sicuri che sia solo RECESSIONE?

Così le banche hanno distrutto l'economia italiana

S&P: "Tolti 44 miliardi alle imprese". La Confindustria: "Distrutto il 15% del potenziale manifatturiero"-I numeri del disastro-Partecipa al dibattito




Standard & Poor’s: banche hanno tolto 44 miliardi di euro alle imprese italiane


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+ Standard & Poor’s: banche hanno tolto 44 miliardi di euro alle imprese italiane
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Report dell’agenzia su finanziamenti alle aziende nel 2012. E nel 2013 in assenza di ripresa sono possibili altri tagli al rating delle società




Nel corso del 2012 le banche hanno tagliato alle imprese italiane 44 miliardi di euro di finanziamenti. È quanto emerge da un report di Standard & Poor’s in cui si prevede un sempre maggior ricorso alle emissioni obbligazionarie da parte del nostro tessuto produttivo per far fronte alla `stretta´ creditizia.

Attualmente, rileva l’agenzia di rating, le imprese italiane attingono il 92% del loro fabbisogno finanziario di breve e lungo termine dalle banche ma «questa provvista sta diventando meno disponibile in quanto le banche italiane hanno avviato un percorso di riduzione della leva finanziaria».


Questo fenomeno «insieme all’allentamento della legislazione d’impresa e fiscale per le medie imprese che è stata introdotta in Italia - si legge nel report - probabilmente incoraggerà l’emissione di più obbligazioni». Già lo scorso anno le imprese italiane hanno emesso un ammontare netto di 20 miliardi di euro di bond colmando, peraltro solo in parte, il taglio dei finanziamenti da parte del sistema bancario.

Secondo S&P, in uno scenario di «crescita zero» in cui le imprese emettano bond solo per rifinanziare il debito esistente, la percentuale di obbligazioni sul totale dei finanziamenti potrebbe salire all’11%-14% nei prossimi cinque anni. In presenza di una ripresa della crescita economica il funding attraverso bond potrebbe arrivare fino al 14%-17%, sostenuto dalla crescita degli investimenti fissi.

L’agenzia americana ritiene che «un più ampio ricorso al mercato dei bond possa aiutare a migliorare la struttura di capitale delle imprese italiane e ridurre i rischi di rifinanziamento perché potrebbe allungare le scadenze del debito e diversificare la base degli investitori». Tuttavia la sostituzione del debito bancario con quello obbligazionario sarà un processo «lungo e arduo» a causa dello «scarso interesse» da parte degli investitori istituzionali italiani per le emissioni delle medie imprese (in media l’80% delle obbligazioni sono state sottoscritte da investitori esteri) e «dell’assenza di un mercato sviluppato del private placement».

Nel report, Standard & Poor’s afferma infine di ritenere che «ulteriori azioni negative sul rating sono possibili nel 2013 in mancanza di una ripresa dell’economia domestica nell’ultima parte dell’anno».
«Deboli risultati operativi stanno pesando sulla qualità del credito di molte delle 36 società che esaminiamo in Italia» rileva S&P sottolineando che il trend dei rating è stato «moderatamente negativo» nel 2012 e nel primo trimestre del 2013. Delle 25 azioni adottate, quelle negative sono state più del doppio di quelle positive.
 
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non voglio dire che sia tutta colpa dei governi berlusconi


ma di certo il governo destro di monti ha dato il colpo di grazia alla fragile economia italiana




non solo con il suo Fiscal Compact mette in crisi i prossimi 50 anni e non solo per l'italia ma per tutta l'europa


anche la Germania ha negato la sua approvazione ad un progetto cosi antieconomico


come dire
per essere distruttori è proprio necessario venire dalla Bocconi?
ma che razza di economia insegnano da quelle parti?
quella della scuola di Chicago?
 
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anche la Germania ha negato la sua approvazione ad un progetto cosi antieconomico


come dire
per essere distruttori è proprio necessario venire dalla Bocconi?
ma che razza di economia insegnano da quelle parti?
quella della scuola di Chicago?
consiglio la visione del documentario sulla nascita e l'applicazione del Neo-liberismo della scuola di Chicago e vedrete un po' che.... Shock Economy, il capitalismo del disastro. [ITA] - YouTube
 
