Questa la trov interessante...una volta tanto. Il che fa il paio con il taglio dei tassi Corea e Australia.
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Attenzione alla fuga di capitale del Giappone se gli investitori perdono fiducia nello yen
Di seguito pubblichiamo il commento settimanale di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane BNP Paribas, sull'attuale situazione macroeconomica. Per l'esperto la salita dei rendimenti dei titoli di Stato giapponesi è legata a una possibile revisione al rialzo delle stime inflazionistiche da parte della Banca centrale giapponese. Se la buona notizia è rappresentata dalla capacità mostrata negli ultimi 10 anni dal Giappone di sostenere l'alto livello di debito, la cattiva è rappresentata dal rischio di una possibile fuga di capitali qualora gli investitori giapponesi perdessero fiducia nel valor e dello yen.
Il marcato calo del mercato dei bond giapponesi avvenuto la scorsa settimana ha sorpreso molti investitori. E' probabile stimare un'ulteriore pressione sui rendimenti dato che gli investitori ritengono sempre più credibile che la banca centrale giapponese possa rivedere al rialzo stime inflazionistiche. E non possiamo escludere un rialzo dei tassi come avvenuto nel 2003 quando il rendimento a 10 anni è passato da 0,43% a 1,60% nel giro di pochi mesi.
La buona notizia per gli altri paesi sviluppati é che il Giappone ha mostrato, negli ultimi 10 anni, la capacità di far fronte ad un alto livello di indebitamento, per lungo tempo, se i tassi sono bassi. La brutta notizia è che non possiamo sapere a priori come andrà a finire la vicenda. Il rischio principale per il Giappone è una possibile fuga di capitali qualora gli investitori giapponesi perdessero fiducia nel valore dello Yen. Ma finché questo non si verifica, i tassi nipponici resteranno bassi.
Il sell-off sui bond giapponesi mette, inoltre, in evidenza che lo scenario macroeconomico, caratterizzato da abbondante liquidità, è diventato più instabile. Ad esempio, il soft patch atteso negli US, in una fase con elevata liquidità, si dimostra abbastanza positivo per il mercato equity. Il rischio è che la locomotiva americana, nei prossimi mesi, rallenti più delle attese generando un rischio deflazionistico. Tale evento sottolineerebbe come la liquidità sia insufficiente per sostenere la crescita.
Quello che sta accadendo sui mercati finanziari è molto simile a quanto accaduto negli anni '30. Durate il periodo di riduzione del debito negli USA, a seguito della grande depressione, si é constatato una graduale riduzione dei rendimenti di tutte le asset classes (cash, corporate bond, e debito sovrano in particolare).
La generalizzata diminuzione degli yelds (e la crescita dei prezzi degli asset corrispondente) ebbe fine, solamente, quando il settore privato fu in gra do di indebitarsi nuovamente sul lungo termine dopo la seconda guerra mondiale. La compressione degli yields fu meno marcata per il mercato azionario a causa della maggiore volatilità. In particolare, quando l'economia americana ricadde in recessione nel 1937 il risk premium azionario crebbe significativamente.
In conclusione, le vicende degli anni '30 mostrano che, finché la locomotiva americana non registrerà segnali di cedimento, la liquidità continuerà a comprimere i rendimenti (o a incrementare i prezzi degli asset). Si tratta, in parte, di una caratteristica di una repressione finanziaria generalizzata a tutti gli asset. Ma la storia insegna anche che la liquidità senza crescita rappresenta un equilibrio precario.