Piano B: un cordone sanitario se c'è il crac
Una «task force» anti-contagio in caso di insolvenza di Atene. Gli istituti francesi sono fra i più esposti
Coinvolti nelle simulazioni gli usa e i Paesi le cui banche potrebbero andare in difficoltà
Piano B: un cordone sanitario se c'è il crac
Una «task force» anti-contagio in caso di insolvenza di Atene. Gli istituti francesi sono fra i più esposti
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia e futuro presidente della Bce, Anche lui presente al vertice dell'Eurogruppo (Olycom)BRUXELLES - Per salvare la Grecia è già pronto un piano B o meglio C, cioè quello designato per contenere un'emergenza-default, l'eventualità peggiore e più temuta: tutti la reputano anche la più improbabile, la più lontana dalla realtà attuale, ma - come si usa dire - meglio avere poi dei rimorsi, che dei rimpianti. Squadre o «task force» di esperti sono state convocate, simulazioni sono state svolte sui programmi più sofisticati dei computer, tutte le ipotesi tratte da esperienze passate sono state passate in rivista. E tutto si riassume ora in un concetto: nell'evenienza di un default, di una situazione di insolvenza delle finanze elleniche, la prima cosa da fare sarà isolare la Grecia e le sue banche con un vero cordone sanitario-finanziario, perché il contagio non si propaghi al di là dei suoi confini, e a tutta la zona Euro gremita di banche che a loro volta si sono esposte in passato verso Atene. La Banca centrale europea, la Bce, è pronta a fare la sua parte: anche con una forte creazione di liquidità, come molti degli addetti ai lavori hanno capito già da qualche tempo.
In due parole, non si va avanti alla cieca e non c'è il panico al timone dell'Eurozona: così almeno assicurano gli esperti. Per arrivare a queste riflessioni e per delineare queste misure precauzionali, è stata necessaria tutta la tensione degli ultimi giorni. E hanno forse contato anche le fotografie e i video delle ultime ore. Domenica pomeriggio, alla stessa ora, immagini simili da quattro metropoli d'Europa. Poliziotti in assetto anti-sommossa, giovani dimostranti dal volto scoperto o mascherato, bastoni, cartelli, urla, malessere ovunque: Atene, Madrid, Berlino e perfino Bruxelles, capitale dell'Unione Europea oltre che del Belgio. Mentre nella capitale più piccola, Lussemburgo, 17 ministri finanziari cercano la medicina giusta per tutti, accettata da tutti: sperando che esista, e che non porti rapidamente all'assuefazione. La crisi del debito porta anche un contagio di paura e diffidenza reciproca, oltre che di disordine finanziario. E se tutti sono «indignados», a volte lo sono per ragioni opposte. A Berlino, per esempio, si dimostra per motivi ben diversi da quelli di Atene: i cartelli ironizzano su Georges Papandreou, il premier greco che in queste ore chiede disperatamente la fiducia del suo Parlamento, e contestano la reale necessità di questi ultimi 12 miliardi che la Ue e il Fondo monetario internazionale stanno per spedire ad Atene; soprattutto se a pagare debbono essere solo i governi, cioè i contribuenti, e non anche le banche.
È la solidarietà comunitaria, che viene direttamente messa alla prova in questa crisi. I rapporti fra Nord e Sud, fra Paesi più ricchi e Paesi più legati allo Stato sociale. E lo dimostra anche il Belgio che propone di ridurre la quinta rata del prestito Ue-Fmi alla Grecia, poiché ancora quest'ultima non riesce a convincere sulla bontà dei suoi piani di austerità. Herman van Rompuy, il presidente stabile della Ue che oggi incontrerà Papandreou a Bruxelles, deve aver intuito bene tutto questo, se ora avverte che «il pessimismo paralizza l'azione» e invita chiunque voglia giudicare la Ue a «riguadagnare una certa distanza, una certa serenità, e più di tutto il resto un senso delle proporzioni». In altre parole: non guardate solo nello sgabuzzino di casa, e non lasciatevi atterrire da quello che c'è dentro, perché fuori c'è anche dell'altro, e ci si può fidare. Ma purtroppo, aggiunge, «la zona Euro è vista come una specie di paziente dell'economia mondiale».
Ecco, dunque, la necessità di quelle precauzioni da prendere su vari livelli. Il «piano A», chiamiamolo così, è quello più immediato che sta per essere adottato al Lussemburgo: quinta tranche degli aiuti Ue-Fmi da versare a luglio, 8,7 miliardi dalla Ue e 3,3 miliardi dal Fmi, 12 in tutto.
Poi il «piano B», seconda «gamba» dello stesso progetto, che dovrebbe partire a settembre e garantire il finanziamento del debito greco fino a metà 2013. In totale, 110-120 miliardi: 20-30 in arrivo dalle privatizzazioni greche, 20 dal «rollover» volontario delle banche che accetterebbero di non mettere all'incasso i titoli greci in scadenza, rinegoziandoli nel tempo; e 60-70 miliardi da Ue e Fmi. Infine il piano «C», quello riservato alla possibilità più remota. Scattato eventualmente il default, e disposta la «cintura anti-contagio» intorno alla Grecia e alle sue banche, l'accordo prevede che i Tesori o governi nazionali - compreso quello americano, e il tedesco, e il francese, e tutti gli altri - intervengano a ricapitalizzare le proprie banche più a rischio, soprattutto quelle che più sono esposte sul fronte dei Cds, i titoli derivati di copertura contro il rischio di insolvenza, richiesti e ottenuti a suo tempo da una vasta clientela (chi li ha in mano correrebbe ovviamente a riscuoterli in banca).
L'ultima linea ideale di contenimento del «morbo» sarebbe presidiata dalla Bce: che in caso di affanno delle banche nazionali nell'opera di ricapitalizzazione, interverrebbe con creazione e iniezione di forte liquidità. Poi, di nuovo, tutti intorno al «paziente dell'economia mondiale».