questo PD è peggio della Democrazia Cristiana-fa schifo

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Assicurazioni, torna il «tacito rinnovo» per la Rc Auto: uno schiaffo ai consumatori?
Un emendamento approvato alla commissione attività produttive della Camera ne abolisce il divieto
di Gianluca Mercuri


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Questo pezzo è stato pubblicato originariamente sulla rassegna stampa della Digital edition del «Corriere della Sera», pensata per tablet e smartphone e disponibile ogni mattina. Provala gratis cliccando qui

«Uno schiaffo ai consumatori: solo così si può definire l’emendamento approvato alla commissione attività produttive della Camera che abolisce il divieto del tacito rinnovo per le polizze assicurative riguardanti danni e rischi accessori per la Rc Auto. Uno schiaffo che sa di beffa, visto che tale norma è stata inserita nel cosiddetto ddl Concorrenza».Francesco Cancellato su linkiesta spiega le conseguenze di una delle modifiche infilate giovedì scorso nella legge (giustamente) cara al ministro Calenda. Una manina ha cancellato la norma con cui nel dicembre 2012 il governo Monti abolì «le clausole di tacito rinnovo del contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per veicoli a motore e natanti».



Spiega linkiesta: «Fino al 31 dicembre 2012 se volevate cambiare assicurazione dovevate mandare una raccomandata di disdetta entro 15 giorni dalla scadenza della polizza. Vien da sé che solo una piccola percentuale di persone particolarmente avvedute si segnava sul calendario la data entro cui poter esercitare il recesso. Risultato? Anche se i premi erano particolarmente alti, ce ne si accorgeva quando era troppo tardi». L’effetto della cancellazione del tacito rinnovo è stato fantastico per i consumatori: «Nel giro di quattro anni, da giugno 2012 a giugno 2016, il premio medio della vostra assicurazione si è ridotto di circa 80 euro, pari al 18,3% sul totale. Una riduzione che sta proseguendo inesorabile e che è destinata a continuare anche nei prossimi anni». La scelta del 2012 aveva anche posto fine alla disparità di condizioni tra assicurazioni tradizionali — con agenti e uffici — e assicurazioni telematiche e telefoniche, per le quali «il tacito rinnovo non era mai nemmeno esistito. Ogni anno, ogni loro cliente tornava automaticamente sul mercato, obbligando queste compagnie a fare offerte sempre più convenienti».

Cosa avrebbe fatto un paese serio, si chiede linkiesta? «A partire da questa esperienza, avrebbe vietato il tacito rinnovo ovunque fosse possibile farlo. E infatti il testo originale del ddl Concorrenza ne prevedeva l’estensione al ramo danni e ai rischi accessori alla polizza auto principale. Un paese poco serio, invece, è quello che dopo quattro anni e un crollo verticale del costo delle polizze decide di tornare sui suoi passi con un emendamento infilato a tradimento in un ddl di segno diametralmente opposto (in teoria)». L’emendamento è stato promosso e sostenuto da Laura Puppato del Pd, che ha replicato all’inkiesta sostenendo che «l’abolizione del tacito rinnovo nelle assicurazioni rami danni non obbligatorie sarebbe stato un regalo alle grandi case assicuratrici». Chi ha ragione?

27 giugno 2017
Assicurazioni, torna il «tacito rinnovo» per la Rc Auto: uno schiaffo ai consumatori?
 
veramente un emendamento ciofeca

Nel 2007 Puppato fu indicata da Beppe Grillo come esempio di un politico che gli piaceva e fu premiata dallo stesso Grillo come primo sindaco "a cinque stelle".[1][2] Il mandato di sindaco della Puppato è terminato il 29 maggio 2011. :D

leggendo la sua biografia vedo che e' incline alle stupidaggini oltre che in conflitto di interessi (ecco spiegata la sua incursione)


Preso il diploma magistrale, si è iscritta a Scienze politiche ma ha interrotto gli studi al terzo anno, causa maternità. Dopo aver aperto un’agenzia di assicurazione, è entrata nel sindacato di categoria, la Sna (Sindacato Nazionale Agenti di assicurazione).
 