Il discreto collasso dell’italica economia

“Nel silenzio della stampa internazionale, la condizione della macroeconomia italiana non mostra alcun segno di miglioramento: anzi, numerosi indici ritraggono un’economia nazionale in depressione piuttosto che in severa recessione. Non è esagerato affermare che l’economia italiana sta crollando”. Questa, in sintesi l’opinione di Roberto Orsi, lettore alla London School of Economics.
“Per il momento, grazie alla BCE (che ha acquistato 102,8 miliardi di euro di debito italiano tra il 2011 e il 2012) e specialmente al meccanismo LTRO - prosegue Orsi -le finanze italiane hanno potuto essere tenute a galla. Le banche italiane hanno potuto assorbire 268 miliardi di euro di liquidità emessa dalla BCE grazie al programma LTRO, il cui meccanismo è il seguente: Dato che la BCE non può prestare liquidità agli Stati, eccetto in caso di emergenza estrema e per ragioni di stabilizzazione dei mercati finanziari a breve termine, la presta alle banche che acquistano titoli di credito governativi”.
Secondo Orsi è realistico pensare che molti investitori stiano riducendo sistematicamente la loro esposizione in Europa del Sud, nella speranza che una prossima uscita dall’euro avrà per loro conseguenze meno gravi.
Per gli euroscettici significa che, una volta che gli investitori stranieri si saranno ritirati, l’Italia verrà abbandonata al suo destino.
Recentemente è apparso un rapporto che rivela come la crisi attuale (2007-2013) sia molto peggiore di quella del 1929-1934. Nella presente crisi gli investimenti sono crollati del 27.6% in cinque anni, contro il 12.8% della recessione tra le due guerre
Il discreto collasso dell?italica economia | Economia | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale
 
Il discreto collasso dell’italica economia


Recentemente è apparso un rapporto che rivela come la crisi attuale (2007-2013) sia molto peggiore di quella del 1929-1934. Nella presente crisi gli investimenti sono crollati del 27.6% in cinque anni, contro il 12.8% della recessione tra le due guerre
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Il Tracollo dell'Italia in 2 grafici



Partiamo dal Reddito procapite dell'Italia rispetto alla media europea.
Dal dopo guerra, l'Italia aveva progressivamente guadagnato terreno e ridotto gli scarti con la media Europea, fino a superarla nel corso degli anni 70.

A partire dagli anni 80 l'Italia non ha piu' guadagnato terreno,
e dagli anni 90 ha iniziato lentamente a perdere terreno.


Il vero tracollo comunque ha inizio dal 2002 (data di introduzione fisica dell'Euro), e l'andamento di collasso della ricchezza e' proseguito in modo costante, fino a far scendere l'Italia sotto la media UE-27 nel 2011.




Passiamo ora a vedere l'andamento del Reddito procapite dell'Italia rispetto alla Germania.
L'Italia aveva via via ridotto le distanze con la Germania fino agli anni 80. Negli anni 90 l'andamento dei 2 paesi e' stato analogo, ed ad inizio anni 2000, i 2 grandi paesi manifatturieri erano definite nazioni in declino (la Germania era il grande malato d'Europa).
In realta', gia' dalla seconda meta' degli anni 90, la Germania recuperava terreno, visto che aveva un analogo andamento del reddito, ma un inflazione inferiore, e quindi un andamento del reddito reale migliore.
Da meta' anni 2000, dopo la messa a regime delle riforme Hartz sul mercato del lavoro, si nota un andamento divergente incredibilmente rapido: la "svalutazione" de facto tedesca ha reso evidenti gli effetti.


Conclusioni: ponetevi una domanda.
Secondo voi, restando in piedi il sistema attuale monetario (Euro), ed inalterate le politiche Europee e nazionali, quale sara' l'andamento di questi grafici nel 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, …..?
Suvvia, la risposta e' facile,...
 
gli italiani non guardano questi grafici, guardano Zilvio in tv e i rimanenti sono sinistri (anche in senso di paura) della autodistruzione del paese dove vivono


qundi voteranno PD e PDL fino alla morta, ma non preoccupatevi arrivera' anche la morte ben prima di quanto vi aspettate perche' il punto di arrivo con queste mentalita' e' la guerra
 
Compravendite immobiliari: come perdere metà del mercato in soli 6 anni

Compravendite immobiliari: come perdere metà del mercato in soli 6 anniAiuto Mutuo | Aiuto Mutuo
Scritto il 8 giugno 2013 alle 08:30 da tanduri@finanzaonline


Confermata la contrazione delle compravendite anche per il primo trimestre 2013 con un volume degli scambi più che dimezzato rispetto al 2007. Le province di Roma e Milano registrano il maggior calo su base nazionale

Nel I trimestre 2013 non si interrompe la sequenza del trend negativo nel mercato immobiliare. L’ultima Nota Trimestrale dell’Osservatorio OMI di giugno riporta un totale di 212.215 unità immobiliari compravendute (NTN) nel I trimestre 2013 che rappresenta una diminuzione degli scambi del 13,8% rispetto allo stesso trimestre del 2012. Il settore delle abitazioni con 94.503 compravendite registra un calo è del 14,2%, contro le 110.116 dello stesso trimestre 2012. Continua la contrazione degli scambi anche nei settori non residenziali con il segmento del terziario che registra la peggiore flessione del comparto (-9,2%), seguito dal commerciale (-8,7%) e infine dal settore produttivo (-5,9%).



