancarie e i banchieri, si sono espressi con molta cautela, salutando favorevolmente l’accordo purché rispetti il «corpus legislativo svizzero». Non poteva essere altrimenti in mancanza dei dettagli sull’intesa. La tensione è comunque palpabile perché al di là della buona notizia del «salvataggio» in extremis di UBS negli Stati Uniti (il processo sarebbe stato una grandissima incognita) rimane da valutare il prezzo da pagare per la Svizzera e la sua piazza finanziaria in un momento particolarmente delicato come quello attuale
 






L’OPINIONE

EVITATA LA VICENDA GIUDIZIARIA: MA NON È NOTO IL PREZZO

MARCO BERNASCONI * DONATELLA FERRARI **La vicenda che oppone l’UBS al fisco americano non sarà dunque oggetto di un procedimento giudiziario negli USA poiché è stato trovato un accordo tra le parti. È impossibile per il momento dare un giudizio poiché non si conosce né la sostanza, né la forma, né alcun dettaglio di questo accordo. L’interesse è estremamente grande non soltanto in Svizzera ma anche all’estero poiché un’ulteriore lesione del segreto bancario, dopo quella del febbraio di quest’anno, decisa dalla FINMA sempre in favore degli USA, potrebbe comportare nuovi pregiudizi per la piazza finanziaria del nostro Paese. La vertenza UBS infatti è soltanto uno degli elementi che segna il nuovo corso della politica svizzera in materia di limitazione del segreto bancario nei confronti della comunità internazionale, ed è in questo contesto che va inquadrata. Non si può dimenticare infatti che nel marzo di quest’anno il Consiglio federale ha deciso unilateralmente di rinunciare al segreto bancario per motivi fiscali in favore degli Stati esteri nel caso di frode, di truffa fiscale, di semplice contravvenzione e di necessità di accertamento da parte degli altri Stati, e in questi mesi ha parafato dodici convenzioni in tal senso, tra le quali figura anche quella con gli USA. È vero che questa apertura esclude lo scambio automatico di informazioni e la pesca alla cieca, meglio nota come fishing expedition, la cui nozione però non è ancora stata definita in modo sufficientemente chiaro né a livello internazionale, né a livello svizzero (si veda in proposito la sentenza del Tribunale federale amministrativo del 5 marzo 2009 riferita alla trasmissione di informazioni bancarie riguardanti alcune centinaia di contribuenti residenti negli USA). Le amnistie fiscali messe in atto, seppure in modi diversi, da alcuni Stati quali Gran Bretagna, Francia, USA, Ungheria, Polonia e Italia, contribuiscono ad aumentare la pressione fiscale sulla piazza finanziaria svizzera. Indipendentemente dai contenuti dell’accordo tra la Svizzera e gli USA, si può già sin d’ora rilevare la particolarità di questo contenzioso che ha opposto sino a ieri il fisco americano e l’UBS. Questo perché di regola l’assistenza amministrativa prevede che uno Stato estero chieda all’autorità fiscale svizzera di fornire informazioni, soprattutto bancarie, per avere a disposizione le prove nei confronti di un contribuente residente nella propria giurisdizione, sospettato di aver commesso un delitto o una contravvenzione fiscale. Questa procedura comporta la trasmissione delle generalità del contribuente per il quale si chiedono le informazioni. Così non è per quanto riguarda la vertenza UBS poiché il fisco americano non conosce necessariamente le generalità dei contribuenti sospettati di aver commesso degli illeciti fiscali negli USA, ma chiede invece assistenza poiché è venuto a conoscenza di un modo di procedere pregiudizievole agli USA che costituisce un delitto fiscale di frode, truffa o comportamento analogo. Il «caso UBS» riguarda infatti reati commessi tra il 2001 e il 2005 per cui deve essere esaminato sulla base della vigente convenzione Svizzera-USA, in vigore dal 19.12.1997, che prevede l’assistenza per frode fiscale e comportamenti analoghi e non sulla base di quella parafata recentemente, che estende lo scambio di informazioni anche alle contravvenzioni e alle necessità di accertamento dell’altro Stato.
Solo quando verrà conosciuto, al di là delle dichiarazioni di facciata, il contenuto sostanziale dell’accordo raggiunto ieri si potranno capire quali saranno le ripercussioni concrete sulla piazza finanziaria del nostro Paese.
* Professore SUPSI ** Docente SUPSI


cdt..oggi
 
bravo
forse ti avvicini a capire perchè insistevo che è il momento di rientrare

anche se non capisci che questo è un fuoco d`artificio per "convincere "al rientro

risparmia emoticons bellicosi
 

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