Ultima modifica:
Enrico Montermini ha aggiornato il suo stato.
29 aprile ·



UNO STRANO PAESE di Enrico Montermini

L'Italia è davvero uno strano Paese: ogni anno spedisce a Londra migliaia giovani laureati per fare i lavapiatti e mantiene i clandestini a vivere in albergo. E' un Paese che lascia i propri concittadini colpiti dalla tragedia del terremoto a dormire nei container, ma ospita i profughi in centri di accoglienza come quello di Villa Camerata, che ho visitato lo scorso settembre: una villa rinascimentale immersa nel verde a due passi dal centro storico di Firenze. A Rapallo gli immigrati dimorano presso l'Istituto delle Orsoline, una struttura residenziale di lusso, e hanno a disposizione: spiaggia privata, campetto da calcio, palestra, wi-fi e il pocket money per affrontare le spese di tutti i giorni. Poi il Governo non trova i soldi per sistemare gli esodati, lasciati senza lavoro e senza pensione.

L'accoglienza dei clandestini costa alla collettività 4 miliardi di euro all'anno, ma queste sono solo le cifre ufficiali. Quelle reali non le conosce nessuno, ma sono molto più alte. Il Governo provvede alle spese della Marina Militare e della Guardia di Finanza per le operazioni in mare, di cui non è dato conoscere il costo. Sappiamo però che questo stesso governo non trova le risorse per pagare la manutenzione e la benzina per le auto dei carabinieri. Si distaccano migliaia di poliziotti per le operazioni di idenficazione, con costi non irrisori, mentre la Mafia spadroneggia in Sicilia e la 'Ndrangheta nel Nord. Non si conoscono nemmeno i costi aggiuntivi affrontati dal sistema sanitario nazionale per la gestione dell'emergenza migranti: in compenso i pronto soccorso degli ospedali sono al collasso.

Non c'è più da meravigliarsi di nulla in un Paese dove i padroni sono tenuti a raccogliere gli escrementi dei loro cani, mentre gli stranieri ospiti cagano sui marciapiedi.

Enrico Montermini
29/04/17
 
veramente un emendamento ciofeca

Nel 2007 Puppato fu indicata
è innocente


Ddl Concorrenza, io minacciata per la bufala dell’emendamento che fa contente le lobby assicurative
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di Laura Puppato | 28 giugno 2017
137
Più informazioni su: Assicurazioni, RC Auto
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Laura Puppato
Senatrice Pd

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In taluni palazzi, alcuni manager al soldo di un grande gruppo assicurativo, se la stanno sicuramente ridendo.
Grazie a un articolo pubblicato su Linkiesta e poi letteralmente copiato da siti di informazioni e quotidiani vari, sono infatti riusciti a far passare un emendamento al ddl concorrenza che limita la scelta del cliente sulle polizze del ramo danni (escluse le RC auto) come un emendamento libertario, mentre l’emendamento che ha scoperto il gioco ripristinando la situazione iniziale, viene fatto passare come corporativo. Capita in questo strano mondo dove le notizie troppo spesso non vengono verificate, neanche da chi ha l’onere di farlo per professione.

Le cose sono andate così: durante la discussione in Senato sul ddl concorrenza, viene approvato all’art. 12 un emendamento che vieta il tacito rinnovo nelle polizze danni non obbligatorie. Detta così sembrerebbe una cosa accettabile, in realtà questo emendamento finisce per limitare a sole tre tipologie di polizza la scelta dei consumatori, rispetto alle quattro oggi presenti in Italia come in ogni altro paese europeo. I contratti del ramo danni sono di per sé piuttosto complessi, hanno normalmente bisogno di un intermediario, agente o broker e per questa ragione si può scegliere tra le diverse ipotesi contrattuali a proprio piacimento e necessità. Il contratto può essere stipulato in forma temporanea, annuale con o senza tacito rinnovo oppure pluriennale. Il contratto annuale con tacito rinnovo (salvo disdetta del cliente 30 giorni prima) è tra i più convenienti, consente una buona copertura, al prezzo fisso, qualunque siano i fatti che possano intercorrere dopo la stipula (non esiste il bonus come nella RC auto nei contratti danni!), ma neppure legami di troppi anni con la stessa compagnia. Ho avvisato così il Mise del problema e alla Camera è stata apportata la modifica necessaria. Ergo, con l’approvazione del ddl concorrenza, sui rami danni non ci saranno modifiche rispetto ad ora, mentre abbiamo giustamente ampliato anche alle accessorie auto lo stesso sistema dell’RC auto, ovvero il non tacito rinnovo alla scadenza.