Le città - Le otto maggiori città italiane per popolazione registrano complessivamente, nel I trimestre 2013, un tasso tendenziale negativo pari al -7,2% meno grave rispetto al dato nazionale. Tra le città, rispetto all’omologo trimestre del 2012, il maggior calo nel I trimestre del 2013 si registra a Bologna -12,4%, seguita da Roma e Genova, che scendono del -11% circa ciascuna. Torino e Palermo mostrano una variazione negativa intorno al -10%, mentre Milano e Firenze contengono la discesa con tassi tra il -4% e il -5%. Napoli costituisce un’eccezione; il dato sui volumi di compravendita delle abitazioni in questa città mostra nuovamente un tasso tendenziale positivo ma che, come già osservato nei trimestri scorsi, va senz’altro messo in relazione con la consistente dismissione del patrimonio immobiliare pubblico del Comune.

Le provincie - La frenata del mercato è più marcata nei comuni della provincia delle principali città dove il mercato delle abitazioni presenta complessivamente nel I trimestre del 2013 una discesa del -18,2%. Spiccano il tasso negativo dei comuni della provincia di Roma, che perdono il 22,2% degli scambi, e le flessioni registrate nei comuni minori delle provincie di Milano -21,5%.

Il trend Q1 - Il grafico che abbiamo elaborato su dati OMI, riporta il numero indice dei trimestri Q1 delle unità immobiliari compravendute in termini di NTN a partire dal 2004, anno di riferimento stabilito con base NTN =100. La serie storica evidenzia le forti contrazioni del mercato in atto sin dal 2007, con l’indice del I trimestre 2013 più che dimezzato rispetto allo stesso trimestre di 6 anni fa (indice 109 contro 55). E’ evidente come già dal 2006 sia in atto un trend mediamente negativo delle compravendite interrotto solo momentaneamente da un segnale timidamente positivo registrato nel 2010.

Il trend negativo evidenziato marca la sua fase iniziale sin dal 2006-2007, anni in cui la famigerata “crisi economica” non si era ancora materializzata contaminando solo in seguito con i suoi mille risvolti economi e sociali il mercato immobiliare. La crisi ha infatti avuto avvio in seguito ad una crollo finanziario originatosi negli Stati Uniti nel secondo trimestre del 2008 con la crisi del subprime a cui è seguito al fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre che tutti ricordiamo. Eppure, perchè il trend negativo delle compravendite inizia ancorprima?.. Da dove ha origine questa “veggenza” per la quale gli italiani hanno voluto dar vita ad un atteggiamento rinunciatario all’acquisto di una casa?.. Cosa ha condizionato, in quella fase, la volontà dell’acquisto di un immobile?


Provate a sovrapporre l’arco temporale dei due grafici sfalsandolo di 6 mesi ed effettuate un confronto tra NTN e tasso euribor 3 mesi. Sembrerebbe proprio che l’inasprimento dei tassi di interesse siano stati la causa principale (ovviamente non l’unica) della rinuncia agli acquisti. Dal confronto emerge come negli anni precedenti al 2006 i tassi ancora convenienti abbiano incentivato le compravendite che hanno iniziato a rallentare già dal 2006-2007, anni in cui la “crisi” non era ancora materializzata ma l’aumento repentino dei tassi aveva avuto il suo start-up con i suoi indimenticabili e raggelanti rialzi (in soli 2 anni l’eur3M è aumentato di circa 3 punti percentuali).

Stipulare un mutuo medio di 150mila euro con durata 20anni nel 2008 significava accettare di dover corrispondere una rata maggiorata di circa 250 euro (+30%) ed un totale di circa 60mila euro in più (+100%) rispetto ad un mutuo pre-2006; un costo mutuo praticamente raddoppiato sulla carta con il quale si era costretti a dover pianificare un acquisto. Ecco quindi come le compravendite degli anni 2007-2009 siano state falcidiate dalle remore di un caro-acquisto collegato ad un caro-mutuo.

La ripresa delle compraventite si è potuta registrare di nuovo dal 2009-2010, anni in cui il forte crollo poi consolidato dei tassi ha rianimato gli acquisti che però non sono tornati ai livelli del 2006 proprio a causa di una vera e propria e definitiva presa di coscienza di una crisi economica tutt’altro che “passeggera”. Successivamente, dal 2012, la “mazzata” degli alti spread applicati dalle banche ai mutui (triplicati in soli 6 mesi tra fine 2011 e inizio 2012) nonostante i tassi addirittura in minima ulteriore diminuzione, e la diffidenza bancaria sfociata nella crisi del credito, hanno definitivamente collassato un mercato immobiliare tornato indietro di 30 anni (NTN 2013 pari a circa le NTN del 1985). Troppe variabili negative pesano sulla tanto auspicata ripresa di un mercato che probabilmente neanche l’ossigeno governativo bond o no bond e posticipo o cancellazione dell’IMU sulla prima casa riusciranno a rianimare; secondo me.

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