tontolina
Forumer storico
la Germania è nel mirino. E il canarino nella miniera.
Lo scorso anno, la siccità andò a unirsi all’impazzimento dei prezzi energetici per le sanzioni alla Russia.
E creò danni, culminati nella necessità per Berlino di mettere sul piatto oltre 20 miliardi per nazionalizzare Uniper e quasi 200 per sostenere le imprese. Perché lungo il Reno non navigano solo merci ma anche carburante per le raffinerie e le centrali elettriche. E da inizio giugno a fine settembre del 2022, il Dax perse il 20%. Perché quando la resistenza crolla, le conseguenze arrivano a valanga. Soprattutto se – come sottolineato in precedenza – titoli industriali, dei materiali per costruzioni e della chimica pesano per 31% dell’indice e un altro 12% fa capo al disastrato automotive. Non a caso, nelle scorse settimane sono giunti profit warning da Siemens Energy e da operatori della chimica come Lanxess e K+S.
Sinceramente, la mia preoccupazione non è per chi possa restare con il cerino mezzo bruciacchiato di un Dax in bear market estivo in mano. Il problema è macro e detona dopo la decisione della Corte di Karlsruhe, almeno per la nostra miope classe politica. Perché l’enorme rischio è che l’Italia passi l’estate a pettinarsi l’ego allo specchio, forte di quella previsione del Pil 2023 migliore di Germania e Francia. Dimenticandone però la genesi e la scomposizione, il breakdown: superbonus edilizio e turismo.
Il primo ora bloccato perché potenzialmente in grado di portarci diretti al Mes (e non alla ratifica) e
il secondo destinato a scemare nel suo boost, proprio quando la recessione tedesca genererà i suoi ricaschi di subfornitura e componentistica sull’industria del Nord Italia.
Se per caso i soldi del Pnrr non arrivassero o non arrivassero in tempo, come si finanzieranno eventuali sostegni all’economia reale?
Ulteriori emissioni di Btp per la ripresa?
Quanto debito avremo emesso a fine anno?
E a quale prezzo, stante l’offerta in bilico fra l’alluvionale e il disperato che il mercato prima o poi prezzerà?
Scostamento di bilancio, mentre facciamo la morale alla Bce e chiediamo un Patto di stabilità allegro e non frugale?
Attenzione, qui la ricreazione è finita davvero. C’è un treno che sta passando. Ci si può salire sopra, adesso. O finirci sotto, domani.
In Germania, invece, la Corte costituzionale è andata oltre. E ha dato vita a un intervento a gamba tesa sulla politica senza precedenti, un vero atto politico-legislativo ad interim che potrebbe far saltare i già precari equilibri del Governo Scholz.
i togati teutonici hanno bloccato il voto previsto per la giornata di ieri e relativo alla messa al bando delle fonti fossili per i sistemi di riscaldamento. Di fatto, Karlsruhe ha tirato un sonoro schiaffo in faccia alla svolta green e all’intero impianto ideologico-ambientalista dell’esecutivo, da subito a forte componente Grunen. E lo fa con il Paese già in recessione, l’indice IFO della fiducia delle imprese a precipizio, il PMI manifatturiero a piombo e l’esiziale settore automotive messo in ginocchio proprio dalla svolta elettrica e dalla rivoluzione ESG. Tutto fermo. Per gli ermellini tedeschi, un argomento simile necessita di maggiore riflessione. I media italiani tacciono.
Lo scorso anno, la siccità andò a unirsi all’impazzimento dei prezzi energetici per le sanzioni alla Russia.
E creò danni, culminati nella necessità per Berlino di mettere sul piatto oltre 20 miliardi per nazionalizzare Uniper e quasi 200 per sostenere le imprese. Perché lungo il Reno non navigano solo merci ma anche carburante per le raffinerie e le centrali elettriche. E da inizio giugno a fine settembre del 2022, il Dax perse il 20%. Perché quando la resistenza crolla, le conseguenze arrivano a valanga. Soprattutto se – come sottolineato in precedenza – titoli industriali, dei materiali per costruzioni e della chimica pesano per 31% dell’indice e un altro 12% fa capo al disastrato automotive. Non a caso, nelle scorse settimane sono giunti profit warning da Siemens Energy e da operatori della chimica come Lanxess e K+S.
Sinceramente, la mia preoccupazione non è per chi possa restare con il cerino mezzo bruciacchiato di un Dax in bear market estivo in mano. Il problema è macro e detona dopo la decisione della Corte di Karlsruhe, almeno per la nostra miope classe politica. Perché l’enorme rischio è che l’Italia passi l’estate a pettinarsi l’ego allo specchio, forte di quella previsione del Pil 2023 migliore di Germania e Francia. Dimenticandone però la genesi e la scomposizione, il breakdown: superbonus edilizio e turismo.
Il primo ora bloccato perché potenzialmente in grado di portarci diretti al Mes (e non alla ratifica) e
il secondo destinato a scemare nel suo boost, proprio quando la recessione tedesca genererà i suoi ricaschi di subfornitura e componentistica sull’industria del Nord Italia.
Se per caso i soldi del Pnrr non arrivassero o non arrivassero in tempo, come si finanzieranno eventuali sostegni all’economia reale?
Ulteriori emissioni di Btp per la ripresa?
Quanto debito avremo emesso a fine anno?
E a quale prezzo, stante l’offerta in bilico fra l’alluvionale e il disperato che il mercato prima o poi prezzerà?
Scostamento di bilancio, mentre facciamo la morale alla Bce e chiediamo un Patto di stabilità allegro e non frugale?
Attenzione, qui la ricreazione è finita davvero. C’è un treno che sta passando. Ci si può salire sopra, adesso. O finirci sotto, domani.
In Germania, invece, la Corte costituzionale è andata oltre. E ha dato vita a un intervento a gamba tesa sulla politica senza precedenti, un vero atto politico-legislativo ad interim che potrebbe far saltare i già precari equilibri del Governo Scholz.
i togati teutonici hanno bloccato il voto previsto per la giornata di ieri e relativo alla messa al bando delle fonti fossili per i sistemi di riscaldamento. Di fatto, Karlsruhe ha tirato un sonoro schiaffo in faccia alla svolta green e all’intero impianto ideologico-ambientalista dell’esecutivo, da subito a forte componente Grunen. E lo fa con il Paese già in recessione, l’indice IFO della fiducia delle imprese a precipizio, il PMI manifatturiero a piombo e l’esiziale settore automotive messo in ginocchio proprio dalla svolta elettrica e dalla rivoluzione ESG. Tutto fermo. Per gli ermellini tedeschi, un argomento simile necessita di maggiore riflessione. I media italiani tacciono.