Dovevo però immaginare che quantomeno la compagnia assicurativa che ha “suggerito” quell’emendamento contro il quale mi ero battuta in Senato, non avrebbero mollato l’osso facilmente. L’articolo di Linkiesta diventa virale e ricevo migliaia di insulti e minacce per aver svolto il mio lavoro, tutelando i cittadini. Alcuni arrivano a minacciare di morte me e la mia famiglia, i loro post sono al vaglio dei Carabinieri. I signori nei palazzi se la ridono, immagino, davvero tanto, il popolo insorge – non tutti in modo decente – contro un provvedimento (udite udite) che limita il potere delle compagnie assicuratrici nei loro confronti. Mi chiedo come sia stato possibile che tra i diversi giornalisti che hanno riportato l’articolo, nessuno abbia pensato di controllare la fonte e magari parlarne con chi conosce il settore e può spiegare il perché… a ragion veduta.

Alcuni, infine, non mi hanno perdonato il fatto di essere stata un’agente di assicurazione. Non sono una politica di professione, ho lavorato per 30 anni come imprenditrice assicurativa con dipendenti e certo non eludo il discorso, né evito di riconoscere un potenziale conflitto di interesse. Potenziale, però perché è chiaro che chi svolge correttamente il suo ruolo di intermediario tra i diritti e i voleri di un cliente – singolo o impresa – e le Compagnie di assicurazione non è figura che intenda favorire le stesse Compagnie mandanti, avendo evidentemente a cuore il beneficio massimo possibile per il cliente, fonte del suo lavoro e presso il quale per anni e decenni, garantisce con la propria deontologia e professionalità. Dunque servirebbe un po’ più di cultura, visto che grazie al mio intervento le possibilità contrattuali per il cliente tornano ad essere 4 e non solo 3, come sarebbe successo se me ne fossi lavata le mani. Ma forse non era proprio questo che si voleva fare? Indebolire il cliente e insieme il proprio agente professionista.

Mi chiedo, dunque, che cosa avrei dovuto fare una volta accortami della forzatura (e proprio la mia competenza in materia mi ha permesso di accorgermene), forse avrei dovuto tacere e lasciare che le cose andassero avanti per la loro strada, solo perché sono del settore? Non sarei stata accusata del contrario quando le associazioni dei consumatori o i clienti si fossero accorti dei limiti di questa norma applicata al mercato dei retails? Perché nessuno si chiede come mai nessun Paese europeo – anche con un’esperienza pluricentenaria ed avanzata nel settore assicurativo – abbia vietato i contratti annuali con tacito rinnovo tra i modelli contrattuali acquistabili dai propri cittadini?

Fare chiarezza è un lavoro difficile, non basta un tweet, serve un approfondimento, ma solo così si possono vedere i veri interessi che circolano attorno alla politica e discernere tra chi fa l’interesse del cittadino e chi no.
 
la signora puppato dovrebbe invece spiegare per quale motivo una compagnia presenta un emendamento per proibire il tacito rinnovo ....perche' non si capisce proprio !!!!...o ci e' o ci fa

ps: ho lavorato anch'io nelle assicurazioni
 
Così lo Stato ci spia: cellulari e web controllati per 6 anni
Passa la legge che triplica il tempo per la custodia dei dati delle nostre comunicazioni. Perplessità dei Garanti della privacy
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di Lorenzo Vendemiale | 23 luglio 2017
Così lo Stato ci spia: cellulari e web controllati per 6 anni - Il Fatto Quotidiano



Il sito internet su cui abbiamo navigato, magari anche solo per un click sbagliato. La telefonata ricevuta o addirittura persa, in un giorno qualsiasi che pensavamo di aver dimenticato. Invece resterà tutto negli archivi delle compagnie e dei provider, a disposizione delle autorità giudiziarie, per un tempo lunghissimo: sei anni. Il triplo di quello in vigore attualmente, più del doppio della media degli altri Paesi europei. Praticamente una sorveglianza di massa: con la scusa della lotta al terrorismo il data retention in Italia non avrà più limiti.

La svolta in stile “Grande Fratello” è merito di un emendamento firmato dal deputato Pd, Walter Verini (insieme al collega di partito Giuseppe Berretta e all’ex M5s, ora nel Gruppo misto, Mara Mucci) e infilato in una legge sul recepimento di normative comunitarie.
Le grandi novità sono due: telefoni e internet vengono equiparati. E il periodo prima di poter cancellare i tabulati viene esteso per tutti addirittura a 72 mesi. All’estero, invece, la soglia media si aggira tra i 2 e i 3 anni.

