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Nel 1943, in uno scantinato del liceo Virgilio di Roma, iniziarono una serie di indagine sui raggi cosmici che culminarono con il celebre “Esperimenti Conversi-Pancini-Piccioni” (1946).
Questo segnò un’importantissima tappa della storia della fisica. Luis Alvarez, nella sua Nobel Lecture nel dicembre del 1968, scrisse:
“Secondo una mia opinione personale, io vorrei dire che la fisica moderna delle particelle iniziò negli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale, quando un gruppo di giovani fisici italiani, Conversi, Pancini, Piccioni, che erano a Roma nascosti dalle forze di occupazione tedesca, iniziarono un esperimento di straordinaria importanza”.
Negli anni Trenta un interesse particolare era rivolto allo studio dei raggi cosmici (particelle ad alta energia che si muovono nello spazio) ed è in quegli anni che Hideki Yukawa, giovane fisico allora poco conosciuto, pubblicò un articolo diventato poi un classico in questo campo: “On the Interaction of Elementary Particles”. Qui predisse l’esistenza di una particella, il mesone, mediatrice delle interazioni nucleari forti. Tale particella, secondo i calcoli di Yukawa, non poteva essere osservata direttamente nelle interazioni nucleari perché l’energia richiesta per la loro produzione non era disponibile in nessun laboratorio del mondo. Una fonte ad alta energia sono però proprio i raggi cosmici. Così nel 1937 Neddermeyer ed Anderson scoprirono, con l’ausilio di una camera a nebbia, che le particelle penetranti della radiazione cosmica avevano una massa intermedia tra quella dell’elettrone e quella del protone. Avevano appena scoperto il mesotrone o, come viene chiamato oggi, muone. Stime teoriche della massa e della vita media fatte da Yukawa lo portarono a identificare il mesotrone dei raggi cosmici con il mesone da lui teorizzato e per un certo periodo si affermò questa ipotesi errata.
Il muone poteva avere carica elettrica positiva o negativa e già nel 1940 si era arrivati a capire che fosse una particella instabile con una vita media di pochi microsecondi (il microsecondo corrisponde a un milionesimo di secondo), ma non si era riusciti ad avere una misura diretta di questo tempo. In Italia, nel frattempo, Marcello Conversi e Oreste Piccioni iniziarono a lavorare insieme, costruendo con le loro mani nuovi strumenti per effettuare le misure necessarie. In particolare, i due svilupparono circuiti di elettronica veloce e di coincidenza, sfruttando i contatori Geiger per rivelare il passaggio delle particelle. Ricordò Conversi:
“Piccioni ed io, quando sul finire del 1941 decidemmo di lavorare insieme, avevamo in mentre la determinazione diretta della vita media del mesotrone. Piccioni, con alcuni anni di esperienza più di me, aveva una profonda conoscenza ed un grande entusiasmo per l’elettronica, e la maggior parte dello sviluppo che ne seguì fu dovuto alla sua grande competenza ed ingegnosità in questo campo.”
Anche se il merito è da dividere equamente in due, come ricordò a sua volta Piccioni: “Marcello (Conversi) realizzò l’elettronica con suprema cura e competenza”.
Tutto questo avveniva sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Nel luglio 1943 Roma venne dichiarata città aperta ma i tedeschi opposero resistenza fino all’ultimo e gli alleati bombardarono la città a più riprese. Tutto l’equipaggiamento di Conversi e Piccioni fu perciò trasferito con una carretta in uno scantinato del Liceo Virgilio, posto più vicino al Vaticano e ritenuto quindi più sicuro da eventuali attacchi. Edoardo Amaldi, che ricopriva il ruolo di direttore del laboratorio di fisica, diede “un messaggio di incoraggiamento ed una prova di amicizia” aiutando nel trasporto di quella preziosa merce che servì poi per la scoperta della famiglia di un nuovo gruppo di particelle elementari: i leptoni. Rubando le parole a Giorgio Salvini: “Mei cari amici, potere capire, oggi, che razza di carretta era quella carretta?!”.
È in questo clima di continua tensione, col rischio di essere presi e deportati nei campi tedeschi, che le ricerche proseguivano. Nella primavera del 1944 riuscirono a misurare la vita media dei muoni. In Italia era la prima dimostrazione dell’esistenza della particella prevista da Yukawa. Vista l’impossibilità di comunicare con i colleghi, seppero soltanto dopo che Bruno Rossi, uno dei maggiori esperti nel campo dei raggi cosmici, era riuscito ad ottenere un valore leggermente più preciso. In seguito, Rossi commentò:
“Dopo la guerra appresi che mentre io e Nerenson lavoravamo comodi nei dintorni dell’Università di Cornell, due colleghi italiani, Marcello Conversi e Oreste Piccioni, sfidando le dure condizioni prevalenti a Roma sotto l’occupazione tedesca, erano riusciti a compiere un esperimento accuratamente progettato ed estremamente elaborato per misurare, come noi, la vita media dei mesotroni a riposo. Il loro risultato era assolutamente corretto, nei limiti posti dall’incertezza statistica.”
Ai due si unì successivamente Ettore Pancini, impegnato negli anni precedenti sul fronte della Resistenza, il quale propose alcune migliorie nell’apparato sperimentale che portarono a un’ulteriore scoperta: la teoria della cattura di Tomonaga e Araki. Questa teoria rafforzava ancora di più la tesi che il muone fosse effettivamente il mesone teorizzato dal fisico giapponese, era soddisfatta per il ferro. Essenzialmente Tomonaga e Araki conclusero che, a causa della carica elettrica positiva del nucleo, la cattura dei muoni e il loro decadimento spontaneo dovessero dipendere dalla loro carica. In atre parole, i muoni positivi, a causa della repulsione coulombiana, non interagiscono con i nuclei e hanno il tempo di decadere, mentre i muoni negativi a causa dell’attrazione coulombiana vengono immediatamente assorbiti. E questo deve essere valido per qualsiasi nucleo in cui il muone si formi, che si tratti di elementi pesanti o leggeri.
Conversi, Pancini e Piccioni ripeterono dunque l’esperimento usando il carbonio al posto del ferro e notarono che entrambi i muoni, non soltanto quelli positivi ma anche quelli negativi, sfuggivano alla cattura nucleare del carbonio e decadevano in elettroni. Ci fu solo che meraviglia.
La notizia, tramite Amaldi, arrivò immediatamente a Fermi che iniziò a confrontarsi con altri fisici teorici, come Weisskopf e Teller, concludendo che il muone non poteva essere la particella di Yukawa. I tre italiani avevano individuato “un ospite inatteso” nella giungla delle particelle elementari, aprendo il campo allo studio di quella nuova famiglia che prese il nome di leptoni. È ormai leggenda la reazione del fisico Isaac Isidor Rabi, che salutò questa scoperta con la domanda “e questa chi l’ha ordinata?”.
Nel giugno del 1947 arrivò, da parte di Marshak e Bethe, l’ipotesi che si rivelò vincente: il mesone di Yukawa è prodotto nell’alta atmosfera e decade in una nuova particella, il muone, che si osserva a livello del mare. La prima è quella che oggi è chiamata pione o mesone Pi e alla cui scoperta prese parte anche Beppo Occhialini.
Questa foto, sfocatissima, ritrae un vero pezzo di storia: Marcello Conversi e Oreste Piccioni nello scantinato del liceo Virgilio. Credits by INFN mi