Si tratta di un vero e proprio blitz, considerando che il limite attuale previsto dal Codice del Garante della privacy è di soli 24 mesi per le telefonate (6 per quelle senza risposta) e 12 mesi per i metadati online. Ora tutte queste informazioni resteranno nella disponibilità delle aziende, che dovranno fornirle alle autorità giudiziarie in caso di indagini su particolari reati. Neanche troppo limitati: c’è l’attività anti-terrorismo, certo, ma pure le più generiche “investigazioni complesse per la molteplicità dei fatti tra loro collegati”. Le maglie, insomma, sono molto larghe.

“Quello che accade è molto semplice”, spiega Ugo Mattei, giurista e professore di diritto civile all’Università di Torino. “Le aziende saranno in possesso di una massa di dati privati enorme, che ha ovviamente un valore economico alto, visto l’uso commerciale improprio che spesso ne viene fatto e che è molto difficile da controllare. Mentre lo Stato si assicura la possibilità di fare un “profiling” dei cittadini per un periodo di una lunghezza esorbitante. Praticamente ci stanno schedando”.

Mattei non è l’unico ad avere dubbi sul provvedimento. Solo pochi mesi fa il garante della Privacy, Antonello Soro, in una audizione al Senato avvisava il governo che “la parificazione tra dati di traffico telefonico e telematico, se non giustificata da specifiche esigenze investigative, potrebbe risultare incompatibile” con le indicazioni comunitarie.
Anche il Garante europeo, Carlo Buttarelli, sta seguendo da vicino la questione.
Nell’ambiente c’è molta perplessità sulla svolta del governo italiano.


Non è un mistero del resto, che l’Europa abbia sempre guardato con diffidenza alla pratica del data retention.
Nel 2014 la Corte di Giustizia aveva bocciato la “direttiva Frattini” sulla conservazione dei dati, per una “forte ingerenza nella vita privata dei cittadini” e l’idea di essere esposti ad una “costante sorveglianza”. Orientamento seguito poi anche in pareri successivi.

Ma il governo italiano se l’è studiata bene: per aggirare i paletti posti a livello comunitario, utilizza un’altra direttiva comunitaria, quella del marzo 2017 sulla lotta al terrorismo.
“È paradossale – commenta Mattei: siamo all’Europa che ci dice di contraddire l’Europa. Ormai con la scusa degli attentati stravolgono i principi elementari dello Stato di diritto”. Il primo firmatario Verini, invece, difende il suo emendamento: “Abbiamo avuto contatti con esperti e inquirenti, ascoltando le indicazioni della Procura nazionale antiterrorismo. Ci sembra il giusto compromesso tra le esigenze della democrazia e quelle della sicurezza. Anche in aula, del resto, non c’è stata nessuna polemica al momento dell’approvazione”.

Insomma, se la legge passerà anche in Senato gli italiani dovranno rassegnarsi a vedere le loro comunicazioni conservate molto più a lungo di quanto avrebbero mai pensato. E non è neanche detto che questo serva davvero alle indagini. Anche secondo chi non condivide gli stessi timori sui rischi per la privacy:
“Il data retention in sé non è qualcosa di sbagliato: attraverso le informazioni conservate ci si può anche difendere. Certo, a volte vengono utilizzate impropriamente, ma è una questione diversa”, spiega Giuseppe Corasaniti, magistrato della Corte di Cassazione ed esperto di diritto informatico. “Il problema è che la norma rischia di essere inutile, visto che interviene sulla legislazione nazionale, mentre la maggior parte dei provider hanno sede all’estero”. “La verità – conclude il giudice – è che il governo dovrebbe fare meno leggi sul web, ed essere più presente dove il web viene regolato davvero: in Europa e nell’Onu”.

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Per descrive il Pd basta questo:
Non si sono scissi quando hanno salvato le banche francesi e tedesche con 50 miliardi di euro, prestandoli alla Grecia; quando hanno sostenuto manovre fiscali nell'ordine di 6/7 punti di pil per riequilibrare la bilancia commerciale, per via della distruzione della domanda interna.
Non si sono scissi nemmeno quando, di recente, hanno dato 20 miliardi di euro a banche al collasso, per lo più distrutte da loro stessi.

Ma si sono scissi per il congresso di partito, cioè per il potere.

Se non si conosce la finanza non si capisce il Pd. Se si conosce la finanza il Pd si evita, come la peste bubbonica.

Ps: la lista degli addebiti è ancora molto lunga, ma questo offre bene l'idea.
